PARI: «SODDISFATTI PER GLI AUMENTI E ORA STOP ALLE PRESSIONI COMMERCIALI»
La creazione di strumenti contrattuali per governare l’innovazione tecnologica per i dipendenti coinvolti in passaggi in banche digitali, incrementi economici e altro nell’intervista del segretario generale aggiunto della Fabi sulle pagine della Gazzetta di Modena – Reggio – Nuova Ferrara e il Tirreno. Focus sulla firma del contratto nazionale degli oltre 270 mila bancari
La creazione di strumenti contrattuali per governare l'innovazione tecnologica per i dipendenti coinvolti in passaggi in banche digitali, incrementi economici e altro nell’intervista del segretario generale aggiunto della Fabi sulle pagine della Gazzetta di Modena – Reggio – Nuova Ferrara e il Tirreno. Focus sulla firma del contratto nazionale degli oltre 270 mila bancari
«SODDISFATTI PER GLI AUMENTI E PER LE TUTELE SUL DIGITALE»
Bancari Pari (Fabi): «E ora stop alle pressioni commerciali»
Qual è il perimetro di questo accordo?
«Interessa circa 270mila bancari in tutta Italia e quello precedente era scaduto il 31 dicembre 2022, quindi siamo riusciti a rinnovare entro i dodici mesi. Il documento è unico anche se Intesa San Paolo aveva revocato il mandato all’Abi».
Le novità principali dal punto di vista dei dipendenti?
«Sicuramente la regolamentazione del digitale, il nostro obiettivo era di creare strumenti contrattuali per governare l’innovazione tecnologica e ci siamo riusciti. Quindi se un istituto vorrà aprire una banca digitale e trasferirvi del personale, queste figure professionali saranno coperte dal contratto. Per farlo è stata implementata la cabina di regia nazionale, di tipo bilaterale, che si riunirà ogni due mesi per valutare l’andamento del digitale, e anche analizzare situazioni specifiche».
In che maniera si affronta il calo di occupazione del settore?
«Le banche italiane hanno perso negli ultimi vent’anni tra 60 e 70mila dipendenti, senza licenziamenti ma con uscite volontarie e incentivate gestite con accordi tra aziende e sindacati. In questo modo sono stati anche assunti 40mila giovani a tempo indeterminato, grazie al Fondo per l’occupazione del settore che sta svolgendo un ruolo determinante».
Le riduzioni di personale si ripercuotono sull’utenza, che ha visto chiusure a raffica di sportelli e perfino bancomat, lasciando spesso piccole comunità senza servizi. Qual è la vostra posizione?
«Si è passati da un picco di 34mila alle attuali 21mila filiali, i gruppi bancari erano 700 e oggi ne restano poco più di 100, molti si sono ritirati da territori ritenuti non strategici e poco remunerativi. Non basta però la banca online, soprattutto per le persone con difficoltà di movimento e sul digitale. È un errore privare intere comunità di servizi bancari, anche perché così si lascia campo libero alle Poste».
Parliamo dell’aspetto economico del contratto: 435 euro in più al mese è una cifra importante, giustificata dai maxi-utili registrati dalle banche grazie soprattutto all’elevata forbice tra tassi attivi e passivi. Questi riconoscimenti sono pagati dagli interessi sui mutui? Ci sono incentivi legati ai risultati?
«Come Fabi siamo stati tra i primi in Italia a segnalare il mancato adeguamento dei tassi sui conti correnti e l’aumento delle rate sui mutui a tasso variabile. Siamo soddisfatti che il buon andamento delle banche si traduca in questi aumenti contrattuali, ma deve portare benefici anche alla collettività. Nell’aumento definito non ci sono collegamenti con la retribuzione variabile, piuttosto si affronta il problema delle pressioni commerciali sui dipendenti per vendere i prodotti: lo denunciamo da anni, si rischiano illegittimi trasferimenti punitivi e penalizzazioni in carriera».