Federazione Autonoma Bancari Italiani  via Tevere, 46  00198 Roma - federazione@fabi.it  Tel. (06) 8415751

Dipartimento Organizzazione

Ufficio Stampa – Immagine – Comunicazione - e-mail l.sileoni@fabi.viterbo.it

news fabi anno VIII – giovedì 7 giugno 2007

 

rassegna stampa quotidiana riservata alle strutture

 

a cura di Bruno Pastorelli

Se riscontrate anomalie, nei collegamenti comunicatelo a: b.pastorelli@fabi.it, grazie.

 

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Così disse

 

IL TEMPO mercoledì 6 giugno 2007. 5

Gavarini (Fabi): «Il comparto ha già un fondo di sostegno al reddito»Venerdì incontro con l’Abi per bloccare le mosse dell’Esecutivo I bancari chiedono 180 euro in più. 5

 

IL MESSAGGERO/Viterbo mercoledì 6 giugno 2007. 6

Hanno presentato il conto. A ognuno degli ex amministratori della Banca della Tuscia, commissariata dalla scorsa estate da parte della Banca d’Italia, è stata erogata una multa di ... 6

 

IL CITTADINO.IT giovedì 7 giugno 2007. 6

La Banca chiuda la fase più travagliata della propria storia. 6

 

IL CITTADINO.IT mercoledì 6 giugno 2007. 7

Oltre all’ex banchiere si decide su Boni, Benevento, Zoncada, Savoldi, Ferrari, Araldi e Quartieri con 7 votazioni distinte - In assemblea la causa a Fiorani e soci - Sabato la Bpi decide sull’azione risarcitoria: già 1.800 iscritti 7

 

RADIOCOR 06-06-2007. 8

Eurizon: proclamati 3 giorni di sciopero per mancanza chiarezza - In agitazione parte gruppo a ridosso consigli IntesaSanPaolo. 8

 

RADIOCOR 06-06-2007. 8

(SIN) Bankitalia: domani incontro con sindacati, tavolo separato per Falbi 8

 

RASSEGNA.IT 06/06/2007  15.00. 9

BANKITALIA, DOMANI INCONTRO CON SINDACATI 9

 

IL SOLE 24 ORE/NORDOVEST   06-06-2007. 9

Credito cooperativo. Crescono gli impieghi (+15%) - I soci sono oltre 52mila, più di mille gli addetti – Bcc, la raccolta sale a 4,7 miliardi - In aumento le quote di mercato sul territorio specie nel Cuneese - IL CASO I due volti del Monregalese: le perdite della Bcc di Carrù contrapposte ai risultati positivi di Pianfei e Rocca de' Baldi –. 9

 

IL SOLE 24 ORE 06-06-2007. 10

Banche. In vista dell'assemblea si apre una fase di trattative - I soci-dipendenti Bpm dicono «no» a Bper - LE CRITICHE Gli «Amici di Pop.Milano», non contrari per principio all'operazione, contestano il mancato esame preventivo della governance. 10

 

AGRIGENTO NOTIZIE.IT 06/06/2007 17:56 - Cronaca - Sicilia. 11

Ancora una rapina in banca a Palermo. 11

 

MF  - Denaro & Politica - Numero 113, pag. 5 del 7/6/2007. 11

Bankitalia, nuovo round con i sindacati su vigilanza e ristrutturazione. 11

 

IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007. 12

Bpm, Mazzotta incontra gli Amici 12

 

IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007. 12

Banco Popolare: ecco il consiglio. 12

 

IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007. 12

E Intesa Sanpaolo offre la casa ai «mammoni». 12

 

IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007. 13

Bce, tassi al 4% Possibili altre strette entro fine anno. 13

 

IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007. 14

«Io, giovane, condannato dal fisco a rimanere precario». 14

 

IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007. 14

Barclays cede una quota del 7,6% a Finint 14

 

IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007. 15

Unicredit all’Antitrust Ue. 15

 

IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007. 15

Generali supera il gruppo Azimut 15

 

da Finanza&Mercati del 07-06-2007. 15

Intesa, anche i veneti in campo. 15

 

da Finanza&Mercati del 07-06-2007. 16

Zignago e Mutui accendono le Ipo. 16

 

da Finanza&Mercati del 07-06-2007. 16

Italpetroli, Geronzi mette in vendita l’impero dei Sensi 16

 

da Finanza&Mercati del 07-06-2007. 17

Piazzetta Cuccia, oggi il direttivo sceglierà i 21 «sorveglianti». 17

 

da Finanza&Mercati del 07-06-2007. 17

Prestito da 800 mln per Aeroflot-Alitalia. 17

 

LA STAMPA giovedì 7 giugno 2007. 17

LA SENTENZA DELLA CORTE D’ASSISE - Nessun colpevole per la morte di Calvi 17

 

LA STAMPA giovedì 7 giugno 2007. 18

Il Banchiere di Dio tra mafia e potere - La storia - Venticinque anni senza una soluzione. 18

 

LA STAMPA giovedì 7 giugno 2007. 19

VERSO IL RINVIO A GIUDIZIO PER L’IMMOBILIARISTA - Ricucci, indagini chiuse per i filoni- Rcs e Confcommercio - Coinvolti anche Billè e altre 14 persone Mediobanca venderà i palazzi di Magiste. 19

 

LA STAMPA giovedì 7 giugno 2007. 20

VERSO LA SEPARAZIONE - Nodo Eurizon tre giorni di sciopero. 20

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 29. 20

L'euro s'indebolisce dopo la stima della Banca centrale: «Crescita sopra il previsto, ma nel 2008 inflazione al 2%» - La Bce alza ancora i tassi, denaro al 4% - Trichet non esclude nuovi rialzi. Stangata sui mutui fino a 345 euro. 20

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 29. 21

COMMISSIONI - Il dollaro vale 1,35. Anzi no: 1,40. In banca il cambio recita a soggetto. 21

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 29. 21

I duelli a Roma e Francoforte - Ferrero: «È una scelta sbagliata e dannosa» Divisa anche l'Eurotower 22

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 30. 22

Passera: puntiamo a una quota di mercato del 22% - E le banche adesso corteggiano i giovani e i lavoratori atipici Intesa lancia il mutuo con rinvio –. 22

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 31. 22

Prima proposta di patteggiamento penale delle banche: 156 euro per creditore - Risarcimenti Parmalat, Nextra mette sul tavolo 5 milioni di euro. 23

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 33. 23

Addio alla commissione di massimo scoperto? - No, cambia solo nome. 23

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 33. 24

In Kuwait - Mediobanca debutta nella finanza islamica. 24

 

LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007. 24

"Un comandante inadeguato e sleale" - Ecco il dossier del governo che accusa il generale Speciale - il documento - "Nessuna intimidazione del viceministro che ... 24

 

LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007. 26

E oggi i testimoni sfilano in procura - l´indagine. 26

 

LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007. 26

E oggi i testimoni sfilano in procura - In Veneto torna la disobbedienza fiscale - Le imprese trevigiane: non pagare i rincari. Scontro con Confindustria - La revisione degli studi di settore viene ... 26

 

LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007. 27

La Bce aumenta di un quarto di punto i tassi, al massimo da sei anni e alza al 2,6% la stima del Pil per il 2007. Mutui e prestiti ... 27

 

PUBBLICA giovedì 7 giugno 2007. 28

Oggi le designazioni del direttivo del patto di sindacato. Conferme in arrivo per Benetton, Pesenti e Tronchetti Provera - Mediobanca vara il nuovo vertice - Geronzi presidente del consiglio di sorveglianza, fuori Gabetti e Libonati - I rappresentanti al vertice del colosso Unicredit-Capitalia potrebbero diminuire - La partita Telecom condiziona la nomina di Galateri al vertice dell´organo di gestione. 28

 

LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007. 29

L´OPERAZIONE - La società di Novara chiude il 2006 con un utile di 946 milioni. Tensione per il caso Eurizon - De Agostini ha il 4% di Generali "Ma fuori da Piazzetta Cuccia" 29

 

LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007. 30

La procura di Roma chiude le inchieste su Rcs, Enasarco e fondo del presidente Confcommercio - Ricucci e Billè verso il processo - E Magiste Real Estate mette all´asta il patrimonio immobiliare. 30

 

LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007. 31

Indagine dei pm di Milano. Rispunta l´argentino Macrì - Bnl, nella scalata Unipol pacchetto fantasma del 10% - Un ruolo attivo per i finanzieri Stefano Roma e Luca Padulli 31

 

MF  - Denaro & Politica - Numero 113, pag. 4 del 7/6/2007. 31

Arriva la stangatina sulle banche - Ddl bersani, passa una versione soft dell'abolizione della commissione massimo scoperto. - La misura inciderà per 2,2 miliardi di euro sui bilanci. Ma resta l'incognita dell'impatto dei conti dormienti 31

 

MF  - Denaro & Politica - Numero 113, pag. 4 del 7/6/2007. 32

Nel mirino di Catricalà gli incroci azionari tra gli istituti 32

 

MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 8 del 7/6/2007. 32

La Bce alza i tassi e le borse cadono - Il costo del denaro sale di un quarto di punto, al 4%. ma l'euro scende sotto quota 1,35. - Molto probabile un nuovo aumento a settembre. Ma Trichet non chiarisce se il mercato deve attendersi altre strette. 32

 

MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 8 del 7/6/2007. 33

Autore: A cura di Francesca Gerosa - Bp Milano -1,14% Ancora Forti Critiche Sulla Governance Bper 33

 

MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 9 del 7/6/2007. 33

Lottomatica tentata da Wall Street - La quotazione degli adr alla borsa americana e' un'opzione per consolidarsi sul mercato. - Spesi 1,5 miliardi, equity swap compreso, per essere terzo socio delle Generali Il gruppo archivia il 2006 con un fatturato di 2,8 miliardi e un utile di 946 milioni Per il 2007, grazie a Gtech, atteso un ebitda di 700 milioni. Rilancio su Bpl.Net 33

 

MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 11 del 7/6/2007. 35

Ipi, il giallo del palazzo dell'Antitrust - Caso coppola, si perde fra il lussemburgo e panama la proprietà della sede del garante. - Il gruppo torinese ha svalutato integralmente il credito residuo da 30 milioni per la vendita dell'asset perché l'Immobiliare Valadier non è più nel perimetro dell'immobiliarista romano. 35

 

MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 11 del 7/6/2007. 36

Chiusa l'indagine romana sulla scalata di Ricucci alla Rcs 36

 

MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 15 del 7/6/2007. 37

Impregilo vuole risolvere il nodo rnc - Il 12 giugno previsto un summit con patroncini, rappresentante degli azionisti risparmio. - La società pronta a proporre il pagamento di tutte le cedole arretrate, anche quelle scadute, a partire da questo esercizio Intanto Igli ha acquistato 62 mila titoli senza diritto di voto. 37

 

MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 15 del 7/6/2007. 38

Cariparo in project financing per due parchi eolici lucani 38

 

MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 16 del 7/6/2007. 38

Mediobanca, il giorno di Geronzi - Il direttivo del patto designerà il banchiere per la guida del consiglio di sorveglianza. - Il numero uno di Capitalia rimarrà anche al vertice dell'istituto romano fino alla fusione con UniCredit Nel supervisory board, che sarà di 21 componenti, ci sarà gran parte dell'attuale cda di Piazzetta Cuccia. 38

 

MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 20 del 7/6/2007. 39

Intesa Sanpaolo lancia i mutui per i giovani 39

 

IL SOLE 24 ORE/NORDOVEST  06-06-2007. 39

La spesa delle famiglie IL FINANZIAMENTO DEGLI ACQUISTI - Nel recupero crediti 144 società specializzate - Insolvenza bassa in Piemonte, seguono Liguria e Valle d'Aosta. 39

 

IL SOLE 24 ORE 04-06-2007. 40

Riscossione - LA CONTRAVVENZIONE SI PRESCRIVE IN 5 ANNI 40

 

IL SOLE 24 ORE 04-06-2007. 41

La scelta del Tfr e la previdenza complementare - Il labirinto delle esclusioni - La riforma non riguarda i dipendenti pubblici, ma con alcune eccezioni 41

 

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IL TEMPO mercoledì 6 giugno 2007

Gavarini (Fabi): «Il comparto ha già un fondo di sostegno al reddito»Venerdì incontro con l’Abi per bloccare le mosse dell’Esecutivo I bancari chiedono 180 euro in più

di GIOVANNI LOMBARDO

IL GOVERNO tenta il blitz sul cuneo fiscale delle banche. E lo fa pensando di estendere la cassa integrazione anche al settore del credito in modo tale da compensare il mancato gettito dovuto al taglio dell’Irap. Sarebbe già pronto, infatti, un decreto che obbligherebbe aziende e lavoratori a versare i contributi per la Cig, nonostante il settore bancario abbia già un Fondo di sostegno al reddito a favore dei dipendenti pre-pensionati attivabile per eventuali tagli dovuti a ristrutturazioni. «Il decreto annullerebbe i benefici per le aziende e rappresenterebbe un ulteriore onere per i lavoratori, un peso per la collettività e un boomerang per il Governo - dice a Il Tempo il segretario generale della Fabi, Enrico Gavarini - Venerdì ci incontreremo con i vertici dell’Abi per studiare una linea comune con l’obiettivo di bloccare le intenzioni dell’Esecutivo». L’Unione Europea ha stabilito che i benefici del taglio del cuneo fiscale debbano riguardare anche le aziende del credito e non solo quelle dell’industria. Per le banche si tratterebbe di uno sconto del 3% sull’Irap. Il Governo, spiega Gavarini, «vuole recuperare il mancato gettito attraverso i contributi per la cassa integrazione: uno 0,30% dello stipendio mensile prelevato dalle tasche dei lavoratori e almeno un 2% a carico delle banche». Le organizzazioni sindacali hanno rigettato questa ipotesi «perché produrrebbe un impatto fortemente negativo su una categoria che non ha alcun bisogno di ulteriori ammortizzatori sociali - spiega il sindacalista - considerata la risposta positiva che il fondo di settore ha dato ai problemi occupazionali, peraltro, senza oneri aggiuntivi per la collettività». Secondo i calcoli effettuati dalla Fabi il ricorso alla Cassa integrazione produrrebbe un maggior onere anche per i conti dello Stato, mentre il fondo di settore è autoalimentato con i versamenti di azienda e lavoratore. Il presidente dell’Abi, Corrado Faissola, non ha ancora preso una posizione ufficiale. Appare scontato, però, che se venisse introdotta la cassa integrazione nel settore del credito questa sarebbe privilegiata dalle aziende rispetto al fondo di settore. «Il fondo garantisce al lavoratore il 70% dell’ultima retribuzione fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione - spiega Gavarini - è sicuramente più costoso per l’azienda rispetto alla cassa integrazione che però garantirebbe un assegno di mille euro al mese per soli due anni e poi la mobilità lunga». Un’eventualità che i sindacati vogliono scongiurare a tutti i costi. «Pensiamo a un lavoratore di 55 anni che si trovasse d’un tratto fuori dal mercato del lavoro - sottolinea il segretario generale della Fabi - sarebbe davvero difficile per lui ricollocarsi in un settore come il nostro che ha dovuto subire negli anni una intensa fase di ristrutturazione e che ancora è minacciato dal nuovo panorama che si sta delineando». Il riferimento è alle fusioni bancarie che potrebbero significare delocalizzazioni in paesi dove il costo del lavoro è più basso. Un primo incontro interlocutorio su questi temi si è tenuto il 28 maggio. Era stato invitato anche il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che però non si è presentato. Venerdì il secondo appuntamento per cercare eventuali posizioni comuni con l’Abi da presentare successivamente al Governo. In caso contrario i sindacati sono pronti anche allo sciopero. Clima teso, dunque, alla vigilia dell’avvio delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro che partiranno il 20 giugno. «Per quanto riguarda il biennio economico 2006-2007 la nostra richiesta è di un aumento medio di 180 euro lordi al mese - conclude Gavarini - la parte normativa, invece, dovrà tenere conto del nuovo scenario aperto dalle grandi fusioni bancarie». g.lombardo@iltempo.it

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IL MESSAGGERO/Viterbo mercoledì 6 giugno 2007

Hanno presentato il conto. A ognuno degli ex amministratori della Banca della Tuscia, commissariata dalla scorsa estate da parte della Banca d’Italia, è stata erogata una multa di ...

Hanno presentato il conto. A ognuno degli ex amministratori della Banca della Tuscia, commissariata dalla scorsa estate da parte della Banca d’Italia, è stata erogata una multa di quindicimila euro. La cifra riguarda l’ex presidente della Bcc con sede a Montalto, Pietro Sigismondo Graziani; l’ex direttore generale Filippo Martellini; i componenti del consiglio di amministrazione e quelli del collegio sindacale. Nel complesso una quindicina di amministratori della banca locale, che opera attraverso le filiali di Canino, Farnese, Ischia, Montalto, Monte Romano e Tarquinia.

La motivazione della multa sta nelle inadempienze commesse dai vecchi dirigenti alla guida della banca, che non avevano risposto alle raccomandazioni fornite a più riprese dalla Banca centrale per evitare gestioni in perdita; una gestione fin troppo allegra cha ha causato lo scioglimento degli organi amministrativi e direttivi della Bcc, dopo che la banca - nonostante le ampie rassicurazioni e smentite di Graziani e Martellini - aveva raggiunto l’inoperatività. Il commissariamento scadrà ad agosto e per quel mese dovranno tornare a posto le varie tessere del mosaico, ovvero dovrà essere compiuto il salvataggio della banca dell’Alto Lazio. Esclusa la riconsegna ai precedenti gestori, per salvaguardare il patrimonio dei soci sono allo studio due ipotesi, fermo restando che incognite sul futuro della Bcc non mancano.

Rimettere in sesto i conti dell’istituto non è impresa facile: la stessa gestione pre-commissario prevedeva un corposo intrevento finanziario da parte della Fedlus (federazione delle Bcc dell’Italia centrale), attraverso un prestito di 6 milioni di euro. L’operazione resta uno dei punti cardine su cui poggia il rilancio dell’istituto, secondo il piano dei commissari che attualmente guidano la banca; unitamente all’ingresso sul ponte di comando della Bcc di un direttore generale, dei (pochi) membri del consiglio e del collegio sindacale su indicazioni dalla stessa Fedlus.

L’ipotesi alternativa (o complementare, visti i conti in profondo rosso) prende in esame la cessione di uno o più sportelli della Banca della Tuscia, al fine di ricostituire il capitale. Su questo fronte è attiva la Banca di Viterbo, interessata a rilevare la filiale di Canino valutata un milione di euro; operazione che presenta però un’incognita, visto che la Bcc del capoluogo non è tra le banche riunite in quella Fedlus destinata a gestire - nei fatti - la nuova banca montaltese. E che, in secondo luogo, questa prima porzione di spezzatino della Bcc Tuscia individua già la sua futura suddivisione tra gli istituti maggiori del territorio locale e non.

Ma sulle ipotesi in evoluzione puntano i piedi i sindacati: «Su ognuno dei vari passaggi futuri della banca - osserva Lando Sileoni, segretario generale della Fabi (bancari autonomi) - va prevista quale condizione primaria la conferma di tutti i dipendenti a tempo indeterminato». 

