SILEONI ALLE BANCHE: «OGNI ANNO RENDEREMO PUBBLICA LA CLASSIFICA DELLA GENEROSITÀ»

Al 126° Consiglio nazionale Fabi, l’annuncio del segretario generale: far conoscere a tutti i nomi delle banche e gli importi che utilizzeranno per sconfiggere la povertà e per le iniziative di beneficenza.

SILEONI ALLE BANCHE: «OGNI ANNO RENDEREMO PUBBLICA LA CLASSIFICA DELLA GENEROSITÀ»

«Da oggi in poi renderò pubblica, ogni anno, una speciale classifica, la classifica della generosità, pubblicizzando i nomi delle banche e gli importi che utilizzeranno per sconfiggere la povertà, quanto realmente si prodigheranno per le iniziative di beneficenza, di ricerca, di volontariato, di assistenza alle persone più deboli». È con questo annuncio che il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, inaugura il 126° Consiglio nazionale della federazione bancaria, iniziato questa mattina al Palazzo del Ghiaccio di Milano.

 

Una relazione fuori dagli schemi, nessuna retorica sindacale ma proposte concrete indirizzate direttamente al gotha del mondo del credito: «Mi rivolgo ai vertici delle banche, ad iniziare dal presidente Antonio Patuelli, che li rappresenta: non è più tempo per nessuno di far finta che niente sia accaduto, di chiudere gli occhi, o di considerare soltanto i propri circoscritti orizzonti. È tempo di generosità e di solidarietà, vera, concreta, visibile, solida».

È a una platea di circa 1200 dirigenti sindacali, provenienti da tutta Italia, che il segretario generale dell’organizzazione sindacale si rivolge, in un intervento che racconta il nostro presente, un’epoca storica di incertezze e dubbi ma, soprattutto, grandi cambiamenti, che «dovremo saper trasformare in opportunità. Ci saranno da attraversare fiamme altissime per i velocissimi cambiamenti che arriveranno, che dovranno prevedere, da parte nostra, intelligenza e tenacia», questa la raccomandazione che Sileoni rivolge a tutti i dirigenti sindacali presenti. A cui non dimentica tuttavia di infondere un messaggio positivo: «Voglio trasmettervi la consapevolezza della mia e della nostra forza. In questi giorni troveremo le giuste risposte ai dubbi e alle naturali incertezze dei nostri giorni. In tempi come questi, saranno le decisioni e le giuste direzioni che prenderemo a fare la differenza».

Una relazione introduttiva in cui il leader Fabi espone anche il suo punto di vista sulla vita e sulle diverse tipologie di persone che del mondo fanno parte: «Credo che tutte le persone del mondo si dividano in due categorie: quelli che salvano la vita di un essere umano e quelli che fanno altro, quelli che vivono per gli altri e quelli che sono invece interessati soltanto ai loro orizzonti. Ammiro i medici, gli scienziati che salvano vite umane, le persone generose ed umili che si offrono agli altri». E qui Sileoni ricorda le parole di papa Francesco che, qualche giorno fa, ha testualmente affermato: “L’errore più grosso che una persona può fare è quello di considerare il denaro come un proprio idolo».

È poi il giornalista Federico De Rosa del Corriere della Sera a prendere il timone della conduzione, introducendo il primo ospite della giornata, il deputato di Italia Viva e membro della commissione Finanze, Luigi Marattin, a cui Sileoni pone subito un input di riflessione: il critico rapporto tra finanza e politica, con la prima spesso sopraffatta dalla seconda.

«Assistiamo da tempo a una politica permeabile a influenze o sostituzioni di ruolo: un processo che dura da oltre 30 anni ma che ha visto un’accelerazione negli ultimi dieci» la conferma di Marattin, che a tal proposito sottolinea l’importanza dell’istituzione della commissione banche, la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario. Tuttavia, il parlamentare fa notare che «una commissione di inchiesta deve fare inchiesta. Per colpa anche di una legge istitutiva non perfetta sta invece portando avanti l’idea che tutto quello che riguarda le banche debba passare per la commissione, ma questo è incompatibile con la natura delle commissioni permanenti e con il buon senso».

«Le situazioni di maggiore criticità relative ai gruppi bancari sono state risolte – aggiunge Marattin – Si sta procedendo ma, rispetto a 10 anni fa, le emergenze principali sono state risolte». E conclude: «Il paese si salva con una classe dirigente rinnovata».

