LA SICILIA – ECONOMIA – DOMENICA 11
NOVEMBRE 2007 - BANCO DI SICILIA-UNICREDIT SCONGIURATO
LO SCIOPERO
E’ andato a buon fine, e quindi sciopero scongiurato, il
tentativo di conciliazione nella sede dell'Abi
a Roma relativo alle rivendicazioni dei sindacati
del Banco di Sicilia-Gruppo Unicredit
sulle materie negoziali rimaste ancora non definite in azienda. I sindacati
avevano minacciato la mobilitazione dei lavoratori e una serie di iniziative tra le quali un sit-in
presso la direzione centrale del Banco a Palermo, per protestare «contro l'eccessiva ingerenza della nuova capogruppo sulla
definizione delle trattative aziendali in materia di inquadramenti,
previdenza, sicurezza e agevolazioni creditizie ai dipendenti con contratto
di apprendistato». In una nota firmata da Carmelo Raffa e Gabriele Urzì
(Fabi), Gino Sammarco ed Elia Randazzo
(Fiba) Francesco Re e Cecilia Tumino (Fisac) e
Giacomo di Marco (Uilca) si legge: «La pervicacia e l'impegno
delle organizzazioni sindacali che hanno voluto fortemente riappropriarsi del
tavolo delle trattative, ha portato l'azienda
a dichiarare la propria disponibilità a proseguire fattivamente il confronto
con il sindacato». Ieri sera è stato firmato un verbale di intesa
che prevede l'estensione delle
agevolazioni creditizie riservate al personale con contratto a tempo
indeterminato, ai dipendenti assunti con contratto di apprendistato
professionalizzante. Inoltre a partire dal mese
corrente, a favore del personale appartenente alla prima area professionale e
adibita alle mansioni di pulizia, sarà erogato il buono pasto.
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AGI 9-1-2007
« INDUSTRIA: RAU, RIFORMA CONSORZI DECISIVA PER SVILUPPOPUNTOIT:
CREATIVITA’ ITALIANA NELL’ICT NEGLI EMIRATI ARABI »MPS-ANTONVENETA: SINDACATI, NON SI PRESCINDA DA OCCUPAZIONE
(AGI) - Roma, 9 nov. - “Le modifiche
ed i riassetti organizzativi che riguarderanno Antonveneta e piu’ in generale il Gruppo, non prescindano dalla
salvaguardia dei livelli occupazionali e professionali dei lavoratori”. Lo
affermano in una nota congiunta i segretari generali dei sindacati del
credito (Dircredito, Fabi, Falcri, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl credito e Uilca)
commentando l’acquisizione di Antonveneta da parte
di Mps.
“E’ ancora presto per entrare nel merito delle logiche
che hanno spinto una grande banca internazionale a dismettere, ancor prima di averne completato
l’acquisizione formale, gli asset italiani di Abn Amro, ne’ delle motivazioni
che hanno spinto Banca Mps ad acquisire Banca
Antonveneta”, spiegano ancora sottolineando comunque come “in ogni caso, va certamente
apprezzata la costituzione di un terzo polo bancario italiano in grado di
competere nel panorama domestico ed europeo, che pone fine all’odissea di
Antonveneta, riportandola sotto il controllo di un Gruppo con sede in Italia
che, in quanto tale, sottosta’ alle tutele previste
dalla nostra normativa ed alla previsione del Protocollo della responsabilita’ sociale di impresa sottoscritto con l’Abi
nel giugno 2004?. “In attesa di conoscere in
dettaglio le necessarie integrazioni al piano industriale 2006-2009
del Gruppo Mps - concludono - da subito metteremo
in atto le necessarie interlocuzioni ed attenzioni” affinche’
venga salvaguardata l’occupazione. (AGI) Red
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APCOM 09-11-2007
MPS/ SINDACATI: BENE
OPERAZIONE ANTONVENETA E NASCITA TERZO POLO - Salvaguardare
livelli occupazionali. Preoccupa sorte Interbanca
Milano, 9 nov. (Apcom) - Apprezzamento da parte di tutte le sigle
sindacali del comparto del credito per l'operazione
Mps-Antonveneta, in quanto consente la creazione
del terzo polo bancario nazionale e riporta Antonveneta in mani italiane. I sindacati fanno sapere che
vigileranno sulla salvaguardia dei livelli
occupazionali del gruppo che nascerà dall'aggregazione
ed esprimono preoccupazione per le sorti di Interbanca, che non è oggetto di
vendita a Mps e che il Santander ha preannunciato
di voler cedere sul mercato.
"E'
ancora presto - scrivono le organizzazioni sindacali in una nota - per
entrare nel merito delle logiche che hanno spinto una grande
banca internazionale a dismettere, ancor prima di
averne completato l'acquisizione
formale, gli asset 'italiani' di Abn Amro, né delle motivazioni che hanno
spinto Banca Mps ad acquisire Banca Antonveneta; in
ogni caso va certamente apprezzata la costituzione di un terzo polo bancario
italiano in grado di competere nel panorama domestico ed europeo, che pone
fine all'odissea di Antonveneta,
riportandola sotto il controllo di un Gruppo con sede in Italia che, in
quanto tale, sottostà alle tutele previste dalla nostra normativa ed alla
previsione del Protocollo della Responsabilità Sociale d'Impresa".
"In attesa di conoscere in
dettaglio le necessarie integrazioni al piano industriale 2006-2009
del Gruppo Mps - proseguono i sindacati - da subito
metteremo in atto le necessarie interlocuzioni ed attenzioni affinché le
modifiche ed i riassetti organizzativi che riguarderanno Antonveneta e più in
generale il Gruppo, non prescindano dalla salvaguardia dei livelli
occupazionali e professionali dei lavoratori".
I sindacati sottolineano poi
"con forza" come l'accordo
tra Santander e Mps "mostri la volatilità del
sistema finanziario nazionale ed internazionale, che consente di trasferire
la proprietà diun'azienda
(Banca Antonveneta) e le relative migliaia di lavoratori, con un'operazione strettamente finanziaria che appare di
natura speculativa e di preannunciare la vendita futura di un'altra azienda (Interbanca) ad imprecisati
potenziali compratori (hedge fund?), circostanza sulla quale nei mesi scorsi
già avevamo espresso una esplicita contrarietà". Il comunicato congiunto
porta le firme dei segretari generali di Dircredit,
Fabi, Falcri, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil,
Silcea, Sinfub, Ugl e Uilca.
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VARESENEWS
09-11-2007
I metal detector? Non bastano.
Le guardie giurate fuori dalla banca? Neppure. I
bancari varesini non si sentono tranquilli: troppi i rischi per chi sta allo sportello e troppo poche le spese delle banche
per la sicurezza. A dirlo sono le organizzazioni sindacali (Dircredito, Fabi,
Falcri, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Silcea e UilC.A) che, dati alla mano sulle rapine a Varese,
chiedono di trovare una soluzione. E prima di tutto
di essere ascoltati: «Le leggi vigenti - spiegano i sindacati - prevedono che
agli incontri a livello territoriale, in materia di sicurezza, non
partecipino solo A.B.I. e le istituzioni preposte, ma anche i rappresentanti
dei lavoratori e quindi anche i cittadini che subiscono le rapine. Eppure le
organizzazioni sindacali hanno appreso, solo dai mezzi d’informazione locali,
a fine mese scorso, che la vita dei “rapinatori”
sarebbe diventata “più dura” perché, a Varese, si è firmato, il 30 ottobre,
un “protocollo” tra le “Banche e le Istituzioni preposte alla tutela della
Sicurezza».
