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news fabi anno VIII – martedì 19 giugno 2007

 

rassegna stampa quotidiana riservata alle strutture

 

a cura di Bruno Pastorelli

Se riscontrate anomalie, nei collegamenti comunicatelo a: b.pastorelli@fabi.it, grazie.

 

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Così disse

 

 

IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007. 3

Viola convoca i sindacati 3

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-19 num: - pag: 29. 4

LA SUPERPOPOLARE - Mazzotta in Bankitalia Il nodo dello statuto sulla fusione Bpm-Bper 4

 

Il Sole 24 Ore Radiocor 18-06-07 20:22:44. 4

- Bpm: Mazzotta in Bankitalia, dg Viola convoca sindacati su Bper - Dipendenti-soci valutano se inviare lettera a via Nazionale. 4

 

IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007. 4

Goldman Sachs, Letta nell’«advisory board». 4

 

IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007. 5

Intesa Sanpaolo, si decide il futuro del polo di Eurizon. 5

 

IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007. 6

«Decideremo se salire in Piazzetta Cuccia». 6

 

IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007. 6

Mediobanca advisor per le autostrade turche. 6

 

IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007. 6

Accordo fatto con tre banche e il titolo sale. 6

 

da Finanza&Mercati del 19-06-2007. 7

Lo sgambetto immobiliare di Goldman & Caltagirone - Ubi Banca, piano 2010 è troppo prudente Calo del 2,3% in Borsa. 7

 

da Finanza&Mercati del 19-06-2007. 7

Euromobiliare dice buy. 7

 

da Finanza&Mercati del 19-06-2007. 8

Parmalat, confiscato l’utile Nextra. 8

 

da Finanza&Mercati del 19-06-2007. 8

Banca Leonardo: total return al via. 8

 

da Finanza&Mercati del 19-06-2007. 8

Cr Firenze, ok sul prezzo, si tratta sulla governance. 8

 

da Finanza&Mercati del 19-06-2007. 9

Intesa-Cr Firenze, non c’è accordo sul prezzo. 9

 

LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007. 9

Dpef, subito scontro con Prc "Questo tesoretto non basta" Pensioni e Welfare, parte in salita il vertice non-stop - Con i tagli ai costi della politica si coprirà la nuova previdenza. Di Pietro: rischio governo istituzionale - Cresce la polemica sui 2,5 miliardi da spendere. I sindacati chiedono tempi certi 9

 

LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007. 10

Se la signora Gina vuol continuare a lavorare. 10

 

LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007. 11

Presto un vertice tra i pm di Roma e Milano che indagano sulle operazioni del "contropatto" 11

 

LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007. 12

Simulazione della Ragioneria sull´elevazione graduale dell´età pensionabile. Dal 2010 le difficoltà maggiori - E sugli "scalini" il Tesoro attacca "Servono 10 miliardi in 10 anni" 12

 

LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007. 14

Il numero uno di Intesa Sanpaolo invita ad andare oltre gli schieramenti: "L´Italia è prigioniera di interessi particolari" - Bazoli, allarme regressione: "Si torna alla società prepolitica" - la polemica. 14

 

LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007. 14

Metà degli autonomi con guadagni da fame - Il dossier Visco: oltre il 50% dichiara un quarto di chi sta negli studi di settore - l´evasione ... 14

 

LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007. 15

L´incontro tra Fondazioni azioniste e vertici della banca porta alla schiarita sulle strategie. Il consiglio di gestione vota lo schema di Passera - Intesa Sanpaolo lancia super Eurizon - Niente Borsa per il polo assicurativo ma investimenti e acquisizioni 15

 

LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007. 16

Il gruppo di Collecchio ha recuperato finora quasi 700 milioni con le cause giudiziarie. Quattro funzionari Nextra patteggiano sui bond ...sa. 16

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-19 num: - pag: 30. 17

Oggi vertice del board di sorveglianza. Possibile l'integrazione tra le attività di risparmio gestito ex Torino e Nextra - Intesa Sanpaolo, Eurizon si fa in tre - Riunito il consiglio di gestione. Spunta l'ipotesi di riquotare Fideuram.. 17

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-19 num: - pag: 31. 18

L'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio - Gianni Letta nel «board» di Goldman Sachs Sarà consulente per l'Italia. 18

 

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-19 num: - pag: 33. 19

Bnl, il «rilancio» Bnp e quel sangue freddo che in finanza paga. 19

 

LA REPUBBLICA Supplemento Affari&Finanza 18-06-2007. 19

I tassi europei alle famiglie convergono: perché il settore bancario si sta integrando - Centro Studi e Ricerche ABI 19

 

LA REPUBBLICA Supplemento Affari&Finanza 18-06-2007. 20

Sul Tfr una tesi controcorrente: meglio tenerselo. 20

 

AFARI ITALIANI Lunedí Lunedí 18.06.2007 16:11. 20

Il commento/ Tutto ruotò intorno al ddl risparmio. 20

 

AFARI ITALIANI Lunedí 18.06.2007 17:04. 21

Tre scalate, un solo regista. Ecco l'alleanza bipartisan dietro Ricucci, Consorte e Fiorani. La ricostruzione di Affari - L'ex leghista Pagliarini ad Affari: "Nella primavera del 2005 arrivò l'ordine dall'alto di votare a favore di Fazio, dopo che in commissione avevamo ottenuto l'opposto. Una roba da matti..." 21

 

AFARI ITALIANI Lunedí Lunedí Domenica 17.06.2007 16:47. 26

Scalata Rcs/ Silvio Berlusconi: "Su me e Gianni Letta solo spazzatura" 27

 

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IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007

Viola convoca i sindacati

di Redazione - martedì 19 giugno 2007, 07:00 Stampa  Dimensioni Versione PDF  Invia ad un amico  Vota1 2 3 4 5 Risultato

Nuova visita del presidente di Bpm, Roberto Mazzotta, in Banca d’Italia, mentre secondo quanto riferito dall’agenzia Radiocor, che cita fonti sindacali, il dg della Bpm Fabrizio Viola ha convocato tutti i sindacati il 25 giugno, per avviare il confronto sulla fusione con Bper. È la terza volta che Viola invita i sindacati a una discussione sul progetto di aggregazione con Bper. Un confronto per cui, secondo le principali sigle dell’istituto (Fabi, Fisac-Cgil e Fiba-Cisl), «mancano totalmente i presupposti». Una lettera alla Banca d’Italia, intanto, è allo studio dell’Associazione amici della Bpm, che valuta la possibilità di comunicare direttamente a via Nazionale la posizione dei dipendenti-soci. Sulla questione, tuttavia, non c’è una posizione unitaria.

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-19 num: - pag: 29

LA SUPERPOPOLARE - Mazzotta in Bankitalia Il nodo dello statuto sulla fusione Bpm-Bper 

categoria: REDAZIONALE

MILANO — Nuova visita del presidente di Bpm, Roberto Mazzotta ( foto), in Banca d'Italia, mentre continuano i contatti in attesa che entro fine mese l'istituto centrale si pronunci sul progetto di fusione Bpm-Bper. Dopo il «no» dei sindacati milanesi, sul tavolo resta il nodo dello statuto della nuova banca. A questo proposito il direttore generale Fabrizio Viola avrebbe convocato tutti i sindacati il 25 giugno per avviare il confronto.

Sarebbe la terza volta che Viola invita i sindacati Bpm ad avviare una discussione con i vertici sul progetto di aggregazione con Bper. Un confronto per cui, secondo le principali sigle dell'istituto milanese (Fabi, Fisac-Cgil e Fiba-Cisl), «mancano totalmente i presupposti», come ribadito dal volantino che lo scorso 12 giugno ha sancito il «no» ai termini della fusione.

Una lettera alla Banca d'Italia, intanto, sarebbe allo studio del consiglio direttivo dell'Associazione amici della Bpm, che valuta la possibilità di comunicare direttamente all'istituto centrale la posizione dei dipendenti-soci sullo statuto della nuova Superpopolare.

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Il Sole 24 Ore Radiocor 18-06-07 20:22:44

- Bpm: Mazzotta in Bankitalia, dg Viola convoca sindacati su Bper - Dipendenti-soci valutano se inviare lettera a via Nazionale

Milano, 18 giu - E' la terza volta che Viola invita i sindacati Bpm ad avviare una discussione con i vertici sul progetto di aggregazione con Bper. Un confronto per cui, secondo le principali sigle dell'istituto milanese (Fabi, Fisac-Cgil e Fiba-Cisl), "mancano totalmente i presupposti", come ribadito dal volantino che lo scorso 12 giugno ha sancito il 'no' ai termini della fusione. La trattativa, si leggeva, e' prematura poiche' "non si possono ancora stabilire ne' la controparte ne' l'oggetto di un'ipotetica trattativa". In passato, al rifiuto di Fabi, Fisac e Fiba si erano accodate anche Dircredito e Uilca, le sigle che non hanno firmato la nota del 12 giugno e che, per non rompere l'unita' del fronte sindacale, avevano seguito la scelta dei sindacati piu' rappresentativi. Difficile che il 25 giugno vada allo stesso modo: "Noi questa volta ci saremo di sicuro" annuncia infatti Leonida Mosca, responsabile di Dircredito, mentre con ogni probabilita' la questione sara' discussa domani nella prevista riunione del coordinamento Intersindacale. Una lettera alla Banca d'Italia, intanto, e' allo studio del consiglio direttivo dell'Associazione amici della Bpm, che valuta la possibilita' di comunicare direttamente all'istituto centrale la posizione dei dipendenti-soci sullo statuto della nuova Superpopolare. Sulla questione, tuttavia, permangono le divisioni tra i membri del consiglio, tanto che, spiega una fonte sindacale, "e' molto difficile che si arrivi a una delibera unitaria". Ppa-Y- (RADIOCOR) 18-06-07 20:22:44 (0374) 3 NNNN

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IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007

Goldman Sachs, Letta nell’«advisory board»

di Redazione - martedì 19 giugno 2007, 07:00

da Milano - L’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta è entrato a far parte dell’advisory board internazionale di Goldman Sachs. Il suo compito, si legge in una nota della società, è quello «di fornire una consulenza strategica sulle opportunità di business development, con un focus particolare sull’Italia». Il braccio destro di Silvio Berlusconi si aggiunge così alla numerosa serie di uomini pubblici scelti come consulenti dalla banca d’affari americana e riuniti in una sorta di parlamentino internazionale del gruppo. L’altro italiano dell’advisory board è l’ex commissario alla Concorrenza europea Mario Monti, oggi presidente della Bocconi. In passato dell’organismo ha fatto parte anche Romano Prodi.

Goldman Sachs è del resto la banca d’affari che con più continuità ha praticato la politica di quelle che in America vengono chiamate «sliding doors», le porte girevoli che portano dal mondo della politica a quello dell’economia, e viceversa. Per quanto riguarda gli Stati Uniti in Goldman Sachs hanno lavorato un segretario al Tesoro democratico Robert Rubin e uno repubblicano Henry Paulson, designato al suo attuale incarico da George Bush nel 2006. Venendo all’Italia in Goldman lavorava Massimo Tononi, 42 anni, attuale sottosegretario all’Economia, mentre il Governatore di Banca d’Italia Mario Draghi è stato vicepresidente della banca per l’area europea.

Settantadue anni, abruzzese di Avezzano, giornalista, per Letta sono state spesso utilizzate le espressioni «eminenza grigia», «dottor Sottile» del centrodestra, Richelieu, Mazzarino (anche il cardinale era nato in Abruzzo). Inossidabili i suoi rapporti con Berlusconi, prima in Fininvest e poi a Palazzo Chigi, come sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Mai però come parlamentare, visto che ha sempre rifiutato la candidatura.

Riservatezza e imperturbabile determinazione sono i tratti essenziali del suo personaggio. Quelli che il Cavaliere ha mostrato di apprezzare sin dal 1987, quando lo chiamò al suo fianco in Fininvest. «Gianni Letta è un dono di Dio all’Italia», ha avuto modo di dire Berlusconi, che non ha mai nascosto una autentica ammirazione per il suo collaboratore.

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IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007

Intesa Sanpaolo, si decide il futuro del polo di Eurizon

di Redazione - martedì 19 giugno 2007, 07:00

da Milano - Si è svolto ieri sera tardi, a partire dalle 21, a Torino il consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, guidato dall’ad Corrado Passera che, secondo quanto riportato dall’agenzia Radiocor, prevedeva tra gli altri punti all’ordine del giorno anche la posizione di Eurizon, il polo previdenziale, all’interno del gruppo bancario. Il consiglio di sorveglianza è stato invece convocato per oggi alle ore 9: lo ha confermato ieri il presidente del Consiglio di sorveglianza stesso, Giovanni Bazoli, dopo la presentazione di un libro del ministro Tommaso Padoa-Schioppa.