A salire sul palco è poi il segretario generale del partito comunista Marco Rizzo. Con Rizzo, Sileoni riflette sulla difficoltà di una classe politica italiana che non riesce a stare al passo con i colleghi europei; sul quesito delle necessarie restituzioni da parte del nostro Paese all’Unione Europea, l’impellenza di maggiore autonomia e, soprattutto, la necessità di decidere, come nazione, il proprio destino. Marco Rizzo sottolinea la  necessità di una netta separazione tra le attività bancarie di speculazione e quelle di credito e risparmio, così come l’esigenza di puntare sulle banche pubbliche. Il segretario generale del partito comunista critica l’abbandono, da parte delle banche, del prestito a famiglie e piccole imprese a favore della commercializzazione dei prodotti finanziari: «Una vera e propria involuzione – così la definisce Rizzo – che, guarda caso, riguarderà la previdenza e la sanità».

Il Consiglio nazionale prosegue con l’attesa tavola rotonda “Il settore bancario italiano tra nuove sfide e nuove frontiere”. Occupazione, aggregazioni, Europa digitale e smart working i temi al centro del dibattito, che vede il leader Fabi confrontarsi con il Presidente Casl Abi, Salvatore Poloni, e i rappresentanti di tutte le altre organizzazioni sindacali: il Segretario generale Fisac Cgil Nino Baseotto, il Segretario generale Uilca Fulvio Furlan, il Segretario generale Unisin Emilio Contrasto, il Segretario nazionale First Cisl Pierpaolo Merlini. A moderare gli interventi, Federico De Rosa con Cristina Casadei del Sole24Ore e Luca Gualtieri di Mf Milano Finanza.

Digitale e modello di banca, lavoro agile e post-pandemia: secondo Poloni, lo smart working inserito nel contratto nazionale potrà rappresentare solo un vantaggio. «Siamo stati i primi, in tempi non sospetti, a disciplinare lo smart working con il contratto. Avrà un assestamento, ma poi si sistemerà su livelli più alti rispetto al passato. Avere una norma nel contratto nazionale ci ha dato un vantaggio durante la pandemia e ci aiuterà nel prosieguo».

Poloni esprime una posizione improntata alla positività riguardo i cambiamenti nel settore bancario che «in Italia ha già visto consolidamenti e, quando ce ne saranno altri, avremo gli strumenti e l’esperienza per gestirli correttamente. Per cui guardiamo ad eventuali processi di aggregazione con un certo ottimismo».

A confronto con il Presidente del Casl Abi, tutti i rappresentanti delle associazioni sindacali del credito hanno ribadito l’importanza della contrattazione, e la necessità di mantenerne la centralità perché rappresenta una garanzia affinché il lavoratore non diventi la parte più debole: la persona al centro, questo il concetto rimarcato dai leader sindacali presenti.

Sileoni ha espresso la necessità impellente di cambiare radicalmente il Contratto nazionale: «I nuovi piani industriali delle banche cambieranno radicalmente il modello di banca, di agenzia, e porteranno alla specializzazione di parte del personale ad esempio nel settore green, per intercettare i fondi del Pnrr. Se tutti i piani delle banche punteranno molto sul digitale – ha concluso – dovremo muoverci immediatamente per gestire questo cambiamento, anche perché il contratto è già superato dagli accordi di gruppo da almeno 5-6 anni».

Riguardo l’attualità sindacale, la riflessione di Sileoni sull’interesse mostrato dai giovani: «I giovani si iscrivono: in Unicredit, in Intesa, in Bpm, i giovani continuano ad iscriversi, siamo la categoria più sindacalizzata d’Europa. Siamo avanti perché abbiamo ad esempio il Fondo esuberi, una grande garanzia per i lavoratori». Secondo Sileoni, la differenza che c’è tra il sindacato nel settore bancario e il sindacato negli altri settori lavorativi è data da una maggiore attenzione a ciò che avviene nei gruppi e nell’intero settore: «Negli accordi tra i gruppi c’è sempre la volontà di coniugare gli interessi dei vari attori, banca e lavoratori. La nostra autonomia ci ha permesso di trovare gli strumenti necessari per gestire nel corso degli anni tutte le crisi aziendali», questa la dichiarazione del leader Fabi, che non dimentica un encomio a Patuelli che «con buonsenso e lungimiranza ha sempre trovato il giusto equilibrio tra le esigenze delle banche e quelle del lavoratori».