«In provincia Varese - precisano i sindacati - nei primi
10 mesi del 2007 si sono già verificate ben 38 rapine, mentre per tutto il
2006 le rapine (dato A.B.I.) si attestavano a quota 35».
Anche il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro della
categoria parla di partecipazione: “nelle imprese
bancarie - recita il documento - il rischio rapina può essere ridimensionato
solo con la fattiva collaborazione dei dipendenti in termini di cultura della
sicurezza”.Nel 2006, secondo i dati dell'Osservatorio sulla sicurezza fisica dell'Associazione Bancaria Italiana le rapine sono
state 2.774, rispetto alle 2.735 del 2005, e l'Italia
si aggiudica la pole position nella graduatoria,
nell'ambito UE.
Inoltre, nei primi sei mesi del 2007, gli eventi
criminosi a danno di sportelli bancari sono stati 1.540, il 28,7% in più
rispetto allo stesso periodo del 2006. La regione in cui sono
state messe a segno più rapine è stata la Lombardia (372) e la città con più
«colpi» risulta essere Milano. m.c.c.
- redazione@varesenews.it
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CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007
Verifiche L’Istituto di statistica lavora alla
modifica dell’indice dei prezzi. Base di calcolo per gli
aggiornamenti di Istat e
costo della vita, quanti Mutui, assicurazioni, conti correnti, assistenza
agli anziani. Al sistema di rilevazione italiano
Prima l’impennata dei prezzi di
pane, pasta e latte, i nuovi record di benzina verde e diesel e i rincari
delle tariffe di luce e gas. Ora le bevande, con l’annuncio di
ritocchi nell’ordine dell’8,5% per la birra, che rischiano di ripercuotersi
sui consumi fuori casa. Nonostante il supereuro, che in parte calmiera
gli aumenti delle materie prime (che si pagano in dollari), la tensione sui prezzi si sta rapidamente propagando dalla produzione ai
consumatori finali, già messi a dura prova dall’aumento del costo del denaro.
Le rate dei mutui a tasso variabile si sono fatte più pesanti e
l’accelerazione delle spinte inflattive
rischia di erodere significativamente il potere d’acquisto di molte famiglie.
Europa, Italia
L’Istat e gli altri istituti
di statistica europei hanno puntualmente registrato la fiammata e a ottobre l’indice dei prezzi al consumo in Italia è
balzato al 2,1% dall’1,7% di settembre. Un incremento non
banale e in linea con il resto d’Europa. Ma
la corsa dei prezzi e il caro denaro riaccendono i riflettori sul paniere dei
consumi. Dopo le polemiche roventi che hanno fatto seguito all’introduzione
dell’euro sono stati fatti molti sforzi, sia in
Italia sia in Europa, per rendere più rappresentativo il campione di beni e
servizi utilizzato per il calcolo dell’indice dei prezzi. Oggi la fotografia
dei consumi è più nitida che in passato?
Allargando l’orizzonte alle principali economie del
Vecchio Continente a prima vista non si colgono differenze rilevanti tra
Paese e Paese nell’attribuzione dei pesi nelle
macrocategorie che compongono gli indici nazionali. Come mostra la tabella,
l’impatto delle abitudini alimentari si riflette in una maggior rilevanza
della spesa per alimenti in Francia, Italia e Spagna rispetto a Germania e
Gran Bretagna, mentre i trasporti assorbono ovunque circa il 15% dei consumi
delle famiglie, con una netta preponderanza del trasporto privato rispetto a
quello pubblico.
La questione casa
A ben guardare, però, quel 30% che la
Germania attribuisce al costo dell’abitare che in Italia non arriva al
10% (e che nel resto d’Europa si attesta a poco più di quel livello) merita
una qualche riflessione. È un dato che deriva da un processo straordinario ed
epocale — la riunificazione tedesca — che ha indotto Berlino a monitorare con
estrema attenzione il mercato degli affitti a causa del vero e proprio choc
registrato all’Est. In Germania, peraltro, la casa di proprietà non è così
diffusa come in Italia o in Francia e quindi la scelta ha il pregio di
rispecchiare con maggior fedeltà la dinamica dei
consumi interna. L’Italia, invece, dall’alto del suo 80% di
popolazione che vive in casa di proprietà e senza considerare il fenomeno
delle seconde e terze case, continua a parametrare
il costo dell’abitare agli affitti. «È un dato che crea una forte
distorsione — spiega Fedele De Novellis,
responsabile del gruppo di lavoro previsioni e analisi macroeconomiche del Ref —. Solo i Paesi anglosassoni e, in particolare, gli
Stati Uniti utilizzano sistemi di rilevazione statistica che consentono di
far emergere in una qualche misura gli oneri che derivano dall’acquisto della
prima casa. E oggi a livello europeo si è aperto il
dibattito sull’opportunità di seguire questa strada. Comunque
siamo indietro di anni: nell’Europa continentale non abbiamo nemmeno un
indice ufficiale dei prezzi delle case che è un utile indicatore
macroeconomico».
Istat al lavoro
All’Istat confermano che la
questione è ben presente in Europa e che Eurostat ha avviato un progetto
sperimentale: «I primi dati sui prezzi degli immobili saranno disponibili nel
2008. Poi, a sperimentazione conclusa, si deciderà se e come inserirli
nell’indice dei prezzi al consumo».
Finanza e e
libri di testo
Per quanto rilevante, non è il solo problema dei panieri
continentali. Pressoché ovunque si registra una sistematica sottovalutazione
del costo di alcuni servizi, tra cui quelli
finanziari. Assicurazioni (tra cui l’Rc auto), conti
correnti, commissioni, spese per i pagamenti non raggiungono il 2% del peso
complessivo del paniere italiano e altrove non va molto meglio. Stesso
discorso si potrebbe fare per le spese di assistenza
a domicilio che, a fronte dell'invecchiamento
della popolazione, rappresentano uno «zero virgola» e non includono i costi
di assunzione di una badante, professione in forte ascesa almeno in Italia.
«L’emersione dal lavoro nero è un fenomeno recente — spiegano all’Istat — e prima che questa voce venga
inclusa nel paniere occorrerà del tempo».
Diverso invece il discorso per i libri di testo: nel
paniere Istat pesano meno degli altri e,
addirittura, meno dell’acquisto dei quotidiani: «Per queste spese — dicono all’Istat — utilizziamo i
dati di contabilità nazionale e la ricerca sui consumi in Italia». Pubblicazioni che forse richiederebbero un aggiornamento
metodologico.
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CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007
a cura di Carlo Cinelli e Federico De Rosa
Doveva essere una chiacchierata sulle Poste. Alla fine,
però, il discorso si è allargato e Massimo Sarmi ne
ha approfittato per dire la sua su telefonia, energia, infrastrutture, reti
di comunicazioni e logistiche. Tutte cose che ha conosciuto
«sul campo», prima come direttore generale di Tim, poi da amministratore
delegato di Siemens e quindi come numero uno delle Poste. Adesso Sarmi ha deciso di ripercorrere la sua esperienza in un
libro. Per farlo si è affidato alla penna di Eug enio Occorsio
e ai tipi di Dalai. Il giornalista di Repubblica
sta ultimando un libro-intervista, che all’inizio doveva limitarsi a
raccontare gli anni di Sarmi alle Poste. Ma, parla parla, alla fine è
diventato un contributo al dibattito sull’assetto delle reti. ***
Sui 42 chilometri Salvatore Rebecchini
continua a non aver rivali tra manager e banchieri
appassionati di maratona. Un anno di duro allenamento è valso al cinquantenne
il presidente del Fondo infrastrutture, F2i, un tempo invidiabile alla corsa di New York: 3 ore e
6 minuti. La sua leadership però inizia ad essere a
rischio. Quest’anno, infatti, nella Grande Mela è
sbarcata una pattuglia di bankers piuttosto agguerriti. A guidarla è stato il
direttore generale di Banca Finnat, Arturo Nattino , arrivato al traguardo dopo 3 ore e 23 minuti, appena un
attimo prima del direttore della Sda Bocconi
Maurizio Dallocchio .
