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BANCHE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE, MERCALDO SU FORTUNE ITALIA
Il segretario nazionale Fabi in un ampio articolo spiega l’utilizzo delle nuove tecnologie e le trasformazioni in atto nel settore bancario: «Il contratto nazionale è lo strumento principale per gestire i cambiamenti nei ruoli e nelle mansioni»
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L'intelligenza artificiale come elemento chiave per il rinnovamento del settore bancario italiano, in un momento in cui la tecnologia, in particolare la Gen AI, è destinata a trasformare profondamente i modelli operativi e gestionali delle banche.
Nove istituti di credito su dieci prevedono di aumentare gli investimenti in AI, con cifre significative già immesse nei piani industriali – Intesa Sanpaolo e UniCredit, per esempio, hanno destinato rispettivamente 5 e 3 miliardi di euro, mentre i primi cinque gruppi bancari hanno complessivamente investito circa 10 miliardi.
Questi investimenti mirano a migliorare la produttività, automatizzare i processi e, allo stesso tempo, rafforzare la formazione interna e il ricambio generazionale. Un ricambio generazionale, che non ha significato posti di lavoro persi.
«L’adozione dell’AI non sta causando licenziamenti e nel nostro settore non si parla di licenziamenti di massa, ma di ricambi generazionali e di una maggiore attenzione alla formazione per adattarsi ai nuovi ruoli» spiega il segretario nazionale Fabi Elisabetta Mercaldo. Il cambiamento in atto nel settore è, infatti, regolato e supportato da strumenti contrattuali e fondi dedicati, che hanno storicamente facilitato la transizione occupazionale, garantendo così una trasformazione equilibrata tra innovazione e continuità.
L’integrazione dell’AI nei piani industriali delle banche porta a un incremento della produttività e all’ottimizzazione dei processi interni, supportata da investimenti importanti e collaborazioni con partner esterni.
L’innovazione digitale, però, si affianca anche alla necessità di mantenere un contatto diretto con la clientela, soprattutto in un contesto in cui alcuni gruppi bancari hanno scelto di ridurre la loro presenza, ma altri stanno facendo scelte opposte, preferendo rafforzare la rete fisica per essere più vicini alla clientela.
Il 54% delle banche ha in corso collaborazioni con aziende ICT (Big Tech comprese) per lo sviluppo di iniziative di GenAI, mentre le sinergie future saranno realizzate principalmente con software vendor, fintech e startup.
«Il settore fintech, che sembrava poter sostituire le banche tradizionali, ha invece spesso collaborato con esse. Alcune banche preferiscono esternalizzare i servizi tecnologici per restare competitive senza dover affrontare investimenti troppo elevati» riassume Mercaldo. Il 57% delle banche ha già coinvolto il business nelle sperimentazioni per accelerare e passare alla produzione vera e propria delle proprie soluzioni GenAI, mentre il 50% sta creando nuove strutture, nuovi ruoli e i meccanismi di coordinamento che aiuteranno a gestirli. Ed è nella formazione che le banche guardano più alle risorse esterne: quasi il 50% punta sull’assunzione di nuovo personale: «Il contratto nazionale è lo strumento principale per gestire i cambiamenti nei ruoli e nelle mansioni. Inoltre, con l’ultimo rinnovo contrattuale, abbiamo introdotto una cabina di regia che permette di creare regole condivise tra ABI, sindacati e banche. Anche il Fondo per l’Occupazione (FOC) e il Fondo di Solidarietà sono strumenti centrali: dal 2012 hanno supportato 40.000 nuove assunzioni a fronte di 90.000 uscite», ricorda Mercaldo.
Roma, 17 febbraio 2025