Sulla situazione dei gruppi bancari in Italia, questa la sintesi di Sileoni: “Il problema da risolvere subito è Carige, questa è la priorità. Poi c’è il tema del terzo polo bancario, ma questo non nascerà finché non si chiuderà la partita Montepaschi, e quindi ci vorranno dai 12 ai 24 mesi. Poi, succederà a breve qualcosa di nuovo alla Popolare di Bari», questa l’anteprima con cui il segretario generale conclude la sua riflessione. (ndr: a fine giornata, tutte le agenzie stampa annunciano le dimissioni di Giampiero Bergami dalla guida della Popolare di Bari).

Poi al via “Sileoni incontra”, una serratissima serie di faccia a faccia tra il segretario generale ed i principali attori del settore del credito italiano. Ad iniziare dal presidente dell’Abi Antonio Patuelli, in un dibattito moderato da Francesco Vecchi di Mattino Cinque e il direttore di Mf Milano Finanza Gabriele Capolino.

Sileoni premette che questa serie di dialoghi coinvolgeranno i numeri uno di tutte le principali banche italiane, tranne Bnl: «Bnl non è stata invitata per quella porcata che stanno cercando di fare», ha detto, riferendosi alle esternalizzazioni in programma, che riguardano 900 persone in tutto.

Patuelli prende la parola ed esordisce con un sentito ringraziamento, applauditissimo, ai lavoratori bancari che, tutti i giorni, in piena pandemia, hanno prestato il loro servizio allo sportello.

Inevitabile poi un approfondimento sui cambiamenti in corso nel settore: «cambiamenti che non ci spaventano», questa la rassicurazione convinta di Patuelli, riferendosi soprattutto al digitale che «rientra tra gli inevitabili cambiamenti che lo scorrere del tempo porta con sé. Sono convinto – ha aggiunto – che la fine dell’evoluzione bancaria non sia il digitale, che è una tecnologia avanzatissima ma di passaggio, dobbiamo prepararci per il dopo digitale. Le tecnologie cambiano e si aggiornano in maniera più veloce dei cicli della tecnica. Il digitale è un passaggio fondamentale ma non è l’ultimo, ce ne saranno altri». E sullo smartworking: «Il contratto nazionale è centrale, ogni impresa si organizzerà come meglio risponde ai suoi progetti, non c’è una linea uguale per tutti, non siamo un sistema». Riguardo le aggregazioni: « C’è bisogno di una normativa identica in tutta Europa, per permettere non solo acquisizioni, ma anche fusioni alla pari».

I confronti procedono poi con gli amministratori delegati e chief executive officer dei principali gruppi bancari italiani. Il primo, il Ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, in collegamento streaming.

I giornalisti in campo, il vicedirettore esecutivo di Radio24 Sebastiano Barisoni, il direttore del Sole24Ore Fabio Tamburini, il caporedattore del Corriere della Sera Nicola Saldutti, Gianluca Paolucci de La Stampa. A rappresentare la Fabi, il segretario nazionale Giuseppe Milazzo e il Coordinatore di Gruppo Paolo Citterio.

Il Ceo di Intesa Sanpaolo fa il punto sul prossimo piano industriale del gruppo bancario, che verrà presentato a febbraio: «Accelereremo sulla riduzione del portafoglio degli Npl per poter diventare una delle migliori banche d’Europa. Questo passaggio è indispensabile, e per questo il tema del derisking sarà una delle componenti importanti del nostro piano».

Carlo Messina, dal palco della Fabi, lancia una rassicurazione: nel Gruppo non ci sono necessità di ulteriori uscite di persone, anzi, sulla base di un accordo con i sindacati, verranno assunti 4.600 giovani nell’arco del piano d’impresa.

«L’elemento del digitale comporterà una riduzione degli sportelli retail anche perché sempre meno famiglie vengono in filiale. Individueremo delle soluzioni dignitose per le persone che possano essere coinvolte nella generazione di valore della banca: chi lavora in banca verrà tutelato da qualsiasi scenario futuro», la conclusione di Messina.

Nuovo cambio sul palco, parte il confronto tra Sileoni e l’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel. A moderare, il vicedirettore del Tg5 Giuseppe De Filippi, il direttore del Sole24Ore Fabio Tamburini, il caporedattore di Repubblica Filippo Santelli, Silvia Sciorilli Borrelli del Financial Times, Rosario Dimito del Messaggero, Stefano Righi del Corriere della Sera.

