SILEONI: «RICOSTRUIRE IL NOSTRO FUTURO»

Con 1500 dirigenti sindacali presenti, provenienti da tutta Italia, parte a Milano il 127° Consiglio nazionale Fabi. De Filippis, segretario generale aggiunto: «Il rinnovo del contratto nazionale è la nostra priorità»

SILEONI: «RICOSTRUIRE IL NOSTRO FUTURO»

Milano, Palazzo del Ghiaccio. Davanti a una platea di 1500 dirigenti sindacali, provenienti da tutta Italia, il segretario generale Lando Maria Sileoni inaugura la prima giornata di lavori del 127° Consiglio nazionale Fabi. Da oggi a mercoledì 15 giugno, 3 giornate di approfondimenti, dibattiti, tavole rotonde, che avranno al centro il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, in Abi e in Bcc, il tema delle indebite pressioni commerciali, delle aggregazioni, dei piani industriali, con un focus sugli effetti del conflitto in Ucraina su economia, occidente, informazione e settore bancario italiano ed europeo.

L’intervento introduttivo del numero uno Fabi è un richiamo metaforico al valore del tempo, alla necessità di impegnarci, facendo ognuno la propria parte, per riprendere in mano il nostro presente e trasformarlo, riplasmarlo, creando così quel futuro a lungo dimenticato, messo da parte.

“Long forgotten future”, il titolo dell’evento, è infatti a questo che si riferisce: il nostro futuro, per troppo tempo, proprio da noi stessi, trascurato e dimenticato.

Il segretario generale Fabi prende in prestito termini e significato con cui i greci indicavano il tempo e si sofferma su Kairos, il momento. Un concetto che, per sua stessa definizione, veniva difficilmente inquadrato perché si trovava al centro di due elementi: l’azione e il tempo, la competenza e la possibilità, il tratto generale e quello individuale. Sileoni lo racconta così: «Kairos è libero di cambiare ed è per questo motivo che è particolarmente difficile da afferrare, da interpretare nella pratica e da comprendere nella teoria. Kairos è la mia definizione preferita del tempo: è il momento magico per definizione, il momento dell’azione nel tempo, è l’attimo in cui il tempo si ferma. Kairos sono i murales di Belfast, sono le due torri di New York, sono le periferie delle grandi città, sono gli immigrati non salvati dal mare, sono i bambini ucraini rimasti senza genitori, è il ricordo sempre presente, è il tempo e l’azione, la tempestività e l’immediatezza, senza esitazioni né dubbi».

Secondo il leader Fabi, Kairos rappresenta anche il momento giusto per agire, per colpire, «per difendersi, per piangere e per pregare, per ascoltare il vento, per scrivere sul foglio, come fa il bambino a scuola che si rifiuta di crescere e di diventare adulto», allontanando, così, la paura del presente e del futuro. Perché questo è un mondo che fa paura a chi deve crescere, a chi in questo mondo deve diventare adulto.

Kairos rappresenta, infatti, il tempo in cui viviamo, il mondo in fiamme in cui oggi navighiamo. Un mondo fatto di sangue, violenza, bugie, false verità. «Abbiamo perso il significato del tempo, il vero valore della vita, il rispetto dei pensieri e dei sogni degli altri, dei sacrifici e delle necessità. Ci vorranno anni per rimarginare le ferite, moltissimi anni, se mai si rimargineranno», è la riflessione del segretario generale.

Che conclude il suo intervento con un invito rivolto all’intera platea, ma non solo: «Ognuno di noi, ora, per poter davvero cambiare il mondo, deve cercare di cambiare in meglio le proprie piccole cose quotidiane, con comportamenti coerenti e conseguenti alle parole, scegliendo le qualità nelle persone. Non è più il tempo delle bugie, delle trappole, dell’inganno e delle ipocrisie, delle facili scorciatoie perché il prezzo delle ipocrisie ricadrà inevitabilmente su di noi e sui nostri figli».

Il segretario generale aggiunto Giuliano De Filippis, nella sua relazione, racconta il nostro presente, un’epoca storica di incertezze e dubbi ma, soprattutto, di grandi cambiamenti.

Il settore bancario si è, infatti, profondamente trasformato: «La causa principale non è l’innovazione e lo sviluppo tecnologico; non è la globalizzazione; non è nelle nuove richieste di servizi alla clientela da parte del mercato; non è nella comunicazione; non è nella necessità di razionalizzare gli operatori – queste le parole di De Filippis – Sono tutte concause che stanno a valle della trasformazione. La causa generante a monte è solo una: il rapporto tra finanza ed economia, il predominio assoluto della prima sulla seconda. Un cambio di paradigma che ha portato a determinare come il giusto o sbagliato, il buono o il cattivo derivi esclusivamente dalla maggiore o minore rendita, nel breve periodo, che va a remunerare il capitale investito».

Secondo De Filippis, non c’è pazienza, non ci sono investimenti a lungo termine, non c’è interesse verso la sofferenza degli altri, non c’è attenzione verso l’allargamento delle povertà e l’aumento delle diseguaglianze, non c’è la tutela dei territori: «C’è soltanto il congruo interesse dovuto nell’immediato agli azionisti, soprattutto a quelli di rilievo che determinano le nomine dei consiglieri e degli amministratori. C’è solo da prenderne atto e agire di conseguenza per tutelare al meglio le persone che rappresentiamo. Oggi viviamo la fase conclusiva di questo cambiamento, il settore si è concentrato e, a parte qualche ulteriore movimento, si avvia ad una fase di stabilità nel solco del nuovo paradigma finanziario».