Tra i temi in sospeso c’è quello del possibile ingresso delle Fondazioni azioniste di Intesa Sanpaolo nel capitale di Eurizon. In proposito ieri si sarebbero avuti contatti con i vertici di Intesa, e con Passera in particolare.

La questione Eurizon riguarda il futuro del polo previdenziale all’interno del gruppo Intesa Sanpaolo, e la sua coesistenza con la joint venture in essere con il gruppo Generali (Intesa Vita). Un possibile deconsolidamento di Eurizon aprirebbe nuovi scenari nel disegno delle piattaforme bancassicurative del gruppo.

Intanto Bazoli ha ieri ribadito: «Io ho posto una questione di principio: lascio agli altri stabilire se è fondata o meno». Così il presidente di Intesa Sanpaolo è tornato sulle sue perplessità riguardo agli equilibri che si verranno a formare in Mediobanca, primo azionista delle Generali, in seguito alla fusione tra Unicredit e Capitalia. A chi gli chiedeva se tali dubbi si fossero acuiti o attenuati con il prossimo arrivo alla presidenza del consiglio di sorveglianza e del patto di sindacato di piazzetta Cuccia dell’attuale presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, e dopo il passo indietro dell’ad di Unicredit, Alessandro Profumo, dal cds di Mediobanca, Bazoli ha risposto con un «non dico nulla», per poi ricordare di aver posto semplicemente «una questione di principio».

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IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007

«Decideremo se salire in Piazzetta Cuccia»

di Redazione - martedì 19 giugno 2007, 07:00

da Milano - Italmobiliare-Italcementi non ha ancora deciso se aumentare la sua presenza in Mediobanca rilevando parte della quota che Unicredit-Capitalia ha deciso di cedere. «Sono le banche che devono dismettere le azioni e ora sono impegnate nella fusione. Non so se noi arrotonderemo. Non ci ho pensato, l’argomento non è stato ancora discusso. Vedremo», ha osservato il presidente di Italmobiliare, Giampiero Pesenti, al termine dell’assemblea della società. Italmobiliare spera inoltre di mantenere un posto nel cda di Unicredit post fusione con Capitalia con la riconferma di Carlo Pesenti, direttore generale del gruppo e figlio del presidente. «Mi auguro che continui ad esserci. Non è una nostra decisione. Vediamo cosa decideranno gli azionisti», ha detto Giampiero Pesenti. Quanto alla doppia nomina di Cesare Geronzi a presidente del Patto e della sorveglianza di Mediobanca, «il presidente del consiglio di sorveglianza - ha detto Pesenti - è diventato il rappresentante di un po’ tutti gli azionisti. Sembrava naturale e logico che diventasse presidente del Patto». Si tratta di «un’ottima sostituzione» di Piergaetano Marchetti «a cui tutti dobbiamo essere riconoscenti» per il lavoro fatto, anche sul nuovo statuto con il sistema dualistico. In veste di presidente del patto di Rcs, infine, Pesenti ha commentato il «polverone» sul tentativo di scalata di Stefano Ricucci: «Per noi è una vicenda chiusa», ha detto.

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IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007

Mediobanca advisor per le autostrade turche

di Redazione - martedì 19 giugno 2007, 07:00

da Milano - Missione Turchia per Mediobanca. La banca d’affari di piazzetta Cuccia e la turca Turkiye Synai Kalkynma Bankasy (Tskb), informa la stessa Mediobanca, si sono aggiudicate l’incarico di consulenza finanziaria in favore della Prime Ministry Privatization Administration della Repubblica Turca per le attività relative al processo di privatizzazione di alcune autostrade, ponti ed infrastrutture di trasporto in Turchia. i tratta di oltre duemila chilometri di strade, tra cui i collegamenti autostradali Edirne-Istanbul-Ankara, Pozanty-Tarsus-Mersin, Tarsus-Adana-Gaziantep, Toprakkale-Y’skenderun, Y’zmir-Çeþme, Y’zmir-Aydyn, Gaziantep-Þanlyurfa, i collegamenti stradali di Y’zmir e Ankara e i ponti Boðaziçi e Fatih Sultan Mehmet, incluse le strade di collegamento. Nell’ambito dell’incarico Mediobanca e Tskb, congiuntamente ad altri consulenti, legali e tecnici, forniranno attività di consulenza per gli aspetti strategici, finanziari, legali e tecnici dell’intero processo di privatizzazione. La Turchia è stata negli ultimi quattro anni particolarmente attiva nel campo delle privatizzazioni con operazioni effettuate per 18 miliardi di dollari. Ora si apre un nuovo round nel settore delle infrastrutture (strade, ferrovie, terminali portuali) e dell’energia (distribuzione). Mediobanca è interessata a operare nel Paese su tutti questi fronti a supporto di eventuali acquisizioni.

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IL GIORNALE martedì 19 giugno 2007

Accordo fatto con tre banche e il titolo sale

di Redazione - martedì 19 giugno 2007, 07:00

da Milano - Parmalat ha festeggiato in Borsa il triplice accordo di transazione bancaria sulle vertenze legali per le azioni revocatorie nell’ambito della procedura fallimentare della vecchia gestione, raggiunto con Monte Parma, Merrill Lynch e Ing Bank, che porterà nelle casse del gruppo di Collecchio un introito di 72 milioni di euro. Il titolo, che in mattinata vivacchiava, ha preso infatti slancio dopo l’annuncio, arrivando a guadagnare fino al 2,47% per poi assestarsi in rialzo dell’1,07% a fine giornata, in vistosa controtendenza rispetto all’indice di riferimento, lo S&P Mib, che ha perso lo 0,88 per cento. Le tre banche verseranno rispettivamente le somme di 35, 29 e 8 milioni di euro. Parmalat ha espresso «soddisfazione per l’accordo raggiunto che permette di creare le premesse per lo sviluppo di relazioni su nuove basi». E intanto davanti al gup milanese Cesare Tacconi ha patteggiato Nextra, la società di gestione risparmio di Banca Intesa, accusata di aggiotaggio informativo nell’ambito del crac di Collecchio. La società risarcirà i risparmiatori Parmalat per l’1% del valore nominale dei bond prima del loro deprezzamento, pagherà una sanzione amministrativa di 500mila euro e subirà la confisca del profitto del reato per un milione. I funzionari Marco Valsecchi, Antonio Cannizzaro, Marco Ratti e Giovanni Landi hanno patteggiato sei mesi di reclusione, sostituiti con pena pecuniaria.

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da Finanza&Mercati del 19-06-2007

Lo sgambetto immobiliare di Goldman & Caltagirone - Ubi Banca, piano 2010 è troppo prudente Calo del 2,3% in Borsa

di Gabriele Petrucciani del 19-06-2007

Bocciato dal mercato il piano industriale 2007-2010 di Ubi Banca. Ieri, nel giorno in cui i vertici hanno illustrato il business plan (comunicato venerdì in tarda serata), il titolo è sceso del 2,29%, a 20,49 euro, con forti volumi. In una sola seduta sono state scambiate oltre 8,1 milioni di azioni contro una media di 3,35 milioni. Il mercato ha accolto male il fatto che gli obiettivi contenuti nel progetto siano risultati più modesti rispetto a quelli indicati nel piano preliminare presentato lo scorso novembre in occasione dell’annuncio della fusione tra Bpu e Banca Lombarda. Il progetto aggiornato di fatto ha posticipato al 2010 il target di utile netto, di circa 1,4 miliardi, indicato come raggiungibile già nel 2009. Così Cheuvreux ha tagliato il target di Ubi Banca da 25 a 23,5 euro, allineandolo a Citigroup. «Il piano è stato redatto con criteri più prudenti», ha detto ieri l’ad Giampiero Auletta Armenise. Nel piano però c’è una riserva di valore non inclusa. «Il gruppo è interessato a joint venture nei settori del credito al consumo, assicurazione danni e investment banking - ha aggiunto l’ad - Abbiamo già delle trattative in corso». Per esempio, la plusvalenza attesa dalla ipotizzata vendita del 35% di Centrobanca (di cui Ubi Banca detiene il 97,8%) prevista nel piano industriale di Bpu, non è inclusa nel piano Ubi Banca «non perchè non vogliamo più fare una joint venture ma perchè abbiamo un approccio più prudente». Centrobanca è contabilizzata a un valore di carico di circa 600 milioni. «Le condizioni di vendita - ha sottolineato l’ad - sono legate anche agli accordi che si potranno raggiungere con i partner». Sono esclusi dal nuovo piano al 2010 anche gli effetti della possibile rinegoziazion con Prudential a seguito della sua diluizione in Ubi Pramerica) per via della fusione con Capitalgest (sgr ex Banca Lombarda).

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da Finanza&Mercati del 19-06-2007

Euromobiliare dice buy

In controtendenza rispetto al mercato, ieri Bpm è salita dell’1,63% a 11,08 euro. In rialzo dell’1,84% anche la Bper, destinata a integrarsi con l’istituto milanese nella Banca popolare delle regioni. A spingere Bpm è stato un report di Euromobiliare che ha rivisto il rating da hold a buy dopo la sottoperformance che ha caratterizzato il titolo (-9%) dall’annuncio della fusione. Secondo Euromobiliare, che ha mantenuto invariato il target a 12,4 euro, il mercato ha «più che scontato gli elementi negativi del deal», come il concambio sfavorevole, la governance e il gearing non ottimale. Per gli analisti, con il piano industriale di ottobre il management potrebbe impegnarsi nel restituire il capitale in eccesso dal 2008. «Crediamo che l’assemblea di ottobre (che dovrebbe tenersi il 20, ndr) - si legge nella nota - approverà l’operazione anche se sarà necessario il voto favorevole dei tre quarti dei votanti. Se il deal dovesse saltare Bpm ne beneficerebbe perché sarebbe nuovamente percepita come preda». Intanto, il dg Bpm, Fabrizio Viola, ha invitato (per la terza volta) i sindacati per un incontro il 25 giugno. Entro il 28 giugno è atteso il parere di Bankitalia sulla fusione.

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da Finanza&Mercati del 19-06-2007

Parmalat, confiscato l’utile Nextra 

Una sanzione di 500mila euro a Nextra (più confisca di un milione) e di 6.840 ciascuno, per quattro suoi funzionari. E un risarcimento nei confronti dei bondholder, costituitisi parte civile, pari all’1% del valore del bond emesso poco prima del crac. Si conclude così la vicenda che vedeva Nextra e alcuni suoi dirigenti accusati di aggiotaggio informativo nell’ambito del crac Parmalat. Ieri i funzionari Marco Valsecchi, Antonio Cannizzaro, Marco Ratti e Giovani Landi hanno patteggiato, davanti al Gup milanese Cesare Taccone, sei mesi (pena convertita) per diffusione di false informazioni riguardanti l’emissione di un bond da 300 milioni, datato 10 luglio 2003. Nextra, in quanto società giuridica, ha patteggiato una sanzione pecuniaria di 500mila euro con la confisca di circa un milione (corrispondente al profitto del reato). E sempre ieri Parmalat ha raggiunto nuovi accordi extragiudiziali per 72 milioni: Banca Monte Parma (controversia su azioni revocatorie), Merrill Lynch (definite tutte le pendenze derivanti da insolvenza) e Ing (azioni revocatorie). Ieri il titolo della società di Collecchio ha chiuso a 3,21 euro (+1,07%).

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da Finanza&Mercati del 19-06-2007

Banca Leonardo: total return al via

Prende forma la strategia di sviluppo di Banca Leonardo nell’asset management e nel private banking. All’interno del gruppo arriveranno nuovi professionisti che rafforzeranno entrambe le aree. Il prossimo passo nell’asset management sarà il lancio delle strategie total return. Saranno presentati tre nuovi prodotti: un fondo guidato da un modello d’allocazione quantitativo; un fondo hedge multistrategy e multimanager a volatilità medio-alta e un fondo hedge multimanager specializzato in strategie equity long short. Banca Leonardo è stata acquistata nel 2006 da un gruppo d’investitori europei, guidati da Gerardo Braggiotti. La società che svolge la propria attività in Europa Continentale ha mezzi propri per oltre 780 milioni.

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da Finanza&Mercati del 19-06-2007

Cr Firenze, ok sul prezzo, si tratta sulla governance

Intesa Sanpaolo è più vicina a Banca Cr Firenze. Secondo fonti finanziarie, le fondazioni azioniste dell’istituto toscano e i vertici della superbanca avrebbero raggiunto un accordo di massima sul concambio per il passaggio di mano della quota di maggioranza di Cr Firenze: 1,19 azioni Intesa Sanpaolo per ogni titolo della preda. Ora, restano da sciogliere altri nodi per il perfezionamento dell’accordo, in particolare la governance, sulla quale non si sarebbe ancora raggiunto un indirizzo condiviso.