***
Per quattro mesi hanno lavorato a testa bassa con un
mandato inviolabile: non parlare con nessuno del progetto. E hanno tenuto fede alla richiesta di Matteo Arpe. Il quale, per essere sicuro che il «piano-Sator»
sarebbe rimasto il più possibile segreto, ha ridotto al minimo il numero di
consulenti esterni, rivolgendosi solo a quelli di comprovata fiducia.
Come Alfredo Malguzzi , il
tributarista da cui si fa seguire da anni e al quale ha chiesto di
ottimizzare la struttura fiscale della sua nuova boutique finanziaria. E Massimo Paolo Gentili , commercialista con studio a Milano
e Lussemburgo, che ha seguito la parte regolamentare.
***
Ha scoperto il settore grazie a «la Borsa del Cinema»,
ed evidentemente il filone è piaciuto a Intesa
Sanpaolo. Che al grande schermo guarda naturalmente con
l’ottica del business. E ora che sta per partire il
«Torino Film Festival» l’istituto guidato da Corrado Passera ha intravisto
una nuova opportunità. La banca milanese ha risposto subito alla chiamata di
Sergio Chiamparino e Mercedes
Bresso dando il proprio contributo. Che non è
limitato alla sponsorizzazione dell’evento. Unendo
l’utile al dilettevole, Intesa Sanpaolo ha deciso
infatti di aprire i saloni della sua sede torinese a produttori, registi,
operatori del settore, invitati insiema al Museo
Nazionale del Cinema e dalla Film Commission Torino-
Piemonte a un convegno sulle strategie per lo sviluppo del nuovo cinema, per
avvicinare i produttori a possibili sponsor finanziari. Intesa in
primis.
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CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007
Se la matematica non è un opinione,
la statistica lo è sicuramente, specie quando tocca argomenti politici. Nel
2004 sul tema del paniere si è scatenata un’autentica guerra
statistico-politica: l’Eurispes (Istituto
indipendente di statistica) attacca il paniere Istat
accusandolo di minimizzare la perdita di potere d’acquisto nascondendo il
peso reale dell’inflazione. «L’Eurispes è ispirato
dalla sinistra» fu la risposta dell’allora governo di centrodestra. Tre anni
dopo i due schieramenti politici si sono scambiati i ruoli e qualcuno a
destra si chiede «perché l’Eurispes non tuona più
contro l’Istat? Come mai non si parla più di Italia sulla soglia della povertà?». E
allora giriamo le domande a Giovanni Maria Fara, sociologo e presidente dell’Eurispes. «In tre anni la nostra posizione non è cambiata
di un millimetro — protesta Fara — il nostro paniere resta profondamente
diverso da quello dell’Istat: il problema non sono le voci ma il peso che vi si attribuisce. Basta solo
confrontare in che modo vengono pesate le spese per
casa e alimentari da noi e dall’Istat per capire
quanto sia enorme la distanza che ci separa».
Eppure sono in tanti a non capire come mai tre anni fa i
toni dello scontro fossero così alti mentre ora
avete scelto il basso profilo. «Innanzitutto tre
anni fa vivevamo una fase di autentica emergenza: si vivevano le terribili
conseguenze del passaggio all’euro. Allora l’Istat
indicava un’inflazione poco superiore al 2 per cento mentre
per noi si era sopra l’8 per cento (quindi quattro volte tanto). Nei tre anni
successivi la situazione si è assestata anche se i
valori dell’inflazione secondo noi attualmente si attestano intorno al 4 per
cento (cioè il doppio di ciò che è dichiarato dall’Istat).
Come è evidente, dunque, non c’è nessun schieramento
di parte. Semmai è la stampa che oggi ci concede minor
risalto rispetto a qualche anno fa».
Ma la comunicazione fa difetto
anche all’Eurispes, visto che sul sito
istituzionale l’ultimo paniere consultabile è datato 2004. «È solo dovuto al fatto che per avere i dati aggiornati
bisogna prima registrarsi. Rispetto a quello del 2004 comunque
l’ultimo paniere non è cambiato di molto. Resta il fatto
che l’Eurispes è critica con questo governo
quanto lo era con quello precedente. La verità è che gli esecutivi, di
qualsiasi colore, vogliono sempre tenere sotto il loro controllo la
statistica. Tanto è vero che l’Istat è ancora sotto
il diretto controllo della presidenza del consiglio, mentre
invece sarebbe più giusto (e garantito) che dipendesse da un’authority
o dal Parlamento». ISIDORO TROVATO
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CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007
Diario sindacale - Veltroni chiama la
Parente. Il «sorpasso» dell’Ugl
a cura di Enrico Marro
Alla fine la Cisl, che per le sue rigide regole di incompatibilità tra incarichi sindacali e politici, è
stata la confederazione meno coinvolta nel processo di formazione del Partito
democratico ha però visto, a sorpresa, una sua dirigente promossa addirittura
nella segreteria di Walter Veltroni . Si tratta di Annamaria Parente , 47 anni, napoletana, dal 1995
responsabile del coordinamento donne della Cisl, incarico che ovviamente ha
lasciato. Solo che è stata una nomina che non ha nulla di sindacale, sottolineano alla Cisl. Un’operazione politica: a volerla
nella segreteria di Veltroni sono stati Franco
Marini e Sergio D’Antoni ,
già segretari generali della Cisl, e Dario Franceschini
, vice dello stesso leader del Pd. Il profilo della Parente rispondeva alla
necessità di trovare una donna, preferibilimente
del Sud, in quota Margherita. Meglio, poi, se cislina.
Nonostante la Parente, però, chi ha davvero piazzato uomini e donne chiave
nel nuovo partito è la Cgil, con quattro suoi
dirigenti di primo piano nelle commissioni costituenti del Pd, tutti in quota
Veltroni. Marigia Maulucci e Achille Passoni , entrambi della segreteria confederale nella commissione
Statuto. Nicoletta Rocchi , anche lei della
segreteria, nella commissione Valori. Valeria Fedeli ,
leader dei tessili della Cgil, nella commissione per il Codice Etico.
Sono loro che garantiranno il legame forte tra il Pd di Veltroni
e la Cgil, o almeno con una parte importante di essa.
Mentre, se non cambieranno gli equilibri, sarà molto più tenue il rapporto
tra il nuovo partito e la Cisl e la Uil. Eppure, per
garantire che nel Pd la relazione con i sindacati fosse
stretta e il tema del lavoro fosse centrale, Piero Fassino
(Ds), Francesco Rutelli
(Margherita), Achille Passoni (Cgil), Pier Paolo Baretta (Cisl) e Paolo Pirani (Uil) si erano inventati
più di un anno fa il Forum del Lavoro e con questo avevano organizzato diverse
assemblee nell’ambito del processo di costituzione del Pd. Vi avevano partecipato i vertici dei Ds e
della Margherita, ma mai Veltroni che, sulla carta,
era solo uno dei candidati alla segreteria. Ma ovviamente quando il
sindaco di Roma ha preso in mano le redini del partito e Fassino
e Rutelli sono finiti nell’ombra, il Forum del
lavoro non è riuscito a giocare un ruolo nella scelta dei quadri e dei
vertici del Pd (Passoni, da sempre legatissimo ai Ds, sarebbe comunque entrato,
anche senza la partecipazione al Forum). Alla finestra è rimasta anche la Uil. Che ha piazzato solo Anna Rea ,
segretaria della Uil Campania, e Laura Garavini ,
del patronato Uil, nella commissione Valori, entrambe in quota Letta.