Una fase, quella attuale, in cui i più importanti gruppi bancari sono alle prese con i nuovi piani industriali, rallentati dalla fase pandemica e dalla guerra in Ucraina.
«Il confronto su questi piani industriali deve avvenire ed avverrà sulla base di principi per noi irrinunciabili. Non ci saranno deroghe al contratto nazionale; non devono esserci fughe in avanti da parte di nessuno; non ci saranno trattative che non tengano conto dell’effetto a catena che ogni singolo problema in un gruppo può generare su tutto il sistema; non saranno permessi dumping normativi che alterino la concorrenza nel settore ed avvantaggino qualcuno a danno di qualcun altro», è questo il chiaro monito di De Filippis.

Che, entrando nel dettaglio, fa subito un focus sulla situazione in Mps: «A fine giugno dovrebbe vedere la luce il nuovo, l’ennesimo piano industriale del Monte dei Paschi di Siena. Lo diciamo ora: le lavoratrici e i lavoratori di Mps hanno già dato, e tanto. Nessuno venga a chiederci l’ennesimo insostenibile sacrificio dei dipendenti. Nessuno venga a proporci un piano che non dia una soluzione definitiva e concordata alla questione Monte e che invece rappresenti l’ennesimo passaggio provvisorio per un futuro ancora da scrivere. Poi un’altra cosa: tutta la politica faccia un passo indietro perché di danni ne ha fatti fin troppi. Siamo stanchi di ascoltare da una parte prese di posizione strumentali solo per un piccolo consenso elettorale e dall’altra parte osservare invece che si fa finta che non sia successo mai nulla. Il Monte dei Paschi di Siena è una questione troppo seria per essere strumentalizzata dal politico di turno. La politica, tutta: perché è utile ricordare che nel corso degli anni che hanno portato alla distruzione della banca più antica del mondo, nei consigli di amministrazione, che si sono susseguiti a Rocca Salimbeni, sedevano personaggi che erano espressione dell’intero arco costituzionale e di alcuni corpi intermedi che invece avrebbero dovuto controllare, lo chiamavano il groviglio armonioso. E quindi nessun partito può vantare una qualsiasi forma di innocenza. Tacciano tutti, invece di parlare a vanvera, e si diano da fare per tentare di costruire un nuovo futuro per questa banca. Siamo, come al solito, pronti a confrontarci per trovare adeguate soluzioni, ma ci vuole serietà da parte di tutti».

Si passa poi allo spinoso tema delle pressioni commerciali.

Il segretario generale aggiunto sottolinea, sin dall’inizio, come il problema non sia di carattere esclusivamente sindacale: «Le indebite pressioni commerciali sono diventate ormai un problema sociale, che deve assolutamente trovare una soluzione. L’accordo siglato sulla materia è stato un accordo storico, che non ha eguali in ambito internazionale, ma, come tutti gli accordi, ha bisogno di una rivisitazione per essere adeguato alla realtà. Nessuno vuole sostituirsi alle funzioni di controllo della compliance aziendale o alle normative che regolano la materia e agli organismi che vigilano ma, se ci sono cose che non vanno come dovrebbero, bisogna denunciarle, affrontarle e possibilmente risolverle. Registriamo positivamente le dichiarazioni del presidente del Casl Abi, Salvatore Poloni, sul rispetto dell’accordo, ma il problema è più complesso e ce ne occuperemo a fondo nella fase di rinnovo del contratto, visto che del contratto fa parte l’accordo sulle politiche commerciali».
Poi, un argomento focale per il settore, il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, un appuntamento di primaria importanza. Ed anche su questo De Filippis è categorico: «Prima si fa e meglio è. Non sto qui a snocciolarvi i dati che ci confortano sulla tenuta e ripresa del settore e quindi sulla possibilità di procedere a un rinnovo del contratto con aspettative ottimistiche. Quello che vorrei qui affrontare è un problema politico di enorme valenza. Mi riferisco al rapporto che c’è tra la contrattazione di primo e secondo livello; in pratica, ciò che si definisce con il termine assetti contrattuali. Nascono per rispondere ad una esigenza non giuridica ma reale del settore; non hanno, infatti, una connotazione normativa che evidenzi una distinzione tra norme primarie (contratto collettivo nazionale di lavoro: primo livello) e norme secondarie (contrattazione integrativa: secondo livello), come, ad esempio, la costituzione e le leggi ordinarie, ma rivestono pari dignità giuridica, soprattutto all’esterno. In teoria, rispondono alla ratio che l’applicazione di una norma generale può e deve tenere conto di realtà diverse. In pratica, però, molto spesso la contrattazione di secondo livello viene utilizzata per scardinare principi e tutele che per il movimento sindacale non sono negoziabili».

Il tema del rinnovo contrattuale è chiuso da De Filippis con una rassicurazione molto netta: «Il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro dei bancari va fatto il prima possibile. Con le altre organizzazioni sindacali si è deciso già di avviare il processo di rinnovo con la costituzione delle commissioni per l’analisi e la preparazione della piattaforma rivendicativa, da portare al voto delle assemblee dei lavoratori. Cercheremo di accelerare ancora di più, visti i tempi ed i riti che, generalmente, il movimento sindacale utilizza in queste occasioni».

È con una citazione dell’autore ucraino Michail Bulgakov che De Filippis conclude la sua relazione: «Tutto passa. Le sofferenze, i tormenti, il sangue, la fame e la pestilenza. La spada sparirà, e le stelle invece rimarranno, quando anche le ombre dei nostri corpi e delle nostre azioni più non saranno sulla terra».

Milano, 13 giugno 2022

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