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da Finanza&Mercati del 19-06-2007

Intesa-Cr Firenze, non c’è accordo sul prezzo 

Nella trattativa di Intesa Sanpaolo con Ente Cr Firenze per l’acquisto del controllo di Carifirenze, gli aspetti relativi al prezzo sono elementi del negoziato non ancora definiti. È quanto ha precisato ieri Intesa Sanpaolo su richiesta della Consob. «Gli aspetti relativi al prezzo costituiscono elementi negoziali ad oggi non definiti tra le parti», hanno chiarito dalla banca.

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LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007

Dpef, subito scontro con Prc "Questo tesoretto non basta" Pensioni e Welfare, parte in salita il vertice non-stop - Con i tagli ai costi della politica si coprirà la nuova previdenza. Di Pietro: rischio governo istituzionale - Cresce la polemica sui 2,5 miliardi da spendere. I sindacati chiedono tempi certi

ROBERTO PETRINI

ROMA - Secondo round, con l´ipotesi di un vertice non-stop con le parti sociali, per riforma delle pensioni, ammortizzatori sociali e «tesoretto». Oggi a Palazzo Chigi, dopo l´incontro di venerdì scorso, si ricomincia a trattare: una parte dell´intesa dovrebbe essere già acquisita e prevede l´utilizzo dell´extragettito di 2,5 miliardi per l´aumento delle pensioni basse e gli interventi per i giovani. Restano invece aperti i nodi della previdenza, a partire dalla eliminazione dello «scalone» di fine anno previsto dalla riforma Maroni (da 57 a 60 anni il 31 dicembre 2007) e l´intervento sui «coefficienti» di rivalutazione. Proprio sulla difficoltà di reperire le risorse per l´abolizione dello «scalone» si è arenata la trattativa della settimana scorsa con i sindacati. Malumore che si è concretizzato ieri in un «contatto» tra i tre leader Epifani (Cgil), Bonani (Cisl) e Angeletti (Uil) che chiedono al governo tempi certi per la trattativa. Nuvole anche dalle parte dei metalmeccanici della Fiom che hanno avviato una settimana di mobilitazione contro lo scalone e la revisione di coefficienti.

La situazione non è priva di incognite anche sul piano politico. Ieri il ministro per il Commercio estero Emma Bonino ha dato un colpo di freno all´ipotesi di una chiusura in tempi brevi della vicenda del surplus fiscale: «Meglio decidere a settembre sul tesoretto». Dalla Margherita si insiste sull´Ici. Ma Rifondazione fa muro e fa capire chiaramente che il confronto parte tutto in salita: «Non c´è accordo, 2,5 miliardi non bastano», ha detto il ministro Paolo Ferrero (Politiche sociali). Di Pietro invece paventa il rischio di una caduta di Prodi e di un governo istituzionale.

Proprio sul tema caldo della previdenza si sta lavorando nelle ultime ore. Il governo - come accennato anche nel documento di 12 pagine consegnato dal ministro del Lavoro Damiano al tavolo la scorsa settimana - è indirizzato ad individuare risorse dalla «razionalizzazione degli enti previdenziali» e dalla «riduzione dei privilegi». In sostanza si tratterebbe di dare avvio al progetto di SuperInps, con la fusione di quattro enti previdenziali, e l´obiettivo di ricavare risparmi per circa 2 miliardi a regime. Si parla inoltre di agire sul fondo ex Inpdai per i dirigenti industriali. Altre risorse verrebbero dal capitolo costi della politica. Nessun intervento è previsto - come ha precisato ieri Damiano - sui contributi dei lavoratori dipendenti.

Sul piano delle proposte d´intervento l´idea del governo è quella di un «percorso graduale» per superare lo «scalone» tutelando chi ha fatto lavori «faticosi e pesanti» (ovvero chi ha fatto «turni» usuranti). Si potrebbe prospettare un sistema di «scalini» con partenza a 58 anni nel 2008 e scatto ogni 18 mesi oppure potrebbe tornare in voga l´ipotesi di incentivi del 3 per cento per chi resta al lavoro (ma il ministero del Lavoro ha smentito l´esistenza di questa proposta). Sul tavolo anche la periodica revisione dei coefficienti (alcuni parlano di un rinvio e un intervento biennale). «Il governo intende entrare nella fase finale, vogliamo attenuare lo "scalone" », ha detto il ministro del Lavoro Damiano.

A sbrogliare la matassa saranno con tutta probabilità alcuni «tavoli» che il governo sembra intenzionato a proporre ai sindacati su pensioni, giovani e ammortizzatori sociali. L´obiettivo resta tuttavia quello di chiudere prima della presentazione del Dpef fino ad oggi prevista per il 28 giugno.

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LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007

Se la signora Gina vuol continuare a lavorare

EMMA BONINO

Caro Direttore, il tema delle pensioni nasconde molte realtà diverse ponendo un problema di equità sociale, dal lavoratore del pubblico impiego all´operaio dell´industria pesante, dal pensionato che non riesce a raggiungere il minimo pensionistico alla donna casalinga. In questo contesto complesso e variegato vorrei che mantenessimo un occhio di riguardo anche per la signora Gina. Il nome è di fantasia, ma la situazione che descrivo è molto reale.

La signora Gina ha sempre lavorato, ha figli ormai grandi, sta per compiere sessant´anni. In teoria può optare per mantenere il posto di lavoro.

Ma le pressioni perché "torni a casa" e si occupi della famiglia sono piuttosto forti. Non è contenta di andare in pensione, la signora Gina, per almeno tre ragioni.

1) Innanzitutto perché vuole continuare a far parte del mondo del lavoro. Non le dispiacerebbe fare qualcosa di diverso, avere più tempo libero attraverso forme di part-time, magari riqualificarsi (la vita è ancora lunga, le statistiche le dicono che può sperare di godere almeno di altri 15 anni di buona salute), ma sa bene che in Italia quando si è fuori si è fuori; per chi va in pensione le possibilità di rientrare in un´attività produttiva sono quasi nulle.

2) In secondo luogo, la signora sa farsi molto bene i conti. Cinque anni di contribuzione in meno si tradurranno in una pensione minore e in una maggiore erosione negli anni. Aumenterà il rischio di impoverimento.

3) Infine, Gina vuole molto bene ai suoi nipoti e anche alla vecchia mamma inferma ma non ha alcuna voglia di occuparsene a tempo pieno. Preferirebbe continuare a svolgere la sua attività, aiutare figli e figlie nel tempo libero, contribuire alle spese di assistenza senza diventare una badante.

L´apologo della signora Gina serve a spiegare la mia insistenza sul prolungamento dell´età di pensionamento delle donne. Credo che, lungi dall´essere un privilegio, il pensionamento anticipato per molte donne sia una trappola. Del resto, tutta l´Europa si muove verso l´equiparazione dell´età di pensionamento e il differenziale che vige in Italia è oggetto di una procedura d´infrazione comunitaria per quanto riguarda l´impiego pubblico. Perché è vero che questo non è obbligatorio, ma il solo fatto che sia una facoltà per le donne è vista come un incentivo ad andarsene, ad uscire dal mondo del lavoro, cosa che peraltro può far comodo anche al datore di lavoro.

Non penso che il pensionamento anticipato possa servire a indennizzare le donne per la doppia fatica svolta nella loro vita, lavorando e occupandosi della famiglia. Molto meglio indirizzare il risparmio derivante da un progressivo innalzamento dell´età pensionistica verso investimenti nelle cosiddette "pratiche di conciliazione", cioè in tutte quelle iniziative (a cominciare dagli asili nido) che serviranno ad aumentare il tasso di occupazione femminile. Una maggiore disponibilità di strutture di supporto alla famiglia migliorerà la qualità della vita anche delle donne di una certa età come la signora Gina, non più costrette a restare a casa appena possibile a fare le bambinaie per consentire alle figlie di lavorare.

Perché la mia proposta di equiparazione dell´età è stata accolta con tanta acrimonia? Credo che sia ancora diffusa, come segnalato anche da economisti e sociologi, una tendenza a pensare che il ruolo della donna debba essere all´interno della famiglia, che il lavoro femminile sia uno sgradevole accidente da contenere il più possibile. Senza rendersi conto che al giorno d´oggi senza un secondo stipendio nel nucleo ben difficilmente si fanno i figli e che in ogni caso l´apporto dell´altra metà della popolazione alla produzione di ricchezza è fondamentale per lo sviluppo futuro, come ha ricordato di recente l´Economist, citando in particolare i ritardi di Italia e Giappone.

Il problema della terza età in Italia non è fatto solo di aridi calcoli sul pensionamento, ma è un problema culturale e sociale. Non me ne vogliano i colleghi Ferrero e Damiano, ma chissenimporta se la metodologia Ocse di calcolo delle pensioni è diversa da quella di Eurostat. Sappiamo comunque che il mondo verso il quale ci avviamo è un mondo di persone anziane, che non devono essere emarginate dalla società. Mantenere ad esse un ruolo produttivo è un obiettivo di civiltà e non solo di equilibrio dei conti pubblici.

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LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007

Presto un vertice tra i pm di Roma e Milano che indagano sulle operazioni del "contropatto"

Bnl, la tenaglia delle procure sulle mosse degli immobiliaristi - I magistrati indagano sulle mosse che portarono a Unipol il 27 % della banca - Ricucci contro Rovati: "Dice cose costruite sul nulla, non sapevo neanche chi fosse"

MARINO BISSO - WALTER GALBIATI

ROMA - La morsa delle Procure di Roma e Milano sulla scalata alla Banca Nazionale del Lavoro. Dopo due anni di indagini, si apre un nuovo filone che punta diritto sul "contropatto", l´alleanza tra immobiliaristi e raider che avevano rastrellato e poi rivenduto alla Unipol oltre il 27 per cento della banca romana. Portandosi a casa plusvalenze milionarie. La Procura di Roma vuole sapere come e quando quei titoli sono passati di mano, se sono state fornite false comunicazioni al mercato e se sono stati ostacolati gli organi di vigilanza.

Ancora non ci sono indagati, ma i protagonisti sono gli immobiliaristi Francesco Gaetano Caltagirone, Danilo Coppola, Stefano Ricucci e Giuseppe Statuto, che insieme a Vito Bonsignore, Giulio Grazioli ed Ettore Lonati hanno rastrellato i titoli della Bnl per contrastare la scalata degli spagnoli del Banco di Bilbao, appoggiato dalle Generali e dall´imprenditore Diego Della Valle.

Secondo la ricostruzione dei pm, Rodolfo Sabelli e Giuseppe Cascini, il 18 marzo 2004 il governatore della Banca d´Italia, Antonio Fazio, in un incontro con Gianpiero Fiorani individua nella Unipol di Giovanni Consorte la pedina da muovere contro gli spagnoli. Dapprima la compagnia bolognese rastrella il 10 per cento della Bnl attraverso degli hedge fund londinesi. E il 18 luglio rileva il 27,5% per cento posseduto dal contropatto tramite un portage da un miliardo e mezzo di euro organizzatole da Deutsche Bank, Nomura e Credit Suisse First Boston. Per il solo Ricucci, che ieri ha smentito di aver ricevuto il consigliere economico di Prodi, Angelo Rovati («È falso che Rovati fosse venuto da me per capire il mio disegno finanziario sulle mie partecipazioni»), il guadagno netto è stato di 210 milioni di euro. E non sono da meno le cifre incassate dagli altri. A quel punto, superata la soglia del 30%, l´Unipol annuncia il lancio dell´Opa obbligatoria, anche se secondo la ricostruzione degli inquirenti a quella data la compagnia avrebbe già avuto in mano, tra "amici" e azioni proprie, una quota superiore al 51%, tale da blindare l´esito dell´offerta.

Per questo motivo nel registro degli indagati con le ipotesi di reato di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e false comunicazioni sono già finiti il numero uno della compagnia assicurativa, Giovanni Consorte, e il suo ex vice Ivano Sacchetti. E la stessa sorte è toccata a Emilio Gnutti e ai fratelli Lonati. L´accusa per i tre bresciani è di «avere dichiarato il falso alla Consob circa la proprietà di una quota azionaria (2% per un valore di circa 150 milioni di euro) di Bnl». Nel 2004 la partecipazione in questione sarebbe passata da Gnutti a Hopa e poi dalla merchant bank ai fratelli Lonati. Gli inquirenti ipotizzano che uno dei passaggi sia in realtà fittizio.

L´inchiesta romana, dopo aver scandagliato anche il ruolo avuto nella vicenda da Consob e da Banca d´Italia (con particolare riguardo all´istruttoria compiuta su Unipol nell´iter per l´autorizzazione, mai concessa, all´Opa) punta ora sugli immobiliaristi romani, coagulatisi in un contropatto fin dal novembre 2004. La Procura di Milano, invece, stringe su chi ha intermediato i titoli Bnl tra il 18 marzo, giorno in cui viene decisa una controffensiva a difesa della banca romana, e il 18 luglio, data in cui viene annunciata l´Opa da parte di Unipol. Nella mattina del 18 marzo si svolse infatti una riunione nell´abitazione dell´ex governatore della Banca d´Italia Antonio Fazio, cui parteciparono Fiorani, il direttore finanziario della Bpi Gianfranco Boni, e gli ex banchieri di Lazard Arnaldo Borghesi e Luca Ditadi. Poi all´ora di pranzo tutti si trasferirono con l´avvocato Franco Gianni a casa dell´editore-immobiliarista-cementiere Francesco Gaetano Caltagirone, dove discussero della necessità di approntare le difese per la Bnl e dove a un certo punto sarebbe emersa l´esistenza di un pacchetto del 10% di azioni Bnl in mano a persone di nazionalità argentina.