****
Il protagonismo di Renata Polverini , la giovane e combattiva leader che ha dato nuovo smalto
all’Ugl, comincia a infastidire non poco la Cisl e
la Uil. Raffaele Bonanni ,
segretario della Cisl, non ha invitato l’Ugl
all’assemblea annuale della sua organizzazione, la scorsa settimana. «Avremmo
dovuto invitare tutti gli altri sindacatini», si
giustificano i collaboratori del leader della Cisl, al quale non piace la
disinvoltura con la quale Polverini vanta di avere
2,3 milioni di iscritti. Dato che ha fatto infuriare
il segretario organizzativo della Uil, Carmelo Barbagallo , che non ci sta ad essere scavalcato dall’Ugl al terzo posto nella classifica dei sindacati, dopo
Cgil e Cisl. «Sfido formalmente l’Ugl a dimostrare
la veridicità delle sue dichiarazioni. I dati sui pensionati iscritti sono reperibili
presso l’Inps e gli altri istituti previdenziali:
perché non proponiamo che quei numeri siano resi pubblici? Analogo
ragionamento vale per il pubblico impiego: l’Aran
può dar conto dei dati sugli iscritti ai vari sindacati». Per
nulla turbata, Polverini ha replicato con
un’alzata di spalle: «Noi contiamo i nostri iscritti, loro
contassero i loro. Questa è la legge che vige in questo Paese». Ma
l’assenza di regole sulla rappresentatività dei sindacati comincia a creare
così tanti problemi che perfino la Cisl, innovando rispetto alla sua
tradizione, chiede ora con Bonanni
«una regolazione interconfederale della rappresentanza».
emarro@corriere.it
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CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007
La proposta In Gran Bretagna usano due indici. Quello per le rivalutazioni
considera anche i mutui - I sindacati: copiamo da Londra - Per Angeletti (Uil) «il metodo di calcolo degli inglesi
fotografa meglio i consumi»
Sarà che l’erba del vicino sembra sempre più verde. Sarà
che, dopo anni di polemiche, poco è cambiato. Ma
oggi in Europa molti guardano alla scuola anglosassone e ai suoi panieri per
la costruzione degli indici dei prezzi come luminoso esempio di realismo e
modernità. «Siamo molto interessati alla metodologia adottata da Londra —
conferma il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti — perché a dispetto del nostro sistema che
scandalosamente ignora i prezzi delle case e fa finta che l’assicurazione
degli autoveicoli sia una specie di optional, gli inglesi hanno costruito dei
panieri che tengono conto delle effettive spese sostenute dalle famiglie».
Non solo, Gustavo Ghidini, professore della Luiss ed esponente del Movimento consumatori, mette in
luce un ulteriore aspetto: «La nostra è una società
di servizi, ma le statistiche non ne tengono conto ignorando o sottovalutando
proprio i prezzi dei servizi. Mi riferisco in particolare ai servizi
finanziari, bancari e assicurativi e al credito al consumo, fenomeno in forte
crescita che non viene però rilevato». Le statistiche britanniche, invece,
sembrano avere una marcia in più. Innanzitutto
vengono adottati due indici molto diversi per la misura dell’inflazione: il
primo, l’indice dei prezzi al consumo, è il riferimento della politica
economica e monetaria. L’altro, l’indice dei prezzi al dettaglio, si basa su
un paniere completamente diverso e costituisce la base per gli adeguamenti
annuali delle pensioni e degli assegni sociali. Quest’ultimo
colloca il costo dell’abitare al primo posto, con un peso del 23,8%. Questa
voce include non solo gli affitti, ma anche gli interessi sui mutui ipotecari
e la rivalutazione degli immobili calcolata con uno specifico indice dei
prezzi delle case. A ciò si aggiungono i costi per l’energia, il gas e il
riscaldamento (3,9% del paniere), le spese per l’arredamento, gli
elettrodomestici, i detersivi (6,6%) e infine i cosiddetti servizi domestici
(6,5%) che includono le tariffe per i servizi telefonici fissi e mobili, le
connessioni Internet, l’assistenza domestica per le pulizie, la cura degli
anziani e dei bambini.
Non stupisce quindi che i due indici abbiano una dinamica molto diversa: a settembre quello dei prezzi al
consumo presentava una crescita tendenziale annua dell’1,8%, mentre quello
dei prezzi al dettaglio si attestava al 3,9% (2,8% escludendo gli interessi
sui mutui). In Italia, invece, l’indice ufficiale (quello riferito all’intera
collettività nazionale) e quello utilizzato per gli adeguamenti (indice dei
prezzi delle famiglie di operai e impiegati) si
basano sullo stesso paniere: a cambiare sono solo i pesi.
«Per anni abbiamo chiesto perlomeno di rivedere le
ponderazioni — dice Angeletti — e per anni governi
e Istat hanno fatto orecchie da
mercante. L’esempio inglese, però, dimostra che si può fotografare
molto meglio la realtà dei consumi e senza particolari controindicazioni: ci risulta che la Gran Bretagna sia un Paese sano con
un’economia in espansione». Le controindicazioni cui allude Angeletti riguardano la possibilità che includendo alcune
voci nel paniere, quali ad esempio gli interessi sui mutui, la politica
monetaria perda di efficacia perché alzando i tassi
l’inflazione anziché raffreddarsi si alimenterebbe ulteriormente. In realtà
questo non accade, anche perché molti adeguamenti vengono
effettuati al netto delle voci che variano al variare del costo del denaro e
i contratti di lavoro pubblici e privati vengono aggiornati su altre basi e
non in automatico.
«Posto che quello britannico è un sistema molto diverso
dal nostro, le loro rilevazioni costituiscono un’ottimo stimolo per
riprendere la discussione anche da noi portandola su un piano pragmatico e
concreto», conclude Angeletti.
Ma per discutere sul serio sarebbe
necessario anche qualche sforzo di trasparenza. L’Istat
non pubblica i pesi disaggregati dell’indice dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati e abbiamo dovuto accontentarci di
quelli dell’indice riferito all’intera collettività nazionale. Le differenze
non saranno molte, ma ci sono e pesano. PAOLO FIOR
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CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007
L’intervista Parla l’amministratore del nuovo
gruppo Bim-Symphonia, ai vertici della classifica - «Piazza Affari appesa alle banche» D’Alfonso: potrà riprendersi
solo se tornerà la fiducia sui titoli del credito
Il ciclo del mercato Toro si conclude
di solito con una qualche forma di bolla speculativa. Oggi in Piazza Affari e
sulle principali Borse mondiali non c’è traccia di sopravvalutazione. É per
questo che s ono convinto che il ciclo rialzista non sia affatto concluso». Paolo D’Alfonso
, amministratore delegato di Symphonia sgr — il neonato gruppo originato dall’incorporazione di Bim sgr nella storica casa di
asset management — non si lascia impressionare dalle forti turbolenze che
agitano i listini in questi giorni. E che fanno seguito ad alcuni mesi di andamento altalenante delle Borse di tutto il mondo.
Nei primi 6 mesi del 2007 entrambe le sgr hanno dimostrato una notevole perizia nel battere i
benchmark di riferimenti: Bim lo ha fatto nel 60%
dei casi e Symphonia nel 50%. Ecco
come si spiegano questi successi e quali sono le previsioni sui mercati
azionari.
Piazza Affari scende di oltre il 5%. Ci sono speranze
che le perdite si annullino perlomeno entro Natale?