Per la Fabi, il segretario nazionale Mauro Morelli e il coordinatore in Unicredit Stefano Cefaloni.

Le proiezioni di Orcel sul futuro del gruppo bancario sono positive: secondo il numero uno di Unicredit, l’Europa avrà infatti più bisogno di banche europee e il gruppo di piazza Gae Aulenti è quello che si avvicina maggiormente alla tipologia: «Siamo più federali e multieuropei di altri. Se in futuro Unicredit avrà fatto bene il suo lavoro, tra 5 anni saremo in posizione di crescere maggiormente all’estero. Per il momento siamo focalizzati sull’Italia. Oggi si guarda più favorevolmente a banche monopaese, secondo noi c’è un modello alternativo come il nostro, con una forte base italiana ma proiettata all’estero. L’Italia oggi è il 40% di Unicredit, è il mercato più importante, ma siamo già paneuropei. Vogliamo avere un grado di integrazione che porti la banca a essere un vero gruppo che può operare insieme, la tecnologia sta evolvendosi e permette di farlo, 5-10 anni fa era impossibile».

Sul pericolo per le banche italiane di essere acquistate all’estero, questa l’opinione di Orcel: «Comprare una banca è facile quando questa va male: con una valorizzazione elevata e fondamenta solide, si fa in modo che nessuno abbia la possibilità di comprarla».

E riguardo Montepaschi: «L’acquisizione di Mps non era coerente con i nostri obiettivi, alcuni ostacoli erano difficilmente sormontabili e ce ne siamo resi conto durante il percorso. Per me è importante che Montepaschi abbia molto successo, perché più successo ha, meno problemi avranno altri attori».

Segue il vis-à-vis tra Sileoni e lo Chief executive officer di Unipol Carlo Cimbri. Il dibattito è moderato dal caporedattore del TgLa7 Frediano Finucci, affancato dal caporedattore del Giornale Marcello Zacchè, da Stefano Righi del Corriere della Sera e da Andrea Greco di Repubblica.

«L’amministrazione pubblica, insieme alla giustizia, devono essere in grado di sostenere un programma di investimenti con tempi di realizzazione certi: è questa la grande scommessa di chi ci governa». Questa la dichiarazione di Carlo Cimbri dal palco della Fabi.

«Ci vuole una riorganizzazione e consapevolezza dell’opinione pubblica sul fatto che per il Paese la priorità, ora, è realizzare i progetti, e non verificarne la perfetta compliance: con questa mentalità le cose si realizzeranno». Dopo la grave crisi economica causata dalla pandemia, secondo l’ad di Unipol, l’unico modo che il Paese ha per uscirne è la crescita: «Possiamo difenderci solo crescendo. Contro il debito elevato l’unica strada è una crescita strutturale: e per farlo il nostro sistema produttivo va aiutato, non frustrato».

Cimbri rimarca infine la necessità per il nostro Paese di essere maggiormente competitivo in Europa: «Se non accetteremo la sfida della competizione globale ci ritroveremo ostaggio politico dei nostri vicini europei”.

È il momento di Montepaschi e, a confrontarsi con Sileoni, arriva l’amministratore delegato del gruppo di piazza Salimbeni Guido Bastianini  .

Federico De Rosa modera l’incontro, insieme a Giuseppe De Filippi, Pino Di Blasio del Quotidiano Nazionale e il caporedattore del Fatto Quotidiano Carlo Di Foggia. Per la Fabi, il segretario nazionale Franco Casini e il vice coordinatore in Mps Guido Fasano.

Dopo la chiusura delle trattative con Unicredit, il Monte dei Paschi di Siena ha ripreso a lavorare sulle prospettive della banca, cercando di stabilire cosa è necessario per migliorare il bilancio, nella prospettiva di un aumento di capitale da effettuare in tempi ragionevoli e a condizioni di mercato. È questa la situazione del gruppo bancario senese, esposta dal suo amministratore delegato.

«Stiamo tutti lavorando ad un aggiornamento del piano industriale per rivedere il perimetro del gruppo, cercando di lasciare all’interno le componenti effettivamente redditizie» ha specificato Bastianini, annunciando pertanto l’arrivo, a breve, dell’aggiornamento del piano industriale. Piano che dovrà poi essere sottoposto al Mef e all’Unione Europea.

Per quanto riguarda il delicato tema degli esuberi, Bastianini mantiene il riserbo: «Aspettiamo di concludere il piano, non mi sento ora di dare anticipazioni, le informazioni non sarebbero corrette».

«Se Mps riuscirà a completare il processo di ristrutturazione, che è certamente complesso, può stare in piedi anche da sola e andare incontro a un processo di integrazione in posizione più solida», questa la conclusione dell’amministratore delegato del Gruppo.

Anche con l’amministratore delegato di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, l’argomento sono le aggregazioni, che riguardano tutti i gruppi bancari. «A parte Intesa, che non penso abbia obiettivi di crescita acquisendo una banca commerciale, siamo tutti in ballo». Così esordisce il ceo del Gruppo di piazza Meda, nel confronto con il segretario generale moderato dal vicedirettore del TgLa7Andrea Pancani, dal caporedattore di Libero Sandro Iacometti, da Fabrizio Massaro del Corriere della Sera e da Gianluca Paolucci de La Stampa. Per la Fabi, partecipano alla tavola rotonda il segretario nazionale Giuliano Xausa e il coordinatore in Banco Bpm Gianpaolo Fontana.

«A noi – dichiara Castagna, rispondendo a una domanda su Unicredit – piacerebbe creare un polo importante facendo delle aggregazioni con banche della nostra dimensione. Noi siamo sul mercato: se c’è qualcuno interessato, si farà avanti, altrimenti cercheremo noi le possibilità. Unicredit, come noi, ha presentato un piano stand alone, poi ha lasciato in sospeso il discorso dicendo che se ci sono opportunità è anche giusto guardarle e che se portano qualcosa in più è giusto muoversi», prosegue il ceo.

Castagna sottolinea l’importanza, in una fase di trasformazione come quella che il Gruppo sta vivendo, di prestare attenzione alle persone e alle competenze, alla crescita professionale. E puntualizza: «Non si può affrontare un tema di bancassicurazione stand alone, senza un partner assicurativo, se non si programma una completa formazione del personale: il vecchio mondo delle banche non esiste più».

Questa la conclusione dell’amministratore delegato di Bpm: «All’Italia servono più banche forti: come ho detto più volte, se fossi al governo sarei più attento al terzo polo bancario».

Sileoni incontra poi lo Chief executive officer di Crédit Agricole Italia Giampiero Maioli, in un  dibattito moderato dai giornalisti Andrea Pancani, vicedirettore del TgLa7, Claudio Antonelli, vicedirettore La Verità, Francesco Spini de La Stampa, Rita Querzè del Corriere della Sera. Per la Fabi, il segretario nazionale Mattia Pari e il coordinatore nel gruppo Crédit Agricole Italia Fabrizio Tanara.

Il ceo di Crédit Agricole smentisce subito l’ipotesi di interesse su altre banche dopo l’acquisizione di Creval, così come su un terzo polo: «Non creiamo suggestioni. Posso solo auspicare che quella realtà – riferendosi cioè a Carige – e altre possano trovare uno sbocco positivo perché farebbe bene a tutto il sistema». Infine, Maioli ricorda che «solo nel 2022 abbiamo due fusioni perché, nel giro di pochi mesi, intorno al 25 aprile incorporiamo Creval e a fine anno incorporiamo Friuladria».

La serratissima serie di incontri – così come la giornata di lavori – volge al termine: il segretario generale della Fabi si confronta, in un ultimo faccia a faccia, con l’amministratore delegato di Mediocredito Centrale Bernardo Mattarella. A moderare, salgono sul palco Federico De Rosa, il caporedattore di Libero Sandro Iacometti e Andrea Greco di Repubblica.

«L’operazione di salvataggio e rilancio della Popolare di Bari è particolarmente difficile e impegnativa, anche perché la banca non soffriva solo di carenza patrimoniale, la banca soffriva parecchio dal punto di vista della cultura aziendale». Questa la dichiarazione di  Bernardo Mattarella, ad di Mediocredito Centrale, parlando della Popolare di Bari. «Servirà ancora un po’ di tempo per rispondere alle esigenze della clientela, che sono famiglie e piccole medie imprese», ha concluso il manager.

Domani, seconda giornata di Consiglio nazionale, che inizierà con la relazione del segretario generale aggiunto Mauro Bossola dedicata al Fondo pensione di Intesa Sanpaolo.

 

Milano, 13 dicembre 2021

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