Secondo le ricostruzioni del pm Luigi Orsi, che si occupa dell´inchiesta milanese, quel pacchetto non è mai stato denunciato alla Consob. Anche in questo caso le indagini si sono concentrate su chi ha rastrellato quei titoli e su chi ha incassato le plusvalenze. Il pacchetto risulterebbe intestato a un network italo-argentino, all´interno del quale spicca il nome della famiglia Macrì, più volte emerso nella contesa per la Bnl. Nell´intermediazione dei titoli un ruolo sarebbe stato svolto anche da Stefano Roma di Leonardo Capital Fund e da Luca Padulli (noto per essere stato un protagonista nelle vicende Montdison) attraverso una società inglese, la Park Place, rilevata poi dall´ex patron di Cirio, Sergio Cragnotti.

I due filoni dell´inchiesta su Bnl, quello romano e quello milanese, procedono separate, ma presto potrebbero avere uno sbocco comune. I reati di aggiotaggio informativo e manipolativo potrebbero rimanere a Milano, mentre a Roma finirebbero tutti le altre ipotesi di reato.

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LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007

Simulazione della Ragioneria sull´elevazione graduale dell´età pensionabile. Dal 2010 le difficoltà maggiori - E sugli "scalini" il Tesoro attacca "Servono 10 miliardi in 10 anni" - Superare la riforma Maroni richiede nuove risorse: in vista aumenti per i parasubordinati e un giro di vite sui privilegi - Nell´ipotesi di un innalzamento da 57 a 59 anni nel 2008 la spesa per le casse dello Stato scenderebbe a 2,5 miliardi

ROBERTO MANIA

ROMA - Dieci miliardi di euro in dieci anni. È la cifra che manca per l´accordo sulle pensioni. Perché da qui al 2016 servono dieci miliardi per sostituire l´odiato scalone Maroni-Tremonti - che innalza bruscamente l´età per il pensionamento di anzianità di tre anni (dagli attuali 57 a 60) dal 2008 - con alcuni gradini meno ripidi, per esempio da 58 in su. I conti li hanno fatti i tecnici della Ragioneria dello Stato insieme a quelli dell´Inps in un documento che fissa il percorso obbligato per non deragliare dal binario che porta al rispetto rigoroso del Patto di stabilità. Perché il ruolo di Bruxelles nella partita pensionistica non è affatto quello dello spettatore, come si è già visto con i ricorrenti richiami all´osservanza dei vincoli da parte del commissario Jaoquin Almunia. L´invecchiamento della popolazione impone a tutti i paesi di non abbassare la guardia. E tutti stanno aumentando l´età per l´accesso alla pensione. La Germania, ad esempio, l´ha già fatto, fissandola a 67 anni seppur nell´arco di dodici anni. Le proiezioni demografiche dicono che nel 2050 la speranza di vita media per gli uomini europei sarà di 78,7 (era di 70,1 nel 2004) e per le donne di 84,1 anni (78,2). L´Italia è ben oltre la media e sta in vetta alla classifica: 82,8 per gli uomini e 87,8 per le donne.

Quel documento, dunque, conservato finora nei cassetti dei ministri interessati dovrà essere tirato fuori. Quei numeri creano allarme, ma servono a comprendere concretamente che il superamento dello scalone non potrà essere indolore. Così si spiega anche l´intensificazione, negli ultimi giorni, delle fibrillazioni nella maggioranza. Perché da oggi le tabelle arriveranno pure sul tavolo del negoziato di Palazzo Chigi, per la no stop tra governo e parti sociali che dovrebbe portare all´intesa entro la fine di questa settimana o, al massimo, a ridosso del varo del Dpef, previsto per il 28 di giugno.

I tecnici hanno preso in considerazione tre scenari possibili: l´entrata in vigore, a gennaio, della riforma del governo precedente senza modifiche, con lo scalone, quindi, e la riduzione da quattro a due delle cosiddette finestre annuali per il pensionamento di anzianità; l´aumento graduale dell´età da 58 anni nel 2008 a 62 nel 2016, sempre con due sole finestre; infine una sorta di via di mezzo con l´innalzamento dell´età a 59 anni dal prossimo anno.

Tre scenari con tre diversi «effetti finanziari», come li definiscono i tecnici: un risparmio «cumulato» di oltre 65 miliardi dal 2007 al 2016 con l´attuazione completa della riforma del centrodestra; un ammanco, appunto, di quasi dieci miliardi di euro nell´ipotesi di passaggio da 57 a 58 anni (ipotesi A); e un buco meno ampio nell´ipotesi mediana a 59 anni (ipotesi B): 2,5 miliardi.

Che i tecnici propendano per il mantenimento della legge Maroni-Tremonti è piuttosto evidente. Scrivono, infatti, che la riforma sarà in grado di contribuire «in maniera decisiva alla sostenibilità di medio-lungo periodo della finanza pubblica e al percorso di rientro del debito pubblico scontato nell´Aggiornamento del Patto di stabilità e crescita del 2005, garantendo una minore incidenza della spesa rispetto al Pil». Qualsiasi attenuazione di quella riforma avrà effetti diretti sui conti pubblici e sul percorso del risanamento. E obbligherà - come ha riconosciuto il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, avviando il confronto con i sindacati - a reperire nuove ulteriori risorse finanziarie. Non è detto che basterà la fusione degli enti previdenziali. Si studia l´aumento dei contributi dei lavoratori parasubordinati (dal 23 per cento al 27) e nuove misure per azzerare i privilegi che ancora esistono nel sistema previdenziale. Poi si dovrà arginare la tentazione di allargare a dismisura la platea dei lavoratori impegnati in attività pesanti e particolarmente faticose che saranno esclusi dalla riforma.

Nell´ipotesi più gettonata (quella di un passaggio lento da 58 anni nel 2008 a 62 nel 2016, per i lavoratori dipendenti e 63 per gli autonomi) il prossimo anno mancheranno all´appello (rispetto agli effetti della Maroni) solo 26 milioni, ma è dal 2010 che la carenza d´ossigeno sarà più grave: quasi due miliardi per toccare il picco di 2,5 miliardi nel 2011. In totale, nel decennio 2007-2016, sono 9.325 i miliardi da reperire. E la dinamica della spesa pensionistica va valutata nel medio e lungo periodo, non nel breve.

Decisamente più contenuto il divario tra il percorso della Maroni con quello con l´innalzamento a 59 anni. Tant´è che alla fine dei dieci anni i tecnici stimano una differenza di 2,5 miliardi. Ma il passaggio a 59 assomiglia troppo allo scalone di Maroni. La via d´uscita dovrà essere un´altra, ma si dovranno trovare nuove risorse perché il tesoretto, per ora, è già stato tutto impegnato.

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LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007

Il numero uno di Intesa Sanpaolo invita ad andare oltre gli schieramenti: "L´Italia è prigioniera di interessi particolari" - Bazoli, allarme regressione: "Si torna alla società prepolitica" - la polemica

MILANO - L´Italia versa in «una situazione di paralisi e di contrapposizioni di interessi particolari che sembra caratterizzare il quadro odierno e che comporta il rischio di un regressione a una dimensione prepolitica della società italiana» è il monito di Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa-Sanpaolo, lanciato durante la presentazione del libro del ministro dell´Economia Tommaso Padoa-Schioppa "Italia, una ambizione timida". Per Bazoli serve proprio «un´azione politica», infatti «l´autentica dimensione della politica è quella che si può sviluppare all´interno di un contrasto in cui le visioni strategiche innestano cambiamenti per i cittadini». Secondo il presidente solo la piena attuazione della legalità costituzionale ci restituisce la dignità di tutte le istituzioni, poi è importante, dice concordando con il ministro, «la manutenzione ordinaria delle buone regole».

Padoa-Schioppa si detto convinto che sia possibile ottenere risultati concreti perché «basta attingere a ciò che di positivo si è fatto. Nella sanità ad esempio se tutte le regioni si comportassero come le tre più virtuose avremmo un risparmio della spesa e servizi migliori. Inoltre c´è un desiderio comune che l´Italia funzioni meglio. E´ il sogno inconfessato di tutti». Miglioramenti che vanno trovati nelle risorse nazionali: «L´Unione Europea non può sostituirsi alle mancanze degli Stati nazionali, altrimenti la decadenza sarà inevitabile» ha concluso Padoa-Schioppa.

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LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007

Metà degli autonomi con guadagni da fame - Il dossier Visco: oltre il 50% dichiara un quarto di chi sta negli studi di settore - l´evasione - Le denunce sui redditi 2005. Boom dei non congrui, guadagni da 10-20mila euro - I pasticcieri che stanno fuori dai parametri dichiarano 11 mila euro lordi annui - Il 40% opta per gli indicatori del fisco. I "marginali" rappresentano circa il 10% - I parametri del fisco estesi ai costi: così sale il numero di quanti non aderiscono - Le scorte dei macellai "non congrui" durano 75-199 giorni contro i 5-23 degli altri

BARBARA ARDÙ

ROMA - Con 800 lire si comprava un bignè. Ottomila lire e te ne portavi a casa un vassoio. Oggi a meno di 80 centesimi non c´è pasticciere che te lo venda. Eppure nonostante il prezzo sia raddoppiato i pasticcieri continuano a fare una vita grama. È vero che anche lo zucchero è aumentato, che le mandorle costano, che il cioccolato, se lo vuoi buono, lo devi pagare, ma a leggere le loro dichiarazioni dei redditi sembra meglio entrare in Polizia che aprire una pasticcieria. Chi vende dolci elaborati, un artigiano a tutti gli effetti, dichiara meno di un poliziotto con dieci anni di servizio alle spalle, appena 25 mila euro lordi l´anno. E mica a tutti va così bene. Solo coloro che hanno aderito agli studi di settore, che si sono dunque riconosciuti nei calcoli dell´Agenzia delle entrate, che stabiliscono quanto in base ai ricavi e ai costi sostenuti da un´impresa, si porta a casa, a fine anno, un lavoratore autonomo, dichiarano in media 25 mila euro. Gli altri, quelli che hanno valutato troppo elevato il reddito calcolato con gli studi di settore, sono sull´orlo della povertà, guadagnano 11 mila euro l´anno, la metà di quanto si porta a casa in media un lavoratore dipendente. O almeno quegli 11 mila euro è quanto dichiarano. Una vita amara nonostante tutto quello zucchero.

Gli autonomi sugli studi di settore hanno sempre puntato i piedi, nonostante a scriverne il contenuto ci siano anche loro. E quanto più agli studi vengono aggiunte sofisticazioni (è accaduto con la Finanziaria del 2006 e anche con quella del 2007), tanto più gli autonomi non vi si riconoscono. Nel 2005 meno del 40 per cento di commercianti e artigiani ha aderito, riconoscendo dunque che il reddito calcolato dallo studio era più o meno quello reale. Un anno prima però, nel 2004, le adesioni erano state più alte, il 60 per cento. Cosa è accaduto? Qualcuno se la sarà vista brutta, magari ha lavorato di meno. E gli altri? Forse l´aggiornamento degli studi di settore non li ha convinti troppo e si sono defilati.

Ma rimaniamo al 2005: meno del 40 per cento ha aderito, oltre il 50 per cento ne è rimasto alla larga, mentre il 10 per cento è rappresentato da lavoratori che operano in situazioni di marginalità economica. Dunque la metà dei lavoratori autonomi italiani (2milioni e 616 mila) nel 2005 non si è riconosciuto negli studi di settore. Avrebbe guadagnato di meno, parecchio di meno: il rapporto a volte è addirittura di uno a quattro. Se per esempio chi ha aderito ha dichiarato 25 mila euro, chi non lo ha fatto ne avrebbe guadagnati poco più di 6 mila, un reddito da fame. Meno di quanto si porta a casa una donna di servizio extracomunitaria o un lavoratore precario dei call center. Possibile? Assolutamente sì. Un ristoratore laziale nel 2005 ha dichiarato in media un guadagno di quasi 12 mila euro l´anno. Il titolare di una lavanderia lombarda che passa la giornata tra fumi e vapori guadagna in media 12 mila euro. Meno, sempre meno, di chi ha un lavoro dipendente, che in media si porta a casa a fine anno 22 mila euro lordi.

E la lista può continuare all´infinito, perché chi si ritiene non congruo ad aderire agli studi di settore (il 50 per cento degli autonomi) dichiara di guadagnare in media tra i 10 mila e i 20 mila euro. Non c´è da stupirsi dunque se l´evasione fiscale sfiora ormai i 270 miliardi (il 27 per cento del Pil). Tutta ricchezza prodotta, ma occultata o celata con sofisticati sistemi. Le scorte di magazzino per esempio. Un macellaio che rientra negli studi di settore dichiara una durata delle scorte che varia dai 5 ai 23 giorni. Per un macellaio che si sottrae agli studi di settore la durata delle scorte varia dai 75 ai 199 giorni. Dunque o la carne è marcia o è congelata o c´è qualcosa che non torna. Ci sono casi anche più palesi: panettieri che producono poco pane, ma acquistano molta farina. Parrucchieri che pagano bollette della luce e dell´acqua elevate, ma fanno poche messa in piega. I dati sconcertano eppure la protesta di commercianti e artigiani contro gli studi di settore cresce.

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LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007

incontro tra Fondazioni azioniste e vertici della banca porta alla schiarita sulle strategie. Il consiglio di gestione vota lo schema di Passera - Intesa Sanpaolo lancia super Eurizon - Niente Borsa per il polo assicurativo ma investimenti e acquisizioni

ANDREA GRECO

MILANO - Schiarita su Eurizon. Dopo tre rinvii, un anno di discussioni e svariate polemiche tra i soci Intesa Sanpaolo, il management ha trovato la soluzione che mette d´accordo tutti. Tutti i tre business di Eurizon – rete distributiva, bancassicurazione e risparmio gestito – saranno rafforzati per linee interne ed esterne con investimenti, accordi di partnership e anche acquisizioni. Le nuove linee strategiche sono state illustrate ieri pomeriggio a Milano alle quattro Fondazioni socie, e in un consiglio di gestione serale della banca, riunito sotto la Mole.

Sembra che Corrado Passera ed Enrico Salza, che guidano l´organo più operativo del gruppo, abbiano convinto Compagnia Sanpaolo, Cariplo, Cariparo e Carisbo. Con ciò assicurandosi virtualmente il via libera nei due consigli, visto che lo statuto prevede che ogni modifica ai piani su Eurizon vada votata dal 66% dei componenti i due organi. E i piani, disegnati dal Sanpaolo e dal manager Mario Greco prima della fusione con Intesa e poi ribaditi, prevedevano la quotazione entro il 2007. Stamani a Piazza San Carlo si svolgerà un consiglio di sorveglianza, per tratteggiare il futuro di questa subholding che vale 7-8 miliardi.

Tutte le ipotesi fatte in questi mesi avevano ruotato sul deconsolidamento – tramite quotazione in Borsa di un terzo del capitale e cessione alle Fondazioni di altre azioni, per lasciare il colosso bancario in minoranza – o sulla cessione di Banca Fideuram a operatori stranieri. A questo aspetto ha lavorato l´advisor Banca Leonardo, ma i maggiori interessati erano fondi di private equity, che non sono ben visti da Bankitalia come padroni di un istituto. Alla fine il vertice del gruppo ha preferito rilanciare su Eurizon, anche perché il capitale eccedente – svariati miliardi di euro – lo permette.

La soluzione scelta, che sarà resa nota oggi, lascia però aperte due questioni. La prima attiene i rapporti con il socio Compagnia Sanpaolo, il cui vertice aveva spinto perché i piani industriali di Greco su Eurizon potessero compiersi. Ora il futuro del manager ex Ras si fa più incerto: sia lui che i vertici della controllante dovranno tarare i propri orizzonti alla luce delle nuove strategie. L´ente torinese ieri avrebbe peraltro espresso qualche preoccupazione sulla "torinesità" della banca nata un anno fa. C´è il tema della Banca dei territori, impostazione con copyright torinese che rischia di venire annacquata dalle autonomie rilasciate ai soci fiorentini per ottenere la cessione della Cassa di Firenze (proprio oggi il progetto di Opa europea sarà presentato alla Consob). C´è poi il tema di Banca Prossima, istituto no profit su cui Passera vorrebbe convogliare i clienti di questo settore, ma si scontra con gli interessi altrettanto benefici e diretti della Compagnia.

L´altra questione aperta riguarda i rapporti con il socio Generali, che ha il 5% di Intesa Sanpaolo e si è detta dal principio penalizzata dalla fusione, perché l´Antitrust ha chiesto di dimagrire, quindi perdere ricavi e profitti, alla partnership bancassicurativa tra Intesa e Alleanza, controllata triestina. La soluzione al voto finale oggi lascia aperta la questione antitrust, e di fatto fa proseguire l´iter che prevede la cessione a un terzo operatore assicurativo di 1.133 sportelli del gruppo fuso. Servono ancora alcuni mesi per dar vita all´asta su quegli sportelli, ma a questo punto sembra più difficile scansarla, come a Trieste si era sperato. Generali resta quindi in attesa di una "compensazione"; ma la sensazione, dopo la fusione Unicredit-Capitalia, è che i rapporti col Leone siano meno facili di prima.

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LA REPUBBLICA martedì 19 giugno 2007

Il gruppo di Collecchio ha recuperato finora quasi 700 milioni con le cause giudiziarie. Quattro funzionari Nextra patteggiano sui bond - Parmalat, Bondi incassa altri 72 milioni - Chiuse con successo le transazioni con Ing, Monte Parma e Merrill Lynch - La Borsa reagisce all´accordo mettendo a segno un rialzo dell´1% a 3,21 euro - Prossime mosse sulle revocatorie e le cause negli Usa

ETTORE LIVINI

MILANO - Parmalat accelera sulle transazioni bancarie. Enrico Bondi ha firmato un tris di accordi da 72 milioni di euro con Monte Parma, Ing e Merrill Lynch, portando a un soffio dai 700 milioni i soldi recuperati con le cause legali da Collecchio. Queste tre intese "minori" - con protagonisti che hanno recitato un ruolo un po´ defilato nel crac da 14 miliardi - sembrano confermare la scelta strategica dell´ad del gruppo: chiudere in questa fase tutti i contenziosi marginali per cercare più avanti, con ogni probabilità dopo l´estate, l´affondo con le grandi banche - italiane ed internazionali - che hanno recitato parti più impegnative nel fallimento dei Tanzi. Piazza Affari ha accolto bene l´ennesimo "colpo" di Bondi spingendo al rialzo dell´1% i titoli a 3,21 euro.

L´accordo siglato ieri prevede che Monte Parma e Ing versino nelle casse di Collecchio rispettivamente 35 e 8 milioni per chiudere in maniera tombale le richieste di revocatorie. Merrill Lynch pagherà invece 29 milioni per archiviare la causa di risarcimento legata a una presunta sopravvalutazione di una controllata del gruppo.

La partita più dura per Parmalat dovrebbe comunque giocarsi nei prossimi mesi negli Stati Uniti. Nei tribunali distrettuali di Manhattan e del New Jersey - falliti i tentativi di conciliazione - inizieranno infatti i processi per le cause americane, sia la class action che quelle di Bondi con Bank of America, Citigroup e Grant Thornton. E la storia dei grandi scandali a stelle e strisce insegna che i maxi-accordi tra le parti - in linea di massima - si sono sempre sottoscritti sul filo di lana proprio alla vigilia dell´inizio delle udienze pubbliche, considerato una sorta di "punto di non ritorno" dai legali che intendono chiudere le cause in via transattiva. Il rinvio a giudizio a Milano di quattro banche per i reati di aggiotaggio nel caso Parmalat costituisce oltretutto un precedente giudiziario favorevole a Collecchio.

Un altro fronte che potrebbe riservare sorprese è quello delle revocatorie, in buona parte verso istituti italiani. La società emiliana ha avviato quasi 70 cause di questo tipo, chiedendo la restituzione di oltre 7 miliardi. E la percentuale di recupero nelle transazioni già chiuse è stata finora tra il 20% (come le due intese siglate ieri) e il 40%.

L´iter giudiziario per far luce su cause e responsabili del crac intanto inizia a muovere qualche timido passo. Ieri quattro funzionari di Nextra, la società di gestione di Intesa, e la stessa Sgr hanno patteggiato davanti al gup Cesare Taccone durante l´udienza. I funzionari Marco Valsecchi, Antonio Cannizzaro, Marco Ratti e Giovani Landi hanno concordato sei mesi per diffusione di false informazioni riguardanti l´emissione di un bond del 10 luglio 2003, pena convertita in una sanzione pecuniaria, pari a 6.840 euro.

La società invece ha patteggiato in qualità di persona giuridica, 500mila euro con confisca, per legge, di un milione di euro, cifra corrispondente al profitto del reato. A latere, la Sgr ha offerto il risarcimento nei confronti dei bond-holder pari all´1 per cento del valore nominale del bond emesso poco prima del crac di Parmalat. Oggi invece, dopo il no del tribunale ai patteggiamenti di manager e revisori di Collecchio, riprenderà a Palazzo di giustizia il processo contro Calisto Tanzi, Bank of America, Deloitte, dirigenti, consiglieri e sindaci del gruppo.

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-19 num: - pag: 30

Oggi vertice del board di sorveglianza. Possibile l'integrazione tra le attività di risparmio gestito ex Torino e Nextra - Intesa Sanpaolo, Eurizon si fa in tre - Riunito il consiglio di gestione. Spunta l'ipotesi di riquotare Fideuram

autore: Federico De Rosa categoria: REDAZIONALE

MILANO — Il nodo Eurizon arriva all'esame del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo in programma questa mattina a Torino. Per il futuro del polo assicurativo torinese l'ipotesi Borsa sembra definitivamente tramontata. Al tavolo del consiglio di gestione, riunito ieri sera a Torino per preparare il progetto da sottoporre oggi ai grandi soci, sarebbe stato discusso un piano per valorizzare Eurizon attraverso una riorganizzazione: business assicurativo, asset management e rete verrebbero spacchettati e rafforzati.

Secondo indiscrezioni è questa l'ipotesi che potrebbe essere esaminata oggi dal consiglio di sorveglianza, chiamato a deliberare anche l'acquisto della turca Oyak Bank. Il via libera al riassetto di Eurizon, tuttavia, non è ancora scontato. Nei giorni scorsi la Compagnia di San Paolo aveva puntato i piedi davanti all'idea di veder cancellato il piano di quotazione in Borsa della compagnia assicurativa. Ieri si sarebbe dovuto tenere un faccia a faccia tra il top management della banca e le Fondazioni azioniste per appianare eventuali divergenze. Tuttavia non ci sarebbe stata la riunione prevista, ma solo contatti informali con gli enti. Per varare il riassetto Corrado Passera deve ottenere la maggioranza dei due terzi sia nel consiglio di sorveglianza sia in quello di gestione. La discussione ieri sera è stata lunga e solo oggi si saprà se è andata a buon fine. Il piano che potrebbe mettere tutti d'accordo sarebbe quello di mantenere Eurizon dentro al gruppo ma separandone i diversi business in modo da tirare fuori il reale valore delle singole attività. Nell'ottica del piano di riordino l'asset management potrebbe essere rafforzato attraverso Nextra, mentre per la rete di promotori di Fideuram sarebbe stato studiato un potenziamento e un rilancio che non escluderebbe il ritorno sul listino di Piazza Affari, o comunque l'apertura del capitale a nuovi azionisti. A Eurizon resterebbero le attività assicurative del gruppo.

Oggi si capirà meglio se sarà questa la strada. E, forse, anche quale sarà il destino dell'amministratore delegato del polo assicurativo, Mario Greco, che dopo aver lavorato per portare in Borsa Eurizon a questo punto potrebbe decidere di fare un passo indietro.

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-19 num: - pag: 31

L'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio - Gianni Letta nel «board» di Goldman Sachs Sarà consulente per l'Italia 

categoria: REDAZIONALE

ROMA (s. riz.) - Silvio Berlusconi lo avrebbe voluto al Quirinale. Ma anche nel centrosinistra Gianni Letta ha sempre goduto di grande rispetto. Non ha quindi potuto sorprendere che la Goldman Sachs abbia affidato all'ex sottosegretario alla presidenza (posto che ora occupa suo nipote Enrico Letta) l' incarico di consulente per l'Italia e componente del proprio international advisory board. Lo stesso identico incarico che aveva all'inizio degli anni Novanta, subito dopo aver lasciato per la prima volta la guida dell'Iri, l'attuale premier Romano Prodi. E se l'arrivo di Letta senior non equivale per la banca d'affari americana a una specie di sdoganamento nei confronti del centrodestra, davvero poco ci manca.

La Goldman Sachs ha sempre riscosso una certa diffidenza nell'attuale opposizione, dove è stata spesso identificata, a causa di quel trascorso, con lo stesso Prodi. Tanto più perché dalla banca d'affari americana provengono altri illustri «prodiani », come Claudio Costamagna e il sottosegretario all'Economia Massimo Tononi, che ha la delega sulle partecipazioni pubbliche. Non gli unici italiani ad aver avuto un ruolo di responsabilità nella Goldman Sachs. Uscito dal ministero del Tesoro, Mario Draghi è approdato alla banca americana con l'incarico di vicepresidente. E lì è rimasto fino a quando (era in carica il governo Berlusconi, con Giulio Tremonti al ministero dell'Economia) non è stato designato governatore della Banca d'Italia.

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia - data: 2007-06-19 num: - pag: 33

Bnl, il «rilancio» Bnp e quel sangue freddo che in finanza paga

categoria: REDAZIONALE

Il sangue freddo in finanza paga. Ieri ne è arrivata una ulteriore riprova dall'azionista di controllo della Bnl. Bnp Paribas ha fatto saper di essere disposta a pagare agli irriducibili possessori di azioni Bnl, per il diritto di recesso in occasione della prossima fusione per incorporazione della banca di via Veneto, un controvalore di 2,965 euro per azione contro i 2,9275 euro pagati dai francesi per le due opa. Spiccioli? Forse. Ma come sempre il guadagno dipende dal pacchetto di azioni. E i pesci più grandi, spesso, sono anche quelli con il sangue più freddo.

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LA REPUBBLICA Supplemento Affari&Finanza 18-06-2007

I tassi europei alle famiglie convergono: perché il settore bancario si sta integrando - Centro Studi e Ricerche ABI

Negli ultimi dieci anni, l’introduzione dell’euro ha costituito un forte volano per la crescita e l’integrazione dei sistemi bancari europei. Il mercato bancario retail, cioè quello rivolto a famiglie e PMI, ha registrato un notevole sviluppo. Secondo informazioni della Commissione Ue nell’Europa a 25 il retail banking costituisce un’industria che offre lavoro ad oltre 3 milioni di persone e produce ricavi per oltre 250 miliardi di euro (circa il 2% del Pil). Molta enfasi è stata però posta, dalla stessa Commissione, sull’alto grado di frammentazione che connoterebbe i diversi mercati del retail banking europei, rivelatrice, secondo la Commissione, di uno scarso livello di concorrenza. Le informazioni dalle quali la Commissione trae tali conclusioni si riferiscono al 2004. Senonché nell’ultimo biennio il sistema bancario europeo si è caratterizzato per crescente dinamismo. Prendendo a riferimento il numero di sportelli di banche europee operanti in paesi europei diversi da quello di origine si riscontra che questi, passati nell’EU25 tra il 2001 al 2004 da 540 a 554 (+2,6%), sono poi cresciuti dell’8% nel solo 2005, grazie soprattutto a fusioni ed acquisizioni crossborder. Non si dispone ancora di dati omogenei e comparabili sul 2006 ma è molto probabile che tale spinta si sia ulteriormente consolidata.

Indicazioni circa la consistenza di un effettivo processo di integrazione tra le industrie bancarie europee possono essere tratte dall’andamento dei tassi d’interesse applicati sui nuovi finanziamenti concessi alle famiglie residenti nei paesi dell’Area euro. Posta pari a 100 la dispersione dei tassi d’interesse intorno al valore medio rilevata nel 2003, questa è diminuita a 72 nel comparto dei finanziamenti per l’acquisto di abitazioni, a 84 nel credito al consumo e a 99 nel segmento degli scoperti di conto corrente. Le differenze stanno quindi progressivamente diminuendo. Occorre tener conto che velocità ed intensità di questo processo dipendono da molti fattori ambientali. Sicuramente le variabili di contesto dei diversi sistemi bancari europei sono molto differenti: ad esempio, Italia e Germania sono paesi caratterizzati da un’alta incidenza degli anziani sulla popolazione complessiva, e sono quindi realtà in cui le chances di penetrazione di prodotti bancari innovativi, per esempio veicolati attraverso Internet, sono relativamente più basse. Anche a causa del differente profilo demografico molto diverse sono poi la propensione all’indebitamento e quella al risparmio, con evidenti conseguenze sullo spessore dei mercati bancari. Ovviamente, su tali fattori ambientali ed affinché le differenze tra paesi si riducano, il policy maker europeo poco può fare. Discorso diverso va invece fatto per quei fattori ambientali legati alla regolamentazione, prima fra tutti quella fiscale. Una maggiore armonizzazione della tassazione sulle banche europee, e su alcuni importanti strumenti bancari come il conto corrente, potrebbe assecondare il processo di convergenza con notevoli benefici per consumatori e imprese.

Vincenzo Chiorazzo e Carlo Milani

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LA REPUBBLICA Supplemento Affari&Finanza 18-06-2007

Sul Tfr una tesi controcorrente: meglio tenerselo

Una tesi decisamente controcorrente, quella sostenuta da Beppe Scienza sulla destinazione Tfr: per il momento meglio tenersi il trattamento di fine rapporto, in attesa che sia chiarita tutta una serie di questioni pratiche che oggi sono indefinite. La tesi di Scienza che insegna Matematica all’Università di Torino ed è autore di diversi libri tra cui ‘Il risparmio tradito’ e ‘Tempo e denaro. Guida alle scelte finanziarie’ consente ai lavoratori di prendere tempo in vista di una decisione più meditata sulla destinazione del Tfr. Infatti, optando subito per il mantenimento del Tfr, il lavoratore non si preclude un passaggio ai fondi pensione in qualsiasi momento successivo (l’operazione inversa non è possibile tanto che qualcuno, nel governo, propone adesso una modifica della legge).

Il nucleo centrale della tesi sostenuta da Scienza che contrasta in verità con i consigli della maggior parte degli esperti e con lautorevole parere del Governatore della Banca d’Italia è che al momento il Tfr assicuri un rendimento certo ("è un capolavoro di sicurezza, che tutela più di quanto sembri") in contrasto con l’incertezza dei fondi. Paradossalmente, inoltre, l’autore dimostra che il Tfr avvantaggia di più chi ha redditi alti. (a.b.)

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AFARI ITALIANI Lunedí Lunedí 18.06.2007 16:11

Il commento/ Tutto ruotò intorno al ddl risparmio

Intercettazioni pubblicate. Mezze frasi, polemiche, querele e smentite. Una serie di aziende: Antonveneta, Bpi, Unipol, Bnl, Rcs. E poi una selva di nomi tra cui districarsi, alcuni di sinistra (D'Alema, Fassino, Rovati, Latorre), altri di destra (Berlusconi, Letta, Bonsignore, Casini) altri ancora di manager e imprenditori (Ricucci, Fiorani, Consorte, Ben Ammar). Un ginepraio che offusca le idee e confonde trame e piste. Una matassa che però ha un bandolo, cui si può arrivare seguendo o ripercorrendo piano piano il filo degli avvenimenti.

Per orientarsi è fondamentale capire che tutto trae origine da Bankitalia o meglio da Antonio Fazio. Siamo nel 2002 e l'Italia è sconvolta da una serie di crack finanziari tali da mettere in ginocchio il paese. Bond argentini, Cirio, Parmalat, Giacomelli, My way e For you, una serie di fallimenti e di disastri che impongono, sulla scia di un'opinione pubblica imbizzarrita, una legge sul risparmio.

Dopo il caso Parmalat, a caldo, i primi disegni di legge di cui si discute in Parlamento sono rivoluzionari. Pene severissime, controlli inflessibili e costanti, rigida separazione tra ambiti per evitare possibili conflitti di interesse. L'idea era riformare il sistema finanziario dalla A alla Z. Tra le modifiche c'è quella della carica di Governatore a vita di Bankitalia. Il comportamento degli istituti di credito nei crack finanziari è stato rimarchevole e secondo i dati dell'Abi la fiducia nelle banche è ai minimi storici. Ovvio che Fazio sia considerato responsabile quantomeno oggettivo e nella carica a vita si vede il sintomo di un potere che non ha nessuno cui rendere conto.

Parte tutto da qui. L'unica carica a vita al mondo oltre a quella del Papa, un Governatore legato oltre ogni immaginazione al suo incarico e la minaccia di un'imminente rivoluzione. Fazio usa come suo braccio destro Gianpiero Fiorani, alchimista delle partecipazioni finanziarie e stregone dei bilanci che in pochi anni ha trasformato la Popolare di Lodi (oggi Bpi) da banchetta di provincia a istituto in luce tra i big del settore.

Sono passati due anni da quando si parla di ddl risparmio. E' il 2004. Arrivano i progetti di scalate, quindi il miraggio del potere per politici di destra e di sinistra. Antonveneta andrà alla destra, Bnl alla sinistra. Le operazioni hanno il comune denominatore di sembrare una difesa dell'italianità. L'istituto olandese è nelle mire degli olandesi di Abn Amro, e la Bnl in quelle degli spagnoli del Banco Bilbao. E' la logica del mercato, contro la quale si schiera la logica della difesa dell'italianità.

Arrivano le mazzette, i soldi pagati in contanti. Il partito di Fazio arruola ogni giorno nuovi uomini e diventa un esercito agguerrito e pronto a dare battaglia al ddl risparmio.

Arriva il salvataggio della Credieuronord (anche questo avvenuto nel 2004), la banca della Lega fallita per colpa di una gestione disastrosa che rischiava cause civili e penali, e che assicura a Fazio l'improvviso e repentino cambiamento di opinione della Lega, di colpo schierata a favore del Governatore.

La regia, in effetti, è notevole. Se il piano funziona hanno tutti da guadagnarci. Il ddl risparmio viene affossato, Fazio rimane Governatore a vita, Unipol si assicura Bnl, Bpi si prende Antonveneta, destra e sinistra banchettano e Ricucci da signor nessuno diventa mister Rcs che in più va a letto con Anna Falchi, roba da far invidia a Tronchetti Provera.

La battaglia sembra vinta. Capitola Tremonti, uno dei più accesi contestatori del Governatore, la cui testa viene chiesta da Gianfranco Fini in persona e che viene sostituito da Domenico Siniscalco, uomo 'vicino' alla banca d'Italia. Capitolano i padri putativi del ddl risparmio, Giorgio La Malfa e Bruno Tabacci

Ma come in un film, quando davvero sembra sia stata scritta la parola fine, colpo di scena. Nel 2005 Guido Rossi, sceso in campo chiamato dagli olandesi di Abn Amro (che ambivano ad Antonveneta) fa bloccare le azioni di Ricucci facendolo riconoscere tra i 'pattisti' che hanno 'concertato' in maniera occulta per la conquista di quote della banca veneta.

E da lì, piano piano, si sgretola tutto. Fallisce la scalata ad Antonveneta, e quindi finisce nel nulla anche quella di Unipol, che aveva senso in una logica di equilibri bipartisan. Nel luglio del 2005 vengono pubblicate le intercettazioni che coinvolgono Fazio e Fiorani. Il Governatore è messo alla berlina. A quel punto lo stesso Berlusconi deve intervenire e chiedere la sua testa. Fazio viene deposto come si trattasse di un re. Delle tre scalate (Antonveneta, Bnl e Rcs) non rimangono che un pugno di intercettazioni. E la prima versione del ddl risparmio, che avrebbe davvero cambiato la fisionomia del settore finanziario italiano, rimane un ricordo per gli affezionati di storia del Parlamento.

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AFARI ITALIANI Lunedí 18.06.2007 17:04

Tre scalate, un solo regista. Ecco l'alleanza bipartisan dietro Ricucci, Consorte e Fiorani. La ricostruzione di Affari - L'ex leghista Pagliarini ad Affari: "Nella primavera del 2005 arrivò l'ordine dall'alto di votare a favore di Fazio, dopo che in commissione avevamo ottenuto l'opposto. Una roba da matti..."

La scalata Antonveneta, la scalata Bnl, la scalata Rcs. Tre cime, tre picchi. Gli "scalatori" sono finiti tutti nei guai. Gianpiero Fiorani, ex numero uno della Banca Popolare di Lodi (oggi Banca Popolare Italiana), Giovanni Consorte, ex numero uno di Unipol, Stefano Ricucci, immobiliarista romano. Fiorani e Ricucci hanno anche provato il carcere. Fuori, intanto, si sono moltiplicate le polemiche, i veleni. E la politica si sta compattando per impedire la pubblicazione di intercettazioni e verbali di interrogatori "scottanti". Ma cosa c'è sotto? Quale è il cuore della vicenda? Affari rivela lo scenario di un potere che non esiste più ma che sta cercando nuovi, faticosi equilibri. E che coinvolge tutti, da destra a sinistra, in un'intesa bipartisan. La bicameralina degli affari.

IL PARTITO DI FAZIO - Tutti gli uomini del Governatore. Perchè dietro a ogni scalata c'è un uomo solo al comando. Che resta per lungo tempo dietro gli scalatori, nella cabina di regia. Tanto che nell'interrogatorio di Gianpiero Fiorani del 18 dicembre 2005, l'ex Governatore della Banca d'Italia viene definito "regista del concerto occulto". In questo concerto ognuno suona uno strumento sotto l'egida di un'italianità controversa, più scusa che concetto. E la sinfonia che ne emerge è frutto degli sforzi congiunti di uomini chiave in ogni schieramento politico. Da Forza Italia ai Ds, dall'Udc alla Lega, passando per An. Nessuno escluso, tutti vengono "avvicinati" da Fiorani per conto di Fazio affinchè si scongiuri il peggior pericolo per l'allora Governatore. Quel Ddl sul risparmio che avrebbe messo un termine alla carica più alta di Bankitalia, fino ad allora "a vita". Ci torneremo su.

Gianpiero Fiorani lavora come un forsennato per conto di Fazio. "Dopo l'esito negativo della votazione in Commissione dove a causa delle ambigue assenze degli esponenti di Forza Italia era passato un emendamento che aveva introdotto il mandato a termine, emendamento proposto dalla sinistra, Fazio organizzò una cena a casa sua alla quale partecipai unitamente a Grillo e Tarolli. Colloco questa cena nell'ottobre 2004. Ci confrontammo sulle strade da percorrere per creare i presupposti per una maggioranza favorevole al Governatore", spiega ai magistrati che lo interrogano il 5 gennaio 2006. Chi sono dunque i "contattati"? La lista è lunga: Giorgio La Malfa (ai tempi di Forza Italia), Luigi Grillo (Fi), Marcello Dell'Utri (Fi), Aldo Brancher (Fi), Roberto Calderoli (Lega Nord), Ivo Tarolli (Udc), Gianni Alemanno (An), Pietro Armani (An), Riccardo Pedrizi (An), Pietro Lunardi (Fi), Bruno Tabacci (Udc), Vittorio Emanuele Falsitta (Fi). Tutti a destra? Assolutamente no. Perchè ci sono anche Pierluigi Bersani (Ds), Giorgio Benvenuto (Ds), Luciano Violante (Ds), Massimo D'Alema (Ds). E ancora, leader del calibro di Pierferdinando Casini, Marco Follini, Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti, Cesare Previti.

Fiorani racconta qualcosa su ognuno di loro. In particolare, alla vigilia dell'epifania del 2006, l'ex banchiere si "apre" con i magistrati, mettendo in luce uno scenario inquietante. Soprattutto se incrociato con le rivelazioni di Ricucci e con le telefonate tra Consorte e vari esponenti politici.

I FEDELISSIMI DEL CENTRO DESTRA - "Passai molto tempo a Roma a creare il consenso sulla posizione di Fazio soggiornando spesso negli uffici di Tarolli e Grillo e dedicandomi ai continui contatti ed a verificare che tutte le persone che si schieravano con me mantenessero gli impegni. Tutta questa attività è durata sette giorni ma si è conclusa con un successo perchè tutti gli impegni che i parlamentari avvicinati avevano assunto con me sono stati rispettati", spiega Fiorani ai magistrati. I fedelissimi, quindi, si chiamano Tarolli e Grillo. Ma chi sono? Ivo Tarolli, classe 1950, residente a Trento, è responsabile del dipartimento economico dell'Udc. E' stato membro dal 22 giugno 2001 al 27 aprile 2006 della quinta commissione permanente (Bilancio). Proprio nel cuore dell'organismo che stava mettendo in pericolo il primato "a vita" di Fazio. Ovviamente non operò gratis, almeno stando alle parole di Fiorani. "A Tarolli ho dato un contributo di 30-40mila euro sottoforma di pagamento di una fattura relativa ad una pubblicazione. La fattura è stata annotata dalla BPL. Inoltre anche a Tarolli abbiamo fatto passare delle operazioni in titoli sicure sul suo conto", spiega Fiorani. E' Tarolli a tirare in ballo i nomi dei leader: "Tarolli sosteneva di aver messo al corrente e di tenere i contatti costantemente con Casini e Follini".

IL FEDELISSIMO

Luigi Grillo, senatore di Forza Italia. Fiorani: Al senatore Grillo nel 2004 ho versato 200mila per ringraziarlo dell'attività da lui condotta a favore di Fazio avendo il senatore necessità per le proprie attività politico/elettorali"

Ancor più decisivo, se possibile era il ruolo di Luigi Grillo. Eletto in Lombardia tra le fila azzurre, commercialista nato a Carrara nel 1943, Grillo è un "veterano" del Parlamento, alla sua sesta legislatura. Per Fiorani "Grillo diceva di tenere i contatti con Berlusconi; Alemanno e Giorgetti erano di fatto dei leaders". Anche lui non lavora gratis. "Al senatore Grillo nel 2004 ho versato 200mila per ringraziarlo dell'attività da lui condotta a favore di Fazio avendo il senatore necessità per le proprie attività politico/elettorali. Devo precisare che la somma richiesta da Grillo era di centomila euro e che la restante somma da me erogata era per l'onorevole Dell'Utri amico di Grillo, e unitamente a Previti, collegato nella lobby parlamentare che stavo costruendo a favore di Fazio".

ALDO BRANCHER

Fiorani: "Ho conosciuto Brancher nel 1992-1993 dopo la sua carcerazione, presentatomi da Gianfelice Franchini. (...) Quando ci fu la discussione sul Ddl sul Risparmio Brancher fu una delle persone che contattai per primo"

Poi c'è Aldo Brancher. Personaggio controverso, finisce coinvolto in Tangentopoli e prova anche il carcere. Poi, una volta uscito, inizia a frequentare gli ambienti berlusconiani della Fininvest. E fa un discreto successo. "Con Brancher ho avuto diversi rapporti economici ed in particolare: erogazione di una somma nel 2003, nel 2004 ho erogato centomila euro che ho consegnato in ufficio a Lodi per ringraziarlo per l'attività svolta in Parlamento per aiutare Fazio centomila euro nel 2005 a Roma secondo le modalità che descriverò in relazione ai rapporti con Giorgetti; duecentmila euro a Lodi quando ho consegnato la busta a Brancher che la doveva dividere con Calderoli che era presente presso la sala del consiglio. Ricordo che Brancher e Calderoli erano accompagnati da una donna. (...) Ho conosciuto Brancher nel 1992-1993 dopo la sua carcerazione, presentatomi da Gianfelice Franchini. (...) Quando ci fu la discussione sul Ddl sul Risparmio Brancher fu una delle persone che contattai per primo e che si dimostrò disponibile a sostenere il "Partito di Fazio". Brancher controllava una serie di parlamentari sia di Forza Italia che della Lega. In cambio del sostegni che ci prometteva di offrire concordammo una cifra di 300mila euro che per l'appunto consegnai in tre tranche. (...) Brancher era sia un esponente di rilievo di Forza Italia che l'uomo di collegamento tra Forza Italia e la Lega. E' stato da noi finanziato proprio perchè ricopriva questo doppio ruolo".

Insomma, l'alleanza comincia a delinearsi. Chiariamo il ruolo di Dell'Utri. "Ho avuto conferma della circostanza che Grillo aveva consegnato la parte di competenza a Dell'Utri quando incontrandolo fuori della casa del senatore Previti ebbe a dirmi "ci dobbiamo incontrare perchè la devo ringraziare". Ricordo che tale affermazione avvenne il giorno in cui ero andato a casa di Previti su invito di Grillo a prendere un caffè subito dopo pranzo. Aggiungo che tramite Grillo Previti mi aveva fatto sapere che avrebbe avuto piacere che suo figlio Stefano entrasse nel novero dei consulenti della Banca. Successivamente incontrai Grillo e Stefano Previti a Lodi". Dell'Utri, braccio destro storico di Berlusconi, anche lui è "amico di Fazio". Fiorani ne è certo. Tanto quanto è certo che Berlusconi stia dalla sua parte. Anche perchè pure l'altro suo amico di vecchia data Cesare Previti ha un qualche interesse nella vicenda. "Con Grillo ho avuto anche dei rapporti più operativi affinchè sondasse il presidente del Consiglio ed il suo entourage. Infatti ne ebbi a parlare con il suo amico Cesare Previti in modo che anche lui intercedesse su Berlusconi - spiega Fiorani l'8 febbraio 2006 - Mi fu subito chiaro che l'interesse di Previti era di diventare, per il tramite del figlio, il legale della Banca Popolare di Lodi. Grillo e Previti mi esplicitarono, qualche tempo dopo, la richiesta, che io accettai quantomeno a parole". Ormai manca solo il capo. E infatti "nell'agosto del 2004 e più precisamente il giorno di San Lorenzo, venne organizzato un incontro con il presidente Berlusconi nella sua villa in Sardegna". E qui il racconto si tinge di comico, perchè Fiorani conserva "un particolare ricordo dell'arrivo al molo di villa Certosa perchè avevamo portato in regalo al premier un pesantissimo cactus che dovemmo poi trasportare fino a casa". Spine comprese. Ma l'arrivo non delude Fiorani. "Prima del pranzo ci incontrammo con Berlusconi. Grillo e Previti misero a parte del progetto Antonveneta il presidente mostrandogli anche delle slide che io avevo preparato per l'occasione e portato con me. L'incontro di lavoro fu breve e si concluse con un sostanziale consenso e con l'affermazione che l'operazione si poteva fare se c'era l'accordo col governatore". E Fazio, regista occulto, era certamente d'accordo.

Roberto Calderoli

I FEDELISSIMI DELLA LEGA - C'è poi la questione della Lega. In grandi difficoltà per la sua banca, la CrediEuroNord, il Carroccio ha estremo bisogno di qualcuno che gli levi le castagne dal fuoco. Perchè quell'istituto di credito sta sostanzialmente fallendo, sotto il peso di spese elettorali ingenti e di pochissimi introiti. Il salvatore chi è? Gianpiero Fiorani, ovviamente, che in qualità di braccio operativo di Fazio, fa il Calvi della situazione e mette soldi per tutti. A questo punto, il rapporto con gli esponenti leghisti è saldato, e l'iniziale appoggio della Lega al ddl che mette fine al potere di Fazio si dissolve. I protagonisti di questa mediazione in camicia verde sono Calderoli, e - in certa misura - probabilmente Giorgetti. Il dubbio su Giorgetti è legittimo, perchè è lo stesso Fiorani a dire che, malgrado sia uno dei leader contattati, non abbia voluto ricevere alcuna mazzetta. Anzi, la restituì una volta ricevuta. "Io ho lasciato un giornale con dentro una busta contenete centomila euro sulla sua scrivania. La sera stessa mi telefonò con aria preoccupata dicendomi che dovevo passare subito da lui. Poichè io ero già in aeroporto mi impegnai a ritornare da lui qualche giorno dopo cosa che feci recandomi nel suo ufficio a Montecitorio. In quell'occasione Giorgetti mi disse che non voleva assolutamente ricevere denaro perchè lui era contrario volendo moralizzare le prassi del partito. Aggiunse che se volevo potevo aiutare la Polisportiva Varese con una sponsorizzazione. Io ritirai la busta e mi recai da Brancher, nel suo ufficio". Insomma, Giorgetti di mazzette non ne vuol sapere.

Per Fiorani, invece, chi le prese fu Calderoli. "Calderoli è stato da noi pagato due volte, la prima tramite PATRINI-BRANCHER (200mila euro) e la seconda in occasione della sua visita a Lodi insieme a Brancher (200mila euro) consegnati a Brancher ma non conosco i termini della successiva divisione".

IL VOLTAFACCIA - Tremonti e Fazio non si amavano. Questo è noto, fin da quel vertice di Washington nel quale l'allora ministro dell'Economia prese a "ceffoni" mediatici il Governatore. E Fazio non amava Tremonti per nulla, tanto da mancare un paio di convocazioni davanti al Cicr (Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio). Poi, nel corso di una verifica di Governo, il capo di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini prese posizione: "O me, o Tremonti". E il Cavaliere dovette cacciar via Tremonti, uomo che era a favore del Ddl sul risparmio insieme a Tabacci e a La Malfa. Al posto di Tremonti arriva Domenico Siniscalco, uomo che vantava buoni rapporti con Bankitalia. Finito il mandato di Siniscalco (anche questo in bufera), torna Tremonti, che deve evidentemente aver "aggiustato" i suoi rapporti con Fazio. Perchè nel frattempo Fazio aveva iniziato a tessere la trama delle tre scalate. E Fiorani riferisce infatti che "coinvolsi anche Gnutti perchè ci aiutasse con Tremonti in quanto, anche tramite Zulli, Tremonti era stato suo consulente nella vicenda Bell. Gnutti mi disse: 'Stai tranquillo, ho parlato con Tremonti il quale mi ha detto... figurati se vado contro i miei clienti'". E gli altri di An? Li contattò direttamente Fazio. "Verificammo le persone da contattare e Fazio in quell'occasione e successivamente mi mise in contatto con Alemanno, Armani, Pedrizzi. Autonomamente raggiunsi Lunardi, attraverso Zoncada, La Malfa attraverso Palenzona e Tabacci che già conoscevo. Contattai anche Falsitta, in quanto eletto nel collegio di Lodi".

E gli altri due elementi della Triade, Tabacci e La Malfa? Per Fiorani anche loro furono ampiamente convinti. Su La Malfa intervenne Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit, ex presidente della provincia di Novara, uomo da sempre vicino alla Margherita. "Confermo che abbiamo versato a Palenzona sia all'estero che in contanti in Italia le somme indicate da Boni e dal sottoscritto. A parte il primo versamento di 5 miliardi nel 1999 le cui motivazioni sono state da me già ampiamente descritte il denaro che abbiamo versato nel 2004, in parte derivava da investimenti che conducevamo assieme ed in parte serviva a finanziare la sua attività di lobbista. Infatti Palenzona, esponente della Margherita, era canale di collegamento con La Malfa, Patria, Cossiga ed altri, ed inoltre aveva deciso di  aiutarmi perchè tramite Fazio ha potuto rientrare nel cda di Mediobanca. Fui infatti io ad organizzare un incontro tra Palenzona, e Fazio affinchè intervenisse su Salvatori (di Unicredito) per far nominare Palenzona in Mediobanca. In cambio Palenzona si impegnava a svolgere la sua attività di lobbista a favore dello stesso Fazio nella discussione parlamentare del Ddl sul Risparmio. Sostanzialmente nel 2004 abbiamo erogato estero su estero circa 1 milione 200mila euro ed in Italia 850mila euro in contanti", spiega Fiorani. E ancora: "Il migliore risultato ottenuto da Palenzona è stato quello di far cambiare idea a La Malfa. Sul punto devo dire che Palenzona e La Malfa si erano spesi in precedenza nella difesa di Maranghi contro l'asse formato da Fazio e Geronzi".

LA SINISTRA - Il patto era trasversale. Semplificandolo si potrebbe dire che l'operazione di destra era Antonveneta, con Fiorani. E quella di sinistra era Bnl, con Consorte. E Ricucci? Secondo fonti ben informate dietro Ricucci c'era Fiorani. Non a caso tutta l'operatività dell'immobiliarista di Zagarolo era legata proprio a titoli Antonveneta, e al fido enorme (700 milioni di euro) presso la banca di Fiorani. Una volta che questa operatività viene "seccata" dai magistrati, la linfa vitale si esaurisce e Ricucci è fuori gioco. Perchè, in fondo, l'immobiliarista aveva una funzione "terza" rispetto a quelle patrocinate dai due schiaramenti. E soprattutto più rischiosa, perchè va a toccare i poteri forti, il gotha dell'alta finanza composto da Tronchetti Provera e Della Valle.

Le altre due scalate, invece, sono emanazione degli schieramenti. E si intersecano. Tanto che la sinistra ricorre anche nelle parole di Fiorani: "Autonomamente decisi di prendere contatti anche con alcuni esponenti della sinistra che già conoscevo, tra i quali Bersani, Benvenuto e Violante. Constatai che a Sinistra c'era una situazione di spaccatura. Preciso che quando parlavo del DDL sul risparmio cercavo sempre di collegare il discorso all'operazione Antonveneta perchè intanto portavo acqua anche al mio mulino ed inoltre facevo comprendere ai miei interlocutari che in quel modo sarei potuto diventare il quinto banchiere italiano sul quale potevano contare per un atteggiamento favorevole in futuro. Ricordo ancora che Bersani mi aveva suggerito di convincere il Governatore che il progetto di autoriforma della Banca d'Italia era l'unica soluzione praticabile per difendere il governatore stesso. Tuttavia Fazio non voleva assolutamente avere un atteggiamento di mediazione convinto che le cose dovessero restare uguali a prima sia per quanto riguarda il mandato sia per quanto riguarda la concorrenza bancaria", spiega l'ex numero uno di Bpl. L'8 febbraio 2006, Fiorani dice anche che "non mi sembra di aver mai chiesto a Consorte di organizzare degli incontri con i leader Ds. Infatti, quanto a D'Alema, stavo utilizzando il canale De Bustis, che si era offerto a organizzare un incontro con D'Alema. Bersani, che ho poi incontrato, lo conoscevo direttamento e non avevo bisogno di intermediari mentre Violante me lo ha fatto conoscere una persona di cui ora non ricordo il nome ma che era un funzionario della Coldiretti. Peraltro, l'accordo con Unipol costituiva già una garanzia, almeno nella mia testa, di un sostanziale appoggio nella sinsitra". Ecco, appunto. Unipol. Il trait d'union proprio con la sinistra. La seconda scalata che fece urlare a D'Alema, al telefono con Consorte: "Vai, facci sognare". L'obiettivo è Bnl, affinchè, come dice Fassino "anche noi abbiamo una banca".

Le responsabilità, penalmente irrilevanti, sono politicamente molto pesanti. Perchè i Ds, e in particolar modo D'Alema, sanno cosa sta succedendo. Sono - per dirla in termini politici - l'altra parte rispetto al Polo, in questo patto che attraversa trasversalmente il parlamento, da Berlusconi a D'Alema. Tra l'altro, coincidenza inquietante, quando la magistratura inizia ad indagare, ognuno avverte i suoi.

IL CASO VALENTINO E CRESPI - Ormai è celebre quella frasetta di Massimo D'Alema rivolto a Consorte: "Stai attento alle comunicazioni". Che, in pratica, vuol dire tutto. E forse anche di più, perchè l'ex premier organizza anche una cena a tre nella quale si possa parlare tranquillamente. Dall'altra parte, invece, Fiorani racconta che "sul finire di settembre ebbi la visita della Guardia di Finanza nell'ambito del procedimento contro Crespi. Successivamente il presidente Berlusconi volle incontrarmi a Genova in occasione del Salone nautico (al quale partecipa anche D'Alema, ironia del destino, ndr). Fu Grillo ad organizzare l'incontro che avvenne sull'aereo del presidente a Genova - spiega l'ex banchiere - Ero convinto che dovessimo affrontare la questione Antonveneta ed invece Berlusconi volle parlare soprattutto di Hdc (la società di Crespi, ndr), ed in particolare mi chiese cosa avevo riferito ai magistrati e alla Guardia di Finanza presenti alla perquisizione in ordine alle telefonate che avevo avuto con lui e che risultavano dai brogliacci sequestrati nel mio ufficio e redatti dal mio segretario. Compresi che Berlusconi era al corrente della modalità di perquisizione e di ciò che era stato rinvenuto. Io spiegai che avevo riferito agli operanti che le telefonate erano state fatte nell'ambito della vicenda Hdc quanto mi chiese di intervenire per finanziare Crespi". Pericolo scampato, dunque. Ma per poco. Perchè i magistrati hanno ormai aperto un altro fronte. E i concertisti lo vengono ben presto a sapere.

Chi li informa, secondo Fiorani, è il senatore di An Giuseppe Valentino. "Confermo che Ricucci sostenevo di aver appreso tale circostanza dal senatore Valentino. Tuttavia devo precisare che Ricucci non è stata l'unica mia fonte in quanto anche Consorte, in più di una occasione, ebbe a riferire che il mio telefono era intercettato. La prima volta che Consorte me ne parò, fu in occasione di un viaggio a Brescia. Consorte mi disse che era in contatto con un alto esponente della Guardia di Finanza che lo aveva avvertito che il mio telefono era intercettato. Ricordo che Consorte, con fare incazzato, cominciò ad urlare che sia io che Boni dovevamo stare attenti e che eravamo degli imbecilli perchè non avevamo ancora capito che stavano intercettando i nostri telefoni".

LE VERITA' NASCOSTE - In queste tre cordate, l'anello debole è Ricucci. Per almeno tre motivi. Perchè non è politicamente inserito come Fiorani e Consorte (tanto che chiamando Latorre, dalemiano doc, dice: "Ecco il compagno Ricucci all'appello. Ormai stamattina a Consorte gliel'ho detto, datemi una tessera, non ce la faccio più"). Perchè vuole scalare il Gotha dell'alta finanza, la Rcs, e soprattutto perchè basta pochissimo a ingrippare il suo meccanismo finanziaro. Basta che gli levino - o gli blocchino - le azioni Antonveneta con le quali ottiene finanziamenti. E questo accade, su disposizione dei magistrati. La Magiste è messa sotto chiave e Ricucci, l'elemento debole, esce subito di scena. Finisce in carcere, tra gli insulti a sua moglie e qualche goliardata di troppo. Intanto, mesi prima, Fiorani aveva già iniziato a cantare. Poi lo fa anche Ricucci, che svela aderenze incredibili. Lui, e lo dice esplicitamente, cercava "appoggi". Che gli altri due compagni di scalata avevano e che lui, invece, cercava disperatamente di farsi.

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AFARI ITALIANI Lunedí Lunedí Domenica 17.06.2007 16:47

Scalata Rcs/ Silvio Berlusconi: "Su me e Gianni Letta solo spazzatura"

"Su me e Letta solo sciocchezze". Così Silvio Berlusconi risponde alle dichiarazioni fatte da Stefano Ricucci ai magistrati durante gli interrogatori del 2006 nell'ambito delle indagini sulle varie scalate finanziarie (nei verbali il raider afferma, tra le altre cose, di aver avuto il via libera dall'ex premier per la scalata a Rcs e aggiunge che "bisogna aver rapporti con tutti, destra e sinistra»). "Da troppi anni - afferma il leader di Forza Italia - ci sono veleni nel nostro Paese a causa dell'intreccio tra certa magistratura e certa grande stampa". Poi l'attacco: "Il Corriere della Sera, La Stampa e la Repubblica, a forza di esercitarsi nel gossip, dopo aver invaso il campo riservato alle riviste specializzate si spingono ormai fino alla spazzatura".

"Per me e per il mio amico e collaboratore Gianni Letta - prosegue Berlusconi - mi sento di dare soltanto questa risposta: "Sciocchezze, solo sciocchezze". Saranno i legali - annuncia quindi l'ex premier - ad occuparsi di chi maliziosamente cerca di travestire il nulla assoluto come fosse una notizia, la cui pubblicazione comunque è vietata per legge». Berlusconi conclude con una considerazione di carattere generale. "C'è un grave rischio - osserva - che minaccia ormai da troppi anni la vita civile in Italia: questo malvagio circuito di veleni, questo perverso intreccio tra certa magistratura e certi settori della grande stampa che tanto male ha già provocato (io lo so per esperienza diretta) e altro potrà provocare. Abbiamo il dovere di fermare questo degrado: nel Parlamento sovrano, con l'accordo di tutti, nell'interesse degli italiani e dell'Italia".

Sulla vicenda, interviene anche lo stesso Gianni Letta. "L'indagato come l'imputato - premette l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio - ha anche il diritto di mentire. I millantatori lo fanno per natura e, ovviamente, per interesse. Ma la verità è un'altra e per fortuna non difficile da dimostrare". Gianni Letta sintetizza in tre punti la sua replica: «1) Non ho mai incontrato il dottor Ricucci - puntualizza - né mai discusso con lui iniziative o progetti imprenditoriali. 2) Non ho quindi conosciuto, né seguito, né incoraggiato, né tanto meno "benedetto" l'operazione Rcs, alla quale sono sempre stato estraneo e distante. 3) Ho fatto di tutto (questo sì!) perché estraneo e distante rimanesse sempre anche il presidente Berlusconi, come in effetti è stato, anche a costo di deludere e irritare chi avrebbe voluto il contrario". "Tutto il resto - conclude Letta - non mi riguarda e non mi tocca".

"Non c'è nessun coinvolgimento del centrodestra e quindi non si può si può parlare di un coinvolgimento bipartisan" dice il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi, che aggiunge: "Anche da queste nuove intercettazioni pubblicate dai maggiori quotidiani emerge un clima torbido». Per il leader di An, Gianfranco Fini, "la divulgazione, dopo due anni, delle dichiarazioni di Ricucci, rende sempre più lecito domandarsi il perché si sia aperta una stagione di veleni, calunnie, falsità che colpisce a 360 gradi il sistema Italia, gettando nel tritacarne mediatico personalità come Francesco Gaetano Caltagirone che rappresentano una imprenditoria credibile e competitiva". "Non amiamo dietrologie, né teorie dei complotti, ma ci sembra indubbio - sostiene Fini - che l'Italia è in una situazione che non avvantaggia se non chi persegue interessi in conflitto con quelli nazionali".

Nel suo messaggio di saluto ai 20 candidati che hanno vinto le primarie romane del partito, Berlusconi rinnova poi la sua richieste di andare ad elezioni anticipate: "Io credo che quei due milioni di cittadini italiani scesi in piazza il 2 dicembre saranno due, tre volte tanto ove noi convocassimo una riunione per chiedere civilmente, responsabilmente e democraticamente nuove elezioni". "Non credo che un Paese possa accettare troppo a lungo - ha aggiunto Berlusconi - di essere governato da chi non ha più la fiducia dei tre quarti dei cittadini".

 

Oscar Wilde

Le sensazioni sono i dettagli che compongono la storia della nostra vita.

 

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