«Tutto dipende da come andranno i titoli bancari. Se intorno alle banche, che rappresentano una larga fetta
della capitalizzazione del listino, si creerà un nuovo clima di fiducia penso
che l’indice tornerà in pari. Altrimenti dovremo
attendere ancora parecchi mesi».
Ma le banche italiane non stanno
pagando per colpe non proprie?
«Credo che sul mercato ci sia un eccesso di emotività. Banche come Intesa Sanpaolo e Ubi non hanno
nulla a che fare con la crisi dei derivati e dei mutui subprime
che ha colpito altri grandi istituti europei. I prezzi che si vedono per
questi titoli sono largamente inferiori alle medie storiche. Ma acquistare titoli bancari oggi è come afferrare un
coltello che cade dalla parte della lama...».
Ci sono società e settori meno taglienti?
«Penso che i multipli che si stanno vedendo per i titoli
cementieri, da Buzzi a Italcementi
, scambiati ad un rapporto prezzo/utili inferiore a nove volte non abbiano
molto senso. Questi livelli di prezzo rappresentano una occasione
di acquisto».
Una logica un po’ contrarian , investire quando i prezzi scendono...
«Sì, una logica che abbiamo
adottato da tempo anche per il settore delle telecomunicazioni. Ma
poi nel caso delle tlc l’andamento dei corsi di
Borsa ha cominciato a darci ragione. Ancora oggi in questo comparto ci sono
gruppi interessanti, come France Telecom o Telecom Italia risparmio. Mentre
tra le utilities Enel ha grandi potenzialità a causa della crescente domanda di energia».
Quanto pesano sulle Borse la
debolezza del dollaro e la forte crescita delle quotazioni del petrolio?
«Il dollaro è sceso molto più di quanto ci si potesse aspettare. Inoltre il rallentamento della domanda globale non giustifica gli attuali prezzi del greggio.
Penso che nei prossimi mesi ci sarà un riequilibrio per entrambi. Un dollaro
debole tuttavia favorisce le grandi corporation dell’hi tech e dell’indu stria americana a cominciare da General Electric
fino a Cisco e alla stessa Microsoft ».
Ma non rischia di danneggiare gli
esportatori europei...
«É vero, ma alcuni gruppi come
Siemens in Germania o Alstom in Francia sono molto
esposti alla crescita dei mercati emergenti e rappresentano ancora delle
buone occasioni per un investitore».
I rendimenti deboli e gli alti costi di gestione
continuano a penalizzare il sistema fondi italiano. Quando
finirà l’onda lunga dei riscatti?
«Penso che ci troviamo appena alla metà di un ciclo
negativo. Ma non sono pessimista perché penso che alla fine di questo
percorso il rapporto tra la clientela e le società di gestione uscirà cambiato radicalmente».
In che senso?
«Noi non imponiamo ai nostri promotori dei budget di
vendita che favoriscono i prodotti a più alto
margine. Pensiamo che gli investitori debbano essere liberi di decidere e debbano essere consigliati in base alle proprie esigenze. Prima o poi tutti gli operatori lo capiranno e questo
cambierà il vol to dell’industria».
Avete realizzato una fusione che ha dato
vita ad un gruppo che raccoglie 4,7 miliardi di euro. Perché?
«Nonostante la fusione rimaniamo
un gruppo di piccole dimensioni, controllato però da una banca — Banca
Intermobiliare — che è specializzata nella gestione del risparmio e che non
ha conflitti di interesse. Con la fusione rafforziamo questa nostra
identità». MARCO SABELLA
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CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007
I Btp rendono sempre poco, ma
offrono indiscutibile sicurezza. Eppure alla prova
del nove c’è un manipolo di gestori in grado di offrire di più e,
addirittura, di limitare i rischi rispetto al pur poco pericoloso titolo di
Stato. In prima fila alcuni flessibili e bilanciati di Azimut,
Bipiemme e Gestielle che
hanno reso il doppio del Btp (tra il 16 e il 18% in
tre anni) rischiando (poco) di meno. Ed ecco i
numeri. Dopo la fiammata dovuta alla crisi estiva dei mercati, i Btp si sono stabilizzati di nuovo: un triennale oggi rende
poco più di tre punti percentuali e mezzo all'anno. Tuttavia comperare un Btp «medio» in asta e mantenerlo fino alla scadenza è
un’inattaccabile strategia per evitare di complicarsi la vita e, al contempo,
realizzare un extra rendimento rispetto all'inflazione.
Un risultato tutt’altro che
disprezzabile se si vogliono escludere pratiche più spericolate, come l'investimento nel mercato azionario o altro.
E qui entrano in scena i magnifici 33, cioè i fondi
che, negli ultimi tre anni, hanno saputo coniugare due pregi: offrire un
guadagno superiore di due e tre punti rispetto all’8,41% garantito dal Btp e una volatilità del valore dell'investimento inferiore.
In realtà tra i 2.947 prodotti (italiani ed esteri)
analizzati da CorrierEconomia ben 631 mostrano una
volatilità a tre anni inferiore ai Btp, che hanno
oscillato in media al 2,63%. Ma solo 21 associano questa maggiore
tranquillità della quota a una rendimento triennale
di tre punti più ricco dell’8,41%, mentre un’altra dozzina ha battuto il
Tesoro con un 2% in più, sempre su base triennale.
In pratica pur ipotizzando che il cassettista dei Btp e quello dei fondi non avessero
mai venduto il loro investimento nel corso dei tre anni, il fondista avrebbe
visto meno «su e giù» medi del valore rispetto a quelli patiti dal Btp.
Ma chi sono e che cosa fanno i
fondi che meglio hanno reso e meglio hanno tenuto, limitando la volatilità?
I migliori in assoluto sono Formula 1 balanced di Azimut (18,21% di rendimento con una volatilità del
2,14%), Bipiemme Visconteo di Bipiemme
gestioni (16,54% e una rischiosità del 2,58%) e Gestielle
global convertible di Aletti Gestielle sgr (16,17% e 2,34%). Il primo è un flessibile gestito da
Fausto Artoni che nell'orizzonte
temporale di un anno solare attua uno stile di gestione dinamico e un
controllo del rischio in funzione della performance. Con l'obiettivo di un rendimento positivo
in tutte le condizioni di mercato: attualmente, per esempio, è esposto al 35%
in azioni.
Bipiemme Visconteo, invece, è un
bilanciato storico (è operativo dal maggio '85) oggi con con una quota azionaria al
34%, contro il 30% del paniere a cui fa riferimento, e con una
sovraesposizione sui beni di consumo ciclici e non ciclici, oltre che sulla
salute. Sul versante obbligazionario, invece, il portafoglio contiene titoli
con una vita media pari a 33 mesi, ben al di sotto di
quella del benchmark (56 mesi).
Gestielle global convertible, infine, è
gestito da Marcello Fatticcioni ed è specializzato
sulle emissioni obbligazionarie di tipo convertibile: un'asset class tornata
particolarmente interessante in una fase di mercati azionari molto instabile.
Questi titoli, infatti, in virtù delle loro due anime,
azionaria e obbligazionaria, possono galleggiare su rotte diverse di
rivalutazione (ma anche di perdite) rispetto ai due asset presi
singolarmente. In questo momento il gestore predilige le emissioni europee
(nell'ordine, Francia, Germania,
Lussemburgo, Olanda e Gran Bretagna), mentre un 10% circa è in convertibili
Usa.