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IL CITTADINO.IT giovedì 7 giugno 2007

La Banca chiuda la fase più travagliata della propria storia 

Le Segreterie di Coordinamento di Dircredito, Fabi, Falcri, Fiba, Fisac, Sinfub, Ugl del gruppo Banca Popolare Italiana si augurano che i soci, chiamati il prossimo 9 giugno ad esprimersi in merito all’azione di responsabilità proposta dal Consiglio d’amministrazione a carico di Fiorani ed altri ex amministratori e sindaci, approvino senza esitazioni tale proposta e consentano alla Banca di chiudere finalmente la fase più travagliata della propria storia ed alla Magistratura di indagare anche con la finalità di risarcire i tanti soggetti che dalla gestione Fiorani hanno subito enormi danni.Nessuno più di noi - che abbiamo vissuto “da dentro la struttura” gli anni del boom – può sapere quanto questa crescita, poi rivelatasi artificiosa, fosse basata sullo sfruttamento all’osso di tutte le risorse disponibili, fossero essi dipendenti o la stessa clientela.Pur in circostanze drammatiche e con conseguenze molto pesanti, la verità è fortunatamente emersa ed ora è necessario che l’Assemblea dei soci autorizzi ufficialmente il risarcimento di chi ha subito le gravi conseguenze di questa gestione, a partire dai soci ma arrivando anche ai dipendenti, alle comunità locali ed alla clientela; nonostante che l’azione ci paia tardiva e parziale, siamo fermamente convinti che chi è colpevole delle pesanti ricadute che hanno coinvolto l’intero Gruppo e, conseguentemente, i lavoratori, debba rispondere del proprio operato.Crediamo che quella della prossima Assemblea sia un’occasione irripetibile per tutti i soci, dipendenti e non, per dimostrare il loro sentimento di condanna rispetto alle modalità con le quali la precedente gestione Fiorani ha portato avanti una dissennata politica di crescita finalizzata non tanto alla creazione di un gruppo bancario efficiente e competitivo, quanto all’accrescimento del proprio potere personale nonché ad arricchimenti attualmente oggetto di indagini da parte della magistratura.La gravità dei fatti emersi nell’ambito dell’operazione Antonveneta e il conseguente “terremoto” che ha portato a uno dei più gravi scandali che abbiano mai colpito il sistema bancario del nostro paese, necessitano di una netta presa di distanza da parte della base societaria attraverso l’approvazione dell’azione di responsabilità.Dal nostro punto di vista non possiamo che mettere in risalto, ancora una volta, le conseguenze per i colleghi che rappresentiamo: dapprima condizioni di lavoro intollerabili poi risultati economici negativi o ridotti, con conseguenze anche su parte della nostra retribuzione.Per alcuni esponenti della vecchia “nomenklatura”, invece, poco o nulla sembra cambiato: è questo un ulteriore motivo per votare a favore dell’azione di responsabilità che rappresenta un primo passaggio societario per fare finalmente chiarezza su tutte le responsabilità a livello di alta dirigenza, siano esse anche solo morali.Le Segreterie di Coordinamento

di Dircredito, Fabi, Falcri, Fiba, Fisac, Sinfub, Ugl

del Gruppo Banca Popolare Italiana

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IL CITTADINO.IT giovedì 7 giugno 2007

banche - In ritardo è arrivato Necchin

Ci permettiamo di rettificare parzialmente i termini della questione, così come appaiono dalle parti iniziali e finali dell’articolo del 4 giugno 2007 sulle rapine in banca, a firma di Cristina Vercellone, in merito all’interessamento al problema da parte delle organizzazioni sindacali del settore.Non è corretto affermare che Cgil Cisl e Uil intervengono sull’argomento “ dopo la battaglia portata avanti da mesi dalla Fabi…” in quanto da sempre e nelle opportune sedi – a partire da quelle aziendali - tutte le organizzazioni sindacali (e non solo la Fabi) hanno sollevato il problema della sicurezza in relazione al rischio rapina; forse abbiamo solo curato meno l’aspetto “marketing e propaganda”, non rilasciando dichiarazioni alla stampa dopo ogni iniziativa.L’eccezione nasce stavolta dall’aver evidenziato il fenomeno nel contesto più ampio dell’incontro col Prefetto relativo agli infortuni sul lavoro. Peraltro se il signor Necchi, che tanto giustamente insiste sugli sportelli monoaddetto della Banca Popolare Italiana – di cui non è dipendente - si rapportasse con la propria struttura sindacale interna della banca stessa, scoprirebbe che ad essere arrivato in ritardo è proprio lui…La segreteria Fiba Cisl

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IL CITTADINO.IT mercoledì 6 giugno 2007

Oltre all’ex banchiere si decide su Boni, Benevento, Zoncada, Savoldi, Ferrari, Araldi e Quartieri con 7 votazioni distinte - In assemblea la causa a Fiorani e soci - Sabato la Bpi decide sull’azione risarcitoria: già 1.800 iscritti 

n Sono 1794 i soci che fino a ieri sera avevano chiesto di partecipare all’assemblea della Banca Popolare Italiana di sabato 9 giugno, chiamata ad autorizzare l’azione di responsabilità contro Gianpiero Fiorani e altri sei tra ex amministratori e sindaci dell’istituto di credito. Si tratta dell’ex presidente Giovanni Benevento, degli ex consiglieri di amministrazione Francesco Ferrari, Osvaldo Savoldi e Desiderio Zoncada e degli ex sindaci Roberto Araldi e Aldino Quartieri. I soci lodigiani che hanno ritirato la tessera per partecipare all’assemblea sono circa 650, mentre altri 600 sono attesi dalla Toscana, terra di riferimento dell’attuale amministratore delegato Bpi Divo Gronchi. L’assemblea si svolgerà dalle 9.30 presso il Parco Tecnologico Padano in località cascina Codazza. Un solo punto all’ordine del giorno, che prevede però sette votazioni distinte per ogni amministratore o sindaco coinvolto. La votazione sarà palese, tramite telecomando. Non è garantito che l’azione verrà autorizzata contro tutti e sette i soggetti coinvolti, anche se la massima attenzione è rivolta all’ex amministratore delegato Gianpiero Fiorani, alla quale la banca chiede oggi di pagare per i presunti danni arrecati nel passato e culminati con la fallita scalata all’Antonveneta. I fari sono puntati sull’ex banchiere anche alla luce delle sue recenti prese di posizione. Le sue forti lettere, alcune indirizzate al presidente Bpi Piero Giarda, sono diventate in questi giorni argomento di dibattito pubblico. Sul destino dell’ex banchiere lodigiano sono intervenuti ieri i sindacati della banca, con un documento corposo che è stato sottoscritto da sette sigle, le più rappresentative. Hanno firmato infatti Dircredito, Fabi, Falcri, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Sinfub e Ugl. Silcea e Uilca al contrario non hanno sottoscritto i contenuti del documento. I sindacati che hanno preso posizione «si augurano che i soci» sabato «approvino senza esitazioni tale proposta (l’azione di responsabilità contro i sette, ndr) e consentano alla banca di chiudere finalmente la fase più travagliata della propria storia ed alla magistratura di indagare anche con la finalità di risarcire i tanti soggetti che dalla gestione Fiorani hanno subito enormi danni». I sindacati aggiungono: «Nessuno più di noi - che abbiamo vissuto “da dentro la struttura” gli anni del boom - può sapere quanto questa crescita, poi rivelatasi artificiosa, fosse basata sullo sfruttamento all’osso di tutte le risorse disponibili, fossero essi dipendenti o la stessa clientela. Pur in circostanze drammatiche e con conseguenze molto pesanti - proseguono i sindacati - la verità è fortunatamente emersa ed ora è necessario che l’assemblea dei soci autorizzi ufficialmente il risarcimento di chi ha subito le gravi conseguenze di questa gestione, a partire dai soci ma arrivando anche ai dipendenti, alle comunità locali ed alla clientela; nonostante l’azione ci paia tardiva e parziale, siamo fermamente convinti che chi è colpevole delle pesanti ricadute che hanno coinvolto l’intero gruppo e, conseguentemente, i lavoratori, debba rispondere del proprio operato». I soci che vogliono prendere parte all’assemblea hanno tempo fino alle 16 di venerdì per ritirare la tessera di partecipazione. Quanto alle informazioni logistiche, nella giornata di sabato, a partire dalle 8,30 e fino al termine dell’assemblea, è previsto un servizio bus-navetta da via Polenghi Lombardo (davanti alla sede Bpi) al Parco Tecnologico Padano. Lorenzo Rinaldi

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RADIOCOR 06-06-2007

Eurizon: proclamati 3 giorni di sciopero per mancanza chiarezza - In agitazione parte gruppo a ridosso consigli IntesaSanPaolo

 (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 06 giu - I dipendenti del gruppo Eurizon sono chiamati a tre giorni di sciopero il 16,17 e 18 giugno, a ridosso dai consigli di Intesa SanPaolo che decideranno il destino della controllata assicurativa e di asset management. L'iniziativa e' stata proclamata da Dicredito, Fabi, Fiba-Cisl, Sinfub e Uilca per i dipendenti di Banca Fideuram, Universo Servizi, Fideuram Investimenti e SanPaolo Invest, che insieme rappresentano poco piu' della meta' dei lavoratori del gruppo.

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RADIOCOR 06-06-2007

 (SIN) Bankitalia: domani incontro con sindacati, tavolo separato per Falbi

 (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 06 giu - Tavoli separati per il nuovo incontro tra la Banca d'Italia e i sindacati dell'istituto centrale sul piano di riorganizzazione dell'istituto. All'incontro di domani mattina, presente il d.g. Fabrizio Saccomanni, non ci sara' il sindacato autonomo Falbi che incontrera' la delegazione della Banca nel pomeriggio. In una lettera firmata dal responsabile delle relazioni sindacali, Piccialli, la Banca informa la Falbi che gli altri sindacati hanno chiesto di far partecipare al tavolo solo chi aveva dato 'formale adesione al piano di lavoro concordato'. Adesione che dalla Falbi non e' arrivata.A chiederlo sono Cgil, Cida, Cisl, Fabi, Sibc e Uil della banca centrale. La Falbi che contesta il piano - Ggz

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RASSEGNA.IT 06/06/2007  15.00

BANKITALIA, DOMANI INCONTRO CON SINDACATI

Si svolge domani pomeriggio a Roma l'incontro fra il direttore generale della Banca d'Italia Fabrizio Saccomanni e i sindacati (Cida, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca-Uil, Falbi, Fabi e Sibc-Cisal) sulla riorganizzazione dell'istituto e sull'ipotesi di tagli delle filiali.

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IL SOLE 24 ORE/NORDOVEST   06-06-2007

Credito cooperativo. Crescono gli impieghi (+15%) - I soci sono oltre 52mila, più di mille gli addetti – Bcc, la raccolta sale a 4,7 miliardi - In aumento le quote di mercato sul territorio specie nel Cuneese - IL CASO I due volti del Monregalese: le perdite della Bcc di Carrù contrapposte ai risultati positivi di Pianfei e Rocca de' Baldi –

Fabrizio Brignone

CUNEO - Le Bcc in Piemonte continuano a crescere: nove realtà (di cui otto cuneesi) che costituiscono una voce significativa del credito: 4,73 miliardi di raccolta (+10,5%), impieghi per 3,8 miliardi (+15%), utili con percentuali a due cifre. Rappresentano 52.089 soci-clienti (oltre 22mila per la sola Banca d'Alba), serviti nelle 167 filiali da 1.150 addetti.

L'assemblee di fine maggio, a parte i problemi della Bcc di Carrù, hanno evidenziato consolidamento e autonomia. Tutte le banche escludono aggregazioni. «I risultati - dice Fulvio Bernabino, direttore della Federazione Bcc del Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria - confermano il trend positivo in atto da alcuni anni. Aumentano soprattutto le quote di mercato sui diversi territori di competenza. Occorrerà affrontare con determinazione e professionalità la concorrenza dgli istituti maggiori, utilizzando al meglio le peculiarità che caratterizzano le nostre "piccole grandi banche"».

Problemi a Carrù

Il mondo bancario nell'area monregalese viaggia a due velocità: nelle ultime settimane ha tenuto banco la vicenda della Banca Alpi marittime credito cooperativo di Carrù, che ha chiuso il 2006 con una perdita di 17,2 milioni e ha integrato i vertici, in seguito a dimissioni. Procede, invece, a ritmi sostenuti la crescita (anche associativa) della Bcc di Pianfei e Rocca de' Baldi, in linea con l'andamento del credito cooperativo del Nord- Ovest.

L'appuntamento di fine maggio con le assemblee dei soci era particolarmente atteso per la banca carrucese, su cui anche il mondo delle imprese e del sindacato avevano espresso timori. La Coldiretti aveva chiesto «attenzione alle imprese agricole e al territorio», con «una progettualità completa, attenta alle necessità»; la Fabi (il sindacato dei bancari), in un incontro con il direttore della banca Oreste Marengo, aveva sentito smentire «con forza coloro che danno per certa una qualsivoglia fusione». E proprio il «no» a fusioni (il nome di Alba era emerso più volte, sempre smentito dai vertici) era stato espresso anche da un gruppo di soci che si proponeva per il nuovo Cda.

In assemblea (con circa la metà dei 3.858 "azionisti", record di partecipazione nella storia della banca) i «sì»al bilancio sono stati del 93,3%; inoltre è avvenuta la nomina di 4 amministratori, con la conferma dei cooptati dal Cda (Giovanni Cappa, Domenico Massimino, Adriano Bottero e Gian Pietro Gasco) dopo le dimissioni d'inizio anno e delle scorse settimane.

La Banca Alpi marittime conta 18 sportelli e 142 dipendenti, con impieghi di 332,3 milioni (66% della raccolta diretta; risparmio intermediato 1.066,5 milioni) e sofferenze intorno ai 10 milioni (quasi un terzo del totale nel sistema delle Bcc subalpine, ma in calo del 25,17%).

«Il bilancio 2006 - informano dalla banca - ha chiuso con una perdita di 17,219 milioni, conseguente ad accantonamenti e rettifiche di valori riguardanti principalmente il credito». In sostanza, sono stati sistemati conti che richiedevano già un intervento in passato, si coglie da indiscrezioni di addetti ai lavori.

Ora l'impegno è per una nuova solidità: «Direzione e Cda - afferma il presidente Giovanni Cappa - dovranno, per preservare l'autonomia e l'indipendenza della banca, attuare rapidamente e secondo anche le indicazioni della Banca d'Italia tutti gli interventi per migliorare i profili organizzativi, strutturali e di controllo. Inoltre dovranno porre in essere iniziative per il rilancio commerciale e il miglioramento dell'assetto reddituale della banca. Sono attività complesse che, tenuto conto della consistenza patrimoniale (43 milioni, ndr), possono essere attuate con successo nel presupposto del coinvolgimento di struttura aziendale e base sociale».

Pianfei si espande

Situazione di forte partecipazione con clima molto più sereno, invece, sul fronte della Bcc di Pianfei e Rocca de' Baldi, che il 27 maggio ha visto i soci approvare all'unanimità il bilancio 2006. Questo si è chiuso positivamente (raccolta diretta +3,9%, indiretta +2,0%, impieghi +4,7%, utile netto +19,1%, sofferenze -20,7%).

Anche il patrimonio si rafforza e si attesta a 29 milioni, raddoppiato in dieci anni: un dato che premia la strategia di crescere con equilibrio, senza rinunciare all'espansione (è prevista l'apertura di filiali nei prossimi tre anni).

I dipendenti sono 74, le filiali 12 (di cui tre in provincia di Savona), ma il dato più significativo è quello dei soci: oggi sono 4.100, il doppio rispetto a cinque anni fa, mentre a fine 1995 non raggiungevano il migliaio. «Il legame con i soci per noi è fondamentale - sostiene il presidente, Pier Giorgio Fulcheri - ed è stato sempre incentivato». Un impegno sociale e culturale che traduce un legame non solo economico con il territorio: nel 2006 la banca ha vinto il premio Unioncamere per la responsabilità sociale nel settore Collettività.

«Con erogazioni dirette (o indirette, tramite la Fondazione Verde-Blu Onlus) nel 2006 - prosegue Fulcheri - abbiamo superato i 300mila euro e avviato attività finalizzate a creare benessere nel territorio, unendo, ai servizi bancari, vantaggi extra-bancari».

Nell'area si assiste a una certa ripresa produttiva, in generale, per industria e artigianato, oltre a un incremento del settore immobiliare. «Operiamo con le Pmi - aggiunge il presidente - con i numeri di una banca non grande, ma capace anche di operazioni in pool tra banche consorelle». ...

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IL SOLE 24 ORE 06-06-2007

Banche. In vista dell'assemblea si apre una fase di trattative - I soci-dipendenti Bpm dicono «no» a Bper - LE CRITICHE Gli «Amici di Pop.Milano», non contrari per principio all'operazione, contestano il mancato esame preventivo della governance

I soci-dipendenti della Popolare di Milano bocciano il piano di integrazione con la Popolare dell'Emilia Romagna. Ieri, l'Associazione Amici della Bipiemme, organismo che raggruppa la maggior parte degli azionisti dipendenti e che esprime la maggioranza dei consiglieri, ha votato all'unanimità contro i termini dell'operazione di aggregazione. Insomma, come nelle attese, gli esami per la nascita della "superpopolare" non sono terminati con il sofferto via libera alla fusione del consiglio della Bpm, che si è spaccato al momento del voto con due astenuti e cinque contrari.

E adesso? Come avanzerà l'operazione a fronte delle voci di dissenso che si registrano anche nell'azionariato? Si vedrà. Ma nulla è compromesso. Da un lato perché il gruppo presieduto da Roberto Mazzotta ha il tempo di trovare un'intesa con i soci-dipendenti, visto che le assemblee sull'integrazione con la Bper si terranno ad ottobre. Dall'altro perché la posizione espressa dall'Associazione Amici della Bipiemme è rilevante ma non rappresenta la posizione di tutti i soci-dipendenti di Bpm. Certo, con il sistema di voto capitario è difficile varare una fusione osteggiata dai dipendenti, tenendo conto che i soci-dipendenti di Bpm sono 6mila su 60mila azionisti dell'istituto. Ma sulla carta nulla è escluso. In ogni caso, la posizione espressa ieri dall'associazione - arrivata dopo due giorni di intensi colloqui - si inserisce in una fase "dialettica" di confronto, e non è necessariamente una chiusura definitiva. La contrarietà è stata rivolta allo statuto e al regolamento del nuovo soggetto, che verrà chiamato Banca Popolare delle Regioni. I sindacati e i soci dipendenti si sono ricompattati dopo che nel corso delle trattative fra l'istituto milanese e quello di Modena si era verificata una spaccatura fra le diverse anime e in seno alla stessa maggiore sigla sindacale, la Fabi. Non contrari per principio all'operazione molti rappresentanti hanno dato voto contrario una volta esaminati lo statuto e il regolamento della nuova banca che devono codificare nel dettaglio la governance e quindi il ruolo dei soci-dipendenti. A.Grass.

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AGRIGENTO NOTIZIE.IT 06/06/2007 17:56 - Cronaca - Sicilia

Ancora una rapina in banca a Palermo 

Nella tarda mattinata di oggi due banditi, a volto scoperto e apparentemente non armati, si sono introdotti nei locali della filiale 65 del Banco di Sicilia, dentro il Policlinico. Dopo aver minacciato clienti ed impiegati, i due malviventi hanno trafugato tutto il contante presente nelle casse: circa 5.000 euro. La filiale è sprovvista di guardiania armata ed è dotata soltanto di un servizio parziale di sorveglianza armata ad orario. I rapinatori, prima di entrare in azione, hanno atteso che l'agenzia fosse incustodita. Con quello di oggi i colpi in banca dall'inizio dell'anno a Palermo e provincia salgono a 37 di cui sette falliti.

"È intollerabile che di fronte a dati raccapriccianti come quelli che si registrano a Palermo, l'atteggiamento di ABI e delle banche operanti sul territorio sia semplicemente quello di dichiarare che complessivamente il sistema bancario spende 800 milioni di euro l'anno per la sicurezza e la relativa formazione" affermano Gabriele Urzì, rappresentante della sicurezza FABI e Giuseppe Angelini dell'Osservatorio sicurezza BdS. "Ad oggi è dimostrato che solo il 12% delle agenzie rapinate - concludono - era dotata di metronotte: ciò significa che le agenzie non presidiate sono ormai una sorta di bancomat del crimine". Michela Ladu 

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MF  - Denaro & Politica - Numero 113, pag. 5 del 7/6/2007

Bankitalia, nuovo round con i sindacati su vigilanza e ristrutturazione

Autore: Alessandro Pianetti

Nuova tappa per la trattativa sul progetto di ristrutturazione di Bankitalia. Quello di oggi sarà il quinto incontro del tavolo congiunto tra i sindacati e il direttore generale di Palazzo Koch, Fabrizio Saccomanni, e soprattutto il primo contatto all'indomani della relazione annuale del governatore. Il clima resta sospeso anche perché rischia di acuirsi la spaccatura tra la Falbi e le altre sigle (Fabi Cida, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Uilca Uil, Sibc Cisal) che, a differenza del sindacato guidato da Luigi Leone, hanno aderito al piano di lavoro proposto da Saccomanni lo scorso 17 maggio e soprattutto non hanno hanno scioperato il 31 maggio in occasione della relazione di Draghi. Tanto che ieri in una lettera firmata dal responsabile delle relazioni sindacali, Paolo Piccialli, l'istituto centrale ha informato la Falbi che gli altri sindacati hanno chiesto di far partecipare al tavolo solo chi aveva dato ´formale adesione al piano di lavoro concordato'. Non a caso, il nuovo faccia a faccia si terrà su tavoli separati. In ballo, oltre al piano di ristrutturazione che prevede la chiusura di 59 sedi su 97, fermamente contestato da Leone, oggi ci sarà anche il progetto per assegnare un nuovo assetto al servizio di vigilanza, dopo che nelle settimane scorse è stato rivisto il servizio studi. Leone, intervenuto ieri nel corso di un convegno sulla riorganizzazione di Bankitalia, continua a denunciare il progetto di Draghi sottolineando l'assenza di un piano industriale. ´Si vuole tagliare i costi delle periferie ma si aumentano quelli dell'amministrazione centrale', e sul destino della vigilanza è stato altrettanto chiaro. ´Anche in questo caso, così come per il servizio studi, il piano servirà a costituire cinque servizi rispetto all'attuale ispettorato e ai due servizi'. In sintesi, la Falbi rimprovera al piano di voler trasformare l'istituto in un'Authority. (riproduzione riservata)

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IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007

Bpm, Mazzotta incontra gli Amici

di Redazione - giovedì 07 giugno 2007, 07:00

La strada che porterà alla Banca Popolare delle Regioni è tracciata ma i sindacati interni a Bpm puntano i piedi sulla governance, sullo svolgimento dei lavori assembleari e sugli equilibri di vertice. Le critiche sono state approvate martedì all’unanimità dal direttivo dell’Associazione Amici della Bipiemme. Pur confermando il giudizio positivo sulle nozze, i dipendenti-soci vogliono cambiare regole di governo che risulterebbero «immutabili» in sede di assemblea a causa dei quorum previsti. Indigesto per il corpus sindacale anche il ruolo del comitato nomine e la divisione dei poteri tra i top manager: Milano vedrà Roberto Mazzotta presidente e Fabrizio Viola direttore generale ma a «supervisionare» l’area commerciale e il personale sarebbe il condirettore Ettore Caselli. Aumentando così l’impronta modenese sul neogruppo di cui sarà ad Guido Leoni. Questa mattina Mazzotta incontrerà gli «Amici» alla ricerca di una mediazione per evitare un potenziale dissenso in assemblea.

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IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007

Banco Popolare: ecco il consiglio

di Redazione - giovedì 07 giugno 2007, 07:00

da Lodi - In vista della fusione tra Bpi e Bpvn, che sarà operativa dal prossimo primo di luglio, il cda di Lodi e quello di Verona hanno designato i componenti del primo consiglio di gestione del prossimo Banco Popolare. Presidente sarà Divo Gronchi, vicepresidente e ad Fabio Innocenzi. Franco Baronio e Alfredo Cariello saranno consiglieri esecutivi insieme a Domenico De Angelis, Maurizio Di Maio, Enrico Fagioli Marzocchi, Maurizio Faroni e Massimo Minolfi. Consiglieri non esecutivi e indipendenti saranno, invece, Vittorio Coda, Luigi Corsi e Roberto Romanin Jacur. Le sedi amministrative del Banco Popolare saranno a Verona e a Lodi, quindi le funzioni centrali e amministrative verranno ripartite tra le due città con la direzione «retail» a Verona e la direzione «corporate» a Lodi.

