“AZZERARE LE NUOVE REGOLE SUI CREDITI MALATI DELLE BANCHE”
Sul Sole24Ore, un lungo intervento del segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. Appello alla Bce per rivedere il calendar provisioning su incagli e sofferenze. “Serve un tavolo con l’Abi e i con i gruppi bancari sulla bad bank europea, no a strumentalizzazioni dei cambiamenti e agli ingiustificati profitti”
Sul Sole24Ore, un lungo intervento del segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. Appello alla Bce per rivedere il calendar provisioning su incagli e sofferenze. “Serve un tavolo con l’Abi e i con i gruppi bancari sulla bad bank europea, no a strumentalizzazioni dei cambiamenti e agli ingiustificati profitti”
Intervento per il Sole24Ore di domenica 27 settembre 2020
APPELLO ALLA BCE: AZZERARE LE NUOVE REGOLE SUI CREDITI MALATI DELLE BANCHE
Lando Maria Sileoni
Segretario generale Fabi
La pandemia da Coronavirus da crisi mondiale sanitaria si è rapidamente trasformata in crisi economica: la più grave mai vissuta e ben più intensa della precedente tempesta finanziaria del 2008-2009. Nulla di paragonabile, sul piano degli effetti nefasti, rispetto ad altre recessioni globali. È scontato che la crisi innescata dal Covid finirà per ricadere sulle banche. Le imprese che falliranno nel prossimo futuro lasceranno l’impronta di nuove sofferenze e incagli sui bilanci bancari. C’è da aspettarsi, quindi, una nuova pesante ondata di crediti deteriorati: già nel primo semestre 2020 in tutta Europa le banche hanno fortemente aumentato gli accantonamenti e in Italia i profitti netti sono stati erosi per 6 miliardi.
Occorre ragionare sulle regole relative ai crediti malati, introdotte dalla Banca centrale europea, che corrono il rischio di provocare un effetto valanga, amplificando il già difficile contesto. Il calendar provisioning del Consiglio di Vigilanza della Bce impone che i futuri utp (i vecchi incagli) siano rettificati pesantemente sui bilanci bancari. Per i crediti non garantiti si tratta di svalutare il 100% in tre anni, per quelli garantiti il processo di azzeramento durerà 7 anni. Si dà per assodato che quei crediti deteriorati non saranno più recuperabili, cosa oggettivamente non vera, dato che si tratta non di prestiti morti, ma in difficoltà, che possono avere tassi di recupero importanti. Si azzera il loro valore quando sul mercato possono strappare, invece, prezzi del 30-40% del nominale: dietro c’è l’ombra della speculazione e dell’abnorme profitto.
Una regola tutta teorica e ultra-rigorosa – tanto più in questa fase segnata profondamente dal Covid – con un effetto pro-ciclico negativo sui conti delle banche che, peraltro, tenderanno a non fare più credito proprio per la prospettiva di bilanci negativi. Si produrrà, insomma, un effetto pro-recessivo che innescherà una nuova stretta creditizia con nuove, pesanti perdite per le banche. I banchieri, ripercorrendo un solco già noto, potrebbero rispondere con tagli rilevanti dei costi a partire dalle lavoratrici e dai lavoratori, che contrasteremo con ogni mezzo; la vigilanza imporrà nuovi aumenti di capitale per ripristinare i patrimoni erosi dalle nuove perdite; il mercato venderà in blocco i titoli bancari, con le capitalizzazioni di Borsa che cadranno, rendendo le banche fragili e scalabili.
Un amaro film già visto che vorremmo non rivedere più, poiché vanificherebbe i molti sacrifici fatti dalle lavoratrici e dai lavoratori oltre che dagli azionisti delle stesse banche: dalle banche italiane sono usciti – volontariamente – dal 2008 oltre 50.000 lavoratori per i tagli dei costi; e le banche hanno venduto sul mercato centinaia di miliardi di sofferenze liberando i bilanci e aumentando il patrimonio.
Con il calendar provisioning si corre il rischio di tornare indietro di un decennio, mortificando i progressi fatti per uscire dalla crisi del 2008-2009. Mentre con una mano la Bce inonda di denaro le banche perché lo prestino a imprese e famiglie, con l’altra impone regole così stringenti sui crediti che andranno in difficoltà tali da scoraggiare le banche nel fare nuovo credito. Una scelta che appare fuori tempo rispetto alla più grave pandemia della storia.
E correttamente l’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, per primo, e poi il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, hanno sollevato nei giorni scorsi la questione. Rivolgo, quindi, un appello pubblico alla presidente della Bce, Christine Lagarde, e al capo della supervisione bancaria, Andrea Enria, affinché si ponga rimedio a una situazione che potrebbe far implodere il settore bancario. Occorre un bagno di realtà e superare il rigore formale che appare controproducente.
La riduzione delle sofferenze, in ogni caso, non dovrà intaccare in alcun modo i livelli occupazionali del settore bancario. Una eventuale bad bank europea, di cui si sta discutendo, potrebbe essere una soluzione, ma noi – qualora si concretizzasse questa ipotesi – chiederemmo subito un tavolo di confronto con l’Abi. Un confronto che intendiamo portare avanti anche con i gruppi bancari su qualsiasi argomento, cambiamento o situazione di emergenza che non vogliamo subire, ma gestire, evitando strumentalizzazioni della crisi a vantaggio di chi, come al solito, vorrà trarne ingiustificati profitti.