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CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007
Effetto concorrenza Le migliori condizioni per
due famiglie tipo in tre città secondo l’indice di costo messo a punto da PattiChiari. Trovando il prodotto giusto si può - Banche,
ecco l’hit parade dei conti correnti più - La spesa annua complessiva può
oscillare da 40 a 172 euro., meno della media. Ma attenti alla giacenza e a che cosa
L a relazione banca-cliente è ancora delicata. Proprio
per oggi Pier Luigi Bersani, ministro dello Sviluppo, ha convocato il Cncu, il Consiglio nazionale di consumatori e utenti, e
l’Abi: parleranno della portabilità dei mutui, dopo che, lunedì 5, le
associazioni dei consumatori hanno rotto le trattative con l’Abi sulla
questione (vedi anche i servizi a pagina 28). Ma qualcosa si sta muovendo sul
fronte della trasparenza bancaria, sulla spinta
anche delle liberalizzazioni volute da Bersani e delle indagini
dell’Antitrust. Lo dimostrano, fra l’altro, le tabelle di queste pagine.
Raggruppano i dieci conti correnti più convenienti in tre città: Milano, Roma
e Napoli. Per ciascun conto è indicata la banca che lo offre e il costo annuo
previsto secondo quanto riportato sul sito www.pattichiari.it. È
l’osservatorio Abi dove si possono confrontare i conti correnti offerti dai
principali istituti di credito, ora anche con un indice sintetico di spesa.
Scopo dell’elaborazione è di indicare ai clienti-tipo,
nelle tre maggiori città del Nord, Centro e Sud Italia,
quale banca — e deposito — scegliere per risparmiare. I prezzi di questi
«dieci migliori conti» sono dunque calcolati per due profili significativi, la famiglia e i pensionati: entrambi
considerati «con esigenze medie» e definiti, sempre secondo il sito
www.pattichiari.it, in base ai modelli Eurisko
(vedi riquadro).
Le tabelle sono poi costruite riportando, per ciascun
conto, l’Indicatore sintetico di prezzo (Isp), cioè il «prezzo del conto-tipo» che da un mese è
disponibile sul sito PattiChiari: un solo valore di
sintesi, anziché decine di dati analitici, per meglio confrontare i conti
correnti (prima il paragone fra due depositi si poteva fare solo condizione
per condizione).
Attenzione, però. La giacenza media prevista in questi
«dieci migliori conti» è abbondante: 5 mila euro per le famiglie, 4 mila per i pensionati. Sotto queste soglie, i prezzi
possono salire sensibilmente. E così anche nel caso in cui si abbia un
utilizzo maggiore di quello previsto. Per esempio,
prendiamo il Conto Doppiozero da 4,20 euro all’anno della popolare di Lodi, per i pensionati. Se la
giacenza media trimestrale scende sotto i 3 mila euro, si arrivano a pagare
120 euro all’anno; con un rendimento del conto,
però, pari a zero.
Inoltre, in queste tabelle non si tiene conto del
rendimento del conto: che spesso è, appunto, nullo. E non è inclusa nel prezzo annuo l’imposta di bollo, 34,20
euro. Ma parliamo comunque di prezzi sotto la media
di costo dei conti correnti italiani. Vediamo in dettaglio.
Per le famiglie, secondo l’analisi PattiChiari,
il conto più conveniente è al Credito Emiliano. Si chiama Senza Spese: 26,36
euro all’anno (con l’imposta di bollo poco più di 60
euro). È quello che costa meno in tutte e tre le città. Il più caro (ma
sempre nella rosa dei dieci depositi migliori d’Italia, secondo i profili PattiChiari), è invece offerto dalla
Popolare Commercio e Industria di Napoli (gruppo Ubi): dove si pagano
137,90 euro all’anno con il deposito Duetto mio (172,10 col bollo).
Napoli risulta essere la città più cara in fatto di
banche per famiglie. A Milano, infatti, il prezzo annuo massimo del conto
corrente scende a 111,20 euro (senza bollo), con la Banca di Legnano (Conto
Spese correnti); mentre a Roma la spesa annua
massima si assesta sui 115,38 euro con Deutsche Bank (Conto Db Componi),
sempre senza bollo.
Veniamo ai pensionati. Per loro risulta
più conveniente in assoluto, in tutte e tre le città considerate, l’offerta
della Popolare di Lodi, che propone il conto Doppiozero
a 4,20 euro all’anno, 38 euro con le tasse. Il deposito più costoso (in
questa che è comunque, ricordiamo, la «top ten dei
migliori»), con 69,30 euro all’anno (103,50 col bollo) è invece Intesa Light
di Intesa Sanpaolo a Napoli: che si conferma, dunque, la città più cara anche
per i pensionati, oltre che per le famiglie. A Milano e Roma i prezzi
massimi, infatti, scendono: si pagano 51,90 euro all’anno,
senza bollo, alla Banca Lombarda Private Investment, in entrambe le città,
con il deposito Creso 3.
Ai conti online è riservata da PattiChiari
una «top ten» a parte. Qui i costi variano, per le
famiglie, dai zero euro all’anno di Fineco Bank, con Conto Fineco,
ai 54,70 euro del Conto Revolution di Bnl. Per i
pensionati, invece, il miglior prezzo dei depositi via web parte dai zero euro all’anno di Mediolanum (Conto Riflex), BancAperta (Conto @perto), Fineco (Conto Fineco) e Iw Bank (Conto Iw), per arrivare ai 22,35 euro della Banca Arditi Garlati (Conto Tuo click).
Riassumendo: per un buon conto, dice PattiChiari,
si possono spendere dai 4 ai 140 euro con il canale tradizionale (con il
bollo da 38 a 174 euro), da zero a 22 euro con
Internet (col bollo da 34 a 56). Ed è meglio essere
correntisti a Milano e Roma che a Napoli. L’escursione di prezzo però è molto
ampia. Perché? Perché sono stati
considerati tutti i conti riferiti ai profili in esame: anche quelli in
promozione, quindi, o con canone decrescente in funzione della giacenza o dei
servizi offerti. Sono state perciò considerate le condizioni migliori di utilizzo; e sono finiti nello stesso cesto sia i conti
ricchi di servizi sia quelli «basic». I prodotti non sono propriamente
confrontabili. Senza contare il vincolo della giacenza. Conviene quindi
informarsi bene in banca sull’effettiva disponibilità di questi prodotti e
sui loro effettivi contenuti.
Ma il segnale di un’apertura delle
banche alla concorrenza, con la confrontabilità dei
prodotti, rimane. «È un passo avanti, il coraggio di dire
qual è la situazione — sostiene Massimo Roccia, segretario di PattiChiari —. Questi sono i dieci
conti migliori, è la testa della classifica. E prodotti venduti sotto
i 50 euro sono da considerarsi sottocosto, visto che un cliente servito allo
sportello costa un euro al minuto. È chiaro che ogni
conto va poi valutato per il pacchetto di servizi offerti: quelli più ricchi
hanno prezzi più alti». I risultati sembrano esserci, visto che la clientela
dimostra di apprezzare la possibilità di confrontare i conti correnti in
rete, con semplicità. «Nel primo mese di utilizzo
dell’Indice sintetico di prezzo abbiamo registrato 200 mila confronti —
spiega Roccia — è il doppio del ritmo mensile precedente». Anche
perché la mobilità della clientela cresce: «Abbiamo
registrato nel 2006 un turnover del 7,7% da banca a banca — dice
Roccia —, sale di un punto l’anno. E quasi il 2% dei
clienti sta cambiando prodotto dentro la stessa banca».
Perciò è previsto che, in primavera,
entrino in PattiChiari tutte le banche italiane.
Oggi sono 90, con 500 conti correnti e 22 mila sportelli :
saliranno a 600, «con alcune migliaia di conti correnti e 35 mila sportelli»,
annuncia Roccia.