Per questo ieri si sono decisi anche i due cda che agiranno «in loco». Per Lodi, il cda della nascente Bpl Spa sarà formato da 16 componenti di cui 9 in rappresentanza del territorio lodigiano, 3 in rappresentanza dei territori di radicamento storico della Bpi e da 4 esponenti tecnici. Il consiglio verrà presieduto da Enrico Perotti. Eletti, poi Costantino Coccoli, Roberto Nicola Martone, Roberto Schmid, Augusto Cantoni, Angelo Benelli, Ambrogio Sfondrini, Franco Curioni, Carlo Franciosi, Andrea Guidi, Augusto Machirelli, Giorgio Olmo, Fabio Innocenzi, Massimo Minolfi, Franco Baronio e Maurizio Di Maio. Il collegio sindacale sarà composto da Flavio Dezzani come presidente e da Maurizio Calderini, Gianpaolo Fornasari, Giordano Massa e Mario Maestroni.

A Verona, invece, per gli esercizi 2007-09 il cda sarà composto da Alberto Bauli come presidente e da Franco Baronio ad, Gian Carlo Vezzalini, Fabio Innocenzi, Gianni Borghi, Valentino Campagnolo, Vittorio Corradi, Ugo Della Bella, Giuseppe Fedrigoni, Divo Gronchi, Franco Menini, Massimo Minolfi, Giuseppe Nicolò, Gian Luca Rana, Luigi Righetti, Pierantonio Riello.

Sarà nell’assemblea del 12 giugno che si procederà anche alla nomina dei componenti del collegio sindacale. Per la stessa seduta è prevista la trasformazione della Verona in Bpv-Sgsp spa.

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IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007

E Intesa Sanpaolo offre la casa ai «mammoni»

di Redazione - giovedì 07 giugno 2007, 07:00

da Milano - Intesa Sanpaolo entra nel segmento giovani: prestiti e mutui per chi ha tra 18 e 35 anni e con lavori precari. «Progettogiovani 1.0» è l’offerta dedicata a questa fascia di clientela. Ed è la prima tappa di un modulo che, ha detto ieri il direttore generale vicario Pietro Modiano, punta a ulteriori proposte rivolte ai giovani. «Fino ad arrivare alla previdenza, un tema che la banca intende spingere perché venga affrontato già dai vent’anni».

L’offerta, al via da lunedì, è articolata in due prodotti, un mutuo e un prestito personale. «Sia nel credito al consumo, sia nei mutui casa la nostra quota di mercato è del 20-22%, in questo specifico subsegmento puntiamo ad avere una presenza anche superiore», ha dichiarato l’ad Corrado Passera ieri alla presentazione dell’offerta. «Dopo il più 12% dello scorso anno, si prevede che il mercato del credito al consumo e dei mutui avrà ancora una crescita a due cifre per un anno e due, per poi attestarsi vicino al più 8%. Noi crediamo di poter continuare a crescere a due cifre», ha aggiunto Modiano.

Per quanto riguarda il mutuo, l’ammontare massimo previsto è di 250mila euro, con durata fino a 40 anni. Per il prestito personale l’ammontare massimo è di 30mila euro, con durata fino a 72 mesi. Per entrambi i prodotti sono previste opzioni di posticipo della rata e per il mutuo è prevista anche una assicurazione sulla disoccupazione. Secondo dati di varie fonti citati ieri, nel 2003, in Italia, i giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni che vivevano in famiglia erano 7,5 milioni, pari al 59% circa del totale, contro il 29% della media europea. Nel nostro Paese, poi, oltre il 60% del lavoro atipico è svolto da giovani; il 67% dei lavoratori atipici di chiara di non avere la possibilità di accesso al credito e il 70% non riesce a ottenere un mutuo. «C’è un’area del Paese che non ha il credito che merita. Noi vogliamo riempire questo gap», ha affermato Modiano.

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IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007

Bce, tassi al 4% Possibili altre strette entro fine anno

di Pierluigi Bonora - giovedì 07 giugno 2007, 07:00

da Milano - «La Bce ha tutte le opzioni aperte in futuro per fare ciò che ritiene necessario allo scopo di contrastare ogni rischio per la stabilità dei prezzi». È il commento con cui il presidente Jean-Claude Trichet ha accompagnato la decisione, prevista, di far salire il costo del denaro al 4 per cento. No comment, invece, su qualsiasi ipotesi di un nuovo ritocco verso l’alto a settembre anche se, secondo la Bce, i tassi restano sul «versante accomodante». A parere degli analisti, l’Eurotower entro fine anno potrebbe infatti optare per ulteriori rialzi, fino a chiudere il 2007 al 4,25% o addirittura a un massimo del 4,50% se la crescita dovesse risultare particolarmente sostenuta.

Quello deliberato ieri è l’ottavo aumento dei tassi da un anno e mezzo a questa parte. Il provvedimento, in vigore dal 13 giugno, ha difatto raddoppiato il saggio d’inizio dicembre 2005, nel momento in cui l’Eurotower aveva avviato l’attuale manovra di progressiva rimozione dello stimolo monetario alla crescita.

Da Francoforte è intanto partito un appello alle parti sociali in merito agli aumenti salariali: bisogna «evitare gli eccessi», ha detto Trichet, perché rischiano di «alimentare le pressioni inflazionistiche e minare il potere d’acquisto di tutti i cittadini dell’area euro». Non è certo la prima volta che su questo capitolo la Bce fa sentire la sua voce, ma precedentemente si era limitata a chiedere «moderazione» e «senso di responsabilità» alle parti. È stata anche rinnovata l’esortazione a «tutti i Paesi» dell’area, affinché sfruttino l’attuale fase positiva dell’economia, e le extra entrate (il famoso «tesoretto» italiano), per risanare i conti pubblici. Secondo i banchieri centrali la ripresa appare consolidata ed è destinata a proseguire: per quest’anno i tecnici dell’Eurotower prevedono un’espansione del Pil tra il 2,3 e il 2,9%, mentre per il 2008 indicano una forchetta dell’1,8-2,8 per cento. E questo mentre sull’inflazione «continuano a prevalere i rischi al rialzo», ha avvertito Trichet. Nel 2007, rileva la Bce, il caro vita si attesterà tra l’1,8 e il 2,2%, con una lieve revisione al rialzo rispetto alle stime precedenti, mentre è stata confermata la previsione per il 2008, peraltro più significativa per capire quali siano le basi previsionali che l’istituzione di Francoforte utilizza per effettuare le sue valutazioni sulle prospettive dell’area. Per il prossimo anno la stima è che il caro vita si attesterà tra l’1,4 e il 2,6%. Il valore mediano (2%) risulterebbe quasi all’interno dell’obiettivo ufficiale: inflazione «inferiore, ma prossima al 2% su base annua». In Italia critiche «bipartisan» al rialzo dei tassi: per Pierluigi Borghini (Fi) la decisione deprime la crescita dell’industria Ue, mentre il ministro per la Solidarietà, Paolo Ferrero, parla di «scelta sbagliata e dannosa».

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IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007

«Io, giovane, condannato dal fisco a rimanere precario»

di Redazione - giovedì 07 giugno 2007, 07:00

da Milano - Il grido di dolore dei contribuenti tartassati dagli studi di settore echeggia anche sulla Rete: le proteste traboccano dai siti di categoria di artigiani e commercianti e arrivano anche al Giornale.

Un caso emblematico è quello di un giovane grafico milanese, al suo secondo anno di attività in proprio. «Pago regolarmente tutte le tasse (troppe) - scrive il nostro lettore - e non faccio nero. Purtroppo, i clienti sono pochi e i guadagni ancora meno. Ma adesso mi si dice che devo pure pagare per quadagni virtuali che avrei dovuto fare e che non ho fatto. Ieri, infatti, mi chiama il mio commercialista e mi dice che c’è un problema: in base agli studi di settore per la mia attività, risulta che non sono congruo e quindi devo pagare 5.700 euro per risultare in regola, quasi la metà di quello che ho guadagnato in un anno. Se questo sistema ha una falla (e io ne sono l’esempio) - conclude il lettore -, allora è un sistema che va cambiato perché sbagliato».

Sotto accusa è un eccesso di rigidità di cui soffre tutto il sistema economico italiano, ma in particolare i giovani, disincentivati dall’attività imprenditoriale, come spiega al Giornale l’economista Mario Deaglio. «Con l’ultima Finanziaria è cambiata la normativa sulla partita Iva in senso restrittivo, riducendo a un solo anno il periodo di sconti fiscali concessi a chi apriva un’attività. È poi sparita la cosiddetta regola del 2 su 3, che prevedeva l’accertamento quando risultavano non congrue appunto due annualità su tre: ora l’accertamento da studi di settore scatta fin dalla singola annualità non congrua. Per i giovani che vogliono mettersi in proprio, evidentemente, la strada è sempre più in salita. Allora, può sembrare più conveniente scegliere il contratto a progetto: ma si perde quel senso di autonomia e di iniziativa di cui la partita Iva è un segnale».

L’unica possibilità per le «vittime» degli studi di settore è dunque il cosiddetto contraddittorio, a cui l’Agenzia delle Entrate chiama il contribuente che non si adegua ai ricavi previsti, perché motivi, prove alla mano, le ragioni per cui i suoi guadagni reali sono inferiori alle cifre stabilite dagli indicatori. Nel migliore dei casi, le motivazioni vengono ritenute sufficienti per ridimensionare la pretesa tributaria: altrimenti, scatta l’accertamento. Certo, è sempre possibile fare ricorso alla Commissione tributaria: ma si tratta di un contenzioso che può rivelarsi lungo e costoso. Soprattutto per un giovane imprenditore alle prime armi.

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IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007

Barclays cede una quota del 7,6% a Finint

di Redazione - giovedì 07 giugno 2007, 07:00

Barclays ha deciso di vendere una parte della sua quota in Gabetti a Sipi Investimenti, società controllata dalla investment company Finanziaria Internazionale (Finint) di Andrea de Vido ed Enrico Marchi, che è anche presidente della Save. L’operazione riguarda il 7,64% del capitale di Gabetti e sarà perfezionata a fine mese. Con questa operazione Finanziaria Internazionale, che ha seguito la fusione fra la Gaiana e Gabetti come advisor, diventerà il quarto socio del gruppo immobiliare dopo Acosta (la famiglia Giordano che controlla la Gaiana) con il 29,67%, la famiglia Gabetti (17%) e il gruppo Marcegaglia (14,4%).

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IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007

Unicredit all’Antitrust Ue

di Redazione - giovedì 07 giugno 2007, 07:00

Parte il conto alla rovescia per la valutazione da parte dell’Antitrust della fusione Unicredit-Capitalia. I due istituti hanno presentato a Bruxelles la richiesta di rinvio motivato all’Antitrust italiano. La commissione Ue ha ora 25 giorni per decidere il rinvio all’autorità guidata da Catricalà che avrà poi 60 giorni per la valutazione. I tempi sono comunque stretti per il via operativo dal primo ottobre.

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IL GIORNALE giovedì 7 giugno 2007

Generali supera il gruppo Azimut

di Redazione - giovedì 07 giugno 2007, 07:00

La crisi dei fondi comuni italiani non sembra sfiorare le case d'investimento estere e le grandi reti di promotori. Infatti, in un mese caratterizzato da un nuovo forte deflusso di fondisti, i riscatti hanno colpito con decisione i grandi gruppi di emanazione bancaria mentre le nuove sottoscrizioni sono piovute copiose sulle società di gestione straniere operanti in Italia come, per esempio, JP Morgan asset management (740,7 milioni di euro di raccolta netta mensile, record assoluto mensile), Ubs (101,2 milionj), Crédit Suisse (43,8 milioni).

Allo stesso modo, alcuni tra i più importanti network di promotori finanziari in Italia, hanno messo a segno un numero rilevante di nuove adesioni: Gruppo Mediolanum (228,7 milioni di euro), Azimut (157,4 milioni) e Banca Generali (467,6 milioni). Proprio quest'ultima, in virtù del vistoso bottino di maggio, è riuscita a sorpassare il Gruppo Azimut portandosi in dodicesima posizione nella graduatoria generale dei grandi gruppi dell'asset management.

Da notare che tutti i primi 9 gruppi, tra i quali Eurizon financial (meno 1.421 milioni), Credit Agricole-Banca Intesa (meno 1207 milioni), Arca (meno 575 milioni), gruppo Capitalia (meno 476 milioni), Pioneer-Unicredito (meno 437 milioni) e Montepaschi (meno 128 milioni), mostrano un saldo mensile negativo in fatto di raccolta netta. Mese contrastato anche per le Sgr indipendenti nelle quali, oltre la già citata Azimut, si sono distinte Kairos partners (97 milioni di euro), Hedge invest (64 milioni), Consultinvest (12 milioni), Albertini Syz (18 milioni), Nextam partners (9 milioni). Bilancio mensile in positivo, infine, per le sottoscrizioni dei fondi presso gli uffici postali: la Sgr del gruppo postale italiano archivia maggio con un saldo positivo di 28,8 milioni di euro.

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da Finanza&Mercati del 07-06-2007

Intesa, anche i veneti in campo

La fusione? «Sta andando beissimo» dice Corrado Passera. E non è certo la notizia dei tre giorni di sciopero dei dipendenti di Eurizon per «mancata chiarezza» sulle sorti del gruppo a far perdere il buonumore al numero uno di Banca Intesa. Al dossier, precisa Passera, si lavora «con grande serenità». E questo, naturalmente, è un messaggio rivolto anche ai membri della Compagnia di San Paolo, con cui presto si incontrerà per questo ed altri temi caldi. Ma Torino non è l’unico socio inquieto. Anche le fondazioni venete hanno deciso nei giorni scorsi di chiedere chiarimenti sulla dinamica della fusione. Il vero nodo è il decentramento territoriale e la gestione del Mediocredito, temi caldi che sollevano malumori a Padova.

Passera e Pietro Modiano incassano e tirano avanti per la loro strada: è inevitabile una fusione di quelle dimensioni debba scontare qualche difficoltà nel percorso. L’importante è non smarrire il filo del business, vecchio e nuovo. E così sotto con l’iniziativa dedicata ai giovani. «In Italia - spiega Modiano, direttore generale vicario - c’è una fetta di popolazione che non ha accesso al credito come merita e noi intendiamo coprire questo vuoto». Di qui il Progetto giovani 1.0, che contempla un mutuo fino a 250mila euro e un prestito personale fino a 30mila, indirizzati ai giovani tra i 18 e i 35 anni, cui potranno accedere anche i lavoratori atipici. I mutui hanno una durata massima di 40 anni a tasso fisso, e di 30 a tasso variabile, mentre i prestiti durano al massimo 72 mesi. Quello dei giovani è un target strategico per Intesa, che nei primi cinque mesi del 2007 ha registrato 80mila nuovi clienti netti, di cui 60mila famiglie, con un età media proprio di 35 anni. Tanto che l’istituto sta già pensando per il futuro a un lancio di un altro Progetto Giovani dedicato alla previdenza. E con notevoli potenzialità nel settore dei finanziamenti personali, visto che fino a oggi solo il 14% dei mutui e dei prestiti erogati dalla banca è a favore di clienti under 35. «La banca sta mettendo ordine nel proprio portafoglio prodotti», ha chiarito l'ad Corrado Passera. E, del resto, il settore dei mutui e dei prestiti ha grandi potenzialità di sviluppo, con tassi di crescita a doppia cifra. Modiano ha ricordato che in Italia una famiglia su 10 è indebitata, molto meno di altri Paesi europei, e ha un rapporto tra mutui e Pil al 15% contro la media del 35% nell’area euro. Da domenica partirà la campagna pubblicitaria su Progetto Giovani 1.0, su carta stampata e tv (con spot della Gialappa’s), affidata allo studio Stv. Su un altro fronte, ieri Intesa ha notificato a Consob di essere scesa, il 1° giugno, sotto la soglia del 2% in Unicredit. L’istituto era salito per trading fino al 3,99% di UniCredit e già il 31 maggio scorso comunicato di essere sceso al 2,32%, ribadendo l’intenzione di limare la qutoa sotto il 2% entro metà giugno.

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da Finanza&Mercati del 07-06-2007

Zignago e Mutui accendono le Ipo

Piazza Affari applaude le due matricole che ieri hanno debuttato sullo Star: MutuiOnline e Zignago Vetro. La holding specializzata in mutui e prestiti (coi siti mutuionline.it e prestitionline.it), congelata inizialmente per eccesso di rialzo, ha fatto segnare una crescita del 9,02% a quota 6,10 euro (il prezzo di collocamento era stato di 5,6 euro). Per il produttore di contenitori in vetro cavo, invece, la crescita è stata del 6,31% a 4,78 euro (rispetto ai 4,5 euro dell’Ipo). L’esordio positivo conferma l’interesse degli investitori in fase di collocamento. Le offerte di azioni di entrambe le società avevano riscontrato richieste superiori alla disponibilità. Per Zignago Vetro la domanda aveva superato di 8 volte l’offerta, mentre 8,7 volte, invece, era stato il multiplo di Mutuionline. A sottolineare l’interesse del mercato sono stati i volumi. Su Zignago sono passati di mano 9,7 milioni di titoli; su MutuiOnline le azioni scambiate sono state 10,62 milioni. «Siamo soddisfatti per la reazione - spiega Marco Pescarmona ad di Mutuionline - ma prima di festeggiare occorre aspettare e guardare al lungo periodo». Quanto all’azienda della famiglia Marzotto, «l’Ipo è stata sottoscritta pienamente - dice Franco Grisan, amministratore delegato di Zignago Vetro - sia dagli investitori istituzionali sia dai nostri dipendenti, il che ci ha regalato grande soddisfazione». Tra gli istituzionali figurano nomi come Fidelity, Gartmore, Pioneer e Generali, oltre al fondo inglese Glg». Resta positivo, quindi, il quadro generale per le nuove entrate in Piazza Affari da inizio anno: otto su 12 stanno assicurando guadagni agli investitori che le hanno inserite nel proprio portafoglio. Un esempio per tutti: Prysmian (ex Pirelli cavi) ha guadagnato già il 23% dall’esordio in aprile. I prossimi debutti, in ordine temporale, saranno Rdb e Landi Renzo che sbarcheranno sullo Star, rispettivamente, il 19 e il 26 di giugno. Oggi, per Landi Renzo, prezzo indicato tra 3,5 e 4,,4 euro, inizia il roadshow di presentazione dopo l’ok di ieri di Consob al prospetto. Sull’Expandi, invece, lunedì prossimo debutterà Screen Service (radiodiffusione Tv).

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da Finanza&Mercati del 07-06-2007

Italpetroli, Geronzi mette in vendita l’impero dei Sensi

Capitalia mette in vendita l’impero di Sensi, compresa la As Roma. Secondo quanto risulta a F&M, la partecipazione del 49%, con l’opzione per salire al 51%, che la banca romana possiede in Compagnia Italpetroli figurerebbe nella lista degli asset non strategici che, con molta probabilità, saranno messi sul mercato non appena la fusione con Unicredit sarà operativa. La vendita servirebbe peraltro a far rientrare parte del debito che la stessa Capitalia vanta nei confronti di Italpetroli. Quest’ultima, nonostante le iniezioni di liquidità degli ultimi anni, avrebbe ancora debiti per 200 milioni. A mettere sotto osservazione Italpetroli è stata Banca Finnat, che nelle scorse settimane avrebbe consegnato una valutazione molto dettagliata sugli asset e sulle passività del gruppo. E ad affidare l’incarico alla banca della famiglia Nattino sarebbe stato lo stesso numero uno di Capitalia, Cesare Geronzi, il quale evidentemente aveva già in mente una manovra di disimpegno. La fotografia scattata da Finnat non sarebbe comunque drammatica. A fronte di un indebitamento di 200 milioni, a Italpetroli farebbero capo asset per oltre 350 milioni in attività oil e immobiliare. Ora l’obiettivo di Geronzi sarebbe quello di trovare un acquirente per l’intero pacchetto del 49% detenuto da Capitalia, ma non è escluso che si possano cedere separatamente i diversi asset. Anche perché per gli immobili ci sarebbe già una lunga fila di pretendenti, a cominciare dalla Lamaro dei fratelli Toti. Di questi ultimi si è detto più volte che fossero interessati anche alla As Roma, ma è difficile che ci sia la reale intenzione di buttarsi nel business calcistico.

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da Finanza&Mercati del 07-06-2007

Piazzetta Cuccia, oggi il direttivo sceglierà i 21 «sorveglianti»

Oggi nella prima mattinata si terrà il direttivo del patto di Mediobanca. La riunione serve a preparare l’assemblea del patto, convocata per lunedì 11, che dovrà dare il via libera alla lista per il consiglio di sorveglianza, per il quale ieri erano in corso febbrili consultazioni. Accanto alla presidenza di Cesare Geronzi, nel consiglio si prevede una sostanziale riconferma dei rappresentanti degli azionisti presenti nell’attuale board, salvo alcune eccezioni. Potrebbero non rientrare Berardino Libonati (candidato alla poltrona di vicepresidente in Unicredit Group dopo la fusione con Capitalia) e Gianluigi Gabetti, rappresentante di Fiat, che ha notificato la disdetta del patto. Il consiglio sarà composto da massimo 21 componenti, di cui quattro indipendenti e due espressi dalle minoranze.

