Federazione Autonoma
Bancari Italiani via Tevere, 46 00198
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news fabi anno VIII – lunedì 5
febbraio 2007
rassegna stampa quotidiana
riservata alle strutture
a cura di Bruno Pastorelli
Se riscontrate anomalie, nei collegamenti comunicatelo a: b.pastorelli@fabi.it, grazie.
Così disse
L'UNITA' lunedì 5 febbraio 2007. 3
Draghi spinge Siena e Capitalia a
muoversi - Il governatore ritiene non concluso il processo di concentrazione
bancaria in Italia. 3
GAZZETTA DEL SUD lunedì 5 febbraio
2007. 4
Respinto il piano di
riorganizzazione messo a punto dal governatore - Bankitalia, oggi il vertice
con i sindacati 4
L'ARENA IL GIORNALE DI VERONA
lunedì 05 febbraio 2007 economia pag. 6. 4
Risiko bancario, occhi puntati su
Mps, Capitalia e Bpm - Draghi: «Ma c’è spazio per altre aggregazioni». 4
da Finanza&Mercati del
03-02-2007. 5
Intesa Sanpaolo, mina sindacale Il
maxipiano esuberi non decolla - Solo 1.200 vogliono i prepensionamenti e gli
scivoli. Ma le previsioni arrivavano a 4mila Torino punta i piedi sul patto
delle Fondazioni 5
GIORNALE DI BRESCIA sabato 3
febbraio 2007. 6
La piattaforma è stata approvata
per la prima volta da tutte le sigle che rappresentano i bancari. A marzo via
alla trattativa con l’Abi - Rinnovo del contratto, i sindacati chiedono il 9%.. 6
IL GIORNALE lunedì 5 febbraio 2007. 8
Il risiko di Draghi «arriva» in
Borsa. 8
IL GIORNALE lunedì 5 febbraio 2007. 9
Antonveneta, inchiesta chiusa. 9
IL GIORNALE lunedì 5 febbraio 2007. 9
Tfr, arrivano i decreti che fanno
chiarezza. 9
LA STAMPA/Tuttosoldi di lunedì 5
febbraio 2007. 11
Come vincere la battaglia contro
la clonazione e il furto di carte di credito e bancomat - Le banche stesse
ammettono che la guerra tra i «ladri elettronici» ... 11
CORRIERE DELLA SERA/Economia di
lunedì 5 febbraio 2007. 11
Novità La posizione di De Lucia. 11
CORRIERE DELLA SERA/Economia di
lunedì 5 febbraio 2007. 12
Quelle con i patrimoni «scontati»
Le attese su Mps, il valore di Cir - 2,5 È il valore medio del price book
value delle blue chip. 12
CORRIERE DELLA SERA/Economia di
lunedì 5 febbraio 2007. 13
Ecco i moduli - Ora si può
scegliere. 13
CORRIERE DELLA SERA/Economia di
lunedì 5 febbraio 2007. 13
Liberalizzazioni Positive le
ultime norme, con qualche rischio - Mutui più liberi, ma meno light - Per
parare il colpo dell’eliminazione delle penali le banche potrebbero aumentare
i tassi fissi 13
CORRIERE DELLA SERA/Economia di
lunedì 5 febbraio 2007. 14
La macchina delle pensioni 2007 si
è messa in moto. Con la ... 14
CORRIERE DELLA SERA/Economia di
lunedì 5 febbraio 2007. 15
La scelta - Variabile contro rata
costante: la forbice è più stretta. 15
La Repubblica/Supplementi di
lunedì 5 febbraio 2007. 16
Non c’è più solo Bankitalia. 16
La Repubblica/Supplementi di
lunedì 5 febbraio 2007. 16
Cattolica trova due compagni di
viaggio. 16
La Repubblica/Supplementi di
lunedì 5 febbraio 2007. 17
Via libera alla grande Allianz
italiana. 17
La Repubblica/Supplementi di
lunedì 5 febbraio 2007. 18
Assicurazioni e istituti di
credito, il secondo capitolo dell’integrazione. 18
L'ARENA IL GIORNALE DI VERONA
lunedì 05 febbraio 2007 economia pag. 6. 19
Due manager della compagnia si
sono confrontati con gli analisti. Il tema: la società scaligera di fronte al
settore liberalizzato - Cattolica si presenta agli investitori - Raffica di
domande sulle alleanze con Mapfre e Bpvi. Fezzi: «Molta attesa per il piano». 19
ItaliaOggi Sette - lotta all'evasione - Numero 030, pag. 8
del 5/2/2007. 20
Sogei alleato del fisco nelle
metodologie di controllo. 20
ItaliaOggi Sette - lotta all'Evasione - Numero 030, pag. 9
del 5/2/2007. 21
Anagrafe dei conti per stanare il
contribuente in difetto. 21
GIORNALE DI BRESCIA sabato 3
febbraio 2007. 23
Un sistema economico tra i più
vivaci del Paese sostiene la crescita del settore del credito nella nostra
provincia - Banche, 23 nuovi sportelli nel Bresciano - Gli istituti più
attivi sono stati la Valsabbina e la Bcc di Brescia che hanno aperto 3
filiali nel 2006. 23
GIORNALE DI BRESCIA sabato 3
febbraio 2007. 24
12 BANCHE, UNO SPORTELLO OGNI 832
ABITANTI - A Salò arriva anche Unicredit 24
ItaliaOggi - Primo Piano - Numero 029, pag. 5 del
3/2/2007. 24
Si apre un altro capitolo del
braccio di ferro iniziato tra enti locali e Mineconomia dopo la manovra. -
Sindaci in concorrenza con lo stato - Un consorzio per sfidare Riscossione
spa su Ici e tasse locali 24
ItaliaOggi - Giustizia e Società - Numero 029, pag. 50
del 3/2/2007. 25
ANTIRICICLAGGIO/ Lo prevede lo
schema di decreto che recepisce la direttiva 2005/60/Ce. - Assegni trasferibili.
Ma a richiesta - La regola operativa anche per i vaglia postali e cambiari 25
Return
L'UNITA' lunedì 5 febbraio 2007
Draghi spinge Siena e Capitalia a muoversi - Il
governatore ritiene non concluso il processo di concentrazione bancaria in
Italia
di Giampiero Rossi / Milano
MANOVRE Il Forex riaccende i
riflettori sul cosiddetto risiko bancario. «C’è ancora spazio per nuove
concentrazioni» tra le banche italiane, ha detto infatti
sabato il governatore di Bankitalia,
Mario Draghi una frase che induce a pensare alle possibili prossime mosse
nello scacchiere nazionale del credito. A partire dai
potenziali protagonisti del nuovo esplicito invito di Draghi alle fusioni:
Bpm, Mps e Capitalia.
Già venerdì in Borsa c’è stato un ritorno di fiamma
sulla banca romana e su quella toscana. Capitalia resta il terzo polo del
paese anche dopo l'integrazione su
scala europea tra Unicredit e Hvb e quella tutta tricolore tra Intesa e
Sanpaolo. Ma molti scommettono sulla necessità e l'opportunità di aumentare la dimensione
dell’istituto romano. Le vicende interne e il monito di Draghi potrebbero
imprimere quindi un’accelerazione alla ricerca di un partner già nell'immediato futuro.
La pista italiana resta quella più probabile, anche se
ci si interrogano sul ruolo che potrebbe avere nella
partita il Santander dopo l'acquisto
di poco meno del 2% di Capitalia. Ma i più sono
pronti a giurare che non arriveranno mosse ostili da Emilio Botin. Si guarda
quindi alle mosse della rivale spagnola del Sch, il
Bbva. Per alcuni i baschi, battuti in dirittura d'arrivo
da Bnp Paribas nella corsa per la Bnl, potrebbero dirottare l'interesse che mantengono per il mercato italiano
in direzione di Capitalia. In ogni caso sarebbe poco probabile che si possa
assistere a operazioni ostili di qualsiasi tipo e
che quindi un’azione del genere non venga prima preceduta da un
consolidamento dimensionale e dell'azionariato
sul piano nazionale.
Si torna quindi a guardare a Mps, dove resta però al momento ferma la volontà del vertice di non
procedere a un’operazione tra Siena e Roma nonostante il favore a livello
nazionale dei Ds, che controllano gli enti locali cui spetta la nomina degli
amministratori della Fondazione azionista della banca.
Per quanto riguarda invece la Banca centrale, oggi
pomeriggio il governatore Draghi è atteso da un
nuovo incontro con i sindacati per affrontare i nodi legati alla
ristrutturazione della Banca d'Italia.
Le sette sigle sindacali rappresentate nella banca
(Cida, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca-Uil, Fabi, Falbi e Sibc-Cisal) intendono
discutere il piano di riorganizzazione già presentato in ottobre e già
respinto dai sindacati, che si sono dichiarati nettamente contrari alla
chiusura delle filiali. «Non è dimostrato - spiegano - che attraverso la
chiusura delle filiali si risolvano i problemi di
efficacia e di efficienza dell'istituto».
Return
ROMANuovo round fra i sindacati e il governatore Mario Draghi sulla ristrutturazione della Banca d'Italia. L'appuntamento
è fissato per oggi alle 15 nella sala delle Conferenze: i cinque membri del
Direttorio incontreranno le sette sigle sindacali rappresentate nella banca
(Cida, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca-Uil, Fabi, Falbi e Sibc-Cisal) per
discutere il piano di riorganizzazione già
presentato in ottobre e già respinto dai sindacati, che si sono dichiarati
nettamente contrari alla chiusura delle filiali.
In vista del nuovo incontro, che segue quello del 13
dicembre,la Falbi ha messo a punto un documento e lo
ha consegnato ai dipendenti dell'istituto
e allo stesso Mario Draghi. «All'appuntamento
di lunedì andiamo per sostenere il nostro documento e respingere il progetto
Draghi, che deve essere accantonato», spiega il segretario generale Luigi
Leone. Nel documento si precisa come «non è dimostrato che attraverso la
chiusura delle filiali si risolvano i problemi di efficacia
e di efficienza dell'istituto». Del piano Draghi, la Falbi contesta tutto: «Quello che
doveva essere un complesso piano industriale, si è trasformato in un piano commerciale
inteso a fare cassa. Il problema della Banca d'Italia,
la sua reale arretratezza è da ricercarsi nell'assenza
di interventi che hanno, invece, positivamente
caratterizzato l'agire delle altre
banche centrali: processi decisionali più rapidi, resi possibili da una
riduzione dei livelli gerarchici, da adeguate politiche di decentramento
delle responsabilità e miglioramento dei profili di comunicazione interna ed
esterna».
La Fabi si attende «un'illustrazione
dettagliata» delle misure che si intendono prendere:
«vogliamo capire dove andiamo e come ci arriviamo», afferma il
segretario-coordinatore della Fabi-Banca d'Italia,
Angelo Maranesi, augurandosi che Draghi si presenti all'appuntamento
«anche con un progetto per Roma e periferia, nel quale siano indicati anche i
tempi. Chiediamo garanzie per il personale». Nel progetto
presentato in ottobre, Draghi prevedeva la progressiva chiusura delle
filiali dispiegate sul territorio ed il contemporaneo potenziamento delle
sedi regionali, alle quali sarà affiancato un numero ristretto (4 o 5) di
filiali specializzate per la gestione del contante prelevato o riservato da
banche e società di servizio.
Return
L'ARENA IL GIORNALE
DI VERONA lunedì 05 febbraio 2007 economia pag. 6
Torino. Il Forex, un anno dopo il debutto ufficiale a
Cagliari di Mario Draghi alla guida di Bankitalia, mette di nuovo sotto i riflettori il risiko bancario. «C’è ancora spazio per
nuove concentrazioni» tra le banche italiane, ha detto l’altro ieri il numero
uno di Via Nazionale e la platea di analisti e
operatori di mercato riunita a Torino ha subito pensato alle prossime
possibili mosse nello scacchiere nazionale del credito ad iniziare dai
maggiori indiziati dopo il nuovo esplicito invito di Draghi alle fusioni.
L’attenzione è rivolta a Bpm, Mps e Capitalia.
Già venerdì Piazza Affari ha
assistito ad un ritorno di fiamma sulla banca capitolina, in rialzo del 2%
sopra i 7 euro dopo alcune sedute fiacche nell’ultimo mese. Il Monte è salito
del 2,23% a 5,19 euro, massimo storico per l’istituto, che segna nell’ultimo
mese un progresso del 5,79% e dell’11,5% negli
ultimi sei mesi.
Capitalia resta il terzo polo del paese anche dopo l’ integrazione su scala europea tra Unicredit e Hvb e
quella tutta tricolore tra Intesa e Sanpaolo. Ma in
molti scommettono sulla necessità e l’opportunità di aumentare la dimensione
dell’istituto romano. Le vicende interne e il monito di Draghi potrebbero
imprimere quindi un’accelerazione alla ricerca di un partner già
nell’immediato futuro. La pista italiana resta l’ipotesi più gettonata dal mercato mentre altri analisti si interrogano sul ruolo che
potrebbe avere nella partita il Santander dopo l’acquisto di poco meno del 2%
in Via Minghetti, ma i più sono pronti a giurare che non arriveranno mosse
ostili da Emilio Botin, del resto più interessato alle battaglie finanziarie
nella galassia del Nord. Si guarda quindi alle mosse della rivale spagnola
del Sch, il Bbva. Per alcuni i baschi, battuti in dirittura d’arrivo da Bnp
Paribas nella corsa per la Bnl, potrebbero dirottare l’interesse che
mantengono per il mercato italiano in direzione di Capitalia.
Difficile però, si mormora negli ambienti finanziari,
che il Bilbao, se veramente studiasse un dossier di
questo tipo, si accontenterebbe di un ruolo di partnership come è stato nella
vicenda di Via Veneto o ricalcando l’attuale posizione di Abn Amro, primo
azionista ma sostanzialmente in stallo nella gestione di Via Minghetti.
In ogni caso sarebbe poco probabile, concordano i
giocatori del toto-risiko, che si possa assistere ad
operazioni ostili di qualsiasi tipo e che quindi un’azione del genere non
venga prima preceduta da un consolidamento dimensionale e dell’azionariato
sul piano nazionale.
Si torna quindi a guardare a Rocca Salimbeni, dove resta però al momento ferma la volontà del vertice di non
procedere ad una operazione tra Siena e Roma nonostante il favore a livello
nazionale dei Ds, che controllano gli enti locali cui spetta la nomina degli
amministratori della Fondazione azionista della banca.
Intanto affluiscono nei forzieri del Monte i benefici
dell’operazione con Mediobanca sulla quota Generali e vanno avanti le altre
operazioni legate al piano industriale, come l’individuazione di un partner
straniero per Mps Vita, entrata nella fase finale. La borsa punta sulle
prossime mosse della banca toscana, nel risiko o, almeno nell’immediato, per
l’acquisto degli sportelli di Intesa Sanpaolo in
esubero dopo la decisione dell’Antitrust. Alcuni non escludono che possa
esserci sullo sfondo anche l’intenzione di guardare all’estero per una operazione cross-border ’tra ugualì.
Intanto nuovo round fra i sindacati e il
Draghi sulla ristrutturazione della Banca d’Italia. L’appuntamento è
fissato per oggi alle 15 nella sala delle Conferenze: i cinque membri del
Direttorio incontreranno le sette sigle sindacali rappresentate nella banca
(Cida, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca-Uil, FABI, Falbi e Sibc-Cisal) per
discutere il piano di riorganizzazione già
presentato in ottobre e già respinto dai sindacati, che si sono dichiarati
nettamente contrari alla chiusura delle filiali.
In vista del nuovo incontro, che segue quello del 13
dicembre,la Falbi ha messo a punto un documento e lo
ha consegnato ai dipendenti dell’istituto e allo stesso Mario Draghi.
«All’appuntamento di lunedì andiamo per sostenere il nostro documento e
respingere il progetto Draghi, che deve essere accantonato», spiega il
segretario generale Luigi Leone.
Return
da
Finanza&Mercati del 03-02-2007
Intesa Sanpaolo, mina sindacale Il maxipiano esuberi non decolla - Solo 1.200 vogliono i
prepensionamenti e gli scivoli. Ma le previsioni
arrivavano a 4mila Torino punta i piedi sul patto delle Fondazioni
di Redazione del 03-02-2007
Non decolla il maxipiano esuberi
di Intesa Sanpaolo, mentre continuano gli attriti a Torino, dove ieri è
arrivato il via libera della Compagnia al patto di prelazione che dovrà
legare le quattro fondazioni azioniste. Bruno Manghi, rappresentante del Comune,
ha votato contro la proposta sostenendo che «bisogna
prima chiarire se esiste un comune sentire su cose che per la Compagnia sono
importanti». Sul capitolo esuberi, rispetto ai 4mila dipendenti individuati
nelle linee guida del progetto di fusione, solo 1.200
colletti bianchi, finora, hanno accettato gli scivoli e i
prepensionamenti. A puntare i piedi, in particolare, secondo quanto risulta a F&M, sarebbero i colletti bianchi del
Sanpaolo. Le quattro mensilità di stipendio proposte come incentivo
all’esodo sono esattamente un terzo messe a confronto con quanto, Enrico
Salza - ora alla guida del Consiglio di gestione del gruppo - negli anni
scorsi offriva ai suoi dipendenti. I vertici della superbanca non si
aspettavano un bilancio così magro. E non sembra andar meglio nemmeno l’opzione che prevede l’assunzione dei figli dei dipendenti
che lasciano il posto di lavoro. Le domande già arrivate sono 1.564 (la fetta
più grossa dal Sud Italia e dai dipendenti Intesa),
ma la quota di curriculum validi, secondo indiscrezioni, sarebbe molto bassa.
E ora i top manager di Intesa Sanpaolo cominciano a
preoccuparsi seriamente. Del resto, secondo i sindacati, il piano industriale
definitivo che dovrebbe arrivare a maggio potrebbe contenere altri 4mila
nuovi esuberi. Conti alla mano significa 6.800
persone sul groppone da mandare a casa in tutta fretta per evitare di colpire
troppo i conti della ristrutturazione. La questione è in mano a Francesco
Micheli, direttore generale dell’istituto con delega sul personale. I vertici
del gruppo sanno bene che il Fondo esuberi interbancario
non consente grossi margini di operatività. Stando al regolamento, può essere
usato in due modi. Su base volontaria oppure per via
obbligatoria. La seconda strada, però, può essere percorsa solo quando ci si trova di fronte a uno stato di crisi o
durante complicate ristrutturazioni. Ma, almeno per ora, non sembra questo il
caso e comunque, per costringere i dipendenti al
prepensionamento, sarebbe indispensabile un forte appoggio politico e pure un
accordo coi sindacati che appare difficile da trovare. Di qui l’idea di
rendere obbligatorie le uscite grazie all’accesso forzoso al Fondo. Ipotesi che i banchieri vorrebbero inserire anche nel nuovo
contratto nazionale. Dura la reazione dei rappresentanti dei
lavoratori: «È bene che i vertici della nuova banca - dice Lando Sileoni,
segretario nazionale della Fabi - si mettano in testa quello che giovedì è
stato ribadito al nostro consiglio nazionale: non
approveremo mai un Fondo obbligatorio per i 50enni».
Return
Guido Lombardi
BRESCIA - Non era mai accaduto prima. Le nove sigle
sindacali che rappresentano i bancari, per la prima volta, si presenteranno
unite davanti alla controparte. L’obiettivo è arrivare al più presto al
rinnovo del contratto nazionale di lavoro.
Le organizzazioni che rappresentano i lavoratori,
proprio in questi giorni, sono impegnate nell’approvazione da parte dei
rispettivi Consigli nazionali della piattaforma con cui si presenteranno alla
trattativa. Nel mese di febbraio, i contenuti della proposta dei sindacati saranno
esposti nelle assemblee e sottoposti ai lavoratori. Entro marzo dovrebbe
cominciare la trattativa e solo allora si capirà se si arriverà presto a una chiusura o se si prospetteranno tempi lunghi.
Vediamo nel dettaglio quali sono le rivendicazioni proposte
dalle nove sigle sindacali (Dircredito, Fabi, Falcri, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil,
Silcea, Sinfub, Ugl, Uilca). In primo luogo, viene
chiesto un aumento per il biennio economico 2006-2007 pari a circa 188 euro
in più in busta paga (valore medio riferito ad un impiegato di III area e IV
livello, per esempio un bancario con dieci anni di anzianità). «Dopo tre
contratti nazionali di contenimento - spiega Giovanni Caleppio, segretario
della Fabi a Brescia - questo è un contratto rivendicativo, in cui poniamo richieste
precise». L’aumento che viene richiesto è mediamente
del 9% e comprende un 3,8% di costi di inflazione (il recupero del potere
d’acquisto dei salari), un ulteriore 3,5% medio di riparametrazione e un 1,7%
relativo a incrementi delle indennità, aumento dei giorni di permesso,
rivalutazione degli scatti di anzianità e contributi per la previdenza
complementare.
Ma la nuova piattaforma è basata su altri due importanti
pilastri: la responsabilità sociale d’impresa e la revisione
di alcune novità introdotte con la legge Biagi. «Per quanto riguarda il ruolo
delle banche nella società - continua Caleppio - è
necessario che vengano prese misure precise e che ci siano azioni concrete e
controllo». Un punto sottolineato anche da Maria Rosa Loda, segretario bresciano
della Fiba-Cisl: «Chiediamo una maggiore partecipazione dei lavoratori alle
decisioni prese dalle aziende. Inoltre, è opportuno investire sull’eticità
dei prodotti offerti, sia per la sicurezza dei lavoratori, sia per il bene
dei consumatori». La legge 30 resta nel mirino delle organizzazioni dei
lavoratori: «Avevamo detto che era di difficile
applicazione nel nostro settore - dice il segretario Fabi Caleppio - e
infatti abbiamo visto che i problemi non mancano. È necessaria una revisione di alcune figure introdotte dalla legge Biagi».
Secondo i sindacati, infatti, il contratto di apprendistato
dovrà essere modificato attraverso miglioramenti economici e normativi (che
ne limitino la durata e agevolino l’assunzione definitiva).
Caleppio crede sia importante chiudere in fretta: «Noi
vogliamo accelerare al massimo. Nel 2007 saranno numerosi gli appuntamenti
per il rinnovo dei contratti di lavoro: vorremmo che quello dei bancari
facesse da apripista».
I sindacati si presenteranno uniti in un momento di difficoltà
occupazionale segnato dalle grandi fusioni bancarie. La delegazione dei
banchieri sarà guidata da Fabio Innocenzi, amministratore delegato della
Banca Popolare di Verona, chiamato a mediare con i sindacati, ma anche con le
diverse anime dell’Associazione Bancaria Italiana.

DICHIARAZIONI DI:
FABIO INNOCENZI - ABI
«È del tutto prematuro parlare di cifre, anche se le
anticipazioni che abbiamo letto sulla stampa destano qualche perplessità.
Dobbiamo creare anche in Italia un ambiente in cui i quadri normativi e
regolamentari consentano elevate flessibilità».
EZIO DARDANELLI - FISAC
«Il nuovo contratto deve basarsi su una maggiore
attenzione al lavoro e alle questioni legate alle pari opportunità. Poi c’è
il problema di chi apre filiali all’estero con ricadute sulla nostra
occupazione interna. La rivendicazione salariale che è contenuta nella piattaforma non è solo recupero del valore degli stipendi,
ma anche richiesta di una più equa distribuzione dei ricavi».
GIOVANNI CALEPPIO- FABI
«Per la prima volta le nove organizzazioni sindacali
hanno trovato una posizione unitaria per avviare la contrattazione. Si tratta
di un fatto molto importante che si è reso possibile perché siamo in un
momento di difficoltà in seguito alle grandi fusioni dei gruppi bancari».
MARIA ROSA LODA - FIBA
«In questi ultimi mesi i bilanci delle banche si
presentano molto positivi. Ci sembra giusto che
anche i lavoratori sentano i benefici di questo periodo di risanamento.
Chiediamo, inoltre, una maggiore partecipazione dei lavoratori nei momenti
decisionali e la diffusione di una cultura di responsabilità d’impresa. Questo non solo per la sicurezza di chi lavora, ma anche per i
consumatori».
Return
di Redazione - lunedì 05 febbraio
2007, 07:00
da Milano
Capitalia, Monte Paschi, Popolare Milano: dopo i signori
del credito da questa mattina è Piazza Affari a
interrogarsi sull’esito delle sferzate con cui sabato Mario Draghi è tornato
ad aprire il risiko delle aggregazioni dal palco del Forex. La direzione
indicata dal governatore di Bankitalia è inequivocabile: il sistema bancario
italiano è ancora troppo frammentato, pertanto occorrono altre fusioni che
«sprigionino sinergie» e migliorino l’efficienza. Dopo la fusione Intesa
Sanpaolo, la principale pedina rimasta sullo scacchiere è Capitalia,
protagonista già venerdì di un ritorno di fiamma (più 2%) che ha portato il
titolo oltre i 7 euro in Piazza Affari. Malgrado il
gruppo presieduto da Cesare Geronzi rimanga il terzo polo del Paese, molti
analisti considerano necessario un potenziamento. Magari seguendo una pista
italiana che potrebbe condurre a Unicredit, ma
questa ipotesi sconvolgerebbe gli equilibri della galassia
Mediobanca-Generali. L’alternativa sarebbero le
nozze con il Monte dei Paschi (più 2,2% il titolo venerdì al picco di 5,19
euro).
Malgrado il favore dei Ds a livello
nazionale, i vertici di Rocca Salimbeni appaiono però freddi. Anche perché
alcuni a Siena si interrogano sull’opportunità di un
matrimonio internazionale, di cui potrebbe essere la prova generale la gara,
ormai alla fase finale, da cui uscirà il compagno di viaggio di Mps Vita
nella bancassicurazione. Tornando a Capitalia, molto dipenderà dall’obiettivo
finale del Santander, il gruppo spagnolo grande escluso dal
matrimonio Intesa Sanpaolo che ha detto di aver raccolto poco meno del
2% in via Minghetti. «Noi parliamo sempre con tutti, siamo persone bene
educate», ha commentato il presidente Cesare Geronzi anche
se i più sono pronti a giurare che non ci saranno azioni ostili da
parte di Emilio Botin.
Altri guardano invece ai rivali
del Bbva, con l’idea che i baschi, battuti da Bnp Paribas nella corsa a Bnl,
dirottino la propria strategia «italiana» verso Capitalia. Infine rimane da definire la campagna acquisti di Popolare di Milano,
potenzialmente sinergica anche con Unicredit. Dopo aver visto fallire le
avance a Bpi, il presidente Roberto Mazzotta ha detto ai soci che alla banca serve «un salto dimensionale», con un’operazione straordinaria
diretta a realizzare il progetto di Superpopolare, più volte accarezzato.
Return
di Redazione - lunedì 05 febbraio
2007, 07:00
da Milano - Ben 250 faldoni di
atti e documenti sono pronti per essere depositati a disposizione delle
parti; mancano solo le firme del capo della procura Manlio Minale,
dell’aggiunto Edmondo Bruti Liberati e dei tre pm che hanno coordinato
l’inchiesta, Francesco Greco, Eugenio Fusco e Giulia Perrotti. Al massimo oggi
la procura di Milano chiuderà l’inchiesta partita dagli accertamenti sul
tentativo di scalata ad Antonveneta da parte di Banca Popolare Italiana.
Gli indagati interessati dal provvedimento sono una
settantina, mentre 5 sono i capitoli di indagine: la
scalata alla banca padovana, l’ostacolo alla Consob, l’ostacolo a Bankitalia,
gli arresti del 13 dicembre 2005 che colpirono anche l’ex delegato di Bpi,
Gianpiero Fiorani. Resteranno aperti alcuni stralci di indagine
relativi alle scalate Bnl e Rcs ma Fiorani, stando ai continui contatti tra i
suoi avvocati e i pm, sarebbe pronto a ricorrere al patteggiamento allargato
per chiudere la vicenda. Per l’ex governatore di
Bankitalia, Antonio Fazio, indagato per aggiotaggio, invece si profila la
richiesta di rinvio a giudizio su cui deciderà il giudice dell’udienza
preliminare. Tra i principali indagati c’è l’immobiliarista Stefano
Ricucci, la cui holding Magiste International è
stata dichiarata fallita il 19 gennaio scorso.
Return
di Matteo Bardizza - lunedì 05
febbraio 2007, 07:00
Finalmente può
partire la riforma della previdenza complementare. Infatti,
sono stati firmati i due decreti che attuano le disposizioni previste dalla
Finanziaria 2007 in materia di conferimento del Tfr. Uno
disciplina la modalità di scelta del lavoratore, l'altro il funzionamento del fondo previdenziale
per recepire il Tfr dei lavoratori silenti, istituito presso l'Inps. Nella corsa per anticipare la partenza della
riforma al 1° gennaio 2007, erano stati trascurati elementi basilari per l'applicazione della normativa, che avevano
ingenerato confusione con conseguente stato generale di attendismo
da parte dei soggetti interessati (aziende e lavoratori dipendenti). I nuovi
decreti, quindi, dissipano dubbi e interrogativi che sono maturati in questo
primo mese di gennaio e danno il via ufficiale alla scelta sulla destinazione
del Tfr. Ma quali sono le novità?
I moduli ufficiali
I lavoratori dipendenti, per esprimere la propria scelta
su dove allocare il Tfr maturando, dovranno obbligatoriamente utilizzare i
due moduli allegati al decreto, Tfr 1 e Tfr 2 (disponibili sul nostro sito
internet www.ilgiornale.it), che saranno consegnati loro dai datori di
lavoro. Il lavoratore che intende conferire il proprio Tfr a
un fondo pensione, dovrà prima aderire alla forma pensionistica complementare
(attraverso firma del contratto con il fondo di categoria, la propria banca o
compagnia di assicurazioni) e solo successivamente comunicare tale scelta al
proprio datore di lavoro attraverso il modulo Tfr-1 o Tfr-2. Sono esclusi
dalla compilazione dei moduli i lavoratori che alla data del 31 dicembre 2006
hanno già effettuato la scelta di aderire a una
forma di previdenza complementare e alla quale versano integralmente il Tfr.
Modulo Tfr-1
Il modulo Tfr-1 è destinato ai
lavoratori dipendenti del settore privato, con un rapporto di lavoro in
essere al 31 dicembre 2006, con scadenza per la scelta entro il 30 giungo
2007.
Modulo Tfr-2
Quello denominato Tfr-2 servirà invece per recepire entro sei mesi dalla data di assunzione la scelta
dei lavoratori assunti dopo il 31 dicembre 2006, che non abbiano già espresso
(durante un precedente rapporto di lavoro) in maniera tacita o esplicita la
propria volontà in ordine al conferimento del Tfr.
Chi ha già scelto
Rimane valida la scelta di chi avesse
deciso di mantenere immutato l'attuale
istituto del Tfr, prima dell'entrata
in vigore del decreto. Al contrario, chi avesse già scelto di destinare il
Tfr maturando a una forma previdenziale
complementare, dovrà confermare tale decisione con compilazione del modulo
Tfr-1 o Tfr-2 entro trenta giorni dalla predetta pubblicazione.
La contribuzione ai fondi pensione
Il decreto chiarisce anche la tempistica per il
versamento della contribuzione da parte dei datori di
lavoro. Infatti in caso di esplicito conferimento
del Tfr a una forma di previdenza complementare, il datore di lavoro verserà
la contribuzione (Tfr + eventuale contributo volontario + eventuale contributo
datoriale) a decorrere dal 1° luglio 2007, anche con riferimento al periodo
compreso tra la data di scelta del lavoratore e il 30 giugno 2007; l'importo di Tfr da versare relativamente alle
mensilità antecedenti al mese di luglio 2007 è rivalutato, secondo i criteri
stabiliti dall'articolo 2120 del
Codice civile. In caso di lavoratore silente al 30 giugno 2007, il datore di
lavoro verserà il Tfr che maturerà, a decorrere dal 1° luglio 2007, alla
forma pensionistica complementare individuata secondo una ben precisa scala
gerarchica, che vede all'ultimo
posto, in caso di mancanza di contratti collettivi di riferimento
individuabili in azienda, la destinazione del Tfr a
un'apposita forma pensionistica
complementare istituita presso l'Inps
e denominata «Fondinps».
Aziende con più di 50 dipendenti
I lavoratori di aziende con
almeno 50 dipendenti, che decideranno di mantenere l'attuale
disciplina del Tfr (cioè liquidazione del capitale accumulato al momento
della cessazione del rapporto di lavoro) vedranno accantonare le proprie
quote di Tfr mensili presso un apposito fondo gestito dall'Inps. Il datore di lavoro versa al predetto fondo
il contributo a decorrere dal mese successivo alla consegna da parte del
lavoratore del modello Tfr-1 o Tfr-2, per un importo corrispondente alla
quota di Tfr maturata e rivalutata, rispettivamente, dal 1° gennaio 2007 per
i lavoratori assunti prima del 31 dicembre 2006 e dalla data di assunzione per quelli assunti dopo. Riassumendo: il Tfr
non rimane più presso il proprio datore di lavoro ma
passa nelle casse delle Stato. Ma allora chi paga al momento della cessazione
del rapporto di lavoro o per richiesta di anticipazione?
L'Inps
gestirà il Tfr dei lavoratori con l'unico
obbligo di garantire la rivalutazione annua prevista dalla legge (75%
dell’inflazione +1,5%) ma le prestazioni, in caso di cessazione del rapporto
di lavoro o richiesta di anticipazione, saranno
ancora erogate direttamente dal datore di lavoro, anche per la parte che non
gli compete, cioè che non è in suo possesso essendo stata versata all'Inps, salvo poi conguaglio successivo da parte
delle casse pubbliche. Quindi il datore di lavoro dovrà comunque
tenere contabilità esatta delle quote Tfr accantonate in azienda, di quelle
versate all'Inps e relativa
rivalutazione.
Come si calcolano i 50
dipendenti
Per le aziende in attività al 31 dicembre 2006, il
predetto limite dimensionale viene calcolato
prendendo a riferimento la media annuale dei lavoratori in forza nell'anno 2006. Per le aziende che iniziano l'attività successivamente
al 31 dicembre 2006 ai fini dell'individuazione
del limite numerico si prende a riferimento la media annuale dei lavoratori
in forza nell'anno solare di
inizio attività. Nel predetto limite devono essere computati tutti i
lavoratori con contratto di lavoro subordinato, ivi inclusi quelli non
destinatari delle disposizioni di cui all'articolo
2120 del codice civile.
I lavoratori con contratto di lavoro a tempo parziale
devono essere computati in proporzione all'orario
svolto (es. lavoratori part-time computati al 50%). Il lavoratore assente è
escluso dal computo dei dipendenti solo nel caso in cui in sua sostituzione sia stato assunto un altro lavoratore. L'obbligo contributivo non ricorre per i lavoratori
con rapporto di lavoro di durata inferiore a tre mesi, i lavoratori a
domicilio, gli impiegati quadri e dirigenti del settore agricolo nonché ai lavoratori per i quali i Ccnl prevedono la
corresponsione periodica delle quote maturate di Tfr ovvero l'accantonamento delle stesse presso soggetti terzi.
In assenza di un criterio preciso per il calcolo della
media, si ritiene di dover applicare la media ponderata del numero dei
lavoratori per i giorni di durata del rapporto di
lavoro, il tutto diviso per 365 giorni. (5. Continua)
Return
Ho letto l'articolo
(La Stampa del 15 gennaio 2007 - pagina 30), in merito alla clonazione e
furto delle carte di credito e del bancomat. Una disavventura come quella del
signor Gabriele Clari è capitata anche ai cittadini britannici Singh. Da questo episodio è partita una causa legale tra la
Diners/Citibank e i Singh, per dimostrare che ricavare il PIN di una carta
ATM (i bancomat internazionali) non è impossibile. Sul sito
www.hackerjournal.it c'è un lungo
articolo in cui si sostiene la tesi secondo cui il bancomat può essere
clonato, e il suo PIN craccato in 15 tentativi.
Colgo l'occasione per salutarla
cordialmente e congratularmi per la rubrica.
Luigi Albano
Torino
Registriamo volentieri l'informazione
del cortese maresciallo della Guardia di Finanza
sugli sviluppi del dibattito internazionale sulla sicurezza dei bancomat e
della carte di credito. Anche le banche, del resto, ammettono che la guerra
tra i "ladri elettronici" e le "cassaforti digitali" non
può essere vinta una volta per tutte e va
costantemente combattuta. Seguiremo sia gli sforzi tecnologici per dare un
servizio sempre più affidabile al pubblico, sia l'evoluzione
in campo giudiziario delle cause promosse dalle vittime. Siamo disponibili ad
ospitare la voce degli esperti informatici delle banche sui loro progressi. E del pari raccoglieremo volentieri le informazioni sul
tema dal fronte dei consumatori, associazioni e privati. Ha collaborato GIANLUCA
DE MARCHI
Return
Assopopolari:
Le popolari non si toccano. O
quasi. «Di certo non si può ipotizzare di mutare il
principio del voto capitario - dice Giuseppe De Lucia Lumeno, il
segretario dell’Associazione nazionale della banche popolari italiane -. Il
principio di un voto per ogni singolo socio è stato affermato fondamento del
sistema cooperativo a mutualità non prevalente. Non si
tocca». Diverso l’atteggiamento nei confronti del tetto al
possesso azionario. Questo, attualmente
fissato allo 0,5 per cento, potrebbe venire toccato da alcuni disegni di
legge allo studio delle commissioni governative. Con il benestare di Assopopolari. «Potrebbe aver senso - dice De Lucia -
rimettere allo statuto delle varie banche cooperative la facoltà di aumentare
il tetto al possesso azionario. Certo, sempre considerando l’ambito
cooperativo. Un tetto massimo al 10% ci porterebbe al paradosso di avere una
cooperativa con potenzialmente dieci soli soci, in aperta contraddizione con
lo spirito mutualistico. Se però la percentuale massima
fosse più contenuta e le singole banche avessero facoltà e non obbligo di
adeguarsi alla norma generale, questo potrebbe essere un passo accettabile
che salvaguarderebbe le esigenze di pluralità e di frazionamento del capitale».
De Lucia però è pronto a rialzare il ponte levatoio non appena si affronta la
particolarità delle popolari quotate: «Non esiste - dice - limitazione alla
libera circolazione del capitale determinata dalla quotazione di banche
popolari cooperative, perché nei fatti si rende più liquida la quota del
singolo socio e in linea di principio va scissa la posizione dell’azionista
da quella del socio cooperativo. E la dimostrazione
più evidente viene dal recente accordo tra il Banco popolare di Verona-Novara
e la Popolare Italiana di Lodi». S. RIG.
Return
In genere è il termometro utilizzato dagli operatori di
Piazza Affari per misurare il giudizio del mercato su banche, assicurazioni e
società finanziarie. E il price book value (prezzo
su valore di libro) in momenti di mercato Toro come quelli attuali può
rivelarsi un ottimo strumento anche per smascherare eccessive euforie.
Pirelli, Monte dei Paschi, Italcementi, Ifil e Cir sono tra le società più brillanti sulla base del p/bv. E non solo.
«Il rapporto tra il valore di mercato di una società
(calcolato come prodotto tra il prezzo di Borsa e il numero di azioni in circolazione, ndr) e il suo patrimonio netto
- spiega Patrizio Pazzaglia , responsabile investimenti in Bank Insinger - è
un indice al momento poco utilizzato. Quando la fanno da padrone elevate aspettative di crescita degli utili, sono gli indici che
misurano la redditività come il p/e e l'Ev/Ebitda
a convincere. Ma sarebbe un grave errore
dimenticarsi il p/bv nel cassetto». Per convenzione, spiega Pazzaglia, una
banca che esprime un valore di molto superiore al
suo patrimonio può considerarsi cara.
Le banche popolari, per questioni di sistema di governo,
hanno sempre quotato a sconto sul patrimonio, ovvero
il loro p/bv era inferiore a 1. Oggi però le cose sono cambiate. Sia nell'S&P Mib
che nel Midex i titoli del credito quotano a premio sul patrimonio.
«La conseguenza delle attese speculative sulle fusioni che stanno scuotendo
il sistema bancario in Italia - spiega il gestore di Insinger
-. Sono poche in questo momento le opportunità che reputiamo interessanti,
tra queste il Monte dei Paschi di Siena». Per Intesa San Paolo, Unicredit e
le grandi Popolari, che pure figurano nella lista dei titoli con i voti
migliori, il p/bv è sotto la media, ma sconta già tutto l’interesse
catalizzato da questi titoli nel 2006.
Tra i titoli più convenienti in termini di p/bv spicca
poi Pirelli all’interno dell'indice
delle blue chips, e la pattuglia delle holding Italmobiliare, Ifil e Cir che
presentano valutazioni non molto superiori al loro
patrimonio netto. «La società industriale milanese - prosegue Pazzaglia - ci
piace sia per il possibile disimpegno del capitale
di Telecom Italia che per le prospettive di rivalutazione delle attività
nella gomma. I principali concorrenti Michelin e Continental stanno brillando
in Borsa. E nonostante sia stata sospesa la quotazione di Pirelli Tyre, il
valore riuscirà comunque ad emergere».
Commenti positivi anche per
Ifil, la cassaforte della famiglia Agnelli che custodisce il controllo di
Fiat, sempre più in crescita in Borsa dopo la presentazione della nuova
Bravo, e infine Cir. Una holding che presenta asset
di valore nell'energia che non
sono completante scontati nei prezzi di Borsa. Il titolo quota a premio sul
patrimonio netto ma quest'ultimo
è calcolato sui costi storici e quindi non esprime il reale valore di mercato
di tali attività che in questi ultimi anni, grazie all'aumento
del costo dell'energia, si sono
molto rivalutate.
Return
Chi vuole destinare il Tfr alla previdenza complementare deve confermare la scelta già espressa:
tutto da rifare, invece, per chi vuole mantenerlo in azienda. I decreti
ministeriali pubblicati giovedì sulla Gazzetta Ufficiale stabiliscono le
regole sul conferimento tacito, il sistema con cui i lavoratori dovranno
esprimere una scelta sulla destinazione del Tfr entro il 30 giugno o entro sei mesi dall'assunzione,
se questa avviene dopo il 31 dicembre 2006. Per i dipendenti che hanno già
espresso al datore di lavoro la propria volontà di conferire il Tfr a un fondo pensione la decisione già presa rimane valida a
partire dalla data originaria, ma entro il 3 marzo (trenta giorni dopo la
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) dovrà essere confermata sui moduli ad
hoc predisposti dal ministero. Si chiamano Tfr1 e Tfr2 (rispettivamente per i
lavoratori assunti prima e dopo il 2006) e possono essere scaricati dal sito
www.tfr.gov.it: in entrambi i casi si dovrà allegare
copia del documento d'iscrizione
al fondo.
Il Tfr (insieme al contributo aziendale e a quello del
lavoratore) sarà versato al fondo a partire dal
primo luglio. Il versamento riguarderà le quote di competenza dal mese della
scelta, che saranno rivalutate secondo le stesse
modalità del Tfr (1,5% più il 75% dell'inflazione).
Il Tfr relativo al periodo da gennaio al mese
precedente la scelta rimane invece in azienda.
Dovrà compilare i nuovi moduli chi ha già dichiarato l'intenzione di mantenere il Tfr presso l'impresa: se questa ha almeno 50 dipendenti la
liquidazione finirà però all'Inps
(per i dipendenti non cambia nulla). Il conferimento esplicito o tacito del
Tfr è irreversibile.
Il meccanismo non riguarda dipendenti pubblici e lavoratori
domestici.
Return
Liberalizzazioni Positive le ultime norme, con qualche rischio - Mutui
più liberi, ma meno light - Per parare il colpo dell’eliminazione delle
penali le banche potrebbero aumentare i tassi fissi
Una vittoria per i consumatori? Aggiungiamo un punto
interrogativo alla frase che in questi giorni sta commentando le disposizioni
sui mutui previste dal decreto sulle liberalizzazioni.
Il dubbio è che le nuove regole, pensate per stimolare la concorrenza e
venire incontro alle esigenze dei consumatori, finiranno per tradursi in
realtà in un incremento dei tassi, soprattutto per i prestiti fissi. Una mossa che gli istituti potrebbero fare per parare il colpo
derivante dall’abolizione delle penali per l'anticipata
estinzione dei prestiti. Il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 1° febbraio ed è entrato in vigore il 2 febbraio. Significativo quanto dice Roberto Anedda vicepresidente di
MutuiOnline, broker che sul web intermedia i finanziamenti di una trentina di
istituti: «A fine gennaio molte banche non ci hanno comunicato gli
aggiornamenti sui tassi fissi, segno che stanno ancora valutando la
situazione. Si tratta di decisioni delicate, perché in questa fase, sia per
il gap ridotto tra tasso fisso e variabile, sia per l'attesa
di un ulteriore rialzo del costo del denaro, la
maggior parte dei potenziali debitori punta proprio sulla rata costante».
I cambiamenti introdotti dal decreto sono tre: il primo
è la semplificazione delle modalità di cancellazione dell'ipoteca al termine del mutuo. Con la normativa
precedente era necessario recarsi dal notaio perché provvedesse alla
cancellazione o, in alternativa, lasciare che passassero venti anni
dall'accensione.
La seconda modifica è il divieto di prevedere nei nuovi
contratti - quelli stipulati dal 2 febbraio - penali di anticipata
estinzione; è previsto inoltre che Abi e associazioni dei consumatori si
accordino entro tre mesi dall'entrata
in vigore del decreto sulla revisione delle penali dei contratti già in
essere.
Infine viene introdotta la
«portabilità» del mutuo, stabilendo la nullità di clausole che limitino il
diritto di surrogazione previsto dall'articolo
1202 del Codice civile. La surrogazione consiste nel fatto che un terzo possa
sostituirsi al debitore originario nel pagare un debito senza che il
creditore vi si possa opporre.
Dice, dietro garanzia di anonimato,
il responsabile mutui di una grande banca: «alcune penali oggi arrivano fino
al 5-6% e sono oggettivamente esagerate. Un intervento era opportuno, ma con
gradualità, ponendo ad esempio un limite massimo. Per i nuovi mutui è
pensabile a un incremento dei tassi di pochi decimi
di punto per i fissi mentre per i vecchi contratti credo che i consumatori
spunteranno buone condizioni. Il decreto prevede anche l'abolizione delle commissioni di massimo scoperto
sui conti correnti, una misura destinata a impattare
per miliardi di euro sui conti degli istituti e la mia impressione è che, per
ottenere un addolcimento di questa disposizione, le banche sarebbero disposte
a cedere qualcosa sulle penali».
Perché potrebbero salire i tassi? Lo
spiega Pietro Locatelli, presidente di Systema Mutui: «Le ragioni tecniche
sono due. La prima è il sistema di ricopertura del finanziamento. Quando eroga un mutuo fisso, la maggior parte delle banche
si cautela dal rischio di rialzo dei tassi stipulando con istituzioni
finanziarie terze un contratto di swap, che permette di indicizzare l'incasso delle rate al costo del denaro. Gli swap
hanno un costo che viene spalmato sul tasso
ipotizzando che il finanziamento duri per tutto il periodo previsto. Senza
poter contare su una penale di anticipata
estinzione, le banche si cauteleranno ricaricando sul tasso il costo dello
swap».
Inoltre molti istituti stanno cartolarizzando il loro portafoglio mutui, cedendolo a investitori
istituzionali in cambio di obbligazioni. «L'operazione
- continua Locatelli - porta un vantaggio molto interessante per chi la
compie: per ogni mutuo acceso la banca ha l'obbligo
di tenere a riserva il 4% dell'erogato.
Liberandosi dai mutui, la banca sblocca anche la riserva. Nel valore di una
cartolarizzazione si tiene conto delle penali, senza queste
l'appeal per gli investitori
istituzionali rischia di essere minore e per le banche che non cartolarizzano
l'obbligo della riserva finisce
per riversarsi sul tasso. La mia impressione è che, per favorire una
minoranza di clienti che riescono a rimborsare prima, si finirà per
penalizzare la grande maggioranza dei nuovi
clienti».
E, sia pure in misura minore, il
problema dell'incremento dei tassi
potrebbe riguardare anche i finanziamenti diversi dal tasso fisso. Riprende
Anedda: «Sul mercato esistono oggi prodotti strutturati, come i finanziamenti
a rata costante, che comportano maggiori costi di erogazione
per le banche. Anche in questi casi è verosimile un
leggero ritocco all'insù dei
tassi».
Meno problemi arrivano dalle altre due norme introdotte
dal decreto. Sulla portabilità rimane, però, qualche dubbio. La norma così come è scritta sembra prevedere il semplice trasferimento
del mutuo da una banca all’altra, mentre l’operazione può avere senso solo se
c’è una rinegoziazione per strappare, presso il nuovo istituto, delle
condizioni migliori.
La semplificazione delle procedure di chiusura delle
ipoteche vede invece tutti d'accordo,
anche se, sottolinea Locatelli, «i mutui durano tra
i venti e i trent'anni e quindi la
disposizione è destinata a portare i suoi benefici molto avanti nel tempo».
Return
La macchina delle pensioni 2007 si è messa in moto. Con
la pubblicazione dei coefficienti Istat, che servono a rivalutare le vecchie
retribuzioni, ora ci sono tutti gli ingredienti necessari per il calcolo
della rendita. Lo stipendio di 35.000 euro del 2005 in pensione ne vale
35.700 euro. E per la seconda quota, quella
calcolata sugli ultimi 10 anni, sale addirittura a 36.057 euro. Vediamo come
ci si deve muovere.
Sistema retributivo. Il calcolo della pensione con il
criterio cosiddetto retributivo, che interessa tutti coloro
che possono vantare almeno 18 anni di contributi alla data del 31 dicembre
1995, si basa su due elementi: il numero degli anni di contribuzione e la
retribuzione pensionabile, costituita dalla media degli stipendi dell'ultimo periodo di attività. La misura della
rendita è pari al 2% della base pensionabile, per ogni anno di contribuzione:
con 25 anni si ha diritto al 50%, con 35 anni, al
70, e così via.
Per il calcolo della pensione vengono
prese in considerazione le retribuzioni degli ultimi dieci anni. Gli stipendi
vengono rivalutati in base all'inflazione.
Per trasformare il vecchio stipendio in uno aggiornato, basta moltiplicarlo per gli appositi
coefficienti che pubblica ogni anno l'Istat
(vedi la tabella qui a fianco). Dalla rivalutazione sono escluse le
retribuzioni dell'anno di
decorrenza della pensione e di quello precedente.
Per chi si pensiona quest'anno
quindi, restano al palo gli stipendi del 2007 e del 2006. Stesso discorso per
i lavoratori autonomi (artigiani e commercianti): al posto della retribuzione
va rivalutato il reddito pensionabile e si considerano gli ultimi 15 anni.
Due quote. La riforma Amato del 1992, al fine di
salvaguardare i diritti acquisiti, ha stabilito che dal 1° gennaio 1993 la
misura della pensione sia costituita dalla somma di
due quote: la prima (A) corrispondente all'importo
relativo all'anzianità maturata
sino al 1992; la seconda (B), corrispondente all'importo
del trattamento relativo all'anzianità
acquisita dal 1993 in poi. Con l'introduzione
delle due quote si è reso necessario l'utilizzo
di due diversi tipi di coefficienti di aggiornamento.
L'aliquota di
rendimento è la percentuale che si applica alla retribuzione pensionabile per
ricavare l'importo della pensione.
E' stabilita in misura pari ad un
2%, per ogni anno di contribuzione versata.
Quando però la base pensionabile supera una certa somma
(il «tetto»), che per il 2007 è fissata in 40.083 euro, l'aliquota viene
progressivamente ridotta (si veda la tabella) fino a scendere all'1% - redditi sopra i 66.538 euro - per le
retribuzioni riferite a contributi versati a tutto il 1992 (quota A) e allo
0,9% per la quota B (stipendi oltre i 76.158 euro). DOMENICO COMEGNA
Return
La scelta - Variabile contro rata costante: la forbice è più stretta
Qual è il costo della tranquillità su un mutuo da
100mila euro? ai tassi attuali è quantificabile per
finanziamento a quindici anni in 27 euro al mese: a tanto ammonta il gap che
separa il miglior prestito a tasso fisso dal più conveniente prestito
indicizzato. La differenza su un mutuo trentennale sale, invece, a 38 euro. I
dati, ricavabili dalle graduatorie dei mutui presenti su MutuiOnline che
presentiamo in questa pagina, spiegano perché, dopo anni in cui le scelte dei
debitori si erano riversate in maniera plebiscitaria sui tassi variabili,
negli ultimi mesi la tendenza si sia invertita. Le
differenze di tasso tra le due tipologie di mutuo (attorno ai 5-6 decimi di
punto a favore del variabile) sono infatti ai minimi
storici e il timore fondato di nuovi rialzi del costo del denaro portano,
soprattutto chi si indebita al limite delle proprie possibilità e quindi non
potrebbe sopportare brusche escalation della rata, a preferire il rimborso
costante, che pur essendo leggermente più costoso permette di mettersi al
riparo dalle decisioni della Bce.
La lettura delle tabelle induce
a due altre considerazioni: la prima è che si sta di molto riducendo, all'interno della medesima tipologia di prodotto,
anche la forbice di tasso tra le soluzioni più convenienti e quelle meno
appetibili: ad esempio nel variabile a 15 anni si va dal 4,51% di Bipop
Carire al 4,73% della Banca popolare italiana: ovvero solo 22 centesimi di
punto.
La seconda, di cui parliamo
ampiamente anche nel volume «Comprare casa» - la guida pratica all’investimento
immobiliare in edicola con il Corriere - è che il modo migliore per
risparmiare sulla rata non è tantoo cercare il tasso più basso, quanto
soprattutto ridurre al minimo possibile l'importo
da finanziare. Consideriamo i due mutui appena citati: per 100mila euro il
cliente di Bipop pagherebbe 766 euro al mese, quello
della Popolare italiana 777. Riducendo il debito a 95mila euro questo secondo
cliente pagherebbe 738 euro, effettuando un
risparmio ben più sostanzioso di quello che otterrebbe chiedendo 100mila euro
e rivolgendosi all'istituto più
economico. G.PA.
Return
L’ok di Bankitalia è già arrivato, ma non è ancora tutto
e non è finita qui: ora, infatti, accanto al parere tradizionale di Via
Nazionale sugli aspetti di vigilanza, c’è anche quello dell’Antitrust sugli
aspetti concorrenziali. E le ultime decisioni, su GeneraliToro e su
IntesaSanpaoloEurizion e ancora una volta Generali medesima, dimostrano che
l’Autorità non ha nessuna intenzione di essere
morbida né accomodante. Per questo, anche solo a livello di scaramanzia, è
importante considerare che la stessa fusione BpuBanca Lombarda deve ancora
ricevere l’ok di Catricalà.
Non che ci siano nubi all’orizzonte né che si temano
stravolgimenti dell’accordo, ma è un dato di fatto: il disco verde non c’è
ancora stato e ormai anche quello fa parte sostanziale del processo di realizzazione di qualsiasi fusione, anche nel mondo
creditizio. Non a caso, informalmente è slittata l’indagine conoscitiva sui
costi dei conti correnti bancari: l’analisi dell’operazione BpuLombarda ha
ovviamente la precedenza.
vittoria puledda
Return
PAOLO POSSAMAI
Due partner, per cominciare. Mapfre e Banca popolare di
Vicenza sono i due nuovi compagni di strada di Cattolica. "In un mercato
generalista, dove impera la tuttologia, puntiamo a differenziarci con partner
eccellenti come Mapfre. Cercheremo altre alleanze con
compagnie specializzate su specifici segmenti" spiega Ezio Paolo
Reggia, amministratore delegato di Cattolica. L'intesa
con l'impresa assicurativa
mutualistica spagnola Mapfre, dedicata al settore auto,
è dunque un tassello di una più vasta strategia. Del resto alla stessa
filosofia risale la joint venture paritetica che Cattolica ha da alcuni anni
con i francesi di Axa, finalizzata al mercato delle
polizze collettive vita, infortuni e malattia. "L'accordo
con Axa ha funzionato, potrebbe evolvere" sottolinea
Reggia.
Mapfre, socio di Cattolica da una ventina d'anni con una quota di poco superiore al 2%, mette
a frutto ora un accordo di carattere industriale. Un incrocio di carattere
azionario, in parallelo a una intesa di
bancassurance, caratterizza pure il protocollo sottoscritto da Cattolica e
Banca popolare di Vicenza. Le 1.500 agenzie della compagnia veronese
distribuiranno in esclusiva "fatti salvi gli accordi già in essere con
altri istituti" dice Reggia per il gruppo
presieduto da Gianni Zonin prodotti bancari come mutui, carte di credito,
credito al consumo. Le 530 filiali della popolare di
Vicenza saranno lo sportello della fabbrica prodotti assicurativi Cattolica.
"Potenzialmente l'accordo
presenta tutte le caratteristiche per avere grande impatto e, dal nostro
punto di vista, accrescere sensibilmente le masse amministrate e integrare il
bouquet dei servizi offerti alla clientela. Siamo
due cooperative, siamo veneti, abbiamo matrice culturale
comune, faremo molta strada insieme" rimarca Luciano Colombini,
direttore generale di popolare Vicenza.
Il gruppo vicentino sottoscriverà una quota dell'8% di Cattolica, tramite un aumento di capitale
riservato che sarà sottoposto all'assemblea
in aprile, per un controvalore complessivo di 185 milioni di
euro. In una seconda fase, a partire dal
luglio 2010, Popolare Vicenza potrà rilevare una ulteriore tranche del 4%
della compagnia assicurativa presieduta da Paolo Bedoni. Il protocollo
prevede inoltre l'ingresso al 50%
di Cattolica nelle società assicurative vita del gruppo Popolare Vicenza,
Berica e Vicenza Life, che nel corso del 2005 hanno sviluppato una raccolta premi lordi di quasi 400 milioni di euro. Zonin diventerà
vicepresidente di Cattolica e Colombini consigliere.
"Il senso di questa operazione
è semplice e duplice dice Colombini Quanto all'investimento
azionario siamo convinti che il nostro intervento sarà valorizzato, perché Cattolica
ha grandi potenzialità di sviluppo. In secondo luogo, va da sé che un
incrocio azionario aiuta a stringere buoni e duraturi rapporti. I piani
industriali e le intese commerciali che stiamo iniziando a predisporre
faranno emergere notevoli sinergie".
La prima stretta di mano tra
Reggia e Colombini data a metà dicembre. In appena un mese dunque è
nato dal nulla e maturato un accordo definito "strategico e di lungo
periodo" da entrambe le parti. A
accelerare i tempi ha senz'altro
contribuito la storia recente dell'uno
e dell'altro partner. Cattolica è
reduce dalla traumatica rottura del rapporto con il Banco popolare di Verona
(1,2 miliardi di premi raccolti nel 2005). Popolare Vicenza ha mancato l'acquisizione di Popolare Intra (finita alla
concorrente Veneto Banca). Zonin e Bedoni, dunque, erano alla ricerca di un
rilancio. L'hanno trovato
incrociando i loro destini. Non è tutto, ovviamente. Zonin ha poco meno di 2
miliardi di free capital in tasca e molta determinazione a
investirli in una politica di acquisizioni, che tornerebbe utile pure a
Cattolica per allargare la rete di distribuzione.
Ma l'annuncio
del patto con Popolare Vicenza che effetti ha avuto sui rapporti tra
Cattolica, Banca Lombarda e le altre numerose realtà creditizie cui il gruppo
assicurativo è legato? "I rapporti proseguono con reciproca
soddisfazione dice Reggia A titolo di esempio, la
joint venture con Banca Lombarda è stata tra le compagnie di bancassurance
vita italiane a chiudere con una raccolta premi in crescita".
Nell'ultima
settimana di febbraio Cattolica presenterà alla comunità finanziaria il suo
piano strategico 20072010. Un piano che integra pure un
capitolo dedicato alle acquisizioni. I denari non mancano. Mapfre ha
riconosciuto un controvalore di 437 milioni di euro per
rilevare il 50% del ramo auto di Cattolica. Un ulteriore
apporto di circa 500 milioni di euro potrà arrivare dall'aumento di capitale deliberato dall'assemblea dei soci della scorsa primavera.
"Stiamo valutando alcuni dossier italiani e
esteri. Quanto al mercato interno dice Reggia se Generali mettesse
in vendita Nuova Tirrena potremmo farci avanti. Siamo poi particolarmente
interessati all'area dei paesi
mediterranei e della Nuova Europa. Sottolineo che
avere in Mapfre un partner di rilievo internazionale aumenta la nostra
capacità di manovra anche in ambito internazionale". Ma
che senso ha avuto cedere il 50% del ramo auto al colosso spagnolo?
"Semplicemente con questa alleanza puntiamo all'eccellenza. Mapfre liquida a fine dicembre i
danni denunciati a inizio dicembre. Innovazione di
servizio oltre che di prodotto, utile a ampliare la
nostra quota di mercato".
Return
ADRIANO BONAFEDE
Il bello deve ancora cominciare. L’accorpamento, deciso
la scorsa settimana, delle tre compagnie d’assicurazione controllate
dal colosso tedesco Allianz in Italia, e cioè Ras, Lloyd Adriatico e Allianz
Subalpina, non sarà indolore. Sono molte le aree di sovrapposizione fra le
tre imprese, tenute fino a poco più di un anno fa
completamente separate. Ras era una specie di subholding internazionale del
gruppo Allianz, tant’è vero che era a capo di
diverse società in Austria, Svizzera e Portogallo. Lloyd Adriatico era una
specie di gioiello di redditività sotto le ali di Enrico
Cucchiani. Subalpina una piccola compagnia. Ora queste tre società dovranno
passare attraverso le forche caudine della razionalizzazione.
È possibile che questa operazione crei un surplus di
personale. Del resto, sembra che già nei mesi passati molti dirigenti Ras
siano stati incentivati a lasciare il posto.
Prima della fusione a Ras erano già state sfilate le
società controllate fuori dai confini nazionali. Anche in futuro, alcune aree potrebbero migrare altrove.
Ad esempio l’area dell’asset management (prima Ras A.M.,
ora Allianz Global Investor) non è detto che debba restare in Italia,
visto che Allianz ha una struttura gigantesca che copre un po’ tutte le aree
del mondo.
La fusione fra le tre compagnie italiane è in linea con
la nuova politica di Allianz in tutto il territorio
europeo. Una politica che tende ad accentrare le funzioni essenziali e a
razionalizzare la presenza in ciascun paese sotto il marchio diretto di Allianz: sarà questo, probabilmente, l’approdo finale
di tutta questa vicenda. In Francia è partita non più di un mese fa l’opa su
Agf che, dopo la capitolazione di Ras (adesso fusa in Allianz dopo l’opa
lanciata a fine 2005), era l’ultima controllata europea ancora quotata in
Borsa.
Con la fusione italiana, Allianz diventerà di fatto il secondo gruppo assicurativo presente in
Italia dopo Generali. Già lo era, naturalmente, ma soltanto a livello di
gruppo e non di singolo marchio. A proposito di ‘brand’,
Subalpina ha già davanti al nome quello della casa madre. Presto anche
Ras e Lloyd Adriatico lo avranno. Ma questa è una soluzione chiaramente
transitoria: l’approdo finale sarà quello di avere polizze Allianz ‘senza se e senza ma’.
La fusione nella casa italiana di Allianz
ha per la casa madre tedesca un referente preciso e si chiama Enrico
Cucchiani, che diventerà il futuro presidente di Allianz Spa. Il vertice
operativo della nuova società sarà completato da Giuseppe Vita e Giuseppe
Gabrielli, vice presidenti. Amministratore delegato sarà invece Paolo Vagnone,
attualmente amministratore delegato di Ras e
presidente di Allianz Subalpina.
Per quanto riguarda i tempi tecnici della fusione, il
progetto, elaborato in maniera congiunta dagli advisor di Ras (Mediobanca),
Lloyd Adriatico (Goldman Sachs) e di Allianz
Subalpina (Merril Lynch), sarà sottoposto ai consigli d’amministrazione delle
tre società convocati per il prossimo 19 marzo, ma l’operazione si concluderà
soltanto nell’autunno del 2007.
Come si diceva prima, l’integrazione
sul piano industriale sarà particolarmente impegnativa. Tra le altre
cose da sistemare c’è anche la convivenza di tre reti agenziali diverse. Al
momento è stata decisa una netta separazione fra queste tre strutture, che
continueranno ad operare ciascuna con il proprio mandato, con il proprio marchio e la propria direzione commerciale.
Tutta l’opera di convergenza porta però a pensare che
nel medio termine sparirà ogni differenziazione. L’operazione messa in atto
da Allianz a livello europeo è in fondo il risultato della globalizzazione, per cui si smontano le imprese locali e si accorpano fasi
produttive e attività.
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Da un lato sono una "zavorra" perché assorbono
molto capitale, soprattutto con i nuovi criteri di Basilea sul patrimonio di
vigilanza bloccato dalle attività assicurative dall’altro sono considerate la
nuova frontiera del business o quasi: sotto il doppio profilo dei danni e del vita, in particolare in versione previdenziale.
Sono questi i due corni dei molti accordi tra
assicurazioni e banche di cui si parla in questi giorni e, in parte come
fattore di novità, sono sempre più spesso intese strutturate
ma esterne, per non pesare appunto sui ratio patrimoniali delle banche.
Inoltre, e anche questo è un elemento nuovo, sono sempre più frequenti i
corteggiamenti reciproci tra banca e assicurazione nel ramo danni, segmento
che finora non si era particolarmente affacciato in
banca.
Le operazioni attualmente sul
tappeto sono soprattutto tre: il corteggiamento reciproco tra Italease e
FondiariaSai, che dovrebbe prevedere l’ingresso della banca guidata da
Massimo Faenza in Banca Sai (ma in un secondo momento l’intesa potrebbe
allargarsi) e che vede la messa a fattor comune di pezzi dei canali
distributivi; il processo di selezione di un partner assicurativo estero cui
cedere il 50% di Mps vita (sono cinque i candidati rimasti in campo e si
punta a chiudere per la fine di marzo) e, infine, il doppio accordo distributivo
nel settore vita e in quello danni della Popolare di Verona, ormai prossima
al matrimonio con la LodiBpi.
Quest’ultima realtà, che dal 10 marzo sarà un dato
acquisito anche sotto il profilo formale, occupa il terzo posto nella
graduatoria nazionale per numero di sportelli (ben distanziata, ma subito
dopo come posto in classifica rispetto ai due campioni nazionali Intesa
Sanpaolo e Unicredit) e il quarto per capitalizzazione
(in questo caso, preceduta anche da Capitalia). Dimensioni che spiegano quanto
sia stato ambito il gruppo, per stringere un accordo
(che vede in pole position Fondiaria e Aviva). Ma a quanto è dato di capire,
gli accordi di distribuzione non saranno molto prolungati nel tempo: è
possibile infatti che il gruppo veroneselodigiano aspetti
di aver formalizzato tutte le pratiche di matrimonio, con il relativo periodo
di assestamento, per poi verificare le strategie durature di accordi
assicurativi.
Sta di fatto, e la dice lunga
sull’importanza ormai attribuita al settore, che praticamente la prima mossa
decisa dal neonato gruppo bancario è stata quella di cercarsi accordi di
partnership assicurativa; prima di qualsiasi altro accordo commerciale e
quasi prima di aver persino consumato il matrimonio.
Tra l’altro, la partnership sarà un’occasione per
verificare sul campo le potenzialità di sviluppo delle polizze sul ramo danni
vendute allo sportello: le aspettative sono per un
grande sviluppo di quelle polizze accessorie, variamente legate ai prodotti
bancari tipici (tipo i mutui o i prestiti personali). La vera frontiera sarà
invece vendere polizze di tutt’altro genere, a partire per esempio da quelle
sanitarie. Per fare questo occorre uno sforzo di formazione molto grande,
sulla rete bancaria; e probabilmente anche il superamento di steccati
culturali, tra il mondo bancario e quello assicurativo. Ma chi riuscirà a fare il salto potrebbe portare a casa bei
risultati. (vi.p.)
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L'ARENA IL GIORNALE
DI VERONA lunedì 05 febbraio 2007 economia pag. 6
Due manager
della compagnia si sono confrontati con gli analisti. Il tema: la società
scaligera di fronte al settore liberalizzato - Cattolica si presenta agli
investitori - Raffica di domande sulle alleanze con Mapfre e Bpvi. Fezzi:
«Molta attesa per il piano»
Verona. Cattolica si è presentata ai rappresentanti
della finanzia italiana (70 analisti buy-side) prima
della stesura definitiva del piano strategico 2007-2010. E
lo ha fatto venerdì scorso in occasione della conferenza internazionale
sull’Industria e dei servizi finanziari italiani organizzata da Ubs a Milano.
A rappresentare la società, guidata da Paolo Bedoni e Giovannimaria Seccamani
Mazzoli, c’erano i due giovani manager emergenti di
Cattolica: Giulio Fezzi, (direttore centrale organizzazione e sviluppo e
investor relator manager) e Andrea Battista (direttore centrale
bancassurance).
«Erano investitori istitutizionali», spiega Fezzi,
«hanno fatto molte domande sulle nostre due alleanze, con Mapfre e con la
Popolare di Vicenza, ma soprattutto hanno voluto sapere come queste possano rispondere al processo di liberalizzazione del
settore assicurativo in atto dopo le direttive dell’indennizzo diretto e del
decreto Bersani. È stata quindi l’occasione di offrire qualche elemento in
più prima del nuovo piano, sul quale c’è effettivamente molta attesa».
Come è stata la risposta degli
investitori?
«Molto buona, soprattutto per gli aspetti riguardanti le due nostre alleanze, che mi sembra abbiamo
tamponato quella pericolosa sensazione di incertezza creata dopo la rottura
della trattativa con il Banco Popolare di Verona e Novara».
Quali gli aspetti più
convincenti?
«Le novità della partnership con gli spagnoli di Mapfre,
grazie alla quale Cattolica potrà raccogliere più di altri
competitor la sfida della liberalizzazione, soprattutto per quel che riguarda
la velocità di liquidazione dei sinistri e i servizi di assistenza ai clienti
che diventeranno più completi e immediati. Mapfre ad esempio ha allestito un
proprio servizio di periti e medici. Ma ha colpito
anche l’accordo con Bpvi».
Mapfre crescerà ancora in Cattolica?
«Ce lo hanno chiesto anche gli
investitori: rispondo che Cattolica è quotata e quindi la possibilità c’è,
non c’è comunque nulla di scritto come con la Bpvi, certo è che se gli
spagnoli vogliono entrare con una quota più pesante nel nostro capitale vuol
dire che ci apprezzano e questo non può che far bene al titolo e a
Cattolica».
E i conti?
«Presenteremo il 21 marzo il bilancio 2006, e negli
ultimi righi le cifre saranno positive».
L’accordo con Bpvi dovrà avere il via
libra dell’assemblea?
«Certo, abbiamo reso noto anche
i particolari di questa alleanza: loro arriveranno al 12% del capitale di
Cattolica investendo in totale circa 300milioni di euro, ci sarà una modifica
dello statuto per la creazione di un comitato nomine, ma penso che tutto
questo verrà apprezzato dai soci».
Il titolo da qui all’assemblea crescerà?
«Penso di sì, le premesse ci sono, come abbiamo detto
agli investitori: abbiamo una filiera completa di prodotti».
Anche sulla previdenza integrativa?
«Abbiamo tre mandati di fondi chiusi (Cometa, Cooper
Sviluppo e Previcooper), una polizza infortuni malattia di Fonchim; un fondo
aperto (Cattolica gestione previdenza) e i Fip (Fondi individuali
previdenza», ma anche previdenza per aziende attraverso
Axa-Cattolica».
Novità sul ramo vita?
«Manteniamo la rete di accordi
bancassurance con in primis Banca Lombarda e la stessa Bpvi, puntiamo al
potenziamento della rete agenziale». Paolo Dal Ben
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ItaliaOggi Sette - lotta all'evasione
- Numero 030, pag. 8 del 5/2/2007
Autore: di Antonella Gorret
Supporto di Sogei per il contrasto all'evasione. Sogei ha sviluppato per l'amministrazione finanziaria metodologie di
controllo per dare maggiore efficacia alle azioni di prevenzione e contrasto
all'evasione e per migliorare la
qualità dei controlli e delle verifiche. Le metodologie di controllo guidano
il verificatore nell'attività
preparatoria, nella fase dell'accesso
e nella ricostruzione del volume d'affari
di un'impresa commerciale, segnalando
gli elementi da rilevare e la documentazione da acquisire. Gli strumenti
disponibili sono tra loro integrati e rispondono al quadro normativo e
organizzativo previsto per le attività di intelligence
degli uffici del fisco che permettono di effettuare i controlli e gestire
automaticamente gli atti di accertamento. Gli uffici si avvalgono di un
portale di accesso alle varie fasi delle attività di
controllo sostanziali: pianificazione degli obiettivi, selezioni per gli
accertamenti, programmazione dei controlli, verifica delle posizioni fiscali,
accertamento dei tributi evasi, riscossione dei tributi dovuti, contenzioso e
monitoraggio dei risultati.
La società guidata da Valerio Zappalà fornisce anche
assistenza al ministero dell'economia
e delle finanze-dipartimento per le politiche fiscali, mediante una
valutazione degli effetti sul gettito fiscale delle proposte normative in
corso di esame e approvazione da parte degli organi
istituzionali. Sogei effettua inoltre studi su
particolari temi fiscali di volta in volta pianificati e proposti. L'assistenza si concretizza attraverso la
predisposizione di simulazioni da utilizzare per stabilire l'entità del gettito in caso di approvazione
della norma proposta. Tali simulazioni vengono
effettuate attraverso apposite elaborazioni informatiche (utilizzando in
prevalenza le basi dati delle dichiarazioni dei contribuenti), l'utilizzo di modelli previsionali appositamente
realizzati e manutenuti, la consultazione e l'elaborazione
di banche dati esterne e l'acquisizione
di informazioni tramite pubblicazioni specializzate o studi specifici. Vengono quindi predisposte le relazioni tecniche che
descrivono le metodologie utilizzate per pervenire all'individuazione
delle variazioni di gettito.
Riguardo agli studi, le attività consistono nella
redazione di documenti che contengono i risultati delle analisi, delle
indagini e delle elaborazioni anche attraverso la collaborazione con esperti
e consulenti del mondo accademico e della ricerca.
Sogei in numeri
Ma quali sono i volumi trattati da
Sogei? Sul frontecontribuenti, gli utenti della rete della società sono 40
mln di persone tra lavoratori dipendenti, pensionati, imprenditori e
professionisti; 1,9 mln di società e 5,5 mln di
contribuenti Iva.Sono poi 32 mln le dichiarazioni dei redditi, 3,5 mln
le comunicazioni Iva, 7 milioni gli atti di registri, 90 milioni
i pagamenti telematici. Per quanto riguarda invece il patrimonio immobiliare,
Sogei lavora con 51 mln di unità immobiliari urbane,
80 mln di particelle dei terreni; i possessori di fabbricati sono 37 mln,
mentre quelli di terreni 26 milioni; 300 mila le mappe e 29milai beni
demaniali.
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ItaliaOggi Sette - lotta all'Evasione
- Numero 030, pag. 9 del 5/2/2007
Autore: a cura di Sergio Mazzei
Da giugno 2007 parte la
trasmissione mensile al fisco dei rapporti finanziari instaurati o modificati. Entro il 30 aprile dello
stesso anno dovranno essere inviati, invece, i dati relativi
ai rapporti esistenti al 31 dicembre 2006. Stessa scadenza anche per i
rapporti cessati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2005 e il 31 dicembre
2006, vista la natura retroattiva del provvedimento. Termine del 30 maggio
2007, infine, per i nuovi rapporti o le modificazioni intervenute ai quelli esistenti tra gennaio e aprile 2007. Con queste
basilari regole, dopo circa 16 anni e continui rinvii, vede la luce il date base fiscale dei rapporti finanziari. In un'apposita sezione dell'anagrafe tributaria verranno stipati, infatti,
gli identificativi dei rapporti bancari, finanziari e postali, intestati ad
ogni singolo contribuente.
I dati così individuati verranno
utilizzati per rendere più celeri le indagini finanziarie, per fornire
elementi aggredibili dalla riscossione ma anche per fondare indagini di
natura penale. In materia di contrasto all'evasione
si accorceranno i tempi per la richiesta di informazioni
agli operatori finanziari in quanto l'Agenzia
delle entrate e la Gdf saranno già in possesso degli identificativi del
conto, dell'istituto bancario e
della filiale alla quale inoltrare la richiesta. Allo stesso modo, nel caso
degli evasori totali la presenza di più evidenze finanziarie a carico del
soggetto sconosciuto al fisco potrebbe far presupporre l'occultamento di base imponibile e rappresenteranno motivo di selezione. La riscossione,
invece, può utilizzare l'apposita sezione dell'anagrafe
tributaria per esercitare le misure cautelari a tutela del credito erariale.
Infine, in ambiti diversi, i dati dell'anagrafe
dei conti potranno essere utilizzati per l'espletamento
degli accertamenti finalizzati alla ricerca e all'acquisizione
della prova e delle fonti di prova nel corso di un procedimento penale, sia
in fase di indagini preliminari, sia nelle fasi
processuali successive, ovvero degli accertamenti di carattere patrimoniale
per le finalità di prevenzione previste da specifiche disposizioni di legge e
per l'applicazione delle misure di
prevenzione.
Il provvedimento attuativo
Con provvedimento del 19 gennaio 2007 il direttore dell'Agenzia delle entrate ha dato attuazione alla
comunicazione dei dati da parte degli operatori finanziari di
rapporti intrattenuti con i contribuenti. Rappresentano oggetto della
comunicazione relativamente ai soggetti che
intrattengono con gli operatori i rapporti finanziari i dati identificativi,
compreso il codice fiscale, del soggetto persona fisica o non fisica titolare
del rapporto; nel caso di rapporti intestati a più soggetti, i dati
identificativi, compreso il codice fiscale, di tutti i contitolari del rapporto;
i dati relativi alla natura e tipologia del rapporto, la data di apertura,
modifica e chiusura. Sono oggetto di comunicazione mensile le modifiche
intervenute nelle informazioni sopra elencate, comprese le cessazioni, nonché le informazioni relative ai nuovi rapporti
instaurati.Questa regola trova applicazione da giugno 2007, per le operazioni
relative al periodo compreso tra gennaio e aprile
2007 solo la trasmissione è prevista entro il 31 maggio 2007. Con effetti
retroattivi le comunicazioni relative ai rapporti in
essere alla data del 31 dicembre 2006, nonché quelle relative ai rapporti
cessati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2005 e il 31 dicembre 2006
sono effettuate entro il 30 aprile 2007. Le comunicazioni di cui al punto
2.2.
Accesso
I dati e le notizie raccolti sono archiviati in apposita sezione dell'Anagrafe
tributaria e sono trattati, secondo il principio di necessità, esclusivamente
nei casi dei soggetti nei cui confronti sono avviate le attività istruttorie
per l'esecuzione delle indagini
finanziarie, e previa apposita autorizzazione, per l'Agenzia
delle entrate, del direttore centrale accertamento e del direttore regionale,
e per la Guardia di finanza, del comandante regionale. Il trattamento dei
dati acquisiti da parte dell'Agenzia
delle entrate è riservato esclusivamente agli
operatori incaricati dei controlli, le cui transazioni sono compiutamente
tracciate. L'utilizzazione delle
evidenze finanziarie ai fini della riscossione mediante ruolo avviene previo
rilascio dell'autorizzazione del
direttore generale e previa comunicazione dei nominativi
all'Agenzia delle entrate. Le
predette informazioni saranno utilizzabili, nei casi previsti dall'art. 4 del decreto interministeriale del 4 agosto
2000, n. 269, anche dall'autorità
giudiziaria, dagli ufficiali di polizia giudiziaria,
dall'Ufficio italiano cambi, dal
ministro dell'interno, dal Capo
della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza, dai questori, dal
direttore della Direzione investigativa antimafia e dal comandante del nucleo
speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza. L'accesso ai dati da parte dei soggetti indicati
nei precedenti punti avverrà con modalità che saranno fissate in apposite convenzioni da stipularsi con ciascun organismo
interessato.
Operazioni rilevanti
´Oggetto della comunicazione è rappresentato l'esistenza dei rapporti, nonché
la natura degli stessi, con indicazione dei dati anagrafici dei titolari,
compreso il codice fiscale. Da un'interpretazione
letterale del comma 4 dell'art. 37
del dl 223/2006 si pu escludere dall'obbligo di comunicazione tutte le operazioni
extra-conto ("non contenute" cioé in un rapporto), fermo restando
che per queste ultime operazioni gli intermediari hanno l'obbligo, dal 1º gennaio 2006, di rilevarle e
tenerle in evidenza con le generalità ei soggetti he le pongono in essere, al
fine dell'attuazione della
procedura telematica delle richieste e delle risposte nell'ambito delle indagini finanziarie. Naturalmente,
gli uffici, indipendentemente dalla entrata in
funzione della nuova anagrafe dei rapporti e del suo contenuto, potranno
formulare, in caso di necessità istruttoria e sulla base dei numeri 7) degli
artt. 32 del dpr n. 600 del 1973 e 51 del dpr n. 633 del 1972, richieste
aventi per oggetto:
- qualsiasi rapporto anche
cessato prima del 1º gennaio 2005; - qualsiasi operazione contenuta in un
conto; - qualsiasi operazione extra-conto effettuata prima del 31 dicembre
2005, il cui ammontare sia superiore ai 12.500 euro; - qualsiasi operazione
extra-conto di qualsiasi ammontare effettuata dal 1º gennaio 2006. In tema di compatibilità della
norma con lo Statuto del contribuente e in particolare con la regola per cui in ogni caso le disposizioni tributarie non
possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia
fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in
vigore, l'Agenzia l'ha ritenuta non applicabile in quanto gli
adempimenti di cui trattasi sono previsti a carico dell'intermediario,
quale soggetto terzo, e non nei suoi confronti come ´contribuente'. a cura di Sergio
Mazzei
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BRESCIA - Per numero di sportelli bancari la Lombardia
resta la regina nel nostro Paese. In Italia, a settembre
2006, c’erano 788 banche, per un totale di 31.973 sportelli. La
Lombardia si conferma leader sia per numero di istituti
(188) sia per quello degli sportelli (6.169). La nostra regione è seguita dal
Veneto (3.394 sportelli) e dall’Emilia Romagna (3.356).
Brescia terza piazza del Nord Italia
- Seconda in Lombardia dopo la metropoli di Milano. La terza piazza più
«affollata», dopo Torino, se si considera il Nord Italia.
Brescia si conferma una delle città più appetibili per il sistema bancario
italiano. Lo dimostrano i dati delle filiali sparse sul nostro territorio
forniti dalla Banca d’Italia.
Depositi e impieghi, ma soprattutto un sistema economico
e imprenditoriale tra i più vivaci del Paese, giustificano la lenta, ma ininterrotta crescita di filiali bancarie che si
segnala sul nostro territorio dagli inizi degli anni Novanta ad oggi. Il
sistema (che in questi mesi sta trovando nuovi assetti e che, con ogni
probabilità, vedrà nei prossimi mesi la nascita di nuove piccole esperienze)
anche nel 2006 registra una crescita a due cifre.
Nuove agenzie - Negli ultimi mesi dell’anno sono state
aperte nel Bresciano 23 nuove agenzie: undici nel capoluogo e dodici in
provincia. Dodici di queste sono state aperte da istituti «di casa»: le
banche più attive sono state Banca Valsabbina e Bcc di Brescia che hanno rispettivamente aperto tre filiali. Le altre sei agenzie sono state aperte da: Banca Artigianato e
Industria (2); Banca di Bedizzole; Bcc del Basso Sebino; Bcc
dell’Agrobresciano; Bcc Pompiano Franciacorta. Il saldo di Bipop
Carire è rimasto invariato visto che ha chiuso una filiale in città per
aprirne una in provincia.
Gli sportelli - I dati della Banca d’Italia presentano
una fotografia dettagliata del credito a Brescia: al 31 dicembre 2006
lavoravano complessivamente nel Bresciano 873 «sportelli» (erano 850 nel
2005, 826 nel 2004) tra banche locali e non locali, 218 nel capoluogo e di
questi 93 di Istituti di credito bresciani.
Banche non bresciane - Tra le banche
non bresciane, l’istituto più vivace nel 2006 si è dimostrato SanPaolo Imi
con l’apertura di tre nuove filiali, due in città ed una in provincia. Due nuove agenzie per Unicredit (una in città ed una in
provincia). Aprono invece una nuova sede la Banca di Bergamo, la
Deutsche Bank, Sella Holding, Banca Commercio e Industria,
la Popolare di Sondrio, la Giudicarie Valsabbina e la Bcc di Calcio e Covo
che fa il suo ingresso nella nostra provincia.
Le più presenti in provincia - Nella nostra provincia, è
il Banco di Brescia la banca più presente con 141 sportelli (lo stesso numero
rispetto all’anno precedente). L’istituto di credito
è presente anche in altre province con 199 sportelli. Al
secondo posto Bipop Carire spa, con 52 sportelli. Il terzo gradino del
podio è conquistato da Banca di Valle Camonica (37 sportelli) e da Credito
Bergamasco spa (sempre 37). Sempre considerando il territorio della nostra
provincia, seguono Banca Valsabbina (34 filiali), Banca Intesa (32), SanPaolo
Imi (31), Bcc di Brescia (25), Bcc Pompiano Franciacorta (24), Bcc del Garda (22), Banca Popolare di Sondrio (18), Banca di
Bedizzole (16), Bcc Agrobresciano (15), Unicredit Banca (15) e Banca Popolare
di Bergamo (15).
Le più presenti in città - Per quanto riguarda il
capoluogo, è sempre il Banco di Brescia a guidare la classifica, con 39
sportelli. Al secondo posto Bipop Carire con 20 filiali.
L’ultimo gradino del podio va a una banca non
bresciana, Unicredit con 13 sportelli. Seguono Banca Intesa (11), Bcc di
Brescia (10) e Credito Bergamasco (10).
L’analisi di Moody’s - Il mondo del credito italiano è stato analizzato nelle scorse settimane dall’agenzia di rating
internazionale Moody’s. Le prospettive, si legge nel rapporto,
«rimangono complessivamente stabili, a testimonianza della generale solidità
dei fondamentali commerciali e finanziari in questo settore e del recente
miglioramento della redditività». Guardando al futuro del settore, nonostante
«tra i gruppi principali restino ancora Capitalia e Monte dei Paschi come
possibili candidate per una attività di fusione e
acquisizioni» appaiono più probabili concentrazioni tra realtà «di dimensioni
piccole e medie che tra gli istituti bancari più importanti e, malgrado la
maggior apertura su questo tema da parte sia della Banca centrale che dei
consigli di amministrazione vi sono limitate possibilità che le banche italiane
siano acquisite da gruppi stranieri, dato lo scarso numero di istituti
bancari che potrebbero offrire una presenza importante su tutto il mercato
italiano».
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SALÒ - Con l’apertura dell’agenzia Unicredit Banca di via Brunati, Salò raggiunge quota 12 sportelli bancari. La
cittadina gardesana ha ora una densità di banche pari ad uno sportello ogni
832 abitanti, molto più alta rispetto alla media provinciale (1 sportello
ogni 1.312 abitanti). Dal 1998 ad oggi a Salò le banche
sono aumentate del 57,14%, passando da 7 a 11 sportelli. Le somme
finanziate dagli istituti di credito salodiani a privati e aziende per
l’accensione di mutui sono passate da 90 milioni di euro
nel 1998 a oltre 228 milioni nel 2005, con un incremento tra i più alti di
tutta la Lombardia (+153%). In positivo, anche se
con una percentuale inferiore (+45%), i depositi che, con una media di 16.365
euro per abitante, in otto anni sono passati da 99 a 144 milioni di euro. Con
l’apertura della nuova agenzia salodiana, diretta da Sandro Rigetti,
Unicredit Banca arriva a quota 28 filiali in Provincia di Brescia, mentre in
Lombardia l’istituto è presente con 256 agenzie e 27 Centri piccole imprese,
2.175 dipendenti e oltre 530mila clienti.
Nel corso dell’inaugurazione sono stati resi noti anche
i dati generali relativi al settore economico salodiano. Nella cittadina sono
presenti 1.205 attività (di cui 1.122 imprese e 83 enti pubblici). Salò è la città dei servizi che, con 489 società, occupano il
40,58% delle attività totali. Le imprese commerciali si ritagliano la seconda
posizione con il 30,62% e 3.469 società. Meno consistente
la presenza del comparto industriale, con il 21,9% e 264 società.
L’insieme delle attività salodiane dà occupazione a 4.630 persone.
Simone Bottura
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ItaliaOggi - Primo Piano - Numero 029, pag. 5 del
3/2/2007
Autore: di Stefano Sansonetti
I comuni lanceranno un consorzio per riscuotere l'Ici e i tributi locali in totale autonomia, senza
intromissioni di sorta da parte di Riscossione spa. Non c'è niente da fare: tra ministero dell'economia e municipi i nervi sono sempre più tesi.
Al punto che i sindaci, ancora troppo scottati da una Finanziaria giudicata
penalizzante, le pensano tutte pur di cautelarsi contro via
XX Settembre. Il progetto, già messo in cantiere, è quello di creare una
specie di consorzio per fare concorrenza alla
società pubblica, che dal 1° ottobre 2006 ha consegnato la riscossione dei
tributi nelle mani del ministero, e per estrometterla dalla partita della
fiscalità locale. L'iniziativa ha
la regia dell'Anci, l'associazione dei comuni guidata da sindaco di
Firenze, Leonardo Domenici, e vede coinvolte in prima linea le città che già
ora sono dotate di società comunali che accertano e riscuotono le tasse. L'obiettivo è quello di unire queste società, fare
rete e coinvolgere quanti più comuni sarà possibile.
Il consorzio, in questa fase ancora embrionale, ha due interpreti principali:
Romaentrate spa, la società di accertamento e
riscossione di Roma, e la Soris spa, che svolge le stesse funzioni per il
comune di Torino. Due realtà, come si vede, governate
da sindaci di maggioranza, entrambi diessini, come Walter Veltroni e Sergio
Chiamparino. La partita è troppo importante: non lasciare che sull'Ici e gli altri tributi comunali Riscossione spa abbia mano libera. Anche perché,
elemento di tutto riguardo, se così fosse gli enti locali pagherebbero di più.
Il collegato alla Finanziaria (dl 262/2006) ha infatti
previsto che se la riscossione coattiva delle tasse locali verrà esercitata
per i comuni dagli agenti della riscossione (e la società pubblica ne è l'esempio più forte), questi dovranno essere
remunerati con un compenso maggiorato del 25% rispetto alla previsione
ordinaria. Insomma, soprattutto gli enti locali non attrezzati, quelli che
non hanno ancora chiaro come riscuoteranno l'Ici,
potrebbero subire uno svantaggio affidandosi a Riscossione spa. Ecco allora che le società più organizzate lanciano l'allarme e cercano di mettersi a disposizione
delle altre amministrazioni. Tra l'altro
il ministero dell'economia, in una
circolare del 31 gennaio (vedi ItaliaOggi di ieri), ha sciolto alcuni dubbi
interpretativi venuti dopo la Finanziaria, confermando che i comuni possono
svolgere autonomamente la riscossione dell'Ici,
rimanendo naturalmente liberi di affidarsi a un
agente della riscossione. E oltre al risparmio
derivante dalla possibilità di evitare il compenso maggiorato del 25%, molti
amministratori sono convinti che una gestione propria della partita dell'Ici, magari anche con un conto corrente di
tesoreria intestato al comune, contribuirebbe a garantire maggiore
efficienza. Il settore della fiscalità locale è molto ambito. La riforma che
ha partorito Riscossione spa, messa a punto dall'allora
ministro dell'economia, Giulio
Tremonti, si da subito ha consentito alla società
pubblica di estendere il suo raggio di azione dai tributi erariali a quelli
locali. Nel frattempo sono passati diversi mesi e la riforma, dalla fine del
2006, è partita. Trascinandosi dietro, però, parecchi nodi irrisolti. Su tutti proprio quello dei tributi comunali, sopra i quali i
municipi vogliono tenere ben salde le mani. E così qualche giorno fa l'Ifel, la fondazione per la finanza e l'economia locale dell'Anci
(che fornisce servizi agli enti locali per migliorare la loro attività di accertamento), si è riunita con esponenti di vertice
dell'associazione per dare tutto
il suo supporto al progetto. E Roma e Torino, hanno
deciso di farlo decollare. (riproduzione riservata)
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ItaliaOggi - Giustizia e Società - Numero 029, pag.
50 del 3/2/2007
ANTIRICICLAGGIO/ Lo prevede lo schema di decreto
che recepisce la direttiva 2005/60/Ce. - Assegni
trasferibili. Ma a richiesta - La regola operativa anche per i vaglia postali
e cambiari
Autore: di Antonio Ciccia
Una specifica richiesta per ottenere la trasferibilità
degli assegni. È una delle numerose novità introdotte dallo schema
legislativo di attuazione della direttiva 2005/60/Ce
che riscrive nel suo complesso la disciplina antiriciclaggio (si veda
ItaliaOggi di ieri). Il provvedimento mette in campo gli ordini professionali
in campo contro il riciclaggio. Agli ordini,
infatti, i professionisti dovranno inviare la segnalazione delle operazioni
sospette.
Gli assegni
Con riferimento alla prassi un rilievo va anche
attribuito al fatto che i moduli per assegno saranno consegnati con la
clausola di non trasferibilità e per averli liberi occorre una specifica
richiesta. In ambito bancario e in particolare per i titoli di credito viene introdotta la regola della non trasferibilità,
mentre l'emissione di un titolo
libero (e quindi suscettibile di circolare a mezzo di girate) diventa l'eccezione. I moduli di assegni
bancari e postali, infatti, dovranno essere rilasciati dalle banche e da
Poste italiane spa muniti della clausola di non trasferibilità. Solo su
espressa richiesta scritta del cliente si potranno rilasciare moduli di assegni bancari e postali in forma libera. Stessa
regola per assegni circolari e i vaglia postali e cambiari.
GLI obblighi
Gli obblighi antiriciclaggio sono
e rimangono di tre tipi: identificazione, registrazione e segnalazione. Il
cliente deve essere identificato, le operazioni devono
essere registrate e le operazioni sospette devono essere segnalate alle
autorità.
Le novità dello schema di decreto legislativo toccano i
tre tipi di obbligo.
Con riferimento alla identificazione
lo schema di decreto parla di verifica adeguata della clientela. Con
riferimento alla segnalazione delle operazioni sospette ad
opera dei professionisti il decreto assegna un ruolo agli ordini
professionali, che dovranno a loro volta inoltrare la segnalazione all'autorità. Quanto alle autorità coinvolte entra in
campo l'Unità di
informazione finanziaria (Uif), costituito presso l'Uic, Ufficio italiano cambi (autorità attualmente
competente in materia antiriciclaggio). L'Uif
assume tutte le funzioni dell'Uic,
e nel decreto si esplicita che l'ufficio
si avvale dei dati contenuti nell'anagrafe
dei conti e dei depositi e nell'anagrafe
tributaria.
Il collegamento con sistemi creditizi e archivi del
fisco sarà reciproco, cosicché anche il fisco potrà
trarre notizie per il perseguimento dell'attività
di accertamento e riscossione coattiva.
Gli ordini
Tra le autorità di vigilanza lo
schema di decreto individua anche gli ordini professionali, chiamati a
vigilare sull'osservanza da parte
dei professionisti.
A questo fine va sottolineato
che i professionisti (unitariamente definiti come professionisti legali,
comprendendo anche le professioni contabili e le altre tenute agli obblighi
antiriciclaggio) trasmetteranno la segnalazione di operazioni anomale agli
ordini professionali, i quali a loro volta dovranno provvedere senza ritardo
a trasmettere integralmente la segnalazione all'Uif
priva, per ragioni di riservatezza, del nominativo del segnalante.
Tra l'altro
la segnalazione delle operazioni sospette è l'unico
obbligo antiriciclaggio da osservare in relazione allo
svolgimento della sola attività di redazione e/o di trasmissione della
dichiarazione dei redditi (mentre sono esclusi gli obblighi di verifica del
cliente e di registrazione)
La privacy
Sul piano della riservatezza un articolo dello schema di decreto (il n. 41) definisce gli obblighi di privacy
connessi alla disciplina antiriciclaggio.
I soggetti obbligati devono rilasciare ai clienti
informativa prevista dall'articolo
13 del codice della privacy; devono designare gli incaricati del
trattamento e devono rispettare degli obblighi e delle misure di sicurezza
contenuti negli articoli da 31 a 36 del codice della privacy.
Quanto all'obbligo
di registrazione, che si realizza di norma con un archivio unico informatico,
per i professionisti può essere assolto con la tenuta del registro della
clientela. I professioni potranno istituire un
registro della clientela a fini antiriciclaggio nel quale conservano i dati
identificativi del cliente. La documentazione e gli ulteriori
dati e informazioni potranno essere conservati nel fascicolo relativo a
ciascun cliente.
Le sanzioni
Lo schema di decreto legislativo compila l'elenco delle sanzioni per violazione degli
obblighi distinguendo le sanzioni penali da quelle amministrative. Per le
sanzioni amministrative viene precisato che la
competenza per le opposizioni è del tribunale e non del giudice di pace e la
relativa sentenza non è appellabile, ma solo ricorribile per Cassazione. Una ultima notazione riguarda i collegi sindacali, ai
quali viene confermata l'attribuzione
della funzione di controllo del rispetto della normativa antiriciclaggio all'interno delle società: il collegio sindacale, il
consiglio di sorveglianza, il comitato di controllo di gestione e tutti i
soggetti incaricati del controllo di gestione comunque denominati devono
vigilare e comunicare alle autorità le violazioni di cui hanno notizia. (riproduzione riservata)
-Anton Pavlovich Chekhov-
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