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CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007
Educazione Una nuova iniziativa di PattiChiari - «Signori, parliamone»
«Dialogo», guida al risparmio consapevole, verrà
distribuita allo sportello in questi giorni
Dialoghiamo? Le banche si sentono in colpa e cercano i
clienti per parlare. Chi dovesse andare allo
sportello in questi giorni si vedrà offrire un libretto sottile e pieno di
figure. «Dialogo», appunto, vorrebbe rompere il ghiaccio che ancora gela
molti rapporti tra banche e consumatori. La mancanza di educazione
finanziaria in Italia è un problema storico, venirne a capo potrebbe
risolvere molte criticità. E allontanare lo spettro delle
delusioni e della sfiducia nata dopo i crac di Cirio e Parmalat.
«Dialogo» è la prima mossa di quella che, nelle intenzioni di PattiChiari — il consorzio dell’Associazione bancaria
italiana nato nel 2003 — dovrebbe diventare una campagna permanente di
sensibilizzazione ai temi dell’investimento e del risparmio consapevole per i
clienti delle banche.
E’ un opuscolo di venti pagine scritto in un linguaggio
semplice, ricco di storie ed esempi che ciascuno può rintracciare nella
propria quotidianità. Sottolinea un concetto
cruciale: la necessità di non tenere la testa sotto la sabbia. Ciascuno deve
trovare il modo di far capire alla banca quali sono le sue esigenze di
gestione spicciola del denaro, il suo profilo di rischio, le sue possibilità di investimento a lungo termine.
La guida dice molte verità e
non le nasconde dietro parole oscure. Vedremo sul serio,
questa volta, comportamenti che le mettono in pratica?
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ALBERTO D´ARGENIO
BRUXELLES - Assodato che la crisi dei mutui subprime avrà un impatto relativamente limitato sulla
crescita europea, le preoccupazioni del Vecchio Continente tornano a
concentrarsi su caro petrolio e supereuro. E proprio questi due temi saranno
al centro delle discussioni della riunione di oggi
dei ministri economico-finanziari della moneta unica (Eurogruppo)
e di quella allargata a tutti i paesi Ue di domani
(Ecofin). Occasione in cui si preparerà l´inedito
viaggio a Pechino del 27 novembre dei responsabili di Eurolandia: Jean-Claude Juncker, presidente dell´Eurogruppo, Jean-Claude Trichet,
numero uno della Banca centrale, e Joaquin Almunia, commissario Ue agli
affari economici.
Insomma, una trasferta pensata
per comunicare ai cinesi le preoccupazioni legate all´eccessiva
volatilità dei cambi e per proporre maggiore collaborazione in questo campo.
Se da un lato l´euro forte protegge dal rincaro del
greggio, è la convinzione di Bruxelles, dall´altro
rischia di danneggiare pesantemente l´export Ue a beneficio di ragiona in
dollari, yen e yuan, valute palesemente sottostimate. E
il messaggio dell´Eurogruppo sarà ancora lo stesso:
una moneta deve sempre rispettare l´andamento della
sua economia.
A provocare nuove e pesanti incertezze è anche il prezzo del petrolio, che ormai sfiora i 100
dollari al barile, il 57% in più dei livelli dello scorso anno. Secondo Bruxelles, il prezzo di questi giorni dovrebbe
essere un picco, ma se rimarrà tra gli 80 e i 90 dollari al barile, nel 2008
la crescita potrebbe essere tagliata di due decimi mentre l´inflazione
potrebbe salire di uno.
E proprio oggi ci potrebbe anche essere un confronto
sulle prossime mosse della Bce sui tassi tra Trichet e i ministri. Tra i
quali, per l´Italia, ci sarà Tommaso Padoa-Schioppa che in qualità di
presidente del Imfc, il comitato economico del
Fondo monetario internazionale, illustrerà ai colleghi le novità sul fronte
della riforma dello stesso Fmi.
Infine nella due giorni di
Bruxelles Almunia presenterà ai ministri le
previsioni economiche presentate venerdì e secondo cui sia la crescita di Eurolandia che quella dell´intera
Unione europea nel 2008 saranno leggermente inferiori alle aspettative.
L´impatto della crisi dei subprime sarà dello 0,3% il
prossimo anno, con un Pil che si attesterà sul 2,2%, ma che nel 2009 scenderà
al 2,1%, contro il 2,4% stimato in precedenza. Infine si parlerà di conti
pubblici: secondo le previsioni alcuni paesi, tra cui Francia e Italia, dopo
i brillanti risultati sul fronte del risanamento hanno allentato il ritmo di
riduzione del deficit, rischiando di rimanere fermi fino al 2009. E sarà rivolto
proprio a loro il documento atteso al termine dell´Eurogruppo
che inviterà tutte la capitali, soprattutto quelle
che non hanno ancora raggiunto il pareggio di bilancio, a fare più sforzi e a
modificare quei comportamenti che hanno portato ad un allentamento della
linea del rigore.
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BREAKINGVIEWS.COM - Crisi subprime, lo scontro in curva tra bond ipotecari e Cdo
HUGO DIXON
A inizio anno per scommettere
contro i mutui subprime ci sarebbero volute facoltà
divinatorie, ma è interessante sapere che le obbligazioni ipotecarie
possiedono una caratteristica, la "convessità negativa", in base a
cui se la scommessa è vincente consente guadagni cospicui, ma che può
dimostrarsi letale se il mercato prende un´altra
direzione, come mostrano i 3,7 miliardi di dollari di svalutazioni contabili
fatte da Morgan Stanley. Cos´è esattamente la
convessità negativa? Sappiamo tutti che il prezzo e il rendimento di un bond
marciano in direzioni opposte, ma ciò non sempre avviene nello stesso
momento. In genere se il tasso d´interesse scende,
diciamo dell´1%, il prezzo sale più di quanto diminuirebbe se il tasso d´interesse aumentasse dell´1%. Poiché se traduciamo in
un grafico il concetto otterremo una linea curva, la
relazione tra rendimento e prezzo di un bond è definita "convessa".
Tale caratteristica in genere è favorevole a chi ha in portafoglio
obbligazioni e sfavorevole a chi le vende allo scoperto.
Le obbligazioni ipotecarie però funzionano in altro
modo. I proprietari di immobili possono facilmente rifinanziare i loro mutui se i tassi d´interesse
diminuiscono e, se ciò accade, parte delle relative obbligazioni è rimborsata
anticipatamente. In questo caso i bond più redditizi escono dai portafogli
degli investitori che li avevano acquistati, e
potranno sostituirli solo con altri che rendono meno; ma se poi i tassi
aumenteranno, i proprietari di immobili cercheranno di continuare a sfruttare
i loro bond più a lungo di quanto gli investitori che li hanno acquistati
avevano previsto, costringendoli ad aspettare di più per recuperare il
capitale. Questa doppia batosta per gli investitori fa sì
che i prezzi delle obbligazioni ipotecarie aumentino più lentamente, se i
tassi scendono, di quanto diminuiscano se i tassi salgono. La curva
del prezzo/rendimento diventa convessa in senso opposto a quella delle comuni
obbligazioni e per questo è detta "negativa": sfavorisce chi
detiene in portafoglio le obbligazioni a vantaggio di chi le vende allo
scoperto.
Non si sa molto del meccanismo che ha determinato la
perdita di Morgan Stanley, ma pare che la banca
abbia venduto allo scoperto bond ipotecari subordinati o derivati ad alto
rischio, pagando la posizione con cassa generata da un investimento molto più
grande in prodotti collaterali ipotecari privilegiati, creduti a prova di
bomba perché ad alto rating. Il valore dell´investimento
in questi Cdo probabilmente era un multiplo di
quelli venduti allo scoperto, perché avendo rating AAA pagavano interessi molto più bassi. Quando è
iniziata la crisi dei mutui subprime, i
differenziali di rendimento dei bond ipotecari subordinati si sono ampliati
spingendo al ribasso i prezzi, e grazie alla convessità negativa la vendita
allo scoperto ha dato eccellenti frutti. Tuttavia, quando il contagio s´è esteso ai Cdo, anche i loro
differenziali si sono ampliati e anche in questo caso la convessità negativa
ha amplificato il ribasso dei prezzi. Evidentemente il deprezzamento dei Cdo, sempre più difficili da vendere aggravandosi la
crisi, è stato superiore ai guadagni percepiti con la vendita allo scoperto,
e ha originato un saldo molto negativo. Naturalmente, per chi adotta queste
strategie gli effetti della convessità negativa sono
un aspetto minore che si perde nell´enormità del
disastro che ha distrutto la qualità creditizia dei bond ipotecari; ma questo
aspetto è tra quelli che hanno gettato benzina sul fuoco. - Dwight Cass - (Traduzioni a
cura di MTC)
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[FIRMA]FRANCESCO SPINI
MILANO - Da quando la Borsa è diventato il perno dei destini delle pensioni di migliaia
di italiani, anche la recente crisi legata ai mutui subprime
americani ha assunto contorni imprevedibili. Che ne
sarà dei soldi del Tfr confluiti nei fondi
pensione? Attraverso gli ultimi dati disponibili, è possibile
però dare un’occhiata a come i prodotti pensionistici - in specie
negoziali - hanno affrontato il primo episodio della crisi, che tra la fine
di luglio e agosto ha trascinato nella bufera i listini di mezzo mondo.
Secondo i dati elaborati per La Stampa dalla società di consulenza
finanziaria indipendente Consultique, le maggiori
ripercussioni si sono registrate tra i comparti azionari. Esempi? Il
«Dinamico» di Fondenergia ha perso il 3,12%, 2,66%
la flessione della linea «Crescita» del fondo dei chimici, Fonchim. Nemmeno i metalmeccanici possono gioire per la
linea «Crescita» del loro Cometa che va a -1,06%, ma
sempre meglio del -2,14% del comparto più azionario di Fopen
(dipendenti del gruppo Enel) o del -2,60% di Gommaplastica.
Due mesi vissuti pericolosamente, insomma, e che hanno
colpito, seppure in misura minore, anche i comparti più prudenti, quelli
monetari. Alcuni numeri: il «Monetario Plus» del
Cometa ha perso nei due mesi estivi lo 0,30%, i «Moneta» e «Stabilità» di Fonchim rispettivamente
lo 0,45 e lo 0,95%. Cosa è successo? Commenta
Giuseppe Romano, a capo dell’ufficio studi di Consultique:
«Diverse gestioni monetarie, le più prudenti dopo le linee garantite, sono
investite anche su bond societari. Il rating più
alto è dei bond bancari, i più colpiti dalla crisi di liquidità generata
dalla crisi “subprime”. Di qui le performance
negative».
Se tutto questo accade nei due mesi «caldi» della crisi
- assolutamente insufficienti per giudicare un fondo pensione, che invece
contempla un investimento di lunghissimo termine -, nei primi nove mesi
dell’anno le linee più «aggressive», dove la quota azionaria è importante, si
rivelano comunque le più redditizie. Se comparato
con il 2,04% di rendimento netto del Tfr (75%
dell’inflazione più l’1,5%) al 30 settembre, i dati per ora (in attesa di quelle che potranno essere le ripercussioni
dell’ultimo periodo di altalena dei mercati) sono confortanti. C’è il +4,73%
del Fonchim, il 4,83% del Cooperlavoro,
il 2,30% del Cometa. Non lo stesso si può dire delle
linee più prudenti, spesso al di sotto del
rendimento del Tfr: si va dal «Moneta» di Fonchim (1,37%) al «Monetario Plus» del
Cometa che riporta un +1,75% e al «Monetario» Fopen
con il suo +1,94%. A sentire i gestori, le azioni sono ancora da preferire.
«Continuiamo a pensare che sul lungo periodo continueranno a dare un
rendimento superiore - sottolinea Enrico Bovalini, responsabile portafogli istituzionali di Pioneer -, con un rapporto tra rischio e volatilità
migliore. Per il resto è chiaro che in momenti come questa contano
le scelte attive dei gestori. Nel settore bancario, ad esempio, da tempo
siamo largamente sottopesati». E
poi contano le scelte tra i comparti dei fondi pensioni. «L’approccio più
tranquillizzante - secondo Alessandro De Carli,
responsabile gestioni quantitative di Eurizon Capital - resta il cosiddetto “life cycle”. Cambiare
profilo di rischio mano a mano che ci si avvicina
all’età pensionabile, per evitare che cicli negativi di Borsa condizionino il
periodo finale e quindi il montante su cui sarà calcolato il vitalizio». Del
resto, aggiunge Romano, «il nodo di un fondo pensione è che le performance
sia positive sia negative contano di più nella fase
finale della vita lavorativa, quando i soldi versati costituiscono un
capitale importante, dunque da preservare da crolli improvvisi».
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La direttiva Ue sul risparmio alla prova del fuoco – Analisi - La Mifid e la lezione di Consob
GLAUCO MAGGI
NEW YORK - Con l’entrata in vigore della Mifid (Markets in financial instruments directive) - il primo novembre - gli investitori sono più o meno protetti? La Direttiva stabilisce che ci sono
ora un unico mercato ed un unico corpo di norme regolamentari per i servizi
d’investimento nei 30 Paesi membri dell’area economica europea (i 27 della Ue più Islanda, Norvegia e
Liechtenstein).
Ma non è un caso che la Consob abbia
preso l’occasione al volo per mettere sul suo sito una lezione per gli
investitori, che oggi devono contare ancora più su se stessi per non finire
vittime di frodi. Poichè si amplia il principio del
«passaporto» che consente ad un operatore che ha avuto l’ok dall’ente di
controllo nel proprio Stato di offrire servizi in tutta Europa, ci vorrà più
vigilanza di quanta non ne occorra già ora. I
risparmiatori sfruttino l’opportunità sul sito www.consob.it alla voce
«Investor Education» («impariamo ad investire» e «i servizi di investimento»). Il decalogo: 1) Rifletti sulle tue
esigenze e sulle tue preferenze in materia di investimenti.
2)Assumi informazioni su prodotti e servizi. 3)Verifica che l’intermediario
che stai utilizzando sia autorizzato e instaura con lui un rapporto positivo. 4) Se non comprendi, non investire. 5) A
potenziali alti rendimenti corrispondono alti
rischi. 6) Diffida delle proposte improbabili. 7) Non firmare moduli in
bianco. 8) Utilizza mezzi di pagamento previsti e sicuri. 9) Segui i tuoi
investimenti nel tempo. 10) Internet: tante opportunità ma qualche attenzione
in più. Dall’esperienza maturata rispondendo in questi anni alle lettere dei
lettori de La Stampa credo sia doveroso sottolineare
un comandamento in particolare, il numero 4. È quello che, non rispettato, fa
più vittime: «se non comprendi, non investire». La riprova che è il più
efficace? Qualunque banca o rete sottoscriverebbe gli altri nove, tutti da
seguire, tutti importanti. Ma «se non comprendi, non
investire» lo dice solo la Consob. Che spiega: «Se nonostante la lettura dei documenti disponibili e le
informazioni assunte non si comprendono la natura, le caratteristiche e i
rischi di un investