Federazione Autonoma
Bancari Italiani via Tevere, 46 00198
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news fabi anno VIII – mercoledì
14 marzo 2007
rassegna stampa quotidiana
riservata alle strutture
a cura di Bruno Pastorelli
Se riscontrate anomalie, nei collegamenti comunicatelo a: b.pastorelli@fabi.it, grazie.
Così disse
IL SOLE 24 ORE - PLUS 10-03-2007. 3
AMMANCHI / IL FONDO SCRIVE AGLI
ISCRITTI - «Ecco chi gestiva Cassa Ibi» «L'advisor era Mariani, Zaccaro era
l'esecutore». 3
MF
- Denaro & Politica Numero
052, pag. 2 del 14/3/2007. 4
Banche, nuove regole Ue per le
fusioni cross-border - Bruxelles chiarisce i poteri delle autorità nazionali. 4
MF
- MF Milano Finanza/The Wall Street Journal Europe - Numero 052, pag.
14 del 14/3/2007. 5
Mutui ko, Hsbc in allarme - In
crescita i debiti in sofferenza nel settore immobiliare. Il colosso del
credito, insieme a un gruppo di primarie banche statunitensi, vorrebbe
costringere alcune piccole... 5
MF
- Banche & Banchieri - Numero 052, pag. 20 del 14/3/2007. 6
Sale l'utile Bpm. Pure per i
dipendenti - Mazzotta chiude il 2006 con ... 6
MF
- Banche & Banchieri - Numero 052, pag. 20 del 14/3/2007. 6
Banca Generali svela i target
2007-2009. 6
MF
- Banche & Banchieri - Numero 052, pag. 20 del 14/3/2007. 7
Coppola, i pm di Torino sentono
D'Agui (Bim) 7
MF
- Banche & Banchieri - Numero 052, pag. 20 del 14/3/2007. 7
Mediobanca, primo ok alla
governance duale - Ma per le modifiche statutarie si attende l'autunno. 7
MF
- Banche & Banchieri - Numero 052, pag. 20 del 14/3/2007. 8
Abn Amro, fra i vari scenari
studia una exit strategy da Capitalia - BACKSTAGE. 8
MF
- Banche & Banchieri - Numero 052, pag. 21 del 14/3/2007. 8
Passera inciampa nel Fazio
d'Ucraina - La banca centrale di kiev ha riavviato da zero l'istruttoria per
l'acquisto di ukrsotsbank. La fusione tra Intesa e ... 8
MF
- Banche & Banchieri - Numero 052, pag. 21 del 14/3/2007. 9
E Bazoli trova l'accordo con la
Federal reserve sulla vigilanza. 9
MF
- Global awards - Numero 052, pag. 23 del 14/3/2007. 9
Un premio ai banchieri eccellenti
- IERI SERA A PALAZZO MEZZANOTTE L'ASSEGNAZIONE DEL ´MILANO FINANZA GLOBAL
AWARDS 2007'. 9
MF
- Global Awards - Numero 052, pag. 24 del 14/3/2007. 10
Ecco le banche locali al top - CHI
è AI VERTICI PER PERFORMANCE PATRIMONIALI E DI EFFICIENZA. - Tra i vincitori
i migliori istituti di credito regionali, dalla Sicilia al Friuli-Venezia
Giulia. 10
MF
- Global Awards - Numero 052, pag. 24 del 14/3/2007. 11
Sulle liberalizzazioni nessun
passo indietro - I fronti su cui è impegnato il governo per La modernizzazione
della finanza italiana. - Il sottosegretario dell'economia ribadisce quanto
fatto in tema di banche, direttive Ue e Piazza finanziaria. 11
MF
- Global Awards - Numero 052, pag. 26 del 14/3/2007. 12
A Eurizon financial group e Maifin
il Leone d'Oro della comunicazione. 12
da Finanza&Mercati del
14-03-2007. 13
L’amministratore delegato di
Unicredit Banca è pronto ad affrontare i concorrenti italiani e stranieri
Intesa Sanpaolo non fa paura. «Abbiamo il 10% di quote di mercato, puntiamo
al restante 90%». 13
da Finanza&Mercati del
14-03-2007. 14
Superinteressi, Bersani ci ripensa. 14
da Finanza&Mercati del
14-03-2007. 15
Su Grande Mittel Mps insofferente
e Hopa punta i piedi 15
da Finanza&Mercati del
14-03-2007. 15
Intesa in pista sulla partita
Eni-Gazprom. 15
da Finanza&Mercati del
14-03-2007. 16
Si farà entro l’estate lo
spezzatino Vnu Business Publications Italia (Bpi). E la lista ... 16
da Finanza&Mercati del
14-03-2007. 16
Bpm fa felici i soci e raddoppia
il dividendo. 16
da Finanza&Mercati del
14-03-2007. 17
Stretta Ue sul risiko bancario,
vincono i governatori 17
IL GIORNALE mercoledì 14 marzo
2007. 17
Unicredit, lascia Herrlein. 17
LA STAMPA mercoledì 14 marzo 2007. 17
LA STORIA INDUSTRIALE ALL’ESTERO –
Analisi - In Italia si è esaurita un’intera classe imprenditoriale - Il
sistema del credito aiuti i nuovi Bill Gates - Quella italiana degli ultimi
vent’anni è una sequela infinita di vendite - In cambio non abbiamo acquisito
quasi nulla fuori dei nostri settori tradizionali 17
LA STAMPA mercoledì 14 marzo 2007. 18
LE REGOLE DEL SALOTTO BUONO - Il
patto Mediobanca apre la strada al doppio consiglio. 19
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-03-14 num: - pag: 25. 19
spera nei «banchieri forti». 19
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-03-14 num: - pag: 26. 20
Verso un modello con gli azionisti
nel consiglio di sorveglianza e solo i manager nel board di gestione.
Possibile l'adozione entro giugno - Mediobanca accelera sulla governance
duale - Bolloré e Ben Ammar: tutti d'accordo. Convocata l'assemblea del patto
per il 23. 20
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-03-14 num: - pag: 26. 21
Profumo: largo ai giovani. E io
lascio a 60 anni «VANITY FAIR». 21
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-03-14 num: - pag: 26. 22
Varate le nuove direttive da
Bruxelles - Fusioni in banca, le regole Ue. 22
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-03-14 num: - pag: 26. 22
Divergenze - Findomestic, la mossa di Bnp-Paribas 22
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-03-14 num: - pag: 27. 23
L'annuncio di Letta: incontro il
22 marzo. Montezemolo: alle imprese il merito della crescita, ora le riforme
- Welfare, tre tavoli e poche risorse - Convocati aziende e sindacati su
pensioni, stato sociale e produttività. 23
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-03-14 num: - pag: 27. 23
A Bazoli nomine e strategie.
Missione in Consob e Antitrust in vista della scadenza del 20 marzo - Intesa
Sanpaolo, decollano i comitati interni 24
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Economia - data: 2007-03-14 num: - pag: 27. 24
Borse e immobili - I mutui a
rischio mandano in rosso il Dow Jones 24
MF Sicilia - Numero 052, pag. 1
del 14/3/2007. 24
Parte il business plan delle tasse
- Ok al piano industriale serit che punta a raggiungere 13 mln di ricavi. 24
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Spunta un nome, anzi ne spuntano
due. Nomi e cognomi in una lettera inviata dai vertici di
Cassa Ibi agli iscritti, in cui si riepilogano i passaggi salienti della
vicenda. Secondo quanto ricostruisce Cassa Ibi, le
date chiave sono l'11
gennaio: quando Intesa Previdenza Sim comunica al fondo che una parte
consistente degli attivi, a lei destinata per la gestione previdenziale degli
iscritti, manca all'appello: degli
oltre 80 milioni di patrimonio, è stato possibile recuperare solo 43.164,625
euro. Scatta il primo allarme e il 29 gennaio scorso la Cassa chiede l'intervento dell'auditing
di Intesa Sanpaolo.
Il lavoro di verifica non si è ancora concluso,
così come quella della Covip, l'Authority
di vigilanza che ha disposto un'ispezione
sulla vicenda, dopo la pubblicazione su «Il Sole 24 Ore» della vicenda. Nella
lettera i vertici della Cassa fanno sapere che gli accertamenti compiuti dal
Collegio sindacale hanno appurato che l'ammanco,
si è verificato prima dell'insediamento
del rinnovato Comitato di gestione, il 29 settembre scorso e non successivamente, come era parso in una prima fase.
Il 13 marzo scorso un esposto è stato presentato dalla
banca presso la Procura di Milano, parallelamente a quello della Covip e di
un comitato di iscritti al fondo. Personaggi chiave
di questo giallo sono Massimo Mariani, advisor finanziario del fondo con la
precedente gestione, le cui scelte - secondo i vertici di Cassa Ibi - erano effettuate da Massimo Zaccaro, ex funzionario di
Friuladria (gruppo Intesa Sanpaolo) fino al novembre scorso, che Cassa Ibi
definisce «persona ignota ai componenti del Comitato d'Amministrazione
e del Collegio Sindacale» e nella lettera ritenuto «irreperibile». Ma.l.C.
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MF - Denaro & Politica Numero 052, pag. 2 del 14/3/2007
Autore: Carmine Sarno
Da Bruxelles arrivano regole più chiare sulle fusioni
bancarie transfrontaliere. L'europarlamento
ha dato il via libera ieri a una serie di nuove
norme che ridisegnano i poteri di vigilanza delle autorità nazionali,
iniziativa che si era resa necessaria dopo le polemiche sul governatore di
Bankitalia, Antonio Fazio, e sull'opposizione
del governo polacco alla fusione tra UniCredit e Hvb. Il
testo, approvato dal parlamento dopo la mediazione del relatore Wolf Klinz
con la commissione, modifica cinque direttive sulle acquisizioni nel
settore bancario e assicurativo rimuovendo tutti gli ostacoli dovuti a prassi
di vigilanza diverse.
Vengono allungati i tempi del
silenzio-assenso. Il testo dispone in 60 giorni i tempi di decisione per le
authorities in merito ad una acquisizione, che potrà
essere prorogato di altri 30 giorni se l'acquirente
risiede al di fuori della Ue. In caso di parere negativo, il giudizio dovrà
essere comunicata entro due giorni, e dovranno
indicare le motivazioni della loro decisione.
Da Bruxelles arrivano anche norme più stringenti sulla
valutazione del candidato acquirente da parte delle autorità di vigilanza, che dovranno verificare cinque criteri.
Reputazione ed esperienza del soggetto che vuole acquisire e ´di tutte le
persone che saranno chiamate a dirigere l'attività
dell'impresa',
´la solidità finanziaria', ´la
capacità dell'impresa di
assicurare di adempiere'
gli obblighi di vigilanza, e infine verificare se ´in relazione alla prevista
acquisizione', vi sia ´un
tentativo di riciclaggio di proventi di attività illecite o di finanziamento
del terrorismo'.
La nuova disposizione impone agli organi di vigilanza di
trattare i potenziali ´acquirenti in modo non discriminatorio'. Non solo. Gli stati membri dovranno inviare
alla Commissione, al termine della procedura, ´le informazioni inerenti le valutazioni prudenziali effettuate dalla
autorità nazionali competenti'.
Cambi in vista anche per quanto riguarda la definizione
di ´partecipazione qualificata',
che si intende non inferiore al 10% del capitale
sociale, o dei diritti di voto, oppure ´ad un livello che comporta la
possibilità di esercitare un'influenza
notevole sulla gestione dell'impresa'. Infine il nuovo testo prevede norme più
stringenti sugli obblighi di notifica alle autorità di vigilanza
quando si verificano incrementi di partecipazioni nelle società di
investimento. La comunicazione scritta si rende necessaria ogni qual volta l'acquirente decida ´di acquisire direttamente o
indirettamente' una partecipazione
qualificata in una banca o in una assicurazione in
modo tale che la quota dei diritti di voto o del capitale ´raggiunga o superi
il 20, il 30 o il 50% o che quell'impresa
diventi una sua impresa figlia'. (riproduzione riservata)
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MF - MF Milano Finanza/The Wall Street
Journal Europe - Numero 052, pag. 14 del 14/3/2007
Autore: C.Mollenkamp e J. R. Hagerty
L'aumento dei
debiti in sofferenza, nel mercato dei prestiti ipotecari subprime, ha spinto
alcune grandi banche e società ipotecarie a tentare, senza successo, il
recupero delle somme dovute.