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da Finanza&Mercati del 07-06-2007

Prestito da 800 mln per Aeroflot-Alitalia

Unicredit figura tra le quattro banche che finanzieranno per 800 milioni l’acquisto di Alitalia da parte Aeroflot. «La scelta delle banche è stata fatta. Sono quattro e tra queste una è senza dubbio Unicredit», ha detto Mikhail Poluboyarinov, direttore finanziario del vettore russo, che ha anche evidenziato la complessità «degli aspetti giuridici» della proprietà della compagnia italiana. Per Alitalia, ha aggiunto, «la proposta verrà articolata in tre punti: struttura dell’acquisizione, prezzo e modello finanziario». Unicredit figura anche nel consorzio in gara per Alitalia. L’ingresso tra le banche finanziatrici lascia ipotizzare che ci siano altre manovre in corso nella cordata.

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LA STAMPA giovedì 7 giugno 2007

LA SENTENZA DELLA CORTE D’ASSISE - Nessun colpevole per la morte di Calvi

[FIRMA]FRANCESCO GRIGNETTI

ROMA - Venticinque anni di indagini, duecento faldoni, dieci pentiti e centocinquantamila pagine di interrogatori e perizie non sono bastati. La procura di Roma riteneva di aver incastrato il Quartetto del Male, ovvero l’alleanza criminale tra il Faccendiere, il Mafioso, il Malavitoso e il Contrabbandiere per uccidere il Grande Banchiere. E invece no. La Corte d’assise, presieduta da Mario Lucio d’Andria, ha assolto i quattro imputati per l’omicidio di Roberto Calvi. L’ipotesi che la mafia avesse allungato la sua mano sul banchiere milanese, trovato morto sotto il ponte dei Frati Neri, a Londra, il 18 giugno 1982, non ha retto. I ben noti Flavio Carboni, Pippo Calò, Ernesto Diotallevi e Silvano Vittor sono stati assolti perché manca la prova. Assoluzione con formula piena per Manuela Kleinszig. Resta il fatto che la Corte ritiene che sia stato un assassinio. E di questo il pm Luca Tescaroli è contento: «E’ un successo che a venticinque anni dal fatto la Corte abbia stabilito che si è trattato di un omicidio». E’ quanto rimarca anche l’avvocato Dario Piccioni, che nel processo ha rappresentato come parte civile Carlo Calvi: «L’assoluzione per insufficienza di prove significa che queste sono insufficienti e contraddittorie, ma al tempo stesso non si può dire che il castello accusatorio sia franato. Certo, dopo venticinque anni è difficile andare avanti».

E’ sempre stata una storia misteriosa, la fuga e la morte (impiccato sotto un ponte londinese, con diversi mattoni in tasca) di Roberto Calvi. Secondo il pm Luca Tescaroli, il quartetto aveva organizzato l’uccisione del banchiere per punizione, ma anche per bloccarlo. Sarebbero stati almeno tre, infatti, i motivi che si nascondevano dietro il delitto: la cattiva amministrazione del denaro di Cosa Nostra, che si ritiene venisse riciclato attraverso il Banco Ambrosiano; la possibilità che il banchiere, in crisi personale ed economica, spifferasse i suoi segreti; l’ipotesi di sostituirsi a lui. La Corte, al contrario, ha accolto le tesi difensive dei legali Renato Borzone, Oreste Flamini Minuto, Massimo Amoroso e Corrado Oliviero: ha ritenuto che le prove non fossero sufficienti.

Naturalmente non è escluso che Tescaroli ricorra in appello. La sua ricostruzione è indubbiamente suggestiva e si addentra nei misteri d’Italia. C’entrerebbero la P2, a cui era legato Carboni, ma anche lo Ior, la banca vaticana che garantiva per Calvi, e poi la mafia, che aveva affidato al Banco Ambrosiano molte delle sue ricchezze, e in ultimo era entrata in gioco anche la Banda della Magliana, attraverso il boss Ernesto Diotallevi, che si sarebbe «preoccupato» di costruire la trappola in cui Calvi cadde. «Dopo essersi appropriato di 19 milioni di dollari del Banco Ambrosiano e aver beneficiato di finanziamenti di società collegate al Banco stesso - aveva scritto il magistrato - il faccendiere Flavio Carboni induceva Roberto Calvi ad affidarsi a lui per trovare soluzione alle pressioni giudiziarie e per recuperare il denaro necessario a risolvere la crisi del Banco Ambrosiano».

Questo scenario non ha retto al dibattimento e ne è molto soddisfatto l’avvocato Renato Borzone, difensore di Carboni: «Erano venticinque anni che lo si dava per colpevole. Ora è schiantato un teorema accusatorio fondato sul nulla. Resta la domanda che si pose Leonardo Sciascia nel 1982: perché si preferisce il bel giallo invece di cercare la verità?».

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LA STAMPA giovedì 7 giugno 2007

Il Banchiere di Dio tra mafia e potere - La storia - Venticinque anni senza una soluzione

FRANCESCO LA LICATA

ROMA - Il mistero della morte del «banchiere di Dio» difficilmente troverà spiegazione. Ed è, questa, quasi la sorte naturale destinata a tutte le storie del potere in Italia. Forse non si saprà mai com’è morto Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato appeso al ponte dei Frati Neri di Londra. Così come non s’è mai saputo se Michele Sindona, predecessore di Calvi nello ruolo sinistro di manovratore finanziario di fortune non sempre bene identificabili, si sia tolto la vita dentro il carcere di Voghera o se quel caffè «amaro» che lo ha ucciso gli sia stato inviato per chiudergli la bocca per sempre.

Un’inchiesta nata male

Sono passati 25 anni da quella notte al Blackfriars Bridge, 18 giugno 1982. Certo, adesso la procura di Roma potrebbe scegliere di ricorrere in appello, e poi ci sarebbe pure la Cassazione e, chissà, la decisione di ripetere il processo. Insomma potrebbero trascorrere altri anni. Servirebbe? L’esperienza appena archiviata direbbe di no.

E’ nata male l’inchiesta sulla terribile fine del «banchiere di Dio». Sin da subito si intuì che, come ogni affaire che si rispetti, la strada delle indagini sarebbe stata tutta in salita. Una frettolosa archiviazione delle autorità britanniche liquidava tutto col sigillo del suicidio. Si scoprirà in seguito che una diatriba burocratica sul luogo del ritrovamento del cadavere aveva assegnato la competenza investigativa alle «autorità locali», impedendo il più qualificato intervento di Scotland Yard. Ma qualche mese dopo, siamo nel 1983, l’intervento dell’Alta Corte chiuderà un’ennesima verifica con un «verdetto aperto»: potrebbe trattarsi sia di suicidio che di omicidio.

Si cambia scenario e l’inchiesta sbarca in Italia: indagano le procure di Palermo, Milano e Roma. Il valzer delle competenze finisce nella Capitale. E così nel 1995 si riaprono i fascicoli, anche perché hanno in precedenza fatto irruzione le rivelazioni dei pentiti Francesco Marino Mannoia e Tommaso Buscetta. Il quadro che i due ex boss propongono ai magistrati romani consegna un fitto intreccio politico-affaristico-mafioso, molto simile a quello che aveva visto protagonista l’altro banchiere, Michele Sindona. La tesi è che l’Ambrosiano sia stato un collettore di soldi della mafia e che il «contratto» per uccidere Calvi sia stato assegnato al boss Franco Di Carlo che, una volta divenuto collaboratore, negherà affermando che l’omicidio fu commissionato alla camorra.

Soldi da riciclare: un intrigo dove sarebbe stato coinvolto anche lo IOR di mons. Paul Casimir Marcinkus. Buscetta raccontò di aver saputo tutto dalla viva voce di don Tano Badalamenti, che andò a trovarlo in Brasile e, davanti alla copertina di un settimanale italiano che parlava del «suicidio» di Calvi, commentò: «Ma quale suicidio, questa è un’altra delle bravate di zio Pippo». Laddove zio Pippo stava per Giuseppe Calò, boss palermitano, capomandamento di Porta Nuova, «emigrato» a Roma per svolgere la delicata funzione di «cassiere» di Cosa nostra. Una sorta di «collega» dei veri banchieri, che avrebbe ordinato la morte di Calvi perché questi aveva mandato in fumo (anche attraverso ardue operazioni, quelle con lo IOR comprese) molti soldi della mafia.

La perizia

Della morsa che stritolerà Calvi, entreranno a far parte Flavio Carboni ed Ernesto Diotallevi (affarismo e banda della Magliana): gli attuali imputati assolti, insieme con Silvano Vittor accusato sostanzialmente di aver portato Calvi al macello in uno squallido albergo di Londra. Si dovrà, però, arrivare al 2003 perché l’indagine venga liberata dal «capestro» che la bloccava: la perizia sulle cause della morte di Calvi. L’incidente probatorio, sulla base di una ennesima perizia, esclude l’ipotesi del suicidio. Così parte il processo per l’omicidio e siamo ad ottobre del 2005.

Sembra preistoria la vicenda della borsa di Calvi «trovata» e offerta in TV ad Enzo Biagi. Carboni verrà sospettato di aver imbastito quella sceneggiata utile a far credere che il «banchiere di Dio» non aveva nessun documento importante. L’accusa era di ricettazione e si celebrò un processo a parte (assoluzioni), ma quando dal suicidio si arriva all’omicidio è ovvio che la storia cambia. E il processo si arricchisce di nuove testimonianze. La signora Teresa Ryan firma un verbale che mette in discussione l’alibi di Carboni (per i giorni «londinesi» di Calvi), mentre alcune consuelenze tecniche trovavano tracce di 800 milioni di lire (finite al Banco Ambrosiano) provenienti dal sequestro Torielli. Un’altra consulenza, attivata a conferma di una rivelazione fornita dal collaboratore Vincenzo Calcara, ricostruiva il percorso di altri 700 milioni pagati per il riscatto di Nicola Campisi, sequestrato in Sicilia. Tracce che, secondo il pm Luca Tescaroli, proverebbero l’esistenza di qualche operazione disinvolta dell’Ambrosiano. E poi la dichiarazione della vedova, Clara Calvi, che nel 1994 accusa Carboni di aver proposto uno «scambio»: una testimonianza utile per la tesi che a Londra il banchiere era stato ucciso, in cambio di una «liberatoria» della vedova sul presunto coinvolgimento di Carboni negli «affari cattivi» con l’Ambrosiano. Tutti indizi che non sono bastati per convincere la giuria.

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LA STAMPA giovedì 7 giugno 2007

VERSO IL RINVIO A GIUDIZIO PER L’IMMOBILIARISTA - Ricucci, indagini chiuse per i filoni- Rcs e Confcommercio - Coinvolti anche Billè e altre 14 persone Mediobanca venderà i palazzi di Magiste

ROMA - Stefano Ricucci verso il rinvio a giudizio per il caso Rcs e per la vicenda legata agli immobili Confcommercio. La procura di Roma ha infatti depositato ieri gli atti relativi alle inchieste sul tentativo di scalata al gruppo editoriale che controlla il Corriere della Sera, sulla vendita a Confcommercio dell’immobile di via Lima a Roma e sulla gara per il patrimonio immobiliare ex Enasarco. Si tratta dei tre filoni principali di indagine sull’immobiliarista, riuniti in un unico fascicolo dai pm Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli, che vedono indagati oltre a Ricucci e all’ex presidente di Confcommercio, Sergio Billè, altre 14 persone.

A Ricucci, in particolare, indicato come «dominus» delle tre vicende, vengono contestate l’aggiotaggio informativo, le false fatturazioni e l’occultamento di scritture contabili. Per il caso Rcs l’accusa è di aver procato sensibili alterazioni del titolo in borsa. Per Billè le accuse sono di appropriazione indebita e corruzione. Proprio per l’immobile di via Lima 51 a Roma, nel quartiere Parioli, che ha portato al coinvolgimento di Billè, è parita la prcedura per la cessione. Un annuncio pubblicato ieri sui giornali invita gli interessati a manifestare l’interesse per un pacchetto di immobili a Roma e Milano. tra questi, la sede di Meliorbanca in via Borromei e un palazzo in pieno centro, dietro alla Galleria del Duomo a Milano.

A Roma, oltre via Lima, vanno in vendita delle porzioni d’immobile in via Croce, via Piave e via Ferdinado di Savoia, nei pressi di piazza del Popolo. Consulente finanziario della Magiste Real Estate Properties, la controllata di Magiste International alla quale fa capo il pacchetto oggetto della cessione, è Mediobanca.

Le indagini della procura di Roma non sono comunque ocncluse: resta infatti aperto il filone sulla bancarotta della Magiste, per la quale è indagato lo stesso Ricucci. \

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LA STAMPA giovedì 7 giugno 2007

VERSO LA SEPARAZIONE - Nodo Eurizon tre giorni di sciopero

Tre giorni di sciopero, a ridosso dei consigli di Intesa Sanpaolo che dovrebbero decidere sul futuro di Eurizon. A scioperare il 16, 17 e 18 giugno sono i dipendenti della compagnia rappresentati da alcune sigle sindacali del settore, con la motivazione che «in pochi mesi Eurizon (...) si è trasformata in un gigantesco problema». All’approssimarsi della fine di giugno, data entro la quale dovrebbe essere sciolto il nodo Eurizon, sul tappeto di Corrado Passera restano varie opzioni. La più accreditata prevederebbe la quotazione di oltre il 40%, con una scissione parziale che porterebbe un socio forte - anche le fondazioni riunite in un patto di sindacato - al 29,9% e Intesa Sanpaolo poco sotto quella quota. Per lunedì è previsto un consiglio della Compagnia di Sanpaolo, al qule però non sarebbe all’ordine del giorno la questione Eurizon.

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 29

L'euro s'indebolisce dopo la stima della Banca centrale: «Crescita sopra il previsto, ma nel 2008 inflazione al 2%» - La Bce alza ancora i tassi, denaro al 4% - Trichet non esclude nuovi rialzi. Stangata sui mutui fino a 345 euro

autore: Marika de Feo categoria: REDAZIONALE

FRANCOFORTE — La Banca centrale europea ha di nuovo alzato il costo del denaro di un quarto di punto, al 4%. È il livello più alto degli ultimi sei anni, il doppio rispetto a quando (dicembre 2005) la Bce ha avviato il ciclo rialzista. E il presidente Jean-Claude Trichet ha anche lasciato aperta la porta a un nuovo aumento, previsto dagli operatori per settembre o al più tardi per fine anno, a causa della crescita «più forte del previsto» e quindi dell'aumento dei rischi di inflazione. L'incremento del costo del denaro ha sollevato forti reazioni in Italia. Per i consumatori sarà il classico salasso sui mutui- casa: da 1.350 a 3 mila euro in più calcolando il rialzo dal 2005, secondo l'Adusbef. Per un mutuo da 200 mila euro a 20 anni l'aumento sarebbe, sostiene l'associazione, di 345 euro l'anno. E non andrà meglio al Tesoro: la spesa per gli interessi sul debito salire di 4 miliardi su base annua, secondo il calcolo del ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero (Rifondazione).

Per Trichet, invece, anche con l'aumento di ieri, i tassi rimangono «tendenzialmente accomodanti», mentre le condizioni di finanziamento sono «favorevoli» ed è «vigoroso» l'aumento della liquidità, anche se in lenta normalizzazione. Un segnale anticipatore di un nuovo aumento. Anche perché la Bce ha aumentato al 2,6% le stime sulla crescita 2007 (ma il 2008 scende dal 2,4 al 2,3%). E, di conseguenza, anche quelle d'inflazione, dall'1,9 al 2% (ferme per il 2008), leggermente superiori al target (1,9%). E altri rischi vengono dai rinnovi salariali.

Ancora aumenti in vista dunque, magari di un altro quarto di punto, anche se l'assenza, ieri, dalla nota finale, del consueto giudizio sul livello «moderato» del costo del denaro fa pensare che il ciclo rialzista tenda ad esaurirsi.

Per ora ne hanno fatto le spese l'euro e le Borse (entrambi in arretramento). A breve si sentirà sui mutui. Suonano l'allarme le associazioni dei consumatori che, con l'Adusbef, temono un rischio- insolvenza. Soprattutto per quanti, «fidandosi dei cattivi consigli delle banche», si sono indebitati a tasso variabile per scadenze lunghe (20-30 anni). Un dato: sarebbero già state attivate procedure esecutive per 400 mila famiglie su 3,5 milioni di mutuatari.

Replica indiretta di Pattichiari, il consorzio promosso dalle banche: i clienti (il 93% secondo un sondaggio online) sanno quello che comprano allo sportello.

Taglia corto Lorenzo Bini Smaghi, del direttivo della Bce: tenere fermi i tassi avrebbe significato alimentare l'inflazione. E «avere l'inflazione in aumento — ha spiegato al TG1 — è molto penalizzante per le famiglie italiane».

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 29

COMMISSIONI - Il dollaro vale 1,35. Anzi no: 1,40. In banca il cambio recita a soggetto 

autore: Giuliana Ferraino categoria: REDAZIONALE

MILANO — Un euro ieri valeva circa 1,35 dollari. La valuta americana veniva scambiata a 1,3523 in prima mattina, per scendere a 1,3503 in serata. Ma non per i clienti delle banche italiane che, per cambiare banconote, a seconda dell'istituto di credito trovano cambi assai diversi da quelli di mercato. Oltre alle commissioni.

Qualche esempio? Per comprare dollari in contanti a uno sportello del gruppo Unicredit, ieri il cambio era di 1,3311; per vendere dollari contro euro il tasso saliva a 1,3929. Più una commissione fissa di 7 euro. In realtà, per certi clienti le condizioni sono «trattabili in relazione al rapporto che intrattengono con la banca e alla loro capacità negoziale», fa sapere l'istituto.

A Intesa Sanpaolo, che offre le stesse condizioni su tutta la rete del gruppo, il differenziale applicato al tasso fissato sul mercato dei cambi è dell' 1,75%, oltre a una commissione di 6,20 euro per le operazioni regolate in contanti e di 3,10 euro per quelle regolate sul conto (quindi solo per i clienti del gruppo). Perciò ieri nelle filiali di Intesa Sanpaolo il tasso per comprare dollari contro euro era 1,3295, per comprarli 1,3769. In serata, quando l'euro era scambiato sul mercato a 1,3503, la Banca di Roma (Gruppo Capitalia) vendeva dollari a un tasso di 1,3085, mentre comprava biglietti verdi a 1,3897. Con uno spread rispettivamente del 3% e del 2,9%. Oltre alle commissioni fisse: 2 euro per importi fino a 50 euro e 3,50 euro per somme superiori. Il differenziale del Monte dei Paschi di Siena è del 1,50% sul tasso di cambio di mercato, per cui ieri in primo pomeriggio l'istituto comprava dollari a 1,3751 e li vendeva a 1,3279. Più la commissione fissa, variabile a seconda della filiale (a Siena è di 5,16 euro). Il cambio della Popolare di Milano per acquistare dollari era di 1,3689, per venderli 1,3346, ma con la possibilità di «migliorare» il cambio di 0,20-30 cent per somme superiori ai 2.500 euro. Più una commissione fissa 2,70 euro a operazione. La Bnl (Bnp Paribas) fa eccezione: usa il tasso di cambio fissato dal mercato, senza «caricare» un differenziale, però poi applica una commissione dell'1,5% sull'importo nominale in euro. Su mille euro, il costo è quindi di 15 euro, ma sale all'aumentare dell'importo.

Tra gli istituti più convenienti? La piccolaBanca Ponti di Milano, dal 2005 parte del Gruppo Carige, che impone uno spread dell'1% quando acquista dollari contro euro e del 2% quando con uno spread dell'1%. Ieri perciò i cambi praticati erano rispettivamente di 1,3660 e 1,3260 a fronte di un tasso di mercato di 1,3535. Più 5,16 euro di commissione fissa. Le Poste italiane offrono un'alternativa: ieri compravano dollari a 1,3735 e li vendevano a 1,3383. Con una commissione fissa di 2,58 euro (massimo 1.032 euro) a operazione.

Il consiglio a quanti si preparano a partire per le vacanze negli Stati Uniti o nei Paesi legati all'area del dollaro? Usate il più possibile la carta di credito.

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 29

I duelli a Roma e Francoforte - Ferrero: «È una scelta sbagliata e dannosa» Divisa anche l'Eurotower 

categoria: REDAZIONALE

 (f. fub.) Non solo il governo: persino la sinistra radicale ieri è riuscita a dividersi sull'aumento dei tassi deciso dall'Eurotower. Per Paolo Ferrero, ministro per la Solidarietà sociale, la mossa della Banca centrale europea è «sbagliata e dannosa» (d'accordo Giorgio Cremaschi della Fiom).

«Necessario» il rialzo è invece a detta di Paolo Cento, sottosegretario all'Economia.

Per una volta però le differenze sulle scelte della Bce hanno iniziato a trasparire anche all'interno stesso dell'Eurotower. Lo si è capito ieri quando il presidente Jean-Claude Trichet ha parlato. A chi gli ha chiesto se in futuro la banca applicherà una «forte vigilanza» sul rischio di inflazione, Trichet ha risposto rimandando a quell'espressione in codice: al momento opportuno, ha detto, la Bce userà. Così il francese ha fatto capire che continuerà a ricorrere a quelle espressioni prefissate per preavvertire il mercato sulle mosse della banca. Peccato che appena una settimana fa il presidente della Bundesbank, Axel Weber, avesse detto l'opposto: le parole in codice al mercato sarebbero scomparse, aveva preannunciato.

Dissapori sulla forma che a fatica ne nascondono altri sulla sostanza. Ieri per esempio Weber ha preparato nuovi rialzi dei tassi, parlando di «chiari rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi».

Proprio il giorno dell'insediamento di Nicolas Sarkozy all'Eliseo, invece, il governatore francese Christian Noyer ha fatto sapere che non vedeva più rischi d'inflazione in agguato. Sulle sue posizioni c'è anche lo spagnolo Miguel Angel Ordonez. E per l'Eurotower, da ora in poi, decidere cosa fare e come spiegarlo al mercato non sarà un esercizio da pilota automatico.

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 30

Passera: puntiamo a una quota di mercato del 22% - E le banche adesso corteggiano i giovani e i lavoratori atipici Intesa lancia il mutuo con rinvio –

autore: Pa.Pic. categoria: REDAZIONALE

MILANO — San Precario, protettore di chi soffre di un reddito intermittente, simbolo della cosiddetta generazione «contratto a progetto», è arrivato fino in banca. Intesa Sanpaolo ha annunciato ieri l'arrivo di mutui e prestiti personali per i giovani tra i 18 e i 35, precari più che compresi. Il tasso d'interesse non è diverso da quello praticato al resto dei correntisti, però l'offerta, promossa in tv dagli spot della Gialappa's, contiene alcune facilitazioni, tra cui l'erogazione del 100% della somma richiesta, fino a 250 mila euro, e il rinvio per 6 mesi, fino a 3 volte, del pagamento delle rate.

«Se sei un lavoratore atipico per noi sei normale. Ti meriti credito», ha detto Andrea Crovetto, responsabile commerciale, ricordando che i giovani italiani restano in famiglia a lungo, molto più dei loro coetanei europei. Per il consigliere delegato Corrado Passera, Intesa Sanpaolo intende «superare la quota del 20-22% nel mercato dei mutui» e per il direttore generale, Pietro Modiano, non c'è il rischio «di istigare al debito le famiglie. Ci sono spazi per una crescita sana e ordinata». Passera ha respinto la tesi che i mutui in Italia, dove oggi ci sono banche di stazza continentale, restino i più cari d'Europa: «Mi chiedo dove certe statistiche vadano a prendere i costi. A un certo punto della storia i mutui in Italia avevano margini più elevati, poi la differenza si è andata gradatamente a chiudersi». Nei primi cinque mesi di attività Intesa Sanpaolo ha registrato 80 mila nuovi clienti. Di questi, 60 mila appartengono al segmento famiglie, ha aggiunto Modiano che sta valutando l'ipotesi di tenere aperte le 5.500 filiali nell'orario di pranzo e al sabato. La stima di 10 miliardi di conti «dormienti» nelle banche italiane, i conti non movimentati da 10 anni che secondo un provvedimento del governo potranno essere utilizzati per risarcire le vittime dei crac finanziari, infine, sembra «lontana dalla reale consistenza dei depositi».

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 31

Prima proposta di patteggiamento penale delle banche: 156 euro per creditore - Risarcimenti Parmalat, Nextra mette sul tavolo 5 milioni di euro 

autore: Massimo Sideri categoria: REDAZIONALE

MILANO — C'è un assegno da cinque milioni di euro firmato da Nextra, la Sgr del gruppo Intesa, nelle carte depositate presso il tribunale di Milano davanti al Gup Cesare Tacconi la cui decisione è attesa per il 18 giugno. A conti fatti sarebbero 156 euro per ogni creditore Parmalat, senza contare le quote che dovrebbero entrare nelle casse dello stesso gruppo di Collecchio e della Consob che pure si sono costituite parti civili nel processo per aggiottaggio nei confronti di Ubs, Deutsche Bank, Citigroup, Bank of America e Morgan Stanley, oltre a Nextra. È questa la cifra totale offerta dalla sgr per patteggiare con le parti civili e chiudere definitivamente la partita con il crac dell'ex impero di Calisto Tanzi.

La stessa Nextra aveva già chiuso tutti i rapporti, anche sul fronte penale, con l'amministratore delegato del gruppo del latte e affini, Enrico Bondi. E quindi, se il Giudice per le udienze preliminari dovesse dare il proprio via libera, la società di Banca Intesa potrebbe essere la prima ad avere la possibilità di gettarsi alle spalle la storia nera del crac. D'altra parte Nextra è anche l'unica che nel processo per aggiottaggio aveva risposto alle richieste di patteggiamento dopo che non solo Tanzi ma anche Bondi avevano puntato il dito sulle responsabilità degli istituti nella voragine da 14 miliardi che la vecchia Parmalat aveva lasciato. Nessun commento è giunto dalle parti civili che dovranno accogliere o meno la decisione (oltre 30 mila creditori, quindi la maggior parte di quelli ammessi nel processo, sono rappresentati dal Comitato creditori Sanpaolo-Imi). Ma la sensazione è che i 156 euro a testa, dopo i 40 offerti da Deloitte e rifiutati, siano considerati irrisori.

La tesi del rappresentante dei creditori del Sanpaolo, Carlo Federico Grosso, è che Bondi non abbia l'esclusività della rappresentanza dei creditori, anche perché alcuni di essi potrebbero aver venduto le azioni ottenute come parziale risarcimento. In poche parole i creditori potrebbero chiedere non solo i danni morali (entro il cui perimetro dovrebbero rientrare questi cinque milioni) ma anche quelli materiali. Da sempre opposta la tesi di Bondi che considera le azioni Parmalat e il loro corso in Piazza Affari come il tramite per il risarcimento. E proprio su questo fronte il manager ha appena incassato un punto a proprio favore dalla prima sezione penale del Tribunale di Milano che, nel respingere in un altro ramo del processo la richiesta di sequestro conservativo dei beni della Deloitte & Touche, ha sottolineato i vantaggi patrimoniali derivati agli obbligazionisti ancora azionisti dalle transazioni e dal loro impatto sul prezzo di Borsa.

In ogni caso va sottolineato che gli imputati sono molti. In particolare Bondi in tribunale aveva sottolineato il grande peso avuto, secondo la sua ricostruzione, da Bank of America. Con la stessa banca statunitense Bondi ha avviato una causa miliardaria per danni di fronte al giudice americano Lewis Kaplan.

Insomma, i fronti aperti sono parecchi e la cifra andrebbe interpretata come un singolo pezzo del grande puzzle del crac. Spetterà ai diversi giudici tra Milano, Parma e New York valutare le responsabilità dei vari attori. E in ogni caso non è chiaro quale sarà il meccanismo di suddivisione di questi cinque milioni: se cioè verranno distribuiti in parti uguali o in relazione alle singole esposizioni finanziarie. msideri@corriere.it

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 33

Addio alla commissione di massimo scoperto? - No, cambia solo nome

categoria: REDAZIONALE

Niente più commissione sul massimo scoperto. La Camera infatti, ha approvato ieri — ma il provvedimento deve ancora passare all'esame del Senato — la norma che ne prevede l'abolizione, contenuta nel decreto sulle liberalizzazioni presentato dal ministro per lo Sviluppo Pierluigi Bersani. Ma le banche, che d'ora in poi dovranno rinunciare alle maggiorazioni applicate a chi va col conto in rosso, non resteranno completamente a bocca asciutta. Sempre ieri il relatore al provvedimento, Andrea Lulli ha presentato un emendamento, a sua volta approvato, che conferma il divieto delle clausole sul massimo scoperto ma consente alle banche di chiedere al cliente «un corrispettivo» per il servizio di messa a disposizione dei fidi. Cioè per la possibilità di andare in rosso entro una determinata somma. Tale corrispettivo , che deve essere «specificato con un patto scritto» e «rinnovato ogni anno», sarà «proporzionale all'importo e alla durata» del fido. E si aggiungerà ovviamente al tasso debitorio sulle somme effettivamente utilizzate dal cliente. Per Lulli l'emendamento allevierà di 7-800 milioni l'impatto sulle banche del divieto del massimo scoperto. Secondo le banche si tratta solo di una migliore e più trasparente distribuzione dei costi del servizio. Ma perché aspettare il Parlamento per fare trasparenza in casa propria?

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-07 num: - pag: 33

In Kuwait - Mediobanca debutta nella finanza islamica 

categoria: REDAZIONALE

Mediobanca debutta nella «finanza islamica». L'istituto guidato da Alberto Nagel ha concluso con la Kuwait finance house di Kuwait, secondo istituto bancario del Paese e seconda istituzione finanziaria islamica al mondo per attivo di bilancio, la prima operazione finanziaria nel rispetto dei principi della legge islamica. Si tratta di un murabaha, cioè un contratto di compravendita a pagamento differito.

Con questa operazione Piazzetta Cuccia consolida le relazioni con investitori delle regioni mediorientale, nordafricana e asiatica per transazioni finanziarie «shariah compliant». E prosegue nel processo di diversificazione e sviluppo della offerta finanziaria internazionale.

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LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007

"Un comandante inadeguato e sleale" - Ecco il dossier del governo che accusa il generale Speciale - il documento - "Nessuna intimidazione del viceministro che ha operato nel pieno rispetto dei suoi compiti di indirizzo" - Visco rivela: "Il generale mi disse che Spaziante gli era stato imposto da Tremonti" - Smentita la consegna di foglietti con i nomi degli ufficiali da trasferire

CARLO BONINI

Il che torna a sollecitare domande sin qui inevase. A un ufficiale di tale fatta era opportuno, come il governo ha fatto, offrire uno scranno alla Corte dei Conti? Perché è rimasto al comando per oltre un anno senza che il governo trovasse la forza di avvicendarlo?

Il documento, dunque.

E´ il 9 giugno 2006. Visco ha ricevuto le deleghe per la Guardia di Finanza soltanto 48 ore prima e il generale Roberto Speciale si presenta al nuovo padrone politico per omaggiarlo con la testa di «un nemico», certo di guadagnarne immediatamente i favori. «Il Comandante generale - scrive Visco - mi prospettò per prima cosa l´opportunità di avvicendare il capo di Stato maggiore, il generale Spaziante, il quale, a suo dire, gli era stato imposto dal precedente ministro». Che Emilio Spaziante (già comandante della Guardia di Finanza in Lombardia) e Giulio Tremonti siano annodati a doppio filo lo sanno anche i sassi. E toglierselo di torno è una mossa utile a far passare il piano di avvicendamenti che la accompagna. Il 26 giugno, infatti, Speciale torna da Visco. «Mi presentò un´ipotesi di impiego di generali e colonnelli piuttosto ampia. Nel prospetto erano previsti, tra gli altri, avvicendamenti presso gli importanti comandi di Roma, Torino, Bologna, Firenze e Cagliari, ma non di Milano».

Visco non abbocca. «Sconsigliai la rimozione di Spaziante da capo di Stato maggiore, che infatti rimase al suo posto, sia perché poco motivata, sia per evitare che potesse essere interpretata come una decisione politica del nuovo governo. Mi riservai di esprimere un parere sulle proposte di trasferimento, sia per maturare le giuste convinzioni, sia per meglio comprenderne i criteri». Cominciano consultazioni «informali». Visco discute «con il comandante in seconda, generale Italo Pappa, con il generale Sergio Favaro, che avrebbe assunto lo stesso incarico dopo pochi mesi, con il generale Emilio Spaziante, capo di stato maggiore, con il suo sottocapo, generale Paolo Poletti, con il generale Mariella, già capo di stato maggiore durante il primo governo di centro-sinistra». Ne esce un quadro allarmante. «Pappa e Favaro lamentavano una gestione personalistica del Corpo» (per dirne una, Speciale ha rimosso in un colpo solo l´intera catena di comando dell´Emilia durante il "caso Parmalat"), «un non sempre puntuale rispetto delle regole, una mancanza di valutazione e consapevolezza delle conseguenze giuridiche delle decisioni assunte. Forte era la polemica in relazione alla politica degli "encomi" (spesso "solenni" a singoli ufficiali di grado elevato), perché influenzava i lavori della Commissione speciale di avanzamento (le promozioni di carriera ndr.) e avveniva spesso senza rispettare le procedure e senza conoscenza pubblica delle ragioni di quelle concessioni, dei loro beneficiari».

Si arriva così al nodo di Milano. «Emersero alcune valutazioni negative, in particolare nei confronti del generale Forchetti (delfino di Spaziante, uomo di Pollari ndr.), comandante regionale della Guardia di Finanza in Lombardia che, secondo il generale Favaro, non presentava un´adeguata corrispondenza ai requisiti richiesti per l´incarico, non avendo seguito il corso superiore di polizia tributaria». E ancora. «Emergeva che sia il generale Forchetti, che altri ufficiali, erano stati impiegati per molti anni in Lombardia e/o Milano. Il generale Forchetti, prima a Milano come capo centro Lombardia del II Reparto (l´intelligence della Finanza ndr.), poi comandante del gruppo a Milano, poi comandante provinciale e infine comandante regionale. Il colonnello Lo Russo, comandante dal 2002 al 2004 al comando provinciale di Milano era stato riassegnato, evento davvero inconsueto, dal 1 giugno 2006 allo stesso comando, dopo un periodo trascorso, sempre a Milano, dal luglio 2004 al maggio 2006 come comandante del Nucleo regionale di polizia tributaria». Ma, soprattutto, «le informazioni arrivate al mio Gabinetto da altre fonti interne al Corpo» sollevavano «ulteriori dubbi sulla permanenza degli stessi ufficiali, nella stessa sede, per l´inevitabile cristallizzazione di amicizie e di conoscenze con ambienti dell´economia, della politica e dell´informazione».

Per Visco, ce n´è abbastanza per suggerire «legittimamente» di sciogliere il grumo. Sappiamo ormai quel che accade di lì in avanti. Sappiamo che Speciale trova nell´ex nemico Spaziante un alleato nelle mosse che cova. Sappiamo dell´incontro Visco-Speciale del 13 luglio. Della disponibilità di Speciale ad avviare i trasferimenti il giorno successivo. Delle due tempestose telefonate (il 14, a Bari e il 17 luglio, «in viva voce», a Roma) tra il viceministro e il comandante generale quando appare chiaro al primo che il secondo lo prende in giro. Delle due lettere del procuratore Minale (una di giugno, una di luglio), ricevute da Speciale e taciute a Visco. Della notizia battuta dall´Ansa la notte del 16 luglio che della trappola è spia («Caso Unipol, azzerati i vertici della Guardia di Finanza in Lombardia»).

In quel luglio del 2006, mentre continua a mentire a Visco, Speciale prepara la tenaglia che lo deve stritolare. Insieme a Spaziante, si fa ascoltare dall´Avvocatura generale di Milano (tacendo volutamente la circostanza al generale Ferraro, comandante interregionale responsabile per il nord-Ovest), quindi promuove un esposto alla procura militare di Roma. Un anno dopo, fa esplodere il caso e torna a mentire, soprattutto nel dare conto del contenuto delle sue telefonate con il viceministro. Che scrive: «Non feci nessuna indebita pressione. Non avanzai alcuna minaccia. Non consegnai alcun "foglietto" con i nomi degli ufficiali da trasferire. Ed infatti tale "foglietto" non è mai stato esibito, pur essendo il comandante generale persona che ha dimostrato rara attenzione a particolari e dati, fino al punto di annotare l´orario delle telefonate fatte ascoltare in viva voce, se non addirittura registrate. Non feci alcun riferimento a Unipol, le cui indagini, del resto, erano condotte dal Nucleo di polizia valutaria di Roma». Padoa-Schioppa e il governo di tutto questo traggono le conseguenze: «Il viceministro ha agito nel pieno rispetto sia delle prerogative dell´autorità politica e dei compiti di indirizzo ad essa spettanti, sia degli interessi della Guardia di Finanza e dell´autorità giudiziaria».

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LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007

E oggi i testimoni sfilano in procura - l´indagine

ELSA VINCI

ROMA - Il ring si sposta in tribunale. Dopo il dibattito al Senato, il procuratore capo, Giovanni Ferrara, convoca i testimoni dello scontro tra il viceministro dell´Economia, Vincenzo Visco, e l´ex comandante generale della Guardia di Finanza, Roberto Speciale. Oggi e domani saranno sentiti due stretti collaboratori del generale, il colonnello Michele Carbone, suo portavoce, e l´aiutante di campo, il maggiore Giovanni Cosentino. Sono stati testimoni di minacce?

I due avrebbero ascoltato una telefonata tra Speciale e Visco il 17 luglio 2006. Il viceministro, che aveva chiesto il trasferimento di quattro ufficiali nei comandi di Milano, era irritato perché l´ordine non era stato eseguito. Il procuratore ha già ricevuto gli atti dell´inchiesta amministrativa svolta dalla Procura generale lombarda e ha già letto il verbale-denuncia di Speciale. Visco sarebbe stato brusco, avrebbe pronunciato frasi del tipo: se non lo fa, conosce le conseguenze cui andrebbe incontro.

Se gli ex collaboratori del generale confermeranno al pm pressioni o abusi, se questi verranno riferiti da altri ufficiali citati negli atti trasmessi da Milano e convocati dalla procura di Roma, sarà inevitabile l´iscrizione di Visco sul registro degli indagati, con ipotesi di abuso d´ufficio. E con invio degli atti al tribunale dei ministri.

Arbitro della partita resta la Corte dei Conti, ancora al lavoro sul decreto con cui il governo, dopo aver destituito Speciale, ha nominato Cosimo D´Arrigo comandante della Guardia di Finanza. «Siamo in fase istruttoria», ripetono dalla presidenza. Tempo per legge 60 giorni, ma il verdetto è annunciato dopo il dibattito al Senato, forse già oggi. La polemica politica rimbalza sulle porte chiuse degli uffici dei magistrati contabili impegnati a verificare il profilo di legittimità della nomina. Soltanto dopo la registrazione delle Corte dei Conti la nomina oltre che valida potrà dirsi «efficace». Se l´ufficio di controllo bocciasse, D´Arrigo non potrebbe dare ordini.

La Cdl sostiene la nullità dell´atto «perché i decreti avrebbero dovuto essere due, uno di revoca a Speciale e l´altro per il nuovo incarico». Ma spiega Cinzia Binetti, viceprocuratore e portavoce della presidenza della Corte dei Conti: «Non è inconsueto che la Corte muova dei rilievi. Durante l´istruttoria c´è un dialogo tra le istituzioni. Sulla base delle osservazioni, Palazzo Chigi in realtà potrebbe anche rinnovare l´atto o completarne i profili formali». A decidere è il magistrato Claudio Iafolla.

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LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007

E oggi i testimoni sfilano in procura - In Veneto torna la disobbedienza fiscale - Le imprese trevigiane: non pagare i rincari. Scontro con Confindustria - La revisione degli studi di settore viene giudicata da "stato poliziesco" - L´iniziativa degli artigiani: presenteremo le denunce senza tenere conto degli studi. E Tomat benedice la protesta - Altolà da parte del presidente degli industriali della regione, Riello: "Il governo ha sbagliato i conti ma le tasse vanno pagate"

ALESSANDRA CARINI

TREVISO - Nel Nordest della ripresa economica torna a spirare forte l´aria della rivolta fiscale. Fiutata da Silvio Berlusconi, temuta dagli esponenti del centro sinistra, in lotta disperata per gli ultimi ballottaggi amministrativi, si è concretizzata nella minaccia di un´obiezione fiscale di massa contro gli studi di settore varati dal governo. Non è certo la ribellione che, a metà degli anni novanta spinse imprese trevigiane e veneziane a spedire simbolicamente a Roma le chiavi delle loro aziende per protesta contro la finanziaria del governo di Lamberto Dini. Né l´occupazione degli uffici Iva che vide mezza industria veneta, Treviso in testa, protestare così contro i ritardi dei rimborsi.

Ma è una protesta di massa che rischia di ingolfare gli uffici dell´amministrazione e di coagulare intorno a sé il malcontento verso il fisco. Sono questa volta gli artigiani a scendere in campo contro l´aggiornamento degli studi di settore. A fare da detonatore la scadenza della presentazione delle denunce dei redditi con la rivalutazione degli indici che minacciano di tradursi, per molti, in un salasso fiscale. «C´è un aumento dei ricavi presunti tra il 35 e il 50%» dicono i commercianti dell´Ascom veneziana. «Se i nuovi schemi non verranno sospesi presenteremo le denunce senza tenere conto degli studi. Vedremo se il fisco sarà in grado di fare migliaia di accertamenti» dice il presidente della Confartigianato veneto Vendemiano Sartor. E anche esponenti più vicini alla sinistra come Giuseppe Bortolussi, assessore della giunta di Massimo Cacciari e costruttore delle fortune della Cgia di Mestre, si uniscono alle proteste: «Qualcuno deve avere fatto male i conti. Sono metodi da Stato poliziesco quelli che ti costringono a pagare su ciò che non hai incassato e che non puoi neanche dimostrare di non avere guadagnato. Visco sbaglia e sbaglia tutto il governo che continua a richiedere 3 miliardi di euro a queste categorie che vengono da cinque sei anni di crisi, quando il governo ha messo da parte maggiori entrate per 34 miliardi».

Ma non sono solo gli artigiani. La protesta è arrivata, silenziosa, fino alle associazioni degli industriali, creando imbarazzo e distinguo in un mondo che si barcamena tra la necessità di contenere il malcontento e quella di affrontare i problemi di una platea fatta per la quasi totalità da piccole e medie aziende. Anche se non sono più i tempi del Nordest ribellista, le grida contro il fisco ha preso anche le associazioni. Andrea Tomat, presidente degli industriali trevigiani e candidato in pectore alla guida di quelli dell´intero Veneto, è sceso in campo a difendere i « rivoltosi». «Fanno bene a protestare e ad opporsi. Non è uno Stato democratico quello che costringe i contribuenti a dichiarare quello che non è dovuto e ad accettare, per paura di accertamenti vessatori, di pagare una sorta di pizzo al fisco». E aggiunge: «Le imposte del 2006 sono aumentate in misura spropositata e gli adempimenti burocratici si sono moltiplicati. Sono centinaia le proteste che ci arrivano da tutte le parti». Il timore è che, prima o poi la protesta finisca per esplodere, facendo da catalizzatore ad un disagio diffuso verso il fisco. Così Andrea Riello, presidente degli industriali veneti, ha tirato il freno. «Le tasse vanno pagate e su questo non ci piove, ci sono altri sistemi rispetto alla disobbedienza. Ciò non toglie che il governo deve avere sbagliato i conti. Quelli sugli studi di settore, che mi dicono essere errati, e quelli politici pensando di continuare a cercare risorse dove la tassazione è più alta e cioè al Nord che, in proporzione paga più che il Sud e tutto il resto del Paese».

A essere sotto accusa non sono solo gli studi di settore, ma anche la promessa, mancata, che il governo avrebbe cercato l´accordo delle categorie per rivederne il peso. Dice ancora Bortolussi: «Non ha mantenuto la sua parola. Ma non ha neanche tenuto conto che molte delle categorie sulle quali si è aumentato il prelievo, stanno andando in crisi proprio adesso, basta guardare gli edili. Ed è per questo che la rabbia rischia di esplodere. A parte- conclude sconsolato - che non c´è più neanche un falegname che voti a sinistra». La rivolta degli artigiani si mescola così con la richiesta che qualcuno, di destra o di sinistra che sia, cominci a far sentire a Roma le ragioni del Nord. Perfino un moderato come Massimo Calearo auspica che i parlamentari del Veneto, che si chiamino Massimo Cacciari o Paolo Giaretta, spieghino «quel che qui si sta rischiando» e cioè un avvitamento tra l´inasprirsi del prelievo fiscale, le denunce sullo spreco e i costi della politica, la percezione che le imprese avvertono di un governo ostile. «Non si tratta di andare dietro i mal di pancia. Né di smettere di lottare contro l´evasione. Qui si corre il pericolo che la fatica delle aziende, il moltiplicarsi della burocrazia uniti agli inasprimenti fiscali facciano da scintilla ad un malcontento diffuso». Ma il fisco non demorde, anzi rilancia: ieri l´Agenzia delle entrate del Veneto ha accertato un "tesoretto" di 900 milioni di evasione nel 2006. La guerra, dunque, continua.

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LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007

La Bce aumenta di un quarto di punto i tassi, al massimo da sei anni e alza al 2,6% la stima del Pil per il 2007. Mutui e prestiti più cari - Il costo del denaro in Europa sale al 4% - Trichet: non esclusi nuovi rialzi, rischio inflazione ancora alto. Borse in calo - Nel 2008 crescita al 2,3%. Critico il ministro Ferrero: stop all´integralismo di Francoforte

BARBARA ARDÙ

ROMA - Prestiti e mutui a tasso variabile da oggi costeranno di più. La Banca centrale europea ha alzato il costo del denaro dal 3,75 al 4 per cento, il livello più alto dall´agosto 2001. Una stretta attesa, l´ennesima, che in soli diciotto mesi ha fatto raddoppiare il costo del denaro in Eurolandia e che probabilmente non sarà l´ultima. Jean-Claude Trichet, presidente della Bce non ha voluto entrare nel merito, lasciando dunque il mercato nell´incertezza, ma gli analisti si aspettano un nuovo rialzo a settembre, che potrebbe non essere l´ultimo della serie.

Sono i rischi di una ripresa dell´inflazione a turbare i sonni del presidente della Bce e a fargli usare la leva monetaria. «Nel medio termine - ha detto Trichet - prevalgono rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi», dovuti soprattutto al «lato domestico» e, in particolare, ai forti aumenti salariali e a quelli dei prezzi amministrati. E certo non è svanita l´incognita petrolio. «Monitoreremo da vicino» gli sviluppi dei prezzi, così da evitare che si «materializzino i rischi», ha detto Trichet. Ed è questa la frase, che secondo gli analisti, prelude a una ulteriore stretta nella politica monetaria, oltre all´insistenza con cui Trichet è tornato sul rischio prezzi, rischio per contrastare il quale la Bce, ha aggiunto il suo presidente, «ha le mani libere».

Una conferma arriva anche da Lorenzo Bini-Smaghi, membro del comitato esecutivo della Bce. «Chi ha sottoscritto prestiti a tassi variabili - ha dichiarato Bini Smaghi - ha beneficiato di condizioni favorevoli per anni, che ora si stanno esaurendo. Con i tassi bassi - ha aggiunto - avremmo alimentato l´inflazione».

L´economia dell´area euro infatti «continua a espandersi a un ritmo decisamente più forte di quanto ci aspettavamo un anno fa», ha spiegato Trichet, che ha annunciato come la Bce abbia rivisto le stime di crescita per il 2007. Quest´anno l´economia crescerà del 2,6 per cento, quindi a un tasso più rapido di quanto previsto in marzo (2,5), mentre i prezzi aumenteranno più del previsto: dall´1,8 per cento stimato tre mesi fa, al 2 per cento. Si rallenta invece nel 2008: la crescita sarà ridotta al 2,3 per cento (la stima era del 2,4), ma lo stesso non vale per l´inflazione le cui previsioni restano stabili al 2 per cento. La mossa dell´Eurotower ha indebolito l´euro, spingendolo sotto quota 1,35 dollari e picchiato sulle Borse europee, che hanno archiviato una seduta negativa anche per i timori che la crescita dell´inflazione blocchi il taglio ai tassi Usa.

Critico il ministro Paolo Ferrero, che dietro le mosse della Bce vede una sorta di «integralismo monetario» a scapito dell´economia reale. «Oltre a rendere meno competitiva l´economia europea su scala mondiale, oltre a costare un bel po´ a tutti i cittadini titolari di mutuo - ha spiegato il titolare della Solidarietà sociale - la decisione di alzare i tassi costerà allo Stato italiano circa 4 miliardi su base annua di maggiori spese per interessi». Preoccupati anche consumatori e sindacati europei. Secondo l´Adusbef c´è il rischio di insolvenza per tante famiglie che si sono indebitate per acquistare casa. I sindacati chiedono invece una moratoria sui futuri rialzi.

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PUBBLICA giovedì 7 giugno 2007

Oggi le designazioni del direttivo del patto di sindacato. Conferme in arrivo per Benetton, Pesenti e Tronchetti Provera - Mediobanca vara il nuovo vertice - Geronzi presidente del consiglio di sorveglianza, fuori Gabetti e Libonati - I rappresentanti al vertice del colosso Unicredit-Capitalia potrebbero diminuire - La partita Telecom condiziona la nomina di Galateri al vertice dell´organo di gestione

ANDREA GRECO

MILANO - Altra tornata di nomine in Mediobanca. Quelle per la governance duale, che entro lunedì saranno decise e il 27 giugno votate dai soci per introdurre da ottobre il doppio consiglio "alla tedesca". Il direttivo del patto parasociale oggi inizia i lavori, semplici solo in apparenza poiché avvengono in una fase delicata – è in corso la fusione tra i due maggiori soci, Unicredit e Capitalia – e impongono una revisione dell´accordo stesso, in ottica duale.

Vanno stabiliti i 21 nomi del consiglio di sorveglianza, e implicitamente quelli del consiglio di gestione da questo nominato e che reca un´altra incertezza, sul ruolo di Gabriele Galateri. All´attuale presidente Mediobanca tocca la presidenza della gestione, sopra i manager operativi che guiderà Alberto Nagel, prossimo consigliere delegato. Ma Galateri, che alcuni soci vorrebbero a presiedere la futura Telecom "spagnola", esiste la possibilità di passare direttamente alla telefonia, se il closing dell´accordo con Telefonica, incassato l´antitrust europeo, potrà avvenire entro fine mese (quindi in tempo per l´assemblea della banca d´affari). In tal caso, la presidenza del consiglio di gestione potrebbe andare a Renato Pagliaro, direttore generale in pectore.

La futura rappresentanza del polo guidato da Alessandro Profumo, socio al 9% impegnato a cedere in estate altrettante azioni, suscita qualche incognita. La "doppia rappresentanza" delle due ex Bin, che avevano sei membri nel cda Mediobanca, potrebbe ridursi insieme alla partecipazione. Dopo le dimissioni di Matteo Arpe, giunte a fine maggio con il suo addio a Capitalia, restano in cinque. A Cesare Geronzi è destinata la presidenza del consiglio di sorveglianza. Il suo giurista di fiducia, Berardino Libonati, è già destinato a prenderne il posto alla vice presidenza di Unicredit, quindi potrebbe stare fuori da Piazzetta Cuccia. E il "sacrificio" potrebbe non essere l´unico, anche per dare un segnale a chi vede un´eccessiva concentrazione di potere nelle nozze bancarie da 100 miliardi. La mancata conferma di Libonati potrebbe comunque far quadrare i posti del nuovo consiglio di sorveglianza, che per statuto avrà fino a 21 membri. I posti liberi sono 16: tre consiglieri saranno cooptati dal collegio sindacale – il consiglio "alto" ne mutua le funzioni di controllo – altri due spettano alle minoranze. Gran parte dei consiglieri dovrebbe essere confermata, ma è possibile un rafforzamento dei soci industriali del gruppo B, dove uscirà Gianluigi Gabetti (Fiat) ma sederanno ancora Gianpiero Pesenti, Marco Tronchetti Provera e Gilberto Benetton, a scapito dei bancari (A). Mentre per il gruppo C dei soci stranieri capitanati da Vincent Bolloré non si annunciano novità.

Il fine settimana servirà anche a sciogliere le riserve sulle liste alternative, riservate ai soci di minoranza che abbiano almeno l´1% di quote. Contrariamente a quanto avvenuto in altre società, Assogestioni non ha in mente di presentare una lista; e non è chiaro se gli investitori esteri si muoveranno. L´altro candidato è Luigi Zunino, che ha il 3% di Mediobanca, ma ha legami anche di esposizione con la rivale Intesa Sanpaolo, e non risulta troppo popolare nel salotto meneghino. Il patto presieduto da Piergaetano Marchetti oggi introdurrà poi le modifiche per adeguarsi al sistema duale, anche se l´esistenza del doppio consiglio, formalmente compatibile, suscita qualche dubbio, compresi quelli del governatore Mario Draghi. Ne uscirà un patto più leggero, con mera funzione di blocco, e che presto sarà chiamato a distribuire le quote eccedenti di Unicredit.

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LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007

L´OPERAZIONE - La società di Novara chiude il 2006 con un utile di 946 milioni. Tensione per il caso Eurizon - De Agostini ha il 4% di Generali "Ma fuori da Piazzetta Cuccia"

SARA BENNEWITZ

MILANO -De Agostini ha reinvestito tre quinti del ricavato della vendita di Toro nel nuovo padrone del gruppo assicurativo danni, le Generali. Questo è quanto emerge dalla relazione 2006 che Lorenzo Pellicioli ha fornito ieri sull´andamento del gruppo di Novara che nel 2007 punta a raggiungere 700 milioni di margine lordo (erano 439 lo scorso anno). A fine anno il peso del 4% nel Leone di Trieste rappresentava il 29% del patrimonio del gruppo De Agostini, che fra le alte cose controlla Lottomatica, la spagnola Antena3, Dea Capital (attraverso cui ha investito in Generale De Santé) e tra le società non quotate la Magnolia di Giorgio Gori.

Nel luglio 2006 De Agostini aveva incassato da Generali 2,58 miliardi di euro a fronte della vendita di Toro e a fine dicembre aveva già reinvestito 1,5 miliardi nel capitale del Leone. E proprio la maxi plusvalenza ricavata da Toro, ha permesso alla società di chiudere il 2006 con profitti per 946 milioni, più del doppio del risultato 2005. E così il gruppo di Novara detiene un 2,5% di Generali direttamente o tramite controllate (per un esborso di 950 milioni) e un altro 1,5% attraverso contratti derivati in scadenza a ottobre 2007, stipulati con una primaria banca estera (che valgono altri 550 milioni). Da tutto ciò emerge che il prezzo di carico delle azioni Generali detenute dal gruppo di Novara è inferiore a 27 euro, mentre quello che risulta dal contratto d´opzione è addirittura di 26 euro. «La partecipazione in Generali per De Agostini è un investimento finanziario di medio termine - ha precisato Pellicioli - non vogliamo aumentare la nostra esposizione sul gruppo, né investire in Mediobanca. Crediamo nelle potenzialità del titolo e nei ritorni che potremmo ricavare dall´operazione». E al momento, sempre stando alle dichiarazioni di Pellicioli, l´investimento in Generali avrebbe già fruttato una plusvalenza potenziale di oltre 200 milioni.

In questi giorni, inoltre, Generali torna sotto i riflettori in attesa della pronuncia dell´Antitrust sulla questione degli accordi di banca assicurazione con il gruppo Intesa Sanpaolo. Tuttavia, secondo gli azionisti torinesi del maxi polo bancario, la questione antitrust sarebbe facilmente superata se - come più volte annunciato - Intesa Sanpaolo procedesse alla quotazione di Eurizon. E la società guidata da Mario Greco rischia di diventare il polo della discordia tra Torino e Milano, un nodo che dovrà essere sciolto a cavallo del 19 giugno, quando si svolgerà un consiglio di gestione e sorveglianza, o poco dopo. E proprio a ridosso del board, i dipendenti di Eurizon hanno annunciato tre giorni di sciopero (ovvero il 16,17 e 18 giugno) lamentando la poca chiarezza sulle future strategie del gruppo. «Eurizon somiglia ad un pollo del quale ognuno dei commensali vorrebbe aggiudicarsi un pezzo, chi il petto, chi la coscia - riferiva una nota dei sindacati del gruppo - Il problema è che, per saziare i diversi appetiti, il pollo deve morire». L´iniziativa è stata proclamata dai dipendenti di Banca Fideuram, Universo servizi, e Sanpaolo Invest, che da soli rappresentano oltre la metà del personale Eurizon.

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LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007

La procura di Roma chiude le inchieste su Rcs, Enasarco e fondo del presidente Confcommercio - Ricucci e Billè verso il processo - E Magiste Real Estate mette all´asta il patrimonio immobiliare

ELSA VINCI

ROMA - Chiusa l´inchiesta sulla scalata di Stefano Ricucci a Rcs. La procura di Roma si accinge a chiedere il processo. Nel giorno in cui si è aperta l´asta per parte del suo patrimonio immobiliare e sui principali quotidiani è apparso l´invito a manifestare interesse per alcuni palazzi della Magiste Real Estate a Roma e Milano, i pm Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli hanno chiuso i lavori sul marito di Anna Falchi. Tre indagini in un solo deposito di atti: la scalata al gruppo Rizzoli-Corriere della sera, la gestione del Fondo del presidente di Confcommercio e la gara per l´assegnazione degli immobili di Enasarco. Sedici gli indagati. Con Ricucci c´è anche Sergio Billè, ex presidente dei commercianti. Sono entrambi accusati di appropriazione indebita e corruzione aggravata. A Ricucci, «dominus e punto di raccordo delle tre indagini», i magistrati contestano inoltre l´aggiotaggio informativo, false fatturazioni, occultamento di scritture contabili.

Sulla tentata scalata al gruppo Rcs, i pm scrivono nel capo d´imputazione: «Ricucci agendo come presidente del cda di Magiste International e Garlsson Real Estate, diffondeva notizie false concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo del titolo Rcs Mediagroup». In particolare: «Con ripetute dichiarazioni alla stampa affermava che il gruppo Magiste disponeva di liquidità proprie e i finanziamenti delle banche non erano garantiti da pegno su azioni Rcs. L´intenzione del gruppo era arrivare, sempre in Rcs, al 29,9%» del capitale. Notizie «false», sostiene la Procura, che «contribuivano a determinare un rilevante incremento del valore di mercato del titolo Rcs che passava da 4,9 euro dell´ 11 aprile 2005 a 6,6 euro del 2 agosto 2005». Con Billè poi l´immobiliarista romano si sarebbe appropriato «indebitamente» della somma di 39 milioni: questo denaro sarebbe stato versato dall´ex presidente di Confcommercio a Ricucci per l´acquisto di un immobile a via Lima a Roma (immobile che peraltro è finito insieme agli altri all´asta). La somma, così come altre, era stata «prelevata - si legge nell´avviso di conclusione delle indagini - da quelle versate dalle aziende, come quota dei contributi integrativi per i dirigenti, al Fondo previdenziale Mario Negri e al Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali (Fasdac) e destinate a Confcommercio, e delle quali Billè aveva il possesso». L´ex presidente di Confcommercio, infatti, secondo l´accusa, «faceva versare i contributi incassati dai Fondi non nelle casse dell´associazione, ma su un conto bancario» a lui intestato, nella sua qualità di presidente, e gestito fuori del bilancio ufficiale della confederazione, alla quale trasferiva invece «solo una quota minima dei contributi ricevuti (circa 3 milioni l´anno a fronte di finanziamenti per oltre 17 milioni di euro l´anno), e destinando tali somme, in larga parte, a fini esclusivamente personali». Come l´acquisto di opere d´arte.

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LA REPUBBLICA giovedì 7 giugno 2007

Indagine dei pm di Milano. Rispunta l´argentino Macrì - Bnl, nella scalata Unipol pacchetto fantasma del 10% - Un ruolo attivo per i finanzieri Stefano Roma e Luca Padulli

MILANO - C´è un pacchetto fantasma del 10% di Bnl nell´inchiesta della magistratura milanese sulla scalata Unipol: secondo le ricostruzioni del pm Luigi Orsi, non è mai stato denunciato alla Consob. Le indagini si concentrano su chi ha rastrellato quei titoli e su chi ha incassato le plusvalenze. Il pacchetto, come rivelato dall´agenzia Radiocor, risulterebbe intestato a un network italo-argentino, tra cui la famiglia dei Macrì, il cui nome era già emerso nella contesa per la Bnl. Un ruolo è stato svolto da Stefano Roma di Leonardo Capital Fund e da Luca Padulli, protagonista nelle vicende Montdison, attraverso una società inglese, la Park Place, rilevata dall´ex patron di Cirio, Sergio Cragnotti. (w.g.)

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MF  - Denaro & Politica - Numero 113, pag. 4 del 7/6/2007

Arriva la stangatina sulle banche - Ddl bersani, passa una versione soft dell'abolizione della commissione massimo scoperto. - La misura inciderà per 2,2 miliardi di euro sui bilanci. Ma resta l'incognita dell'impatto dei conti dormienti

Autore: Ivan I. Santamaria

La commissione di massimo scoperto scompare, ma al suo posto le banche potranno applicare comunque un corrispettivo sugli affidamenti concessi alla clientela, purché sia commisurato al tempo e all'importo concesso in prestito. Non solo. La banca ne dovrà anche dare conto al cliente almeno una volta l'anno di questa commissione. Insomma, comunque si voglia chiamare il nuovo balzello, le banche non rimarranno del tutto all'asciutto di quei 3 miliardi di euro annui circa assicurati dalla commissione di massimo scoperto. Secondo Andrea Lulli, relatore al ddl liberalizzazioni (nel quale ieri è stata inserita la norma), il sistema bancario dovrebbe veder calare il possibile salasso di 700-800 milioni di euro. La stangata, dunque, diventa una stangatina che peserà comunque sui conti degli istituti per 2,2 miliardi di euro l'anno. L'abolizione della commissione di massimo scoperto non è l'unica spada di Damocle che pende sui bilanci bancari. Anche il regolamento sui conti dormienti appena approvato dal consiglio dei ministri potrebbe avere un certo impatto. Molte banche infatti, fino ad oggi dopo un periodo di tempo (variabile da banca a banca) in cui il conto non era movimentato, tendevano ad incamerare le somme del deposito. Somme che invece ora, finiranno diritte nelle casse dello stato, seppur in tempi lunghi e con una procedura da definire ancora nel dettaglio.

Grazie a un accordo con lo stesso sistema bancario, dal regolamento sui conti dormienti sono stati esclusi quelli di importo inferiore ai 100 euro. Una decisione che potrebbe alleggerire l'impatto della manovra sulle banche. Secondo stime ufficiose, di conti in sonno negli istituti di credito ce ne sarebbero per circa 15 miliardi di euro. Ma il Tesoro fa stime decisamente più prudenziali, puntando ad incassare nei primi anni solo poche centinaia di milioni da indirizzare al fondo per risarcire i risparmiatori coinvolti nei crack Cirio, Parmalat e Argentina.

Ieri intanto, sempre al ddl Bersani, è passato un emendamento che prevede, per chi deciderà di aprire un nuovo conto corrente, l'obbligo di indicare almeno altri due nominativi e relativi indirizzi ai quali mandare comunicazioni nel caso in cui il deposito non fosse movimentato per almeno due anni. Un codicillo in grado di non far addormentare più i conti in banca.

Potrebbe saltare invece l'emendamento al ddl liberalizzazioni che abolisce l'esclusiva per i notai in caso di cessazione o donazione di immobili con valore catastale non superiore ai 100 mila euro. Nei giorni scorsi si era parlato dell'ipotesi di dimezzare la soglia e la riflessione sul tema è ancora in corso. Ma dopo le proteste del notariato, il parere negativo del ministero della giustizia e una difesa trasversale dei notai in parlamento, l'ipotesi potrebbe naufragare. La via d'uscita potrebbe essere quella di lasciare l'esclusiva ai notai ma prevedendo tariffe calmierate per la compravendita di immobili al di sotto dei 100 mila euro. (riproduzione riservata)

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MF  - Denaro & Politica - Numero 113, pag. 4 del 7/6/2007

Nel mirino di Catricalà gli incroci azionari tra gli istituti

Gli incroci azionari tra banche e quelli tra gli amministratori che le dirigono non piace al garante della Concorrenza Antonio Catricalà. In un'intervista concessa a RaiUtile-Economia, il presidente dell'Antitrust commentando la fusione UniCredit-Capitalia, ha spiegato che ´il pericolo che un colosso da solo possa diventare dominante c'è sempre, e c'è anche il pericolo di un oligopolio. Però', ha aggiunto, ´l'Antitrust serve proprio a questo, soprattutto nel settore bancario noi abbiamo una lente su quello che intendiamo sia il vero problema, il vero nodo del nostro capitalismo finanziario che consiste nel conflitto d'interesse possibile, virtuale, che può derivare dalle partecipazioni bancarie incrociate, dalle partecipazioni finanziarie, quindi dalle partecipazioni di capitale, oltre che naturalmente dalle cariche in diversi enti che possono essere in competizione tra loro, anzi dovrebbero esserlo'. Non solo. Secondo il garante l'ingresso in Italia di banche stranieri per ora non ha portato grossi vantaggi ai risparmiatori visto che ´in Italia operano le condizioni che i gruppi italiani applicano ai consumatori italiani', mentre nei loro paesi ´praticano le migliori condizioni ai loro risparmiatori'.

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MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 8 del 7/6/2007

La Bce alza i tassi e le borse cadono - Il costo del denaro sale di un quarto di punto, al 4%. ma l'euro scende sotto quota 1,35. - Molto probabile un nuovo aumento a settembre. Ma Trichet non chiarisce se il mercato deve attendersi altre strette

Autore: Marcello Bussi

S tavolta le borse hanno reagito male alla decisione della Bce di alzare i tassi di interesse di un quarto di punto, portandoli al 4%, il livello più alto dal settembre 2001. Il fatto è che in tutto il mondo sta ormai tornando a materializzarsi lo spettro dell'inflazione, al punto che il presidente della Federal reserve di Dallas, Richard Fisher, è arrivato a esporre la tesi che la globalizzazione non calmiera più i prezzi, ma è addirittura diventata fonte dei loro aumenti (vedere articolo a pag. 21). Non a caso, la Bce ieri ha annunciato di avere alzato le stime sull'inflazione in Eurolandia per quest'anno, portandole dall'1,8% al 2%, (ma ha lasciato al 2% quelle per il 2008).

Parla il presidente. Nel corso della conferenza stampa seguita alla riunione del consiglio direttivo dell'istituto di Francoforte, il presidente Jean-Claude Trichet, contrariamente al solito, ha lasciato un ampio margine di incertezza sulle sue future mosse. Il banchiere centrale ha infatti dichiarato che la politica monetaria della Bce ´è ancora piuttosto accomodante', intendendo dire con queste parole che i tassi sono ancora in linea, se non inferiori, alla crescita del pil in termini nominali. aggiungendo che sull'inflazione ´continuano a prevalere i rischi al rialzo'. A rafforzare la sensazione che la stretta sia tutt'altro che finita, si è aggiunto l'appello che il presidente della Bce ha fatto ai governi dei paesi membri dell'area euro, a ´sfruttare le attuali buone opportunità economiche per riequilibrare con rapidità gli squilibri commerciali e a compiere gli adeguati aggiustamenti in particolar modo riducendo le spese.' Come dire, se voi governi non riequilibrate i bilanci, e la domanda interna, io non posso che stringere i cordoni della borsa. Non stupisce che in un sondaggio condotto dalla Reuters ben 52 economisti sui 62 interpellati si attendano almeno un nuovo rialzo dei tassi di un quarto di punto (al 4,25%) a settembre. Tantomeno sorprende che i mercati azionari di Eurolandia abbiano reagito alle dichiarazioni di Trichet con dei sonori capitomboli. Anche perchè le affermazioni del presidente non sono state esenti da una certa ambiguità. A confondere le idee c'è il fatto che dal comunicato della Bce è scomparso il concetto di ´tassi moderati', sostituito dalla formula ´condizioni finanziarie favorevoli' e non è stata utilizzata la locuzione ´forte vigilanza' sui prezzi, che ha sempre annunciato una prossima stretta monetaria. ´Ci si aspettava un atteggiamento più da falco', è il commento di David Watt, strategist valutario di Rbc Capital Markets, alle dichiarazioni di Trichet. Non a caso, ieri l'euro è sceso fino a 1,3480 dollari. ´L'euro si è leggermente deprezzato', spiega Adrian Schmidt di Royal Bank of Scotland, ´perché ci si attendeva che la Bce avrebbe alzato le sue previsioni sull'inflazione per il 2008, ma non l'ha fatto'.

Previsioni. Secondo gli esperti di Nomura, ´i tassi di interesse non hanno ancora raggiunto un livello considerato neutrale' e ´se si concretizza lo scenario macroeconomico indicato dalla Bce', che ha alzato le stime di crescita del pil 2007 al 2,6% dal 2,5%, ´ci sarà un altro aumento di 25 punti base, al 4,25%, per settembre/ottobre, senza escludere la possibilità di un ulteriore passo al 4,50% per fine anno'. E per Ubm, Trichet ´è soddisfatto delle aspettative attuali del mercato, che sono di un progressivo rialzo fino al 4,50% a fine anno'.

Moniti. Trichet, nel corso della conferenza stampa, ha anche lanciato un appello alle parti sociali per ´evitare gli eccessi' in materia di aumenti salariali.E per quanto riguarda le riforme strutturali, ha chiarito che il Governing Council dà pieno sostegnoo ad ogni iniziativa che aumenti la competizione e acresca la produttività.(riproduzione riservata)

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MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 8 del 7/6/2007

Autore: A cura di Francesca Gerosa - Bp Milano -1,14% Ancora Forti Critiche Sulla Governance Bper

Bpm ha perso l'1,14% a quota 10,876 euro da un massimo intraday a 11,22 euro. Consistenti gli scambi, pari al 2,2% del capitale. A pesare sul titolo è stata la decisione dell'associazione Amici della Bipiemme, che raggruppa la maggior parte degli azionisti dipendenti, di votare ieri all'unanimità contro il progetto di aggregazione con la Popolare Emilia Romagna.

Questo dopo aver analizzato lo statuto e il regolamento della nuova banca nascente che secondo i dipendenti di Bpm sarebbero troppo penalizzanti per il ruolo dei dipendenti-soci.

Il principale elemento di disaccordo dovrebbe essere rappresentato dalla governance della nuova holding che controllerà i due gruppi.

Per gli analisti di Euromobiliare sim (hold e target a 12,4 euro confermati su Bpm) il principale tema di contrasto è costituito dai quorum, giudicati troppo elevati dai soci della Pop Milano, necessari per la modifica del nuovo statuto. ´L'associazione Amici della Bipiemme', affermano ancora gli analisti della sim, ´è comunque l'organo più influente fra le associazioni di soci della banca'.

Nel 2005 aveva espresso il 40% dei voti in assemblea e esprime la maggioranza dei consiglieri in cda. ´Fino all'assemblea di ottobre che sarà chiamata ad approvare la fusione ci sarà spazio per ricomporre le divisioni interne sull'operazione che ha elevate probabilità di essere approvata', concludono alla sim.

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MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 9 del 7/6/2007

Lottomatica tentata da Wall Street - La quotazione degli adr alla borsa americana e' un'opzione per consolidarsi sul mercato. - Spesi 1,5 miliardi, equity swap compreso, per essere terzo socio delle Generali Il gruppo archivia il 2006 con un fatturato di 2,8 miliardi e un utile di 946 milioni Per il 2007, grazie a Gtech, atteso un ebitda di 700 milioni. Rilancio su Bpl.Net

Autore: Andrea Montanari

Se l'essere diventato il terzo socio delle Generali con il 4% è la grande novità finanziaria italiana, il guardare con particolare interesse al mercato americano sarà una delle chiavi dello sviluppo futuro. Potendo giocarsi la carta del leader mondiale nelle lotterie, con Gtech, è ipotizzabile che la De Agostini, attraverso Lottomatica, valuti attentamente ogni strada per sfondare negli Usa. Ivi compreso lo sbarco al listino di americano: una mossa legata all'interesse ´per la privatizzazione del sistema lotteria dello stato dell'Illinois'. Una partita da 10 miliardi di dollari che il gruppo di Novara vuole giocarsi con alleati internazionali. ´E' un'opzione importante per noi', dice il direttore generale Paolo Ceretti nella conferenza stampa di presentazione del bilancio 2006 che si è chiuso con un fatturato di 2,8 miliardi di euro e un utile record di 946 milioni, grazie alla plusvalenza realizzata con la vendita della Toro. Poi, a margine dell'incontro, interpellato da MF sulla possibilità che una società come Lottomatica così fortemente presente negli Usa possa quotarsi a New York, Ceretti risponde: ´No, per dare maggiore liquidità al titolo e permettere anche a investitori stranieri di investire su una quotata italiana avrebbe più senso la quotazione di Adr'. Un'opzione che l'azienda sta valutando? ´Non è nelle priorità della società', risponde Ceretti, ´ma non escludo che possa essere esaminata in futuro'.

L'attualità, invece, è tutta in direzione di Trieste. L'essere saliti dal 2,5% (come anticipato da MF) al 4% grazie a un equity swap stipulato con una banca internazionale, già rinnovato una volta e in scadenza a ottobre, è costato 1,5 miliardi.

Novara terzo azionista del Leone. Il 4% del Leone vale 1,5 miliardi di euro, finanziato in parte - i 950 milioni di euro della partecipazione diretta - con i proventi della cessione della quota in Toro Assicurazioni (2,5 miliardi) e per la restante parte, 550 milioni, con strumenti derivati. Ora la casa editrice di Novara guidata da Lorenzo Pellicioli, che ha una posizione finanziaria netta negativa per 2,8 miliardi (tutto a carico delle società operative) ma che a livello di rating agency scende a 1,5 miliardi (va conteggiato solo il 25% del prodotto ibrido usato da Lottomatica per l'acquisizione di Gtech) si fermerà. Non comprerà altre azioni Generali, nonostante come dicono i vertici ´la stima per l'ebitda 2007 è di 700 milioni. Ed è una previsione conservativa'. Questo perché ´è difficile ora che la partecipazione cresca ancora visto che l'investimento rappresenta circa un quarto del nostro portafoglio', precisa Pellicioli. Che ha aggiunto: ´Per la legge dell'equilibrio nella ripartizione del rischio, siamo già a un livello di peso nella fascia alta'.

Per tale ragione, la De Agostini non dovrebbe essere parte attiva del processo di vendita della metà della quota detenuta da Unicredit Group in Mediobanca (post fusione Capitalia). ´Visto il peso di Generali, un investimento in Mediobanca sarebbe una doppia esposizione sul Leone', prosegue il manager, ´per cui, per la stessa logica del rischio, direi di no. Non compreremo'. E, tantomeno, il gruppo editoriale cederà quote della partecipazioni nella compagnia assicurativa, anche se, come sottolinea Pellicioli, la plusvalenza potenziale è di 200 milioni. ´E' una partecipazione, come avevamo detto fin da quando siamo entrati, di tipo finanziario a medio lungo termine. Non guardiamo ai risultati immediati ma crediamo che possano accadere cose che ne accresceranno il valore'. Una posizione da puro investitore che non guarda a quel gioco di intrecci e alleanze che sta a monte del Leone. ´Non abbiamo posizioni. Siamo in Generali per motivi finanziari, gli schieramenti interessano molto i giornali e poco gli investitori', replica secco il navigato Pellicioli per il quale la fusione Unicredit-Capitalia ´non cambia nulla' in termini di controllo sulle Generali. ´E non ci interessa nessun patto di sindacato'. Insomma, capitolo chiuso.

Ritorno di fiamma per Bpl.Net. Cambiando settore ma restando sempre in termini di investimenti, la De Agostini che può anche contare sul braccio armato Dea Capital potrebbe rilanciare il progetto Bpl.Net. Dall'azienda (che era in cordata con Aviva e Sopaf) non escludono che possa tornare d'attualità nei prossimi mesi. Magari con qualche aggiustamento nella compagine azionaria del veicolo Petunia che non ha portato a termine l'acquisizione per la scadenza dei termini di finalizzazione. (riproduzione riservata)

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MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 11 del 7/6/2007

Ipi, il giallo del palazzo dell'Antitrust - Caso coppola, si perde fra il lussemburgo e panama la proprietà della sede del garante. - Il gruppo torinese ha svalutato integralmente il credito residuo da 30 milioni per la vendita dell'asset perché l'Immobiliare Valadier non è più nel perimetro dell'immobiliarista romano

Autore: Fabrizio Massaro

Ma a chi paga l'affitto, l'Antitrust? A chi vanno i 4,1 milioni all'anno di canone per l'utilizzo del palazzo romano di piazza Verdi che ospita gli uffici del garante della concorrenza presieduto da Antonio Catricalà? Fino a due mesi fa non c'erano dubbi: lo pagava a Danilo Coppola. Ora, da quando lo scorso febbraio la magistratura di Torino ha messo sotto inchiesta l'immobiliarista per aggiotaggio e quella di Roma, a marzo, lo ha arrestato per l'ipotesi di bancarotta fraudolenta e associazione per delinquere, non è così certo. E a sollevare i dubbi è addirittura la Ipi, il gruppo immobiliare quotato controllato da Coppola (con il 47%) e fino all'ottobre del 2005 proprietario (attraverso la controllata Dedalo, poi Isi srl) del palazzo di piazza Verdi, poi girato ad un'altra scatola dell'immobiliarista romano, la Immobiliare Valadier srl, controllata attraverso la Altair Immobili (rinominata Finpaco real estate spa), a sua volta al 99% del Gruppo Coppola spa. Anche per questi passaggi societari Coppola è indagato, assieme ai banchieri Massimo Segre e Pietro D'Aguì, rispettivamente azionista e a.d. di Bim, all'ex a.d. di Ipi Alfonso Ciccaglione, e a Giuseppe Gatto a Gianpiero Tacco, tutti in quanto consiglieri Ipi.

Nella bozza di bilancio 2006 il gruppo torinese presieduto da Tommaso Di Tanno ha svalutato integralmente il credito vantato nei confronti della Immobiliare Valadier, pari a 29,3 milioni di euro. Ufficialmente è un credito ancora verso parti correlate, è specificato nel bilancio, ma ´solo perché sorto come tale'. Infatti, spiegano gli amministratori, ´verifiche effettuate sulla società hanno evidenziato un rapporto di controllo da parte della Albatros spa a sua volta soggetta al controllo della società lussemburghese Stone River sa. Ad aprile 2007 la ricerca non ha ancora permesso di determinare in modo oggettivo la sussistenza delle condizioni per considerare l'Immobiliare Valadier parte correlata. La svalutazione del credito Valadier è stata effettuata anche in considerazione di quanto sopra descritto'.

Ma quando Ipi s'è accorta che la Valadier non era più direttamente riconducibile a Coppola? Secondo quanto spiegato da fonti della società, le verifiche sono cominciata lo scorso febbraio, dopo la perquisizione effettuata dalla guardia di finanza di Torino guidata dal colonnello Germano Caramignoli su ordine dei pm Giancarlo Avenati Bassi e Marco Gianoglio. Fra le carte ricercate dalle fiamme gialle c'erano pure gli incartamenti relativi a Immobiliare Valadier. E così anche la società ha cercato di vederci più chiaro. Fino ad allora, nessuno aveva sollevato questioni. Si trattava infatti di un'operazione fra parti correlate, visto che Coppola, attraverso varie società controllava sia Ipi sia Immobiliare Valadier. Tanto è vero che nell'ottobre 2005 Ipi emise anche un prospetto informativo in cui veniva dettagliata l'operazione. Tutta la cessione degli immobili da Ipi a Valadier avvenne per 104 milioni di euro. La parte del leone la faceva proprio il palazzo dell'Antitrust: il contratto d'affitto (9 anni più 9) da 4,114 milioni di canone annuo, portava a una valorizzazione di 89,6 milioni di euro. Il secondo palazzo, più piccolo, si trova sempre a Roma, in via Assisi, ed è affittato ad Acea Distribuzione e alla Wind, per un valore di 7,9 milioni di euro.

Poche settimane dopo però avviene il cambio di proprietà. Il 23 dicembre 2005 Altair-Finpaco Real Estate cedette il 100% di Valadier a una società costituita nel giugno 2005, appunto la Albatros, per 2 milioni (non pagati). La Albatros è una scatola amministrata da un tal Giuseppe Cavalieri e controllata dalla Stone River sa. Quest'ultima a sua volta fa perdere le sue tracce in Lussemburgo, dove è stata costituita nel maggio 2005 dalla Fidirevisa Italia spa, al 99%, veicolo italiano della Fidinam, nota fiduciaria di Lugano, e dalla società panamense St Aymar sa.

Che cosa ha spinto Ipi, a titolo prudenziale, a svalutare integralmente il credito? Il fatto che, come spiegano fonti della società, ci sono dubbi sulla esigibilità del credito, visto che la Valadier è uscita dal perimetro di controllo. E poi il fatto che Valadier ha venduto, qualche mese fa, il più piccolo dei due immobili, quello di via Assisi, e questo ha fatto diventare immediatamente esigibile il credito residuo di 29 milioni. La dilazione di pagamento in 24 mesi era legata infatti al mantenimento degli immobili a garanzia. In realtà Coppola, stando al bilancio Ipi, non avrebbe versato praticamente neanche un euro cash per i due immobili. Ben 77,5 milioni infatti sono stati pagati dalla Valadier alla Ipi attraverso un accollo del mutuo iscritto sugli immobili concesso dalla Banca Popolare Italiana per 160 milioni. Altri 15,2 milioni sono stati pagati utilizzando attraverso il dividendo Ipi spettante a Coppola, in sostanza compensando fra loro le posizioni di creditore e di debitore dell'immobiliarista. Il resto doveva essere pagato a rate, ma come rivelano fonti della società, finora non sono stati incassati neanche gli interessi. Da qui la svalutazione integrale.

Come fare ora a recuperare i 30 milioni residui? Ipi ha ad oggi nelle sue mani solo una lettera di patronage del gruppo Coppola: dunque non una fideiussione bancaria vera, ma un impegno a intervenire, sebbene definito ´forte' da fonti interne all'Ipi. In più, lo scorso 17 aprile la Tikal sa, la lussemburghese del gruppo Coppola, ha concesso una lettera di manleva ´sul rischio di mancato realizzo del residuo credito Valadier'. Ma è una tutela relativa, per la Ipi. Infatti, poiché Valadier non è parte correlata, non si può giuridicamente compensare il credito da 30 milioni con il debito da 98 milioni di Ipi verso Tikal sa.

Tutto ciò, naturalmente, ammesso alla fine Valadier sia sempre riconducibile a Coppola. Secondo fonti investigative, il nome della Stone River emergerebbe anche nella ricostruzione della catena di controllo dell'altra operazione nel mirino dei pm torinesi, quella della valorizzazione degli immobili ex Enel attraverso un leasing immobiliare con Banca Italease e collocati poi in un fondo offshore, il Renar investment fund delle Bahamas riconducibile alla Arner bank di Lugano. Se fosse così, il cerchio si chiuderebbe. E l'antitrust saprebbe ancora dove finiscono i soldi dell'affitto. (riproduzione riservata)

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MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 11 del 7/6/2007

Chiusa l'indagine romana sulla scalata di Ricucci alla Rcs

Autore: Luigi Gorla

Dopo due anni di indagini, la procura di Roma ha chiuso, unificandole, le inchieste sul tentativo di scalata a Rcs da parte di Stefano Ricucci, sulla gestione dei fondi dell'ex presidente di Confcommercio, Sergio Billé, e sulla dismissione degli immobili di Enasarco. Per Ricucci, Billé e altre 14 persone si profila ora la richiesta di rinvio a giudizio. Esce di scena invece l'attuale presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. Per il tentativo di scalata a Rcs, Ricucci è accusato dai pm Giuseppe Cascini, Giuseppe De Falco e Rodolfo Sabelli di aggiotaggio informativo, occultamento di scritture contabili e false fatturazioni. Per la medesima vicenda sono indagati anche Luigi Gargiulo, uno dei principali collaboratori di Ricucci, e un dipendente del gruppo Magiste, Giuseppe Colavita. Secondo la tesi dei magistrati, in seguito alle ´notizie del tutto false', diffuse da Ricucci, ´il valore di mercato del titolo Rcs passava da 4,9 euro del giorno 11 aprile 2005 a 6,6 euro del 2 agosto 2005'. Resta invece ancora aperto il fascicolo che ipotizza per l'immobiliarista romano l'ipotesi di bancarotta per distrazione per il dissesto di Magiste international. Prima di chiudere l'inchiesta, i pm attendono che venga definita la situazione patrimoniale della società dichiarata fallita lo scorso anno. I legali di Ricucci hanno però presentato ricorso contro la sentenza di fallimento. Ricorso che potrebbe essere accolto dopo che la Cassazione ha confermato lo sblocco dei fondi congelati dalla procura di Milano e necessari per l'ammissione della Magiste International al concordato preventivo. Proprio ieri la curatela fallimentare della società, assistita da Mediobanca, ha invitato a manifestare interesse per il patrimonio immobiliare della controllata Magiste property. Si tratta di sette immobili di pregio, di cui tre a Milano e quattro a Roma, tra cui il palazzo di via Lima. Lo stesso palazzo finito al centro delle indagini della procura dopo che Ricucci aveva tentato di venderlo a Billé, che ne avrebbe voluto fare la nuova sede di Confcommercio. Secondo le indagini della procura alla stipula del contratto Billé anticipò 39 milioni su 60 pattuiti. Denaro che, sospettano gli inquirenti, Ricucci utilizzò nel tentativo di scalata a Rcs.

Ricucci è coinvolto anche nell'inchiesta sulla gestione delle risorse extra bilancio del Fondo del Presidente di Confcommercio (circa 17 milioni di euro l'anno). In questa inchiesta Billé è accusato di appropriazione indebita aggravata. Nell'inchiesta sono indagati anche il collaboratore di Ricucci, Guglielmo Fransoni, e altri sette dirigenti di Confcommercio e dell'Egap, l'ente di gestione delle attività promozionali della confederazione. Per tutti l'accusa è di concorso in appropriazione indebita aggravata. Secondo la Procura, Billé, insieme a Ricucci, Fransoni e ai dirigenti indagati, si sarebbe appropriato indebitamente ´di somme ingenti (per un ammontare di circa 5 milioni di euro l'anno)', abusando delle cariche ricoperte. Secondo gli inquirenti, Billé faceva versare i contributi delle aziende aderenti a Confcommercio su un conto bancario a lui stesso intestato per poi trasferire gli importi su conti intestati alla Egap, associazione che veniva ´utilizzata in larga misura per l'erogazione di ingenti somme di denaro nell'interesse personale dei correi'. Il terzo filone dell'inchiesta è quello relativo alla gara del 2005 per la dismissione del patrimonio immobiliare di Enasarco. Secondo i pm, Ricucci tentò di aggiudicarsi la gara (mai espletata a causa di irregolarità) versando una maxitangente di 50 milioni di euro a Billé, all'ex presidente di Enasarco, Donato Porreca, e al consulente Fulvio Gismondi. (riproduzione riservata)

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MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 15 del 7/6/2007

Impregilo vuole risolvere il nodo rnc - Il 12 giugno previsto un summit con patroncini, rappresentante degli azionisti risparmio. - La società pronta a proporre il pagamento di tutte le cedole arretrate, anche quelle scadute, a partire da questo esercizio Intanto Igli ha acquistato 62 mila titoli senza diritto di voto

Autore: Laura Galvagni

Il caso delle Impregilo risparmio arriva sulle scrivanie del vertice del general contractor. Dopo tre mesi di rally, interrotti solo dal modesto calo dell'1,23% registrato ieri, i titoli senza diritti di voto sono arrivati a valere il doppio delle azioni ordinarie. In novanta giorni hanno guadagnato il 102,49% e solo nell'ultimo mese hanno messo a segno un balzo del 42,17% contro il +13,39% registrato dalle ordinarie. Che cosa ha spinto così in alto le rnc? Certamente la speculazione dopo che nell'assemblea di bilancio Impregilo la questione del pagamento delle cedole arretrate ha lasciato qualche dubbio tra i possessori delle rnc, e non solo. Durante la riunione dei soci gli azionisti risparmio hanno infatti chiesto che venissero pagati i dividendi non corrisposti negli ultimi precedenti. Dopo un'iniziale indicazione positiva, i vertici hanno dovuto fare marcia indietro poiché dopo un breve calcolo si sono resi conto che non sussistevano le condizioni per pagare le cedole. La risposta della prima linea di Impregilo non ha però soddisfatto i soci rnc. Tanto che non avrebbero nascosto il loro malumore per l'esito finale dell'assemblea. Alla luce di ciò, il presidente del general contractor, Massimo Ponzellini, e l'amministratore delegato, Alberto Lina, avrebbero avviato contatti con il rappresentante degli azionisti risparmio Giorgio Patroncini per chiarire definitivamente la questione. In quest'ottica, sarebbe stato inserito in agenda un faccia a faccia per martedì 12 giugno. L'idea sulla quale starebbero ragionando i vertici del gruppo è di offrire il pagamento di tutte le cedole arretrate anche se, stando allo statuto, agli azionisti risparmio dovrebbero venir corrisposti solo i dividendi dei due esercizi precedenti. D'altra parte, le somme di cui si sta parlando non sarebbero particolarmente onerose. Nel dettaglio, considerato che alle risparmio dovrebbe essere garantita una cedola di 0,26 euro per azione all'anno, con l'approvazione del bilancio 2007, Impregilo si troverebbe a sborsare circa 1,04 euro a titolo per una spesa complessiva di 1,7 milioni di euro. Ma se i soci rnc non fossero soddisfatti? È possibile che chiedano la consulenza di un importante giurista. la decisione finale, tuttavia, verrà presa solo dopo il summit di martedì. Nel frattempo, la vicenda ha scatenato una vera e propria bagarre in borsa. Nella seduta del 24 aprile scorso sono transitati ben 158 mila pezzi, ossia il 10% circa del capitale risparmio. Tanto che anche gli azionisti di controllo del gruppo di costruzioni hanno deciso di scendere in campo. Ma con quali finalità? Possibile che fosse per stabilizzare il titolo? Stando alle comunicazioni di internal dealing presenti su Borsa Italiana, Igli tra il 16 e il 23 maggio ha acquistato circa 58 mila titoli a un prezzo medio di 9,07 euro. Oggi, considerati i 5 mila pezzi ereditati da Gemina, possiede dunque 62 mila azioni, pari al 3,58% del capitale. Nelle sedute dello shopping Igli, peraltro, gli scambi, sebbene elevati rispetto alla media, sono risultati più contenuti delle sedute successive, durante le quali i volumi hanno trovato rinnovato vigore. Basti pensare che il 29 maggio sono transitati 147 mila pezzi, pari all'8,5% del capitale risparmio. Insomma, se il tentativo era di calmare le acque, non è riuscito. Il titolo è balzato da 9,8 a 12,05 euro e nelle tre sedute tra il 25 e il 29 maggio è passato di mano quasi il 20% del capitale. (riproduzione riservata)

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MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 15 del 7/6/2007

Cariparo in project financing per due parchi eolici lucani

Autore: Elena Dal Maso

Un'operazione di project financing nel settore delle fonti rinnovabili per 48,8 milioni di euro. Serviranno a costruire due parchi eolici in Basilicata, in funzione fra un anno. Il gruppo Solfin di Padova, attivo nel turismo (è partner di Club Med), nelle costruzioni e nell'energia, ha siglato un accordo con la Cassa di risparmio di Padova e Rovigo (Cariparo), gruppo Intesa Sanpaolo, per la realizzazione di 19 aerogeneratori in grado di produrre energia rinnovabile per almeno 60 Gwh e di rispondere al fabbisogno energetico di oltre 8 mila famiglie. Il piano eviterà la dispersione nell'atmosfera di 42 mila tonnellate annue di CO2. L'operazione è stata realizzata attraverso Cre project srl, controllata di Solfin, che fa capo per il 51% a imprenditori veneti e per il 49% a Renewable energy concepts (Renerco), società tedesca in mano alla banca d'affari australiana Babcok and Brown, quotata alla borsa di Sydney.

Il 15-20% del costo del progetto è coperto con i mezzi propri dell'azienda, il capitale restante è erogato dalla banca nel corso del progetto ´con una previsione di rientro entro 7-12 anni, a seconda dello scenario che si verificherà fra quelli ipotizzati', ha spiegato Rinaldo Panzarini, direttore generale di Cariparo, istituto di riferimento per Solfin da 15 anni. Banca Imi ha operato come financial advisor e arranger dell'operazione.

La costruzione delle opere è stata affidata a Ste spa (che fa capo a Solfin) e la progettazione esecutiva alla padovana Laut engineering srl, che dirigerà i lavori nei cantieri. Il primo parco sarà situato a Rotondella, in provincia di Matera, il secondo a Campomaggiore (Potenza). L'energia sarà ceduta alla rete ´e potrà beneficiare del meccanismo dei certificati verdi', ha spiegato Daniele Boscolo Meneguolo, presidente di Cre project, tra i soci di Solfin. ´Prevede che chi produce energia sia tenuto a usare anche una quota minima, per il 2007 si aggira sul 3%, da fonti rinnovabili. La normativa dice che la percentuale obbligatoria deve salire col passare degli anni'. Solfin opera non solo nel campo eolico ma ha partecipazioni in società idroelettriche di Lombardia, Veneto, Piemonte ed è presente in Sud America, produce energia dal fotovoltaico e dalle biomasse. (riproduzione riservata)

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MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 16 del 7/6/2007

Mediobanca, il giorno di Geronzi - Il direttivo del patto designerà il banchiere per la guida del consiglio di sorveglianza. - Il numero uno di Capitalia rimarrà anche al vertice dell'istituto romano fino alla fusione con UniCredit Nel supervisory board, che sarà di 21 componenti, ci sarà gran parte dell'attuale cda di Piazzetta Cuccia

Autore: Andrea Di Biase

Cesare Geronzi ha sciolto le ultime riserve e con ogni probabilità, già oggi, il direttivo del patto di sindacato di Mediobanca designerà il numero uno di Capitalia alla presidenza del consiglio di sorveglianza di Piazzetta Cuccia. Il nome del banchiere di Marino sarà dunque il primo nella lista dei candidati per l'elezione del supervisory board che dovrebbe essere stilata oggi dal direttivo e sottoposta per la ratifica all'assemblea del patto che si riunirà lunedì 11 giugno. La norma transitoria inserita nel nuovo statuto di Mediobanca, che sarà adottato dall'assemblea del 27 giugno, prevede infatti che il presidente del consiglio di sorveglianza sia eletto dall'assemblea stessa e coincida con il primo candidato della lista che avrà ottenuto il maggior numero di voti.

Resta a Roma. Almeno fino all'autunno, quando sarà efficace la fusione tra UniCredit e Capitalia, Geronzi continuerà comunque a essere presidente dell'istituto romano. Geronzi, anche in virtù degli accordi presi nell'ambito del merger tra Piazza Cordusio e Via Minghetti, non dovrebbe assumere dunque la vicepresidenza (con delega alle partecipazioni) del nuovo UniCredit group. Al suo posto dovrebbe andare Berardino Libonati che, anche per questa ragione, pur essendo consigliere uscente di Mediobanca, non dovrebbe figurare nella lista di candidati al consiglio di sorveglianza di Piazzetta Cuccia. Il patto sembra infatti orientato a candidare gran parte degli attuali consiglieri della merchant bank milanese. Oltre a Libonati non dovrebbero invece figurare nella lista l'ex a.d. di Capitalia, Matteo Arpe, e il presidente di Ifil, Gianluigi Gabetti, orientato a fare un passo indietro dopo l'uscita della Fiat dal patto. Nella lista non ci sarà nemmeno l'attuale presidente di Mediobanca, Gabriele Galateri, che dovrebbe assumere la presidenza del futuro consiglio di gestione della banca.

Secondo l'orientamento dei grandi soci, il consiglio di sorveglianza dovrebbe essere composto da 21 membri. Sedici di questi dovrebbero provenire dall'attuale cda. A questi si dovranno affiancare tre consiglieri coi requisiti dei revisori dei conti che, con ogni probabilità, saranno scelti fra gli attuali sindaci. Almeno quattro dei consiglieri di sorveglianza, secondo quanto previsto dal nuovo statuto, dovranno avere comunque i requisiti di indipendenza e potranno coincidere coi tre revisori. Due posti infine sono riservati alle minoranze, se all'assemblea del 27 giugno ci saranno altri candidati oltre a quelli del patto. (riproduzione riservata)

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MF  - Mercati Globali - Numero 113, pag. 20 del 7/6/2007

Intesa Sanpaolo lancia i mutui per i giovani

Mutui e prestiti personali accessibili anche a chi non ha un lavoro fisso. Il progetto, lanciato da Intesa Sanpaolo, partirà lunedì 11 giugno. Si rivolge ai giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni e punta a includere anche questa fetta di popolazione nel mercato del credito al consumo. I prodotti offerti sono due: mutuo e prestito personale. Per quanto riguarda il primo l'ammontare massimo previsto è di 250 mila euro con durata fino a 40 anni, mentre per il secondo si può arrivare a 30 mila euro da restituire in 72 mesi. Per entrambe le proposte sono previste agevolazioni. C'è la possibilità di allungare o accorciare la durata del mutuo non superando i cinque anni, oppure di posticipare sei rate mensili per tre volte nel corso della durata del contratto, che vengono accodate alla fine del periodo. Secondo i dati raccolti da Intesa Sanpaolo, nel 2003 i giovani che vivevano ancora con i genitori in Italia erano il 59% del totale contro una media europea del 29%. Anche per questo i lavoratori atipici nel paese sono per il 60% giovani che non hanno accesso al credito e non possono aprire un mutuo.

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IL SOLE 24 ORE/NORDOVEST  06-06-2007

La spesa delle famiglie IL FINANZIAMENTO DEGLI ACQUISTI - Nel recupero crediti 144 società specializzate - Insolvenza bassa in Piemonte, seguono Liguria e Valle d'Aosta

PAGINA A CURA DI - Paolo Piacenza

«Il recupero crediti è oggi un'attività sempre più qualificata. Ma anche sempre più difficile. Perché è cresciuto il credito al consumo e perché è diffusa la tendenza a non preoccuparsi della propria condizione di insolvenza».

A parlare è Floriana Ferro, responsabile per Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta dell'Unirec, la principale organizzazione che riunisce le agenzie di recupero crediti.

L'Unirec, cioè l'Unione imprese di recupero crediti e informazioni commerciali, è una realtà associata alla Fita-Confindustria e alla Fenca, la rete europea delle associazioni nazionali di settore. Esiste da dieci anni e, in questo lasso di tempo, ha puntato su una politica di coordinamento tra le imprese, di definizione di iter metodologici e deontologici, fino alla elaborazione di un apposito codice etico.

Lo sforzo, come spiega, il presidente nazionale dell'Unirec, Sergio Bommarito, è ora quello di dare maggior forza e visibilità alle strutture macroregionali dell'associazione: «L'obiettivo - dice Bommarito - è che aumentino collaborazione e cooperazione tra le varie aziende di settore aderenti all'Unirec, per far sì che il nostro settore sia sempre più conosciuto per quello che effettivamente rappresenta nell'economia del Paese».

A livello nazionale il fatturato complessivo delle imprese Unirec (la maggioranza di quelle del settore) aveva superato, nel 2005, i 281 milioni, di cui una fetta importante è stata prodotta dalle imprese con sede in Piemonte e Liguria (la Valle d'Aosta ne è priva): 58,328 milioni di fatturato prodotto per 448 addetti.

Un mercato relativamente piccolo ma in evoluzione tumultuosa, come spiega Floriana Ferro: «Alla base c'è la crescita del credito al consumo, a cui hanno accesso strati sempre più larghi di popolazione: quindi maggiore è l'esposizione debitoria e maggiori anche le sofferenze».

Se, infatti, la percentuale di sofferenze resta molto bassa nel Nord-Ovest, il valore assoluto dei crediti non saldati è ovviamente aumentato con la crescita del volume del credito erogato (si veda l'altro articolo in pagina).

Una situazione in cui si poteva scatenare il far west e che, invece, è stata caratterizzata da un'evoluzione positiva delle società di recupero crediti, a cominciare dall'adozione di un codice deontologico e di un nuovo approccio verso il debitore, anche in termini di comunicazione verbale. «Le società di recupero crediti - sostiene Ferro - si sono dovute adattare: un tempo si ricorreva alle minacce, oggi è molto più efficace spiegare, con chiarezza, a quali rischi porta l'insolvenza.

Per effetto di questa evoluzione c'è stata una sorta di selezione naturale: «Dopo l'esplosione del mercato nei primi anni '90 - conclude Ferro - il numero delle società è diminuito, anche perché non tutte erano attrezzate per i compiti di consulenza al creditore che sono diventati sempre più importanti».

Le Camere di commercio ne censiscono 88 in Piemonte e 36 in Liguria.

Ma il problema delle sofferenze è effettivamente cresciuto nel Nord-Ovest? «Il territorio - dice Carlo De Falco - direttore generale dell'Unicredit banca per Liguria e Sud Piemonte - è sano: i dati sono persino migliorati rispetto a una situazione già molto buona in partenza».

Secondo le cifre 2006 di Bankitalia, il tasso di insolvenza degli istituti di credito è stato dell'1,4% in Liguria e dello 0,8% in Piemonte. Percentuali invertite per le società finanziarie: tasso di insolvenza dell'1% in Liguria e dell'1,2% in Piemonte.

Per il 2007 i dati Unicredit evidenziano un'ulteriore riduzione: «Dall'inizio dell'anno a maggio 2007, il tasso d'insolvenza dei crediti da noi erogati in Liguria e Piemonte Sud è sceso dall'1,4 all'1,2%», dice De Falco.

Una riduzione di circa il 20% che ha riguardato anche l'area Piemonte Nord e Valle d'Aosta: dallo 0,7% di metà 2006 si è scesi allo 0,54% di metà 2007.

«E i miglioramenti - conclude De Falco - non sono esponenziali solo perché piemontesi e liguri erano già molto solvibili in partenza».

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IL SOLE 24 ORE 04-06-2007

Riscossione - LA CONTRAVVENZIONE SI PRESCRIVE IN 5 ANNI

Ezio Maria PISAPIA

Vorrei sapere dopo quanto si prescrive il diritto del concessionario di riscuotere una cartella di pagamento, presumibilmente notificata e relativa ad una multa automobilistica. Nella fattispecie, ho ricevuto un avviso bonario di riscossione volontaria in carta semplice relativa a tributi del 1995 e 1996 relativi a infrazione Codice della strada: in questa richiesta di pagamento non sono citate le date di notifica delle cartelle (quattro in tutto) ma solo degli avvisi di mora (tre nel 1997 e una nel 1998). A quanto mi risulta, il Codice della strada, articolo 209, prescrive il diritto a riscuotere le somme dovute a titolo di sanzioni amministravi entro cinque anni. È così?

R. C. - NOVARA

Condividiamo lâ??obiezione della lettrice. Il termine di prescrizione dei crediti per sanzioni inflitte per violazioni al Codice della strada, si prescrive con il decorso di cinque anni. Questa interpretazione ha ricevuto, peraltro, anche il conforto della giurisprudenza di legittimità (Corte di cassazione, sentenza 17 marzo 2005, n. 5828). Ne deriva che, risalendo le ultime intimazioni formali al ben lontano biennio 1997-1998, il quinquennio è abbondantemente decorso.Questo spiega anche perché lâ??invito al pagamento è stato formulato dallâ??agente (ex concessionario) della riscossione con un invito bonario, invece che con la notificazione di nuovi avvisi di mora.

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IL SOLE 24 ORE 04-06-2007

La scelta del Tfr e la previdenza complementare - Il labirinto delle esclusioni - La riforma non riguarda i dipendenti pubblici, ma con alcune eccezioni

Maria Rosa Gheido

Tutti i lavoratori dipendenti possono aderire a forme di previdenza complementare, non tutti possono, però, avvalersi dell'opportunità di farlo destinando, per il tramite del proprio datore di lavoro, il Tfr maturando a un fondo pensione.

A chi si applica

Infatti, l'articolo 2 del Dlgs 252/2005, nell'individuare nei lavoratori dipendenti i potenziali destinatari della riforma, fa riferimento sia ai dipendenti privati sia a quelli pubblici e indica espressamente anche i lavoratori assunti in base alle tipologie contrattuali previste dal decreto legislativo 276/2003. Si tratta di apprendisti, lavoratori con contratto di inserimento lavorativo, "a chiamata" e di quelli con contratto di lavoro "ripartito" ai quali si possono applicare le regole del part-time.

Anche i lavoratori con contratto a tempo determinato possono destinare il Tfr a un fondo pensione, ma occorre una verifica preliminare delle disposizioni statutarie del fondo prescelto. Per esempio, il fondo Cometa prevede l'iscrizione di tutti i lavoratori dipendenti non in prova, assunti sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato, in aziende che applicano il Ccnl per l'industria metalmeccanica e per l'installazione di impianti, nonché i lavoratori dipendenti del settore orafo-argentiero, stabilendo che possono aderire anche i lavoratori assunti con contratto di inserimento. Il fondo pensione dei lavoratori delle aziende che applicano il contratto firmato dalla Confcommercio (il fondo si chiama Fon.Te.), limita invece l'iscrizione ai lavoratori assunti a tempo determinato ovvero con periodicità stagionale, la cui attività abbia durata complessivamente non inferiore a tre mesi all'anno.

Il «perimetro»

In ogni caso, in questa prima fase la riforma non si applica ai dipendenti pubblici, per i quali vige una normativa particolare in materia di trattamento di fine rapporto o di fine servizio e che sono, pertanto, destinatari di disposizioni particolari in materia di previdenza complementare.

Occorre, peraltro, porre attenzione alla natura privatistica del datore di lavoro. Come sottolinea l'Inps nella circolare 70/2007 seppur con riferimento all'obbligo di versamento al fondo di tesoreria, si intendono inclusi nel settore privato anche gli organismi pubblici che sono stati interessati da processi di privatizzazione, indipendentemente dalla proprietà pubblica o privata del capitale e con riferimento ai dipendenti per i quali è prevista l'applicazione dell'articolo 2120 del codice civile, nonché gli enti cui sia stata conferita la natura giuridica di «ente pubblico economico» e con riferimento agli stessi dipendenti.

Sono pertanto compresi nel l'ambito di applicazione della riforma i rapporti di lavoro costituiti e regolamentati secondo la normativa di diritto comune dalla quale deriva l'applicazione ai lavoratori della normativa di cui all'articolo 2120 del Codice civile, come ad esempio avviene per le Autorità portuali.

Al momento sono, dunque, esclusi dalla possibilità di destinare il Tfr alla previdenza complementare i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001, nei confronti dei quali è instaurato un rapporto di lavoro che, concretamente, conferisca loro la qualificazione di dipendenti pubblici. Sono esclusi anche i lavoratori domestici e questo per specifica disposizione del decreto interministeriale 30 gennaio 2007.

L'accantonamento

Altre esclusioni emergono, per le particolari modalità di accantonamento del Tfr. È il caso degli impiegati, quadri e dirigenti agricoli che incontrano un limite nel destinare alla stessa previdenza il Tfr che i datori di lavoro sono tenuti, per legge, ad accantonare presso la Fondazione Enpaia. Analogo problema si pone per i lavoratori assicurati presso il "Fondo di previdenza per gli impiegati dipendenti dai concessionari del servizio di riscossione dei tributi delle altre entrate dello Stato e degli Enti pubblici" e i lavoratori iscritti al "Fondo delle abolite imposte di consumo", in quanto assoggettati a specifica disciplina in materia di trattamenti di fine rapporto (prestazioni in capitale).

 

-Anonimo-

Senza il buio non ci sarebbero i sogni.

 

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