ANTIRICICLAGGIO, PIÙ RESPONSABILITÀ AI DIRETTORI DI AGENZIA
Sul quotidiano ItaliaOggi l’ordinanza della Corte di Cassazione sulle prerogative del responsabile di filiale sui controlli relativi alla circolazione del denaro sporco
Sul quotidiano ItaliaOggi l’ordinanza della Corte di Cassazione sulle prerogative del responsabile di filiale sui controlli relativi alla circolazione del denaro sporco
BANCHE/ Ordinanza della Corte di cassazione sulle possibili condotte di riciclaggio
IL DIRETTORE DEV’ESSERE SOSPETTOSO
È responsabile se non segnala bonifici e prelievi insoliti
DI EMANUELE FISICARO
L’accreditamento di somme di denaro sul conto corrente per mezzo di bonifici bancari provenienti da una società estera ed il successivo prelevamento in contanti attraverso operazioni frazionate devono far sorgere, in capo al direttore della filiale di banca, il sospetto della possibile consumazione di una condotta di riciclaggio. Tale operatività avrebbe dovuto indurre il direttore a valutare tempestivamente l’anomalia dell’operazione, in quanto potenzialmente idonea a costituire uno strumento di elusione delle disposizioni dirette a prevenire e sanzionare l’attività di riciclaggio, a nulla rilevando la circostanza che la provvista fosse avvenuta mediante sistemi tracciabili. A chiarirlo è la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 11440, depositata il 29 aprile u.s., che ha accolto il ricorso proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze ed ha cassato con rinvio la sentenza della Corte di Appello di Roma. La vicenda traeva origine dall’opposizione del direttore di filiale e della banca avverso il decreto sanzionatorio emanato dal Ministero, che, rigettata dal Tribunale di Roma, era stata riproposta mediante l’impugnazione della sentenza di primo grado dinanzi alla Corte di appello di Roma, che invece aveva ribaltando la sentenza gravata ed annullato l’impugnato provvedimento sanzionatorio. A sostegno dell’adottata pronuncia, la Corte laziale, ricostruita la disciplina normativa temporalmente applicabile ai fatti contestati, risalenti all’anno 2005, cui trovava applicazione la formulazione dell’art. 3, comma 1, dl n. 143/1991, convertito in legge 197/1991, ravvisava l’insussistenza della condotta addebitata al direttore poiché, malgrado l’elevato importo delle operazioni eseguite, non poteva essere rinvenuto alcun elemento di sospetto in esse. Secondo la Suprema Corte, la ricostruzione operata dalla Corte di appello è viziata, poiché non ha tenuto conto che il direttore non aveva correttamente valutato «la circostanza oggettiva che le operazioni erano consistite in frequenti prelevamenti in contanti per somme rilevanti (E. 434.500,00) non poteva di certo essere semplicisticamente minimizzata, il valore indiziario “di una successiva illegale”». Gli ermellini sottolineano che il decalogo di Banca d’Italia, con una previsione di cui al punto 2.1., poi confluita nell’art. 41 del digs 231 del 2007, pur non applicabile “ratione temporis” poiché la contestazione prende corpo nella vigenza del precedente corpo normativo ex legge 153 del 1991, ha tipizzato l’elemento del sospetto nelle ipotesi in cui si faccia un ricorso frequente o ingiustificato a operazioni in contante. Non pub dispensare da responsabilità il fatto che non vi era alcun “inatteso” dal sistema informatico Gianos, poiché tale circostanza, da so- la, non pub costituire un fattore esimente, considerato che il sospetto poteva essere individuato attraverso un corretto accertamento degli elementi soggettivi ed oggettivi che erano già in possesso del direttore della filiale. La Corte di cassazione evidenzia infatti che, con riferimento all’operatività contestata, vi erano diversi indici di anomalia relativi al “prelevamento di denaro contante per importi rilevanti”. Dinanzi a simili circostanze, per escludere la responsabilità del direttore, il cliente avrebbe dovuto rappresentare le “particolari esigenze” alla base dell’operatività anomala in contanti. In assenza di tali giustificazioni, la Corte richiama il provvedimento dell’ufficio italiano cambi del 24 febbraio 2006, secondo cui “in materia di obblighi di (…) segnalazione delle operazioni sospette per finalità di prevenzione e contrasto del riciclaggio sul piano finanziario” a carico di una serie di soggetti rivestenti diverse qualità e funzioni, nell’individuazione delle operazioni sospette deve aversi riguardo (tra gli altri) al seguente criterio generale: “ingiustificato impiego di denaro contante o di mezzi di pagamento non appropriati rispetto alla prassi comune ed in considerazione della natura dell’operazione”. La Corte di cassazione ribadisce altresì che non pub valere la circostanza che la provvista in conto corrente, intestato alla società, fosse avvenuta mediante sistemi tracciabili. La tracciabilità dei flussi finanziari non rappresenta infatti elemento decisivo per escludere i ragionevoli motivi di so- spetto del riciclaggio di denaro di provenienza illecita.