Guidati dalla Hsbc holdings, un
gruppo di banche e altri istituti stanno cercando di costringere alcune
piccole finanziarie a riacquistare parte di quei prestiti che nel 2005 e 2006
erano fortemente richiesti dalle stesse banche, avvalendosi dei ´repurchase
agreements' (accordi di riacquisto
od operazioni di pronti contro termine).
Schiacciate dall'ondata
di inadempienze, molte di queste piccole società si
sono dichiarate impossibilitate al riacquisto e alcune hanno persino
richiesto la protezione fallimentare.
La New century financial, uno
dei principali istituti statunitensi di prestiti ipotecari subprime, ha
dichiarato che i suoi creditori bancari stanno sospendendo i finanziamenti e
che con tutta probabilità le richieste di rimborso dei suoi creditori non
saranno soddisfatte. I prestiti ipotecari subprime sono prestiti
immobiliari concessi a debitori con un basso profilo di credito. In base ai
dati della pubblicazione di settore Inside Mortgage
Finance, l'anno scorso le
emissioni complessive di prestiti subprime sono state pari a 605 miliardi di
dollari, pari a circa un quinto dell'intero
mercato dei prestiti immobiliari Usa.
In base alle dichiarazioni rilasciate dalla New century,
a partire da mercoledì scorso la banca sarebbe stata
subissata di notifiche di inadempienza dai principali creditori di Wall
Street e il debito nei confronti dei creditori potrebbe ammontare a ben 8,4
miliardi di dollari in riacquisti ipotecari. Se
tutti i suoi finanziatori richiedessero il riacquisto dei prestiti, la banca
non riuscirebbe a far fronte ai pagamenti. Questo potrebbe costringere la
società ad avviare la procedura fallimentare, andando a
ingrossare le fila delle società fallite in seguito al crollo del settore.
Il debito più consistente citato dalla New century, quello nei confronti della Morgan Stanley,
ammontava a 2,5 miliardi di dollari. La New century ha dichiarato che, dopo
la richiesta di martedì scorso della Citigroup di un'ulteriore garanzia di 80,3 milioni di dollari, a copertura
di un ´passivo marginale' su
alcuni titoli di debito della società, il Goldman Sachs group ha inviato una
notifica di inadempienza, richiedendo il rimborso di circa 100 milioni di
dollari. La New century ha citato anche il debito pendente di circa 900
milioni di dollari nei confronti del Credit Suisse Group, di 800 milioni di
dollari nei confronti della Ixis Real Estate Capital
e di 600 milioni di dollari verso la Bank of America.
Secondo quanto dichiarato da una persona vicina alla
Morgan Stanley, la banca ritiene che il suo debito sia ´interamente garantito', ossia che il valore delle attività che fungono
da garanzia del debito sia equivalente o superiore al suo valore nominale. La
settimana scorsa, la Morgan Stanley ha fornito alla New
century un nuovo finanziamento di 265 milioni di dollari, comunicando
tuttavia la sua intenzione di ´sospendere i finanziamenti'.
Giovedì scorso il nuovo finanziamento dalla Morgan
Stanley è stato utilizzato per rimborsare 717 milioni di dollari che la New century doveva alla Citigroup. Lo stesso giorno, la
banca ha ricevuto le notifiche di inadempienza da
parte di Bank of America, Citigroup e Ixis.
Nonostante i dettagli siano diversi da caso a caso, in
alcune circostanze gli accordi di riacquisto obbligano il soggetto che cede
il prestito ipotecario a riacquistare il prestito inadempiente venduto a una banca o a un investitore. L'obbligo
si determina talvolta se il debitore non onora i pagamenti relativi
al prestito entro i primi mesi o se l'ipoteca
iniziale è stata ottenuta con metodi fraudolenti. Il volume totale dei
prestiti ipotecari statunitensi che potrebbero
soddisfare questi criteri non è noto, ma dovrebbe aggirarsi attorno ad alcuni
miliardi di dollari.
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MF - Banche & Banchieri - Numero 052,
pag. 20 del 14/3/2007
Sale l'utile Bpm. Pure per i dipendenti -
Mazzotta chiude il 2006 con 398,7 mln di profitti, +53,9%. dividendo proposto a 0,35 euro, +133%. La
popolare milanese applica per la prima volta il nuovo statuto e distribuisce
ai bancari 5,1 milioni di euro in più. Ma il
cost-income, voce importante delle trattative per l'eventuale fusione con la
Bper, scende al 60,6%
Autore: Fabrizio Massaro
Mentre la trattativa con la Bper per un'eventuale fusione è ancora ai primi passi, la
Popolare di Milano chiude il 2006 con un utile netto consolidato di 398,7
milioni, un balzo del 53,9% grazie anche 105,1 milioni di poste straordinarie
come la plusvalenza per cessione del 50% di Bipiemme Vita a Fondiaria-Sai
pari a 71,9 milioni e la vendita dell'immobile
Galfa per 34,7 milioni, e supera così gli obiettivi del piano strategico
2004-2006. In questo modo il presidente Roberto Mazzotta e il d.g. Fabrizio
Viola possono presentarsi all'assemblea
del 20-21 aprile con un dividendo di ben 0,35 euro per azione, +133%.
Il risultato dalla gestione operativa, ha precisato una
nota dopo il cda, è stato di 695,1 milioni (+35,3%) grazie al buon andamento
dei proventi operativi (+13,7% a 1.754,1 milioni), che hanno più che
compensato l'aumento del 3% dei
costi operativi a 1.069,6 milioni. Questo ha fatto sì che il cost income
ratio scendesse al 60,6% dal precedente 66,9%: un
dato che sarà sicuramente considerato nelle trattative con la popolare
emiliana guidata da Guido Leoni, visto che il costo del personale è fra le
voci più delicate del progetto di fusione. Quest'ultimo
è salito del 5,3% a 687,9 milioni sia per gli aumenti contrattuali sia per i
maggiori accantonamenti ai fondi, sia per la ´maggior quota di utile destinata ai dipendenti della capogruppo, 5,1
milioni', in base alle modifiche
dell'articolo 47 dello statuto
dello scorso 15 febbraio. Dalla vecchia regola di distribuire al personale il
20% dell'utile netto, la Bpm è
passata alla distribuzione del 5% dell'utile
dell'operatività
corrente al lordo delle imposte della banca. La raccolta diretta è stata di
29.354 milioni (+19,3%) e quella indiretta di 39.613 milioni (+6,8%).
Saliti gli impieghi del 16,5% a 26,3 miliardi. Circa la
qualità del credito, le attività deteriorate nette scese dal 2,4 all'1,9% sul totale del portafoglio crediti. È
sceso allo 0,5 dallo 0,7% il rapporto sofferenze nette/impieghi, mentre è
salita la copertura dei crediti anomali al 44,9 dal 41,3% così come quella
delle sofferenze, pari al 70,7 dal 67,5%. Gli accantonamenti sono così
aumentati a 162,8 milioni, +43,1% anche per i 18,9 milioni
della transazione Parmalat. Il Tier 1 è al 7,08%, il total
capital ratio al 10,25%. (riproduzione
riservata)
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MF - Banche & Banchieri - Numero 052,
pag. 20 del 14/3/2007
Banca Generali
svela i target 2007-2009
In attesa del piano industriale
2007-2009 che verrà presentato oggi alla comunità finanziaria, sono emersi
ieri i target per il 2008 di Banca Generali, secondo quanto risulta da un
prospetto per il triennio 2006-2008 raccolto dall'agenzia
di stampa Adnkronos. Il prospetto fu depositato in borsa ai fini della
quotazione della società lo scorso autunno, per questo gli obiettivi che verranno pubblicati oggi potrebbero anche essere diversi
da quanto scritto nel dossier. L'utile
netto dovrebbe raggiungere i 51,6 milioni di euro
nel 2008, rispetto ai 5,5 del 2006, per una crescita media annua del 205,4% e
ricavi operativi netti dovrebbero arrivare a 246,8 milioni nel 2008 contro
165,2 nel 2006, +22,2% in media ogni anno. Ieri intanto la controllata del
Leone di Trieste, attiva nel risparmio gestito, ha rilasciato i dati per la
raccolta netta di febbraio, che ha raggiunto i 302 milioni di
euro, di cui 56 di Banca generali, 197 milioni di Banca Bsi Italia
e177 milioni di Simgenia, con una variazione positiva del 136% rispetto al
mese precedente.
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MF - Banche & Banchieri - Numero 052,
pag. 20 del 14/3/2007
Ieri i pm della procura di Torino, Giancarlo Avenati
Bassi e Marco Gianoglio, hanno sentito Pietro D'Agui,
amministratore delegato di Banca Intermobiliare, indagato assieme a Massimo
Segre, consigliere e azionista di riferimento dell'istituto
nell'ambito delle
indagini che ruotano attorno alla figura di Danilo Coppola.
D'Agui,
secondo quanto appreso da ambienti giudiziari, è stato interrogato in relazione agli eventuali rapporti della Bim con l'immobiliarista Danilo Coppola, azionista al 2%
della Intermobiliare, arrestato alcune settimane fa dalla guardia di finanza
di Roma.
A Torino, pm e gdf stanno svolgendo indagini in merito
all'operazione che ha portato all'acquisizione da parte delle società di Coppola di tre immobili, ex Enel, appartenuti al portafoglio
immobiliare di Luigi Zunino.
Ieri, il titolo di Banca Intermobiliare ha chiuso a
7,923 euro, in calo dello 0,94% (da inizio anno è a -5,23%). Le azioni della Ipi di Coppola hanno virato al rialzo chiudendo a
6,2092 euro (+0,47%): da inizio anno è a -21,55%.
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MF - Banche & Banchieri - Numero 052, pag.
20 del 14/3/2007
Autore: Andrea Di Biase
Il progetto di dare una governance duale a Mediobanca si
fa più concreto, anche se i tempi per l'adozione
delle necessarie modifiche statutarie non sembrano essere stretti. Ieri, comunque, il direttivo del patto di sindacato di piazzetta
Cuccia, presieduto da Piergaetano Marchetti, ha dato un primo via libera al
progetto. In particolare il direttivo ´ha deliberato di raccomandare all'assemblea dei partecipanti del
patto, convocato per il 23 marzo 2007, di invitare gli organi sociali
competenti di Mediobanca ad approfondire la percorribilità dell'adozione del sistema dualistico'. Definito anche il tipo di
governance duale sul quale procedere ai necessari approfondimenti.
Questo, come auspicato dal management di Mediobanca, prevede ´un consiglio di
sorveglianza in cui siano presenti rappresentanti
degli azionisti' e ´un consiglio
di gestione formato da esponenti del management e, occorrendo, da un
consigliere indipendente'. Quest'ultimo, ma sul punto non c'è
ancora nessuna indicazione, potrebbe essere l'attuale presidente di piazzetta Cuccia, Gabriele
Galateri di Genola, che già ora siede nel consiglio di amministrazione della
merchant bank in qualità di indipendente. Con Galateri nel consiglio di
gestione troverebbe posto la prima linea del management a
partire dal direttore generale, Alberto Nagel, e dal condirettore,
Renato Pagliaro.
Più delicato sarà invece il capitolo dedicato al
consiglio di sorveglianza, anche alla luce della normativa, ancora in fase di
definizione, che potrebbe limitare il numero degli
incarichi ricoperti in altre società dai membri del supervisory board. Una
disposizione che, se venisse fatta propria dalla
Consob (che ha da poco avviato una consultazione pubblica), potrebbe ridurre
la presenza nel consiglio di sorveglianza di esponenti che siano emanazione
diretta dei grandi soci di Mediobanca, come accade invece ora nel consiglio
di amministrazione di piazzetta Cuccia. L'adozione
della governance dualistica avrà anche degli impatti sulla struttura stessa
dell'accordo di
di sindacato, tanto che ieri ´il comitato direttivo si è riservato di
mettere a punto le modifiche da apportare al testo del patto conseguenti all'adozione del nuovo modello di governance'. Anche per questo è probabile che le eventuali
modifiche alla governance di Mediobanca possano essere recepite
da un'assemblea straordinaria che
potrebbe tenersi in autunno, in concomitanza con quella di bilancio. Sempre
ieri, il direttivo del patto di sindacato ha preso atto delle disdette,
´comunicate per le vie brevi', da
parte di Fiat e Telecom. Complessivamente esce dall'accordo il 3,67% del capitale sociale della
banca. ´Siamo tutti d'accordo sulla
strada del dualistico', ha detto
al termine della riunione il finanziere Tarak Ben Ammar, che ha poi voluto sottolineare la necessità di ulteriori approfondimenti con
una battuta. ´Il diavolo poi è nei dettagli'.
(riproduzione riservata)
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MF - Banche & Banchieri - Numero 052,
pag. 20 del 14/3/2007
I quattro advisor incaricati da Abn Amro di studiare le
diverse opzioni possibili per far allentare la
pressione degli hedge fund Tci o Toscafund sul management della banca
olandese sono in piena attività. Di fronte alle continue richieste di
maggiore valorizzazione del titolo della banca
guidata da Rijckman Groenink, Rothschild, Lehman Brothers, Morgan Stanley e
Ubs starebbero predisponendo diversi scenari. E uno
di questi riguarda da vicino l'Italia.
Per fronteggiare le richieste di uno spezzatino di Abn,
una delle soluzioni intraviste è infatti l'uscita
da Capitalia, di cui possiede l'8,6%.
Una mossa che secondo lo scenario tracciato potrebbe
avvenire anche nell'arco di
due-tre mesi. Abn infatti, è il ragionamento,
è da anni il socio fedele del presidente Cesare Geronzi ma non avrebbe più
ora una strategia su quella quota, visto che non è in condizioni di lanciare
un'opa né di valorizzarla in altri
modi. A maggior ragione, se arrivasse un'offerta
da parte di un terzo soggetto, sarebbe difficile respingerla senza un
business plan alternativo che crei valore: il management rischierebbe di
esporsi a un'azione
di responsabilità. Meglio allora incassare una plusvalenza (circa 1 miliardo di euro) per tacitare i soci riottosi. Certo le difficoltà
non mancano: dal soggetto a cui vendere (Santander? Unicredit? O addirittura un ripescaggio di Mps?), ai rigidi vincoli del
patto di sindacato Capitalia. Finora è solo un'idea.
Si vedrà se diventerà davvero una exit strategy.
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MF - Banche & Banchieri - Numero 052,
pag. 21 del 14/3/2007
Passera inciampa nel Fazio d'Ucraina - La banca centrale di kiev ha
riavviato da zero l'istruttoria per l'acquisto di ukrsotsbank. La fusione tra
Intesa e Sanpaolo è stata presa come pretesto dall'Authority per far
ricominciare da capo l'iter autorizzativo. Chiusa, intanto, senza danni la
causa Usa contro l'istituto in corso di acquisizione
Autore: Andrea Di Biase
La fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo-Imi avrebbe
cambiato la natura del soggetto acquirente di Ukrsotsbank.
Sarebbe stato questo il pretesto utilizzato dal governatore della Banca
centrale ucraina per far ripartire da zero l'iter
autorizzativo relativo all'acquisto
da parte dell'istituto guidato da
Corrado Passera dell'88,55% di Ukrsotsbank. Un'operazione
annunciata nel febbraio del 2006, al momento della firma del contratto di compravendita, che subordinava il perfezionamento ´all'ottenimento di tutte le relative autorizzazioni', ma poi slittata nel tempo in seguito alla causa
legale per riciclaggio avviata negli Usa contro la stessa Ukrsotsbank e il
suo principale azionista, il finanziere Viktor Pinchuk.
Ora però ogni rischio per Intesa Sanpaolo legato alle
vicende giudiziarie della banca ucraina e di Pinchuk è venuto meno. Secondo
quanto risulta a MF, infatti, lo scorso 24 novembre
le tre società che avevano promosso la causa davanti alla Corte distrettuale
del Massachusetts hanno rinunciato all'azione
legale contro tutti i convenuti, compresi Ukrsotsbank e Pinchuk.
Una svolta che avrebbe potuto
accelerare il closing dell'operazione
previsto entro il 31 marzo 2007. Ma la decisione della banca centrale di Kiev di far
ripartire, a seguito della fusione tra Intesa e Sanpaolo, l'iter autorizzativo per l'acquisizione
del controllo di Ukrsotsbank rischia ora di pesare
sull'operazione. Anche in
considerazione del fatto che, in base alle modifiche apportate al contratto
originario durante l'estate
scorsa, qualora le autorizzazioni delle banche centrali non dovessero
arrivare entro il 31 marzo, ´Intesa e i venditori di Ukrsotsbank
potranno porre fine all'accordo e
ritenersi liberi di prendere in considerazione altre opzioni, compresa quella
di una rinegoziazione dell'operazione'.Uno scenario estremo, che non è detto che si verifichi, considerando che per il closing c'è ancora tempo due settimane. Ma
a complicare le cose sembra che si sia messo anche lo stesso Pinchuk. Il
finanziere, che è l'ex genero dell'ex presidente ucraino Leonid Kuchma e gode di importanti coperture politiche nel paese,
sembrerebbe orientato a chiedere a Intesa Sanpaolo un nuovo rialzo del prezzo
d'acquisto della quota messa in
vendita, dopo che già questa estate gli italiani avevano concesso una
modifica del prezzo. Allora la valutazione del 100% di Ukrsotsbank
era salita a 1,4 miliardi di dollari dagli 1,31 miliardi iniziali.Un'ulteriore richiesta che ora Intesa Sanpaolo non
sembrerebbe invece disposta a soddisfare. Secondo
indiscrezioni, Pinchuk avrebbe chiesto un centinaio di milioni di
dollari in più. (riproduzione riservata)
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MF - Banche & Banchieri - Numero 052,
pag. 21 del 14/3/2007
E
Bazoli trova l'accordo con la Federal reserve sulla vigilanza
Accordo sulla vigilanza interna fra Intesa San Paolo,
Federal reserve e dipartimento bancario dello stato di New
York. In un lungo documento reso noto ieri dalla banca centrale americana la banca italiana e la sua filiale di New York si sono
impegnate a rafforzare la vigilanza interna in materia di riciclaggio.
Sostanzialmente l'annuncio
corrisponde all'accordo su una
serie di misure ´per affrontare alcune manchevolezze interne alla filiale
newyorkese' dell'istituto. In particolare, è sotto osservazione l'attività di correspondent banking dell'istituto e anche le operazioni di clearing e di trasferimento di dollari. Con l'accordo, la filiale americana si
impegna a nominare entro dieci giorni un responsabile del
coordinamento sui temi dell'accordo,
e presentare entro due mesi alle autorità bancarie locali un programma per
migliorare i controlli interni della filiale e uno di training interno per i
dipendenti. Entro lo stesso periodo, la banca presenterà anche un programma
interno di due diligence per ´assicurare l'identificazione
precisa e la notifica in tempi brevi di ogni
verificata o sospetta violazione'
della normativa bancaria americana. L'accordo
prevede inoltre che entro 30 giorni la banca nomini una società indipendente
per fare una verifica interna sull'operato della filiale. (riproduzione
riservata) da New York Andrea Fiano
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MF - Global awards - Numero 052, pag. 23 del
14/3/2007
Un premio ai banchieri eccellenti - IERI SERA A PALAZZO
MEZZANOTTE L'ASSEGNAZIONE DEL ´MILANO FINANZA GLOBAL AWARDS 2007'.
Di scena i protagonisti di finanza e comunicazione che
hanno ottenuto le migliori performance nell'anno
passato di Vincenzo Mendaia
Alcuni dei principali protagonisti del mondo bancario,
finanziario e della comunicazione riuniti per una serata all'insegna dell'eccellenza
manageriale e per ricevere il premio dedicato a
coloro che nel loro ramo d'attività
hanno registrato la migliore performance nel corso del 2006.
Più di 300 ospiti si sono incontrati ieri sera a Milano
a palazzo Mezzanotte, sede della Borsa italiana, in
occasione del ´Milano Finanza Global Awards 2007',
l'evento organizzato da MF/Milano
Finanza per premiare le aziende e i manager che si sono maggiormente
contraddistinti nel corso dell'anno
passato.
La serata si è aperta con un saluto di Mario Draghi,
governatore della Banca d'Italia,
e interventi tra gli altri di Roberto Pinza (viceministro, ministero dell'economia e delle finanze), Giovanni Calabrò
(responsabile Direzione credito, Autorità garante della concorrenza e del
mercato), Nouriel Rubini (professor of economics and
international business, Stern School, New York university of business), in
collegamento dagli Stati Uniti, e di Franco Mandelli (presidente Associazione
italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma).
Nel corso del charity dinner, i
cui fondi saranno devoluti all'Associazione
italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma, sono state consegnate cinque
categorie di premi: il Guido Carli e il Creatori di valore ai banchieri che
hanno meglio operato e alle banche che hanno realizzato le migliori
performance patrimoniali di efficienza.
Gli altri tre sono stati dedicati ai fondi che hanno
ottenuto il massimo rating (premio Milano Finanza e
Morningstar), ai prodotti e servizi finanziari più innovativi (premio MF
Innovazione Award) e, infine, alla migliore comunicazione finanziaria (premio
Leone d'oro).
Il premio Guido Carli come Banchiere dell'anno è stato assegnato a Corrado Passera (a.d. di Intesa Sanpaolo, ha ritirato Gaetano Miccichè,
corporate & investment banking), per aver portato a termine con successo
l'operazione di fusione per
incorporazione del Sanpaolo Imi in Banca Intesa, dando vita a un colosso
bancario in grado di competere a livello europeo con i giganti del settore.
Per la maggiore creazione di valore in borsa e per l'operazione
di fusione più innovativa il riconoscimento è stato assegnato a Massimo
Faenza (a.d. di Banca Italease) e a Giampiero Auletta Armenise (a.d. di Bpu,
Banca Lombarda).
Come migliore banca corporate e migliore investment bank
italiana sono state premiate, rispettivamente,
Unicredito Banca d'Impresa
(presente Giovanni Bussi, chief risk officer) e Banca Leonardo (in sala Carlo
Corradini, presidente Banca Leonardo Italy); come migliore banca estera ha
invece ottenuto il riconoscimento Crédit agricole mentre come migliore
investment bank internazionale ha ottenuto il riconoscimento Merrill Lynch.
Fra gli istituti premiati per i risultati ottenuti nel
2006, Euromobiliare Sim (ha ritirato il riconoscimento Francesco Perilli,
a.d.) e IW Bank (sul palco Pasquale Casale, a.d.), che hanno
ottenuto il premio Guido Carli nelle categorie rispettivamente dedicate alla
migliore società di capital market e (la seconda) alla migliore banca
on-line.
Infine, un premio alla carriera è stato consegnato a
Gino Trombi, (presidente del Gruppo Banca Lombarda e Piemontese), il cui
istituto ha archiviato il 2006 con un utile netto consolidato di 308,2
milioni di euro, risultato che ha evidenziato il
miglior bilancio della storia del Gruppo Banca Lombarda e Piemontese. (riproduzione riservata)
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MF - Global Awards - Numero 052, pag. 24 del
14/3/2007
Ecco le banche locali al top - CHI è AI VERTICI PER
PERFORMANCE PATRIMONIALI E DI EFFICIENZA. - Tra i vincitori i migliori
istituti di credito regionali, dalla Sicilia al Friuli-Venezia Giulia
Autore: Vincenzo Mendaia
Un riconoscimento dedicato non solamente alle banche che
hanno dimostrato di avere le migliori caratteristiche in termini di
patrimonializzazione e di performance nelle regioni di appartenenza,
ma anche a quelle che sono riuscite a creare valore per gli azionisti,
rafforzandosi in modo da poter effettuare investimenti futuri e acquisire una
maggiore solidità e stabilità.
Il premio Creatori di valore, consegnato ieri sera
ai rappresentanti di alcune tra le realtà che all'interno
di ogni regione hanno saputo emergere in termini di redditività ma anche di
mercato, ha evidenziato lo stato di salute di diversi istituti compresi nella
fascia di eccellenza che certifica le scelte compiute in termini di
efficienza, qualità del credito, diffusione territoriale, investimenti.
Non si tratta sempre dei soliti nomi, piochè grazie alla
severa analisi dei bilanci compiuta dall'ufficio
studi di MF/Milano Finanza sono state individuate
diverse tipologie societarie e istituti operanti in qualsiasi parte d'Italia (Nord, Centro e Sud).
Per identificare i vincitori sono stati presi in
considerazione i bilanci civilistici di 616 istituti di credito, dopodichè le
banche sono state ordinate per cash flow e per mezzi amministrati, due
parametri che misurano la generazione di liquidità e la dimensione, cui è
stato aggiunto un indice di redditività, ottenuto come media aritmetica del
roe % (utile netto su patrimonio medio), del roa %
(risultato di gestione su totale attivo) e del ros% misurato dal rapporto del
margine di intermediazione sui mezzi amministrati.
A ciascun rank (cash flow,
mezzi amministrati, indice di redditività) è stato attribuito un punteggio da
10 (migliore) a 0 (peggiore), sempre parametrato su 616 aziende di credito.
La media aritmetica dei tre punteggi ottenuti per ciascun
istituto ha determinato l'MF
Index.
Tra gli istituti premiati ieri sera nel corso del
«Milano Finanza Global Awards 2007',
molti rappresentati di banche operanti nel Sud d'Italia,
come SanPaolo Banco di Napoli (ha ritirato il premio Vincenzo Pontolillo,
presidente), il Banco di Sicilia (ha ritirato il premio Franco Pianzola, area
manager nord Italia) e la Banca Meridiana (presente
con Romeo Feltrin, a.d.).
Fra le banche del Nord Italia,
invece, Credem (in sala Ferdinando Rebecchi, vice direttore centrale), Hypo
Alpe-Adria-Bank (Eugenio Guidi, responsabile private banking e gestioni
patrimoniali), Bancas Carige (Daniela Delfino, direttore rete nord Italia) e
il Banco di Desio e della Brianza (Agostino Gavazzi, presidente). Infine
premiate BiverBanca (ha ritirato Roberto Brambilla, presidente) e la Cassa di
Risparmio di Venezia (con Giovanni Sammartini, presidente).
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MF - Global Awards - Numero 052, pag. 24 del
14/3/2007
Sulle liberalizzazioni nessun passo indietro - I fronti su cui
è impegnato il governo per La modernizzazione della finanza italiana. - Il sottosegretario dell'economia ribadisce quanto fatto in tema di banche, direttive Ue e
Piazza finanziaria
Autore: Roberto Pinza
Attualmente l'azione
del governo in materia di industria finanziaria è particolarmente attiva su
tre temi: le banche, le direttive europee e la Piazza finanziaria.
Credo sia incontestabile il fatto che il sistema
bancario si sia radicalmente trasformato negli
ultimi otto-nove anni. Abbiamo ancora tutti nella memoria le frasi che venivano pronunciate allorché, parlando del mondo
bancario, si evocava la foresta pietrificata, cioè un mondo incapace di
evolversi o comunque di svilupparsi in modo paragonabile a quanto fatto nell'industria e nei servizi.
Credo che oggi la situazione si sia completamente
rovesciata. Il sistema delle banche in questi anni si è evoluto come e più
degli altri settori economici, attraverso processi molto complessi e
importanti di fusioni e, anche attraverso una iniziale
presenza all'estero molto precisa
e articolata nei paesi dell'Europa
orientale e con alcune delle ultime operazioni anche in paesi classici dell'occidente.
Credo che questo sia un dato molto positivo.
È, in fondo, quello che volevamo dieci anni fa
quando si decise di privatizzare il sistema bancario e si immaginò che una
volta privatizzato il sistema avrebbe seguito regole di concentrazione tanto
più necessitate dal fatto che si tratta di mercati ormai assolutamente
globalizzati molto più di quanto che non sia l'industria
e il commercio.
Alcuni miti sono stati sfatati dalla realtà.
Si diceva che le banche
partecipate dalle fondazioni non avrebbero mai realizzato processi di
fusione. È avvenuto il contrario. Queste banche sono state in testa ai
processi di fusione.
Si diceva, inoltre, che la struttura delle banche
popolari sarebbe stata un ostacolo insormontabile per i processi di aggregazione, è avvenuto il contrario. In questi ultimi
mesi sono state le popolari a dominare la scena, l'ultima
fusione è stata approvata pochi giorni fa, altre sono alle viste. A
dimostrazione che l'organizzazione
giuridica di una banca, qualsiasi essa sia, non è mai ostativa a concentrazioni quando ci sono esigenze aziendali ed
economiche.
Sulle popolari stiamo facendo una riflessione, come
noto, ma non perché sia necessario un intervento normativo che smuova una
situazione stagnante. Le cose in realtà vanno, ma queste banche hanno
semplicemente assunto, in buona parte, dimensioni enormi e comunque
presentano tra di loro delle diversità: si va dalle piccole popolari a quelle
che contano decide di migliaia di soci. In un tempo ragionevolmente breve metteremo a punto un progetto che naturalmente discuteremo
con tutti gli interessati.
Le banche tuttavia hanno un problema sul quale devono,
viceversa, concentrare gli sforzi. Non è la banca in quanto impresa, bensì la
banca in quanto titolare di rapporti con il
consumatore, l'investitore, l'imprenditore. Qui il rapporto non è sempre all'altezza delle attese. Qualche intervento
legislativo, discutibile come tutti gli interventi
legislativi, è stato fatto. Io su questo punto vorrei lavorare già da lunedì
prossimo con un gruppo informale che si occupa soprattutto di credito al
consumo. Questo è uno dei temi sul quale bisogna ragionare di più e
verificare, eventualmente, qualche intervento, vedremo.
Sulle direttive europee è presto detto. Abbiamo risolto
rapidamente quella sui requisiti patrimoniali dalle banche, sul così detto
Basilea 2. Lì il recepimento è già avvenuto. Per quanto riguarda la Mifid in
questo momento sul sito del ministero c'è un testo aperto ai contributi di tutti, e mi
auguro che la partecipazione sia massiccia. Alla scadenza dei termini,
passata la terza decade di marzo, decideremo quale strumento normativo
utilizzare.
L'opa è
altresì un tema in questo momento oggetto delle nostre riflessioni.
Devo dire che personalmente
condivido appieno l'opinione del
ministro dell'economia Tommaso
Padoa-Schioppa sulla necessità di fare molta attenzione a non regredire sul
fronte della liberalizzazione della contendibilità. C'è
un orientamento molto pericoloso, soprattutto nell'Europa
continentale. Occorre fare attenzione a non compiere
passi indietro rispetto al testo unico della finanza.
Infine, un accenno a un tema
che interessa tutti. Avevo annunciato che su indicazione del presidente
Prodi, e su espressa autorizzazione di un decreto di nomina del ministro dell'economia, avrei convocato rapidamente la Piazza
finanziaria e così è stato.
Piazza finanziaria farà la sua prima riunione a Milano, sua sede naturale, nel pomeriggio dell'11 aprile. Abbiamo chiamato a farne parte persone fortemente rappresentative dei settori nei
quali si articola la finanza. La nostra idea è che ciascuno, ovviamente in
piena libertà, esercitando attività concorrenziali nei confronti degli altri,
possa trovare degli elementi comuni da rappresentare sia a livello europeo in
sede di preparazione delle direttive, sia a livello nazionale, quando si
tratta di applicarle. Non a caso la Mifid sarà il primo punto all'ordine del giorno.
La sostanza è una: oggi c'è
la base e la forza rispetto al passato per rendere la Piazza finanziaria più
competitiva rispetto alle altre. Alludo a quelle di Parigi, Londra e
Francoforte. Non a caso quei mercati hanno delle istituzioni simili a quelle
che stiamo creando noi. Magari sono più consolidate nel tempo, ma cerchiamo
di ridurre rapidamente il ritardo accumulato negli anni scorsi.
(testo raccolto da Janina Landau)
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MF - Global Awards - Numero 052, pag. 26 del
14/3/2007
A
Eurizon financial group e Maifin il Leone d'Oro della comunicazione
Nel contesto dei Milano Finanza Global Awards
non poteva mancare un riconoscimento dedicato alla comunicazione finanziaria.
Eurizon financial group (in sala Giuseppe Puglisi, comunicazione e immagine)
e Maifin (Fabio Maimone, a.d. dell'agenzia),
hanno ricevuto il premio Leone D'Oro
per la migliore comunicazione finanziaria di legge, che hanno interpretato in
modo creativo sposando il principio della trasparenza all'appeal comunicativo,
grazie anche all'utilizzo del colore.
Di Cobra automotive technologies (presente Antonella Riva Spolini,
communication director), premiata insieme a Pms (in
sala Patrizio Surace, a.d.) e Young & Rubicam (Francesca Baroni, account
director) per la migliore creatività e comunicazione finanziaria pre, durante
e post ipo, è stata apprezzata la capacità di usare i canali disponibili per
far arrivare il messaggio al mercato. Elica (sul palco Francesco Casoli,
presidente), seguita da Image Building (Simona Raffaelli,
responsabile comunicazione finanziaria settore ipo), ha ottenuto il
Leone d'Oro per il miglior mix di
comunicazione Ipo, grazie al planning comunicativo efficace nell'attirare l'attenzione
della comunità finanziaria. Bnp Paribas e Barabino & Partners (Luca
Barabino, a.d., e Raffaella Nani, advisor di
comunicazione finanziaria dell'operazione)
hanno ottenuto il riconoscimento per la migliore campagna opa, avendo
strutturato una campagna di comunicazione che ha contribuito al successo dell'operazione Bnl grazie al sapiente utilizzo delle
campagne e della comunicazione agli azionisti attraverso i media. La capacità
di trasmettere al meglio i valori della banca nei settori in cui opera in Italia è valsa a Ubs (in sala Stefano Satta,
responsabile comunicazione), coadiuvata nell'attività
di comunicazione da Starcom Italia (Luisa Rossetti, direttore media) e
Republic (Francesco Gatti, account manager), il Leone d'Oro
per la migliore campagna istituzionale.
Infine, sono state premiate le società e i comunicatori
che hanno saputo costruire campagne di prodotto efficaci nel far giungere il
giusto messaggio al pubblico e nel differenziare il proprio prodotto rispetto
a quelli dei concorrenti. Per la migliore campagna nella categoria dei mutui
ha vinto Bpu (presente Andrea Gorlato, responsabile comunicazione e
marketing), con Tecnomedia (Sandra Grifoni, d.g.) e Publicis (Giancarlo
Villa, a.d.), mentre Banca Profilo (ha ritirato Leonardo
Tesi, responsabile investor relations) ha ottenuto il riconoscimento
per la campagna relativa al conto corrente alternativo. Nella categoria di
prodotto dedicata ai derivati e ai fondi d'investimento
hanno primeggiato, rispettivamente, Banca Imi
(presenti Andrea Monzani, responsabile comunicazione esterna, e Barbara
Belussi, retail marketing), assistita da Tecnomedia (Sandra Grifoni, d.g.) e
da Brand Portal (Marina Sergio, direttore clienti Wlf), e Blackrock (ha
ritirato Riccardo Fisogni (direttore commerciale Blackrock Investment
Management Uk, succursale italiana). A completare il parterre
dei migliori nella comunicazione, IwBank (sul palco Vincenzo Tedeschi,
responsabile comunicazione), per l'on-line
trading, e Fineco (rappresentata da Edoardo Giorgetti, responsabile
marketing), che con Piano! Comunicazione (Marco Fontana, consigliere delegato
Piano!) e Wlf (Marina Sergio, direttore clienti Wlf) ha ricevuto il premio
speciale per l'utilizzo di
soluzioni creative multimediali.
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da
Finanza&Mercati del 14-03-2007
L’amministratore delegato di Unicredit Banca è pronto ad affrontare i concorrenti italiani
e stranieri Intesa Sanpaolo non fa paura. «Abbiamo il 10%
di quote di mercato, puntiamo al restante 90%»
di Camilla Conti del 14-03-2007
Unicredit lancia la battaglia all’ultimo sportello con i
concorrenti stranieri, ma anche italiani (da Intesa Sanpaolo a scendere). Le
nuove «munizioni» del 2007 sono state presentate ieri dai vertici di Unicredit Banca che ha avviato la seconda fase della
rivoluzione iniziata più di un anno fa con l’abbattimento delle spese di
estinzione del conto corrente. Due i nuovi servizi:
Trasloco Facile, che consente di trasferire gratuitamente il vecchio conto
corrente e il deposito titoli da una banca all’altra, e il conto Genius
Ricaricabile che può azzerare il canone del conto corrente. «Dobbiamo
offrire prodotti sempre più convenienti, ma anche ampliare la possibilità di
scelta. Gli italiani vogliono poter scegliere e soprattutto sanno farlo», sottolinea l’amministratore delegato di Unicredit Banca,
Roberto Nicastro.
Dopo l’ultima stagione di grandi aggregazioni,
la vera sfida si sposta dalla Borsa al campo del marketing e delle
fidelizzazioni?
Con la privatizzazione avviata tra il ’93 e il ’99 il sistema bancario si è trasformato in industria
bancaria. Secondo l’ultimo rapporto della Commissione europea ogni anno in
Italia due milioni di clienti, il 9,2% del totale, cambia banca, un dato
questo sopra la media europea che è pari all’8,9 per
cento. Non dimentichiamoci poi che negli ultimi dodici mesi sono arrivati sul
mercato italiano ben quattro operatori stranieri. È con questa realtà che noi
ci confrontiamo tutti i giorni.
Concorrenti stranieri, ma anche italiani
come Intesa Sanpaolo, vi dovrete difendere anche da loro?
Abbiamo il 10% di quote di
mercato, puntiamo al restante al 90 per cento.
Come?
La sfida è conquistare la clientela con servizi veloci,
sicuri e a costi molto ridotti. Per raggiungere questo obiettivo
puntiamo anche a ridurre l’utilizzo del contante. Se in Italia abbattessimo
del 50% le operazioni allo sportello portandoci al livello di Germania e
Austria, potremmo ridurre di circa 40 euro all’anno
i costi di produzione e gestione di un conto corrente.
Il quadro normativo in cui operano
l’industria bancaria italiana è un ostacolo alla sfida?
Guardando anche all’estero abbiamo rilevato che
l’eliminazione di alcuni vincoli burocratici potrebbe
rendere più efficiente e soprattutto conveniente il servizio della banca:
l’Italia, a esempio, è l’unico Paese in cui si pagano 34 euro di imposta di
bollo. Inoltre sui prezzi gravano ancora oneri impropri a beneficio
dell’amministrazione statale come la riscossione delle imposte, le
segnalazioni antiriciclaggio, la ricerca per l’autorità giudiziaria nonché i prezzi amministrati sulla intermediazione in
titoli di Stato. Tutto questo influisce sui costi dei prodotti e dei servizi
offerti dalle banche.
A maggio si completerà l’integrazione con la tedesca
Hvb. Quali sono i punti di forza dell’industria bancaria tedesca da importare
in Italia e quali invece quelli made in Italy da esportare ai clienti
tedeschi e austriaci?
Quando abbiamo cominciato a lavorare in Germania e in
Austria abbiamo visto che le banche più virtuose non avevano costi di estinzione del conto corrente e abbiamo pensato,
anticipando anche il primo decreto Bersani, di eliminarle anche noi.
All’estero c’è inoltre un uso molto più ridotto del
contante e questo agevola la riduzione dei costi. Anche su questo abbiamo
lavorato investendo 200 milioni sui canali cashless, e continueremo a investire per il futuro. Uno dei punti di forza che
invece Unicredit Banca potrebbe esportare è la customer satisfaction: ogni
anno attraverso il Trim Index, un indice di rivelazione sulla soddisfazione
dei clienti, effettuiamo 260mila interviste nelle
nostre 2.600 filiali.
Può già fornire dei dati sui nuovi clienti di Unicredit Banca?
Posso solo dire che la crescita
netta dei nuovi clienti retail nei primi due mesi e mezzo di quest’anno ha
raggiunto i numeri dell’intero 2006.
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da
Finanza&Mercati del 14-03-2007
Le banche (forse) possono tirare un sospiro
di sollievo. I superinteressi sul rosso di conto corrente non saranno
cancellati. Secondo quanto risulta a F&M, il
ministro per lo Sviluppo, Pierluigi Bersani, sta valutando l’ipotesi di
spazzare via dalle liberalizzazioni bis la norma che azzera la commissione di
massimo scoperto. Dovrebbe passare, dunque, la linea degli istituti di
credito, che in queste ultime settimane hanno
caldeggiato a più riprese la correzione al ddl di Palazzo Chigi. Due le ragioni alla base della marcia indietro di Bersani (ancora
non scontata). A pesare sarebbero soprattutto le rimostranze di alcuni tra i
principali banchieri italiani, vicini al centro-sinistra e nettamente
contrari a interventi legislativi in un campo che, a
loro giudizio, dovrebbe essere lasciato al mercato. La questione è stata affrontata
in un faccia a faccia tra Bersani e gli esperti
degli istituti a febbraio. Nel corso del summit, i
rappresentanti del mondo bancario hanno consegnato all’esponente diessino un
dossier sulla commissione di massimo scoperto. Un documento
di sette pagine - che F&M ha potuto visionare - volto a dimostrare,
anzitutto, che il balzello esiste anche in altri Paesi Ue. Olanda,
Francia e Spagna prevedono la cms esattamente come in Italia, mentre in Gran
Bretagna ci sono meccanismi un po’ più articolati, anche se
di fatto il risultato per le tasche dei clienti è lo stesso. Il
rapporto, poi, mette in luce che l’improvvisa eliminazione della cms si
ripercuoterebbe pesantemente sui conti del settore. La mazzata sui bilanci,
secondo una stima di Lehman Brothers, potrebbe arrivare addirittura al 10 per
cento. Il dossier degli istituti ora è in mano ai tecnici di Bersani. Tra le
ipotesi sul tavolo, c’è la possibilità di lasciare i superinteressi solo nei
contratti con le imprese, cancellandoli, quindi, dai conti correnti dei
cittadini. L’ultima parola spetta al ministro che, comunque,
sarebbe costretto a presentare un emendamento ad hoc al testo del ddl che
attende ancora di iniziare l’iter. Frattanto, ieri è partito il confronto tra
le aziende di credito e le associazioni dei consumatori sulla cancellazione
della penale per l’estinzione dei mutui prima della scadenza naturale. Entro
tre mesi dovrà essere stabilità la misura massima da applicare sulla chiusura
anticipata dei finanziamenti già concessi.
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da
Finanza&Mercati del 14-03-2007
Ennesimo rinvio per il consiglio di amministrazione
di Mittel che avrebbe dovuto riunirsi ieri ed è invece slittato a oggi
pomeriggio a causa della sovrapposizione di altri impegni da parte dei
consiglieri della società. «I colloqui vanno avanti anche se più a rilento, e
il consiglio di amministrazione si limiterà ad
approvare i conti e ad aggiornare lo stato delle trattative sulla fusione»,
riferiscono alcune fonti. In realtà la finanziaria guidata da Giovanni
Bazoli, al lavoro ormai da mesi sul dossier di fusione con la bresciana Hopa,
non sarebbe ancora riuscita a superare l’impasse dopo il no di Unipol che il 12 febbraio fece saltare l’intera
operazione. Anzi, le trattative avrebbero subìto negli ultimi giorni un ulteriore rallentamento, anche a causa di Hopa che ha
puntato i piedi sulle valutazioni dei rischi legali (in particolare le
contestazioni fiscali su Bell e i rilievi sulla responsabilità amministrativa
della società) ipotizzati dagli advisor di Mittel. La holding
guidata da Marco Morelli avrebbe infatti incaricato uno studio legale
milanese di redigere le controdeduzioni sulla risultanze della due diligence
legale fatta dalla società di Bazoli. Non solo. A complicare le trattative ci
si sarebbero messi anche i senesi del Monte dei Paschi (azionista di Hopa con
il 9,5%) che, secondo fonti finanziarie, avrebbero cominciato a mostrare
segni di insofferenza e qualche perplessità. Nel
frattempo non è cambiata la posizione di Unipol che
non ha rivisto la sua posizione e contesta la disparità di trattamento per il
concambio: 1,25 euro ai bresciani di Fingruppo, azionista di maggioranza di
Hopa, e 1 euro per le banche Popolare Italiana, Mps, Antonveneta e la stessa
Unipol. A Piazza Affari, intanto, il titolo Mittel ha chiuso la seduta di
ieri in leggero calo dello 0,84% attestandosi a quota 6,02 euro.
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da
Finanza&Mercati del 14-03-2007
L’accordo tra Eni e Gazprom è nelle mani di Zao Bank, la
controllata moscovita di Intesa Sanpaolo, alla quale
la società guidata da Alexey Miller ha affidato due giorni fa il mandato di
curare lo sbarco russo nel down stream italiano. L’accesso diretto di Gazprom
alla distribuzione di idrocarburi nel nostro Paese
era stata posta dai russi come condizione sin dall’inizio delle trattative
con il governo italiano come contropartita per aprire all’Eni le porte dei
giacimenti siberiani di gas. Il mandato a Zao Bank si articola in due parti,
la prima prevede la creazione di una società veicolo per la
commercializzazione di idrocarburi in Italia che
sarà partecipata al 50% da Gazprom. La seconda riguarda invece l’incarico di
procedere alla selezione dei partner italiani che entreranno nell’altro 50%
della joint venture. La società dovrebbe commercializzare sia gas che altri derivati del petrolio che saranno venduti
prevalentemente alle utility italiane. «I contatti con i potenziali soci
italiani - ha spiegato ieri l’ad di Intesa
Infrastrutture e Sviluppo, Mario Ciaccia - sono già iniziati». Il manager ha spiegato che Gazprom si attende un utile netto
di 120 milioni per ogni miliardo di metricubi venduti. Per quanto riguarda la
ricerca dei soci, Serghey Chelpanov - vicedirettore generale di Gazpromexport
- ha spiegato ieri a margine del forum italo-russo in corso a Roma «stiamo
parlando con Sorgenia, Hera e Gas Plus, non solo con Eni, Enel ed Edison». Le prossime mosse sono nelle mani del
presidente del Consiglio, Romano Prodi, e del presidente russo Vladimir Putin
che oggi a Bari potrebbero togliere il velo a una
trattativa che si protrae da circa tre anni.
Return
da
Finanza&Mercati del 14-03-2007
Si farà entro l’estate lo spezzatino Vnu Business
Publications Italia (Bpi). E la lista dei potenziali
pretendenti non smette di allungarsi. Secondo quanto
raccolto da F&M, infatti, il fondo 3i avrebbe intenzione di portare a
termine la dismissione della divisione italiana di Vnu entro il mese di
giugno. Dismissione che dovrebbe realizzarsi attraverso la vendita
separata dei diversi rami del gruppo specializzato in editoria di servizio e
per il business: comunicazione, trade e informatica, che insieme realizzano un fatturato annuo di circa 20 milioni di euro.
A fare gola sarebbero soprattutto i primi due cluster, cui fanno
capo rispettivamente le riviste Pubblicità Italia e Automazione Oggi, mentre
la cessione del ramo informatica consumer potrebbe presentare qualche
difficoltà. Quanto ai potenziali acquirenti, secondo le
ultime indiscrezioni, i dossier starebbero suscitando l’interesse di più di
una società. Si va da un colosso del settore come Reed Business
Information, che in Italia pubblica oltre 40 prodotti (testate specializzate,
supplementi, webzine e portali) rivolti a professionisti, tecnici, manager e imprenditori dei più svariati settori
merceologici come automotive, arredobagno, alimentare, climatizzazione e
refrigerazione, elettrico, meccanica, subfornitura e tessile, serramenti, vetro
e facciate e food. Si passa per Fiera Milano, che proprio lunedì scorso ha
annunciato di voler crescere nell’editoria tecnica. E
non si trascura neanche il gruppo Sole24Ore, che a settembre 2006 ha rilevato
Gpp, polo di riviste specializzate complementari alle testate di Bpi.
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da
Finanza&Mercati del 14-03-2007
Prima di andare a nozze con Bper i soci della Popolare di Milano fanno festa. Il consiglio di amministrazione della banca guidata da Roberto Mazzotta
ha infatti deciso di distribuire un dividendo più che raddoppiato a 0,35 euro
(più 133%). Un balzo dovuto anche alla modifica, deliberata dall’assemblea di
febbraio, dell’articolo 47 dello statuto relativo al
riparto dell’utile di esercizio, che prevede un nuovo criterio di calcolo per
la quota dei profitti riservati ai dipendenti, rendendo la determinazione
delle cedole da assegnare agli azionisti indipendente rispetto all’importo
erogato al personale. I risultati 2006, approvati ieri, hanno evidenziato un
utile netto in crescita del 53,9% a 398,7 milioni, che supera gli obiettivi
del piano strategico 2004-2006. Ad accelerare i profitti ha contribuito per
71,9 milioni la cessione del 50% di Bipiemme Vita a Fonsai e per 34,7 milioni
la plusvalenza della vendita dell’immobile Galfa (al netto delle operazioni
straordinarie l’utile netto di gruppo è di 301,5 milioni). Il risultato della
gestione operativa è stato di 695,1 milioni (più 35,3%) spinto dal buon
andamento dei proventi operativi (più 13,7%), che ha più che compensato
l’aumento del 3% dei costi. La raccolta diretta è salita del 19,3% a 29,3
miliardi, mentre quella indiretta ha raggiunto 39,6
miliardi (più 6,8%). I conti 2006 sono stati comunicati a Borsa chiusa, dopo
che il titolo Bpm aveva archiviato la giornata con un calo dell’1,40%
a 11,10 euro.
Return
da
Finanza&Mercati del 14-03-2007
Era stata annunciata come la rivoluzione per il risiko
bancario. Ma il testo finale della direttiva Ue approvata ieri dal Parlamento
di Strasburgo è decisamente annacquato rispetto alle
intenzioni di Bruxelles. Alla fine, insomma, è passata la linea delle banche
centrali, nettamente contrarie a un commissariamento
dei loro poteri a vantaggio della Commissione europea. Che
non avrà alcun compito di supervisione sull’attività degli organi vigilanti,
ma potrà solo essere informata dai governatori. Una possibilità, dunque, e
non un obbligo. Restano piuttosto ampi, poi, i tempi entro i quali la Banca
d’Italia e gli altri istituti centrali potranno opporsi ai progetti di
fusione: 60 giorni più una eventuale proroga di un
mese. La valutazione dei matrimoni, in ogni caso, deve seguire criteri
precisi: solidità acquirente, reputazione, requisiti prudenziali, rischio
riciclaggio.
Return
di Redazione - martedì 13 marzo
2007, 07:00
Lascia Franz Herrlein, il manager di Unicredit
che era responsabile dell’integrazione con il gruppo tedesco Hvb. Assumerà
una posizione di vertice in Dresdner Bank, controllata di Allianz.
Il gruppo di Piazza Cordusio ha annunciato che l’integrazione si completerà a
maggio, «significativamente prima del previsto» e che contestualmente
Herrlein lascerà il gruppo.
Return
LA STORIA INDUSTRIALE ALL’ESTERO – Analisi - In Italia si è esaurita un’intera
classe imprenditoriale - Il sistema del credito aiuti i nuovi Bill Gates -
Quella italiana degli ultimi vent’anni è una sequela infinita di vendite - In
cambio non abbiamo acquisito quasi nulla fuori dei nostri settori
tradizionali
MARIO DEAGLIO
TORINO - I nostri gruppi industriali e finanziari non
sono in grado di raccogliere una sfida di questa portata». Queste parole di
Pierluigi Bersani, ministro per lo Sviluppo economico, a commento della
possibile cessione del 18% di Telecom Italia e dell'Opa lanciata dalla svizzera Swisscom su Fastweb
non sono certo leggere; e probabilmente non sono sbagliate.
Riemerge chiaramente in questi nuovi episodi la
difficoltà italiana a esprimere progetti industriali
di largo respiro e sufficientemente finanziati al di là dei settori
tradizionali della meccanica e del «made in Italy». Proprio per questo, la
storia industriale italiana negli ultimi vent'anni
è una storia infinita di vendite. A partire dagli
Anni Ottanta siamo usciti dall'industria
farmaceutica avanzata e dalla grande chimica; a Ivrea lo stabilimento
Olivetti, un tempo il più avanzato d'Italia,
è stato trasformato in call-center, simbolo fisico di un degrado industriale
che ha di fatto cancellato quasi tutta l'elettronica
italiana che trent'anni fa era la
prima d'Europa; abbiamo ceduto
grandi catene alberghiere e grandi linee di navigazione turistica, parte
della siderurgia e parte dell'editoria
specialistica e l'elenco potrebbe
continuare a lungo.
In cambio, non abbiamo acquisito all'estero quasi nulla al di fuori dei nostri
tradizionali settori di forza, che però contano
sempre meno sullo scacchiere mondiale. L'Italia
è fuori dalle attività veramente innovative legate
all'informatica e spesso confonde
l'«inventiva» di cui è ricca con l'«innovazione industriale» che richiede ben altro
che l'estro di un imprenditore.
Siamo concentrati nei settori sbagliati e poco dinamici e quasi assenti dai
settori giusti in rapido progresso. Per questo, paradossalmente la
produttività italiana rimane quasi ferma a livello di Paese
mentre l'industria italiana
rimane ragionevolmente competitiva a livello di settore. Possiamo vantare
splendide nicchie produttive e dimentichiamo così che il sistema Italia perde
vistosamente terreno, nel giro di 2-3 anni, e che,
già fortemente staccato dalla Gran Bretagna e da Paesi europei importanti
come Francia e Germania, sarà superato - in termini di prodotto lordo per
abitante - da una Spagna dalle imprese grandi e aggressive.
Non deve quindi sorprendere che imprese importanti nei
residui settori moderni della nostra economia, come le telecomunicazioni, siano in vendita e che ci sia difficoltà a trovare
compratori italiani; che sia così difficile il risanamento dell'Alitalia; o che sia assai arduo impostare un
discorso di strategia economica alla Rai, altra impresa per la quale passa
una parte considerevole della modernità del Paese.
Legato a una cultura che non
ama il rischio, immerso in un sistema dalle istituzioni non solo poco
efficienti ma spesso anche ostili delle imprese, il mondo imprenditoriale
italiano stenta ad affrontare sfide che all'estero
si affrontano molto meglio. La stessa insistenza dei mezzi di
informazione sulle virtù del piccolo può rivelarsi controproducente se
fa dimenticare i problemi dei grandi.
Gli imprenditori italiani dovrebbero sia curare le
manchevolezze che li coinvolgono, rivedendo in
chiave moderna due elementi dell'imprenditorialità
quali il gusto del rischio e lo spirito di iniziativa, sia esigere dal
sistema finanziario risorse e strumenti per far crescere sistemi complessi di
grandi dimensioni a livello europeo e mondiale. Qualsiasi discorso di
rinnovamento delle imprese, chiama, infatti, in causa anche le banche: in un
raro sviluppo positivo degli ultimi mesi, sono sorti
in Italia tre gruppi bancari, sufficientemente grandi e sufficientemente
radicati sul territorio per poter svolgere un'azione
essenziale per la crescita del Paese.
Per il sistema bancario e finanziario italiano si tratta
di imitare ciò che il sistema americano ha fatto con giovanotti senza soldi
come Bill Gates e Steve Jobs che hanno dato origine ai noti colossi mondiali di Internet e dell'informatica:
riconoscere le capacità, fornire le risorse adeguate per quantità e qualità,
anche in assenza di garanzie bancarie di famiglia, accompagnare le nuove
imprese nella crescita verso il mercato globale. Se fossero
nati e cresciuti in Italia, Gates e Jobs ora probabilmente sarebbero
impiegati pubblici di medio livello e non avrebbero creato centinaia di
migliaia di posti di lavoro e dato una nuova prospettiva allo sviluppo del
loro Paese.
Per usare ancora una volta le parole del ministro
Bersani, tutti dovrebbero «prendersi qualche
responsabilità in più». Il ministro tuttavia sbaglia in maniera clamorosa quando si rammarica che in Italia non esistano
ancora i fondi pensione che facciano da «punti di stabilità strategici»,
ossia che acquistino le azioni che i privati non vogliono acquistare. Anche i
ministri dovrebbero prendersi la responsabilità di
non cercare soluzioni troppo facili; se questo fosse il compito dei fondi
pensione ci sarebbe da temere non solo per il sistema industriale italiano ma
anche per le pensioni degli italiani.
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[FIRMA]FRANCESCO MANACORDA
MILANO - Mediobanca apre con prudenza la porta alla
governance duale «pura» e per Cesare Geronzi le chances di raggiungere la
poltrona più alta di piazzetta Cuccia aumentano. A decidere la svolta è il
direttivo del patto di sindacato che controlla l’istituto con oltre il 50%
del capitale. La decisione ieri, dopo una riunione nella
quale il presidente del patto Piergaetano Marchetti ha riferito sui contatti
che aveva avuto singolarmente con tutti i grandi soci.
Hanno prevalso i favorevoli
all’idea di una governance a due piani, così il direttivo del patto ha deciso «di raccomandare
all’assemblea» del patto - si terrà il 23 di questo mese - di invitare il cda
di Mediobanca «ad approfondire la percorribilità dell’adozione di un sistema
dualistico». Ma dovrà trattarsi di un dualistico «ortodosso»: che divida rigidamente manager e azionisti. Il comunicato del
patto dice infatti che la governance dovrà essere
basata «su di un consiglio sorveglianza in cui siano presenti,
nell’osservanza della normativa, rappresentanti degli azionisti e di un
consiglio di gestione formato da esponenti del management e, occorrendo, da
un consigliere indipendente». «Siamo tutti d’accordo a
esplorare quella strada, poi il diavolo è nel dettaglio», ha commentato alla
fine della riunione, prudente, il rappresentante dei soci francesi Tarak Ben
Ammar.
Rigida separazione, dunque, tra azionisti e manager. Significa che se davvero la governance duale
passerà - e il messaggio che arriva dal patto è che se passerà sarà solo in
questa versione - a guidare il consiglio di sorveglianza dovrà essere uno dei
grandi soci. Chi? Il nome più gettonato è quello di Cesare Geronzi, al quale
non a caso si attribuiscono anche progetti di fusione o di altre
operazioni aggreganti tra la Capitalia che presiede e la stessa Mediobanca.
Del resto non è un mistero che nelle scorse settimane sono
stati soprattutto i francesi Vincent Bollorè e Tarak Ben Ammar,
rappresentanti degli azionisti stranieri in Mediobanca e storicamente vicini
a Geronzi, a spendersi per la governance duale.
Sulla stessa posizione è ovvio che si sia trovato il
presidente di Capitalia, mentre anche Alessandro Profumo,
l’ad di Unicredit che ieri ha partecipato al direttivo del patto, aveva
spiegato in passato di non considerare sbagliato il duale in sè, ma di non
aver apprezzato le applicazioni che fino ad allora se n’erano fatte in
Italia.
Ora, se il cda incaricato dal patto si pronuncerà a favore di una nuova governance andranno modificati lo
statuto della banca e quello del patto. Per la prima operazione serve
un’assemblea straordinaria di Mediobanca: ne è
prevista una entro il 30 giugno per le modifiche imposte dalla legge sul
risparmio, se si farà in tempo potrebbe servire anche all’altro scopo. Per il
patto sarà il direttivo dell’accordo tra soci a «mettere a
punto le modifiche». Intanto il direttivo ha anche preso atto
dell’intenzione di uscire dal sindacato espressa da
Fiat e Telecom:porteranno fuori dal patto il 3,67% del capitale.
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spera
nei «banchieri forti»
autore: Sergio Rizzo categoria: BREVI
ROMA — Non ci mancava che questo. Tra le persone più
vicine a Romano Prodi c'è chi oggi
sente odore di un'amara rivincita
e mormora: «L'avevo detto che andava a finire così». Ricordando quando
«Angelone», l'ex consigliere del
premier Rovati, fu crocifisso insieme al suo piano
per la pubblicizzazione della rete telefonica con la Cassa depositi e
prestiti, «che proprio una cavolata non era». Peccato che
quel progetto sia stato pubblicamente sconfessato dal premier. Perché
a palazzo Chigi qualcuno ci avrebbe volentieri
rifatto un pensierino. Magari utilizzando il nuovo fondo per le
Infrastrutture che il governo ha messo in mano, guarda caso, proprio a Vito
Gamberale, l'uomo che ha fatto
dell'Italia il Paese dei
telefonini. E peccato pure che quando a settembre scoppiò
il caso che ha portato prima alle dimissioni di Marco Tronchetti Provera e
poi a quelle di Rovati, il governo avesse pubblicamente promesso di non voler
interferire con le scelte del mercato. Perché
adesso la matassa è davvero ingarbugliata.
Il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, che
cura personalmente la grana, non esita a dichiararsi «molto preoccupato». Ancora più di quanto non lo fosse sei mesi fa, quando dietro a
Tronchetti Provera si profilava la sagoma di Rupert Murdoch. E se lo
fa dopo aver sondato lo stesso Tronchetti Provera,
ma pure dopo aver parlato con Prodi e con il presidente di Telecom Italia
Guido Rossi, significherà pure qualcosa. Gentiloni non è l'unico a considerare «inaccettabile» la
prospettiva che l'ex monopolista
dei telefoni finisca in mani straniere.
Prodi è altrettanto
preoccupato. E non lo è meno il ministro dello
Sviluppo economico Pier Luigi Bersani, che un giorno, mentre infuriava lo
scontro fra Tronchetti Provera e Prodi, sbottò: «A Telecom sono passati
tutti, dagli Agnelli a Colaninno, a Tronchetti Provera, ai Benetton, e questo
è il risultato».
Il timore che si era diffuso nell'esecutivo
e nella maggioranza di fronte alla prospettiva che Tronchetti potesse vendere alla spagnola Telefonica, si è trasformato
in terrore al cospetto dell'eventualità
di un ingresso dei russi, o degli indiani (dopo che già Wind è stata rilevata
dagli egiziani). Al punto che si sarebbe arrivati a
pronunciare le due parole proibite: golden share. Escluso però il
ricorso al potere speciale che avrebbe il Tesoro per bloccare un'acquirente estero
sgradito, alla politica non resta che spingere in una direzione per
risolvere quella che viene definita negli ambienti di governo, senza mezzi
termini, una «urgenza nazionale». Siccome all'orizzonte non si vede, per ora, nessuna cordata
italiana, non c'è che una
soluzione: far liquidare Tronchetti Provera dalle banche. Quali?
Per esempio, la Banca Intesa amministrata da Corrado
Passera e presieduta da Giovanni Bazoli, banchiere stimatissimo da Prodi al
quale, nei giorni dello scontro con il premier, Tronchetti
Provera spedì (a lui, non a Prodi) un promemoria con la sua versione della
vicenda. Dalle loro parti l'idea
di dover intervenire in Telecom non fa fare
sicuramente salti di gioia, ma Passera e Bazoli sanno che difficilmente si
potranno tirare indietro.
Per esempio, l'Unicredit
di Alessandro Profumo, altro banchiere che gode
della stima del premier. Ma che quanto alle azioni
di Tronchetti ne fa esclusivamente una questione di prezzo.
Per esempio, la Capitalia
presieduta da Cesare Geronzi, banchiere che non ha mai smesso di avere ottimi
rapporti con i politici di tutti gli schieramenti, e che una settimana fa era
insieme a Bersani alla presentazione di un volume curato da Innocenzo
Cipolletta.
Occasione, quella, colta al volo da Geronzi per un'apertura
di credito al governo: «Il sistema bancario condivide la logica
liberalizzatrice dell'esecutivo e
la sosterrà». E occasione, questa di Telecom, colta al volo
da Bersani per chiedere «al capitale finanziario italiano di prendersi qualche
responsabilità in più». Ma con Geronzi il
ministro dello Sviluppo sfonda una porta aperta. Sembra lui il più convinto
della nuova missione che il governo vuole affidare alle banche: la difesa
dell'Italianità.
Return
Verso un modello con gli azionisti nel consiglio
di sorveglianza e solo i manager nel board di gestione. Possibile l'adozione entro
giugno - Mediobanca accelera sulla governance duale - Bolloré e Ben Ammar:
tutti d'accordo. Convocata l'assemblea del patto per il 23
autore: Sergio Bocconi categoria:
REDAZIONALE
MILANO — Mediobanca accelera sul dualistico. Ieri il
direttivo del patto si è riunito per un'ora
presso lo studio del presidente dell'accordo
parasociale Piergaetano Marchetti, e ha deciso che il consiglio studierà la
fattibilità del cambio di governance. Con alcune indicazioni sottolineate
nella nota diffusa dopo la riunione e che dovrebbero distinguere il modello
di Piazzetta Cuccia dalle esperienze già delineate:
nel board di sorveglianza ci dovranno essere, «nell'osservanza
della normativa», «rappresentanti degli azionisti» e in quello di gestione
solo «esponenti del management» con, «occorrendo», un «componente
indipendente».
Sarà l'assemblea
del patto, convocata il 23 marzo, a «invitare» gli organi sociali competenti
ad «approfondire la percorribilità» della via al dualistico. Poi, più o meno entro un mese, la proposta potrebbe essere
pronta per l'assemblea straordinaria
che comunque l'istituto deve
convocare entro fine giugno per adeguare lo statuto. Ciò significherebbe l'adozione della nuova governance con esercizio che
in Mediobanca inizia il primo luglio.
«Tutti d'accordo
sulla strada del dualistico, poi il diavolo è nei dettagli, come sempre», ha
detto Tarak Ben Ammar, vicino a Vincent Bolloré, il
capofila dei soci francesi che ha confermato: «Questa è la direzione».
Bolloré, prima del direttivo, si era recato in Piazzetta Cuccia dove si
sarebbe riunito con il presidente di Capitalia Cesare Geronzi e il numero uno
di Pirelli, Marco Tronchetti Provera. Quest'ultimo
ha comunque dichiarato che nel vertice dei grandi
soci non si è parlato di Telecom.
I partecipanti alla riunione (fra i quali il presidente
dell'istituto Gabriele Galateri)
ieri avevano sul tavolo una breve relazione di Marchetti. Sarebbero
intervenuti anzitutto l'amministratore
delegato di Unicredito, Alessandro Profumo, e il
presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, sottolineando entrambi che condizione
perché in Mediobanca venga introdotto il dualistico è l'adesione
al modello «tedesco», con distinzione di responsabilità fra i due board.
Punto sul quale avrebbe insistito anche Bolloré.
Alcuni temi devono comunque
essere approfonditi o ancora regolamentati (sarebbe questo il riferimento al
«diavolo» di Ben Ammar): in particolare l'incompatibilità
per i componenti il board di sorveglianza di cariche di amministratore
esecutivo in altre società e di rapporti con imprese controllanti e
controllate. L'adozione del
dualistico significherebbe ovviamente procedere a nuove nomine, a cominciare
da quella del presidente del consiglio di
sorveglianza. Ieri in direttivo non se ne sarebbe discusso, ma il «toto-nomi»
è già cominciato.
Ieri infine non si sarebbe parlato del patto, che scade
a fine luglio e si rinnova automaticamente: a fine marzo scade il tempo per
le disdette e finora ne hanno dato notizia Fiat e
Telecom, entrambe con l'1,8%.
Return
autore: Paola Pica categoria:
REDAZIONALE
MILANO — Non lo dice, ma a lui è andata proprio così:
giovane e talentuoso, allora poco più che trentenne, si è affacciato sulla
soglia dell'olimpo e un banchiere
illuminato come Lucio Rondelli lo ha lasciato salire fin su, consegnandogli a
quarant'anni la guida di una delle
prime banche italiane. Forse anche per questo Alessandro
Profumo, genovese, 50 anni compiuti il 17 febbraio scorso, vorrebbe fare lo
stesso, lasciando a 60 anni la poltrona del capo a un successore più giovane,
come ha annunciato in un'intervista
a Vanity Fair.
E nel colloquio con il settimanale di moda e attualità,
l'amministratore delegato di Unicredit-Hvb auspica che il «patto generazionale»,
firmato insieme con molti altri manager che hanno aderito a un' iniziativa di Luca Josi, fondatore quarantenne
di Einstein Multimedia, muova anche il mondo politico dove la strada da
percorrere è ancora molto lunga. Nei palazzi della politica «lo
svecchiamento» non c'è stato,
osserva, «e peraltro dubito che potremo assistere, a breve, a un ricambio generazionale. Per arrivare a questo
risultato è necessario partire da lontano, con scelte organizzative capaci di
creare un sistema che prima individui e poi formi i leader
di domani».
Il problema, almeno nell'economia,
«non è la gerontocrazia, ma piuttosto l'insufficienza
di meritocrazia. L' Italia -
afferma - si caratterizza per uno scarso riconoscimento delle capacità
professionali quali criteri per la promozione e l'assunzione
di nuovi incarichi». Il patto generazionale non si contrapporrebbe all'aumento dell'età
pensionabile. «Chi lo sottoscrive - spiega - non si impegna
a uscire dal mondo del lavoro, ma solo a modificare il proprio tipo di
contributo».
«Ho sempre lavorato con la consapevolezza di non poter
coprire in eterno il mio ruolo» assicura poi Profumo che della concorrenza ha
sempre fatto una bandiera. «Quella rivoluzione dietro lo sportello» che ieri
ha trovato una nuova leva nel lancio di nuovi
prodotti, tra cui quello di trasferimento del conto («Trasloco facile») da
banca a banca senza costi. Il successo di una grande impresa dipende anche
«dalla capacità di programmare un continuo ed efficace ricambio ai vertici».
Ma perché proprio a 60 anni? «È il
momento giusto. Un termine che tiene in giusto conto anche
l'aspetto "atletico"
della nostra attività», per la quale ci vuole «un fisico bestiale» tra fusi
orari e «giornate di lavoro che spesso vanno oltre le 24 ore». E non è
certo il futuro a impensierire il banchiere, anzi:
«durante tutta la mia vita professionale sono venuto in contatto con decine
di attività affascinanti e chissà quanti altri settori di grandissimo
interesse nasceranno...Mi creda cosa farò tra 10 anni è l'ultima delle mie preoccupazioni».
Return
STRASBURGO — Fa un decisivo passo in avanti la revisione della normativa sulle autorizzazioni delle
fusioni bancarie e assicurative transfrontaliere nei 27 Paesi membri dell'Ue.
L'Europarlamento
ha approvato un testo, condiviso dopo una faticosa trattativa con la
Commissione europea e il Consiglio dei governi, che riunisce e armonizza
cinque diverse direttive comunitarie. Ora dovrà essere sottoposta alla
valutazione del Consiglio dei ministri finanziari Ecofin. L'obiettivo principale è ridurre eventuali
ostruzionismi delle autorità di supervisione nazionale, che possano frenare acquisizioni di gruppi di altri Paesi dell'Ue. Non a caso la procedura si è sviluppata sull'onda delle polemiche scaturite dai tentativi
protezionistici dell'allora
governatore della Banca d'Italia,
Antonio Fazio, e della autorità bancarie polacche
nei confronti di Unicredit.
Return
Divergenze - Findomestic, la mossa di Bnp-Paribas
Di nuovo un patto che scade, di nuovo un'opzione call tra le
righe degli accordi, di nuovo un possibile arbitrato all'orizzonte. Quello che è già successo per Carifirenze potrebbe ora ripetersi su Findomestic, la
società di credito al consumo controllata dalla cassa fiorentina (50%) e dai
francesi di Bnp Paribas (50%) con un patto che scade oggi. La priorità,
dicono le parti, è trovare al più presto un accordo per il suo rinnovo.
Ma sono settimane che si lavora
per un'intesa che non arriva. E da
Parigi fanno notare che, in mancanza di un nuovo accordo, Bnp avrebbe il
diritto (la call) a reclamare da Carifirenze circa l'1%
di Findomestic , conquistandone così la maggioranza
assoluta.
Le discussioni vanno avanti, l'obiettivo dichiarato delle parti è lo
«sviluppo» della partecipata. Ma da domani Parigi si sente autorizzata ad
esercitare l'opzione,
e Firenze è pronta a contestarne i termini.
Return
L'annuncio di Letta: incontro il 22 marzo. Montezemolo: alle
imprese il merito della crescita, ora le riforme - Welfare, tre tavoli e
poche risorse - Convocati aziende e sindacati su pensioni, stato sociale e produttività
autore: Mario Sensini categoria:
REDAZIONALE
ROMA — Rotti gli indugi, il governo ha deciso di
convocare le parti sociali il prossimo 22 marzo a Palazzo Chigi per avviare i
negoziati sul contratto e la riforma del pubblico impiego, sullo sviluppo
economico e, soprattutto, sulla riforma delle pensioni e degli ammortizzatori
sociali. La decisione, scaturita dal vertice di lunedì sera tra Romano Prodi,
i suoi vice ed i ministri economici è stata annunciata ieri dal
sottosegretario alla presidenza Enrico Letta. Il menu dei tre tavoli,
attesissimi da imprese e sindacati, è già sostanzialmente definito. C'è invece ancora incertezza sulla quantità di
risorse da mettere sul piatto per accompagnare le riforme e la crescita: l'ultima parola arriverà a ridosso del 22, con la
Trimestrale di cassa e le nuove previsioni sui conti pubblici.
Le idee non mancano. Si va dagli sgravi Ici sulla prima
casa, per i quasi si profilano due ipotesi: abolizione secca o riduzione del
prelievo in funzione del numero dei componenti
familiari. Con un costo che va da 2,7 a poco meno di 2 miliardi di euro. Allo studio ci sono misure per favorire gli
incapienti, cioè coloro che hanno redditi bassi e
già non pagano tasse, esclusi dall'alleggerimento
fiscale della Finanziaria 2006. Il vice ministro delle Finanze, Vincenzo
Visco, sta studiando con il ministro della Famiglia, Rosy Bindi, la riforma
degli assegni familiari e altri sgravi per i nuclei più numerosi. Si torna a
parlare anche dell'aliquota secca
del 20% sui redditi degli affitti. Una misura che
come le altre ha un costo non indifferente: circa 2 miliardi di euro, se non venisse accompagnata da interventi per
escludere l'evasione e favorire l'emersione di quanto è già in nero. Costano molto
anche le riforme degli ammortizzatori sociali, altri 2 miliardi, e rischia di
essere salato anche il conto della riforma previdenziale, se l'abolizione dello scalone non sarà affiancata da
un aumento effettivo dell'età
pensionabile.
Il ventaglio delle ipotesi è ampio, e probabilmente
servirà un vertice di maggioranza per definire il pacchetto in funzione dei
soldi disponibili. Le parti sociali premono. La Confindustria, con il
presidente Luca di Montezemolo, ha ribadito che il
merito della crescita è delle imprese ma che è ora di affrontare le riforme.
I sindacati, con Raffaele Bonanni della Cisl, assicurano di
essere pronti alla trattativa «per un nuovo patto sociale». Nel
frattempo si sta complicando il cammino parlamentare del decreto Bersani
sulle liberalizzazioni. Alla Camera l'opposizione si sta mettendo di traverso e i tempi
sono stretti, perché il decreto scade il 2 aprile e deve ancora passare al
Senato. Così il ministro dello Sviluppo, Pier Luigi Bersani, che dà per
scontato l'ostruzionismo del
centro-destra, non esclude il voto di fiducia. «Vedremo. Gli italiani
vogliono le liberalizzazioni e troveremo il modo di
fargliele avere» ha detto ieri.
CONFRONTI - Partiranno lunedì 22 marzo i tavoli di
confronto sulle riforme del welfare dopo le insistenze di sindacati e
Confindustria - C'è l'ipotesi di sgravi sulla prima casa in base alla
dimensione della famiglia
Return
autore: Paola Pica categoria:
REDAZIONALE
MILANO — Missione in Consob e in Banca d'Italia per Intesa Sanpaolo. Obiettivo:
aggiornare le Autorità sugli sviluppi della governance dualistica. La
duplice relazione è stata svolta venerdì della scorsa settimana da Paolo
Grandi e Giovanni Gilli, diretti collaboratori del presidente, Giovanni
Bazoli, e dell'amministratore
delegato, Corrado Passera.
Il primo, Grandi, oggi è il segretario generale del
consiglio di sorveglianza, il secondo, Gilli, è il responsabile dei progetti
speciali. Entrambi sono stati negoziatori della
fusione Milano-Torino, progetto che hanno seguito a fianco dei vertici sin
dalla nascita, datata l'ultimo
fine settimana di luglio, alla firma del 28 dicembre scorso.
Il modello societario adottato per la prima volta in
Italia da Intesa Sanpaolo è una novità anche per le Autorità del mercato, che
sul tema hanno acceso i fari. Segue con crescente
attenzione la Consob, in attesa anche che si alzi il
velo anche sull'accordo di
consultazione tra gli azionisti stabili e di prelazione tra le fondazioni. E studia la materia Bankitalia dopo che il governatore,
Mario Draghi, pur incoraggiando la fusione, aveva messo in guardia dai
possibili rischi di una «non chiara distinzione di ruoli e responsabilità».
Preoccupazioni che la duplice informativa resa venerdì
scorso da Grandi e Gilli, in un clima descritto come di «grande
collaborazione» con le Autorità, potrebbe aver stemperato.
I due manager avrebbero tra l'altro
annunciato, in linea con quella tempistica ferrea che la banca si è data sin
dal primo giorno di operatività, l'insediamento dei cinque comitati tecnici del
consiglio di sorveglianza: Nomine (presieduto da Bazoli ), Remunerazioni
(Gianluca Ponzellini), Controllo (Giulio Lubatti), Strategie (Bazoli e
partecipato, tra gli latri, dal vicepresidente della banca e numero uno delle
Generali, Antoine Bernheim), Bilancio (Eugenio Pavarani).
Quanto all'Antitrust,
Intesa Sanpaolo sta preparando la cosiddetta relazione di ottemperanza
entro la data stabilita del 20 marzo. Il documento servirà a
informare l'Authority presieduta
da Antonio Catricalà sulle iniziative prese per far fronte agli impegni. L' attesa qui è rivolta alla partita assicurativa e
al passo indietro chiesto dall'Autorità
alle Generali. Anche se
difficilmente eventuali novità in questa direzione emergeranno prima del piano
industriale, che Passera presenterà al mercato il prossimo 12 aprile.
Return
Le crescenti difficoltà del mercato dei mutui
«subprime», ossia quelli ai debitori più a rischio, fa pesantemente sentire
il suo impatto sull'intera piazza
finanziaria di Wall Street. La prima società del
settore a soccombere, in pieno ridimensionamento dei valori immobiliari, sarà
probabilmente la New Century Financial. Il gruppo ha
fatto sapere che la Sec, il regolatore di Borsa
degli Stati Uniti, ha avviato un'inchiesta
formale nei suoi confronti e il New York Stock Exchange ha sospeso il titolo
e avviato il ritiro dalla contrattazione.
Un'altra
società di fornitura di prestiti «subprime», la Accredited
Home Lenders Holding, è scivolata addirittura del 63% a Wall Street dopo aver
annunciato un aumento di capitale. Ma anche il debole aumento delle vendite
al dettaglio in febbraio, sotto le attese, ha contribuito a
una scivolata del Dow Jones a meno 1,97%.
Return
Parte il business plan delle tasse - Ok al piano industriale serit che punta a
raggiungere 13 mln di ricavi.
Autore: Emanuela Rotondo
Incremento dei ricavi fino a 13 milioni di euro, investimenti da 2,5 milioni per l'informatizazzione, nuovi sportelli informativi
per i cittadini. E, soprattutto, un piano di esodi
anticipati che apre uno spiraglio di luce per nuove assunzioni qualificate. È
questo in sintesi il business plan 2007-2009
approvato dal consiglio d'amministrazione
di Serit Sicilia spa, che si è riunito ieri a Roma, presso la sede di Gerit
spa, società del gruppo Riscossione spa.
´Abbiamo definito', ha dichiarato Luigi Sensi, amministratore
delegato di Serit Sicilia, ´una strategia nel solco della continuità
operativa rispetto alla precedente gestione Montepaschi Serit spa, ma con
obiettivi nuovi'. In prima fila,
´fiscalità locale, attività di riscossione e gestione dei tributi emessi
dagli enti locali'. E proprio in
questo contesto si inserisce l'aumento
dei ricavi che nel triennio 2007-2009 dovranno lievitare dagli attuali 10,7
milioni fino a 13 milioni di euro. Obiettivo che la Serit conta di
raggiungere attraverso l'esazione
dei tributi locali e le sanzioni amministrative, oltre che, quando
necessario, tramite la riscossione coattiva (tra questi i fermi
amministrativi al Pubblico registro automobilistico, cioè
le cosiddette ´ganasce fiscali').
Secondo le statistiche, inoltre, nel 2007 si prevede un più ampio ricorso al
pignoramento presso terzi (legge n. 286 del 2006), ossia il pignoramento dei
crediti del debitore del fisco (stipendi, fitti e
pigioni) e alle vendite all'asta
di beni immobili già ipotecati.
´Il piano industriale',
ha aggiunto Sensi, ´punta inoltre su cospicui investimenti destinati allo
sviluppo e all'informatizzazione'. Previsto, infatti, il potenziamento delle
procedure informatiche e del sito Internet, nonché
il completamento della digitalizzazione dell'archivio
della spa che si occupa della riscossione dei tributi in tutte le province
siciliane.
Un capitolo a parte è quello dei 254
ex ufficiali di riscossione assunti con contratto di formazione lavoro
(cfl). Riguardo il personale, Sensi ha ribadito che
l'attuale organico (poco più di
mille unità, ndr) è sufficiente'.
Almeno per ora. ´Nell'arco del
prossimo triennio', ha sottolineato l'amministratore
delegato, ´un piano di esodi anticipati, concordato con i sindacati, con
accompagnamento alla pensione finanziato col fondo esuberi nazionale potrebbe
determinare la necessità di reintegrare l'organico
con nuove assunzioni di personale qualificato'.
Solo allora si potrebbe accendere una speranza per gli ex lavoratori cfl che
´per legge non hanno nessuna possibilità di pretendere l'assunzione'.
(riproduzione riservata)
-Proverbio cinese-
Se ami i tuoi figli non risparmiare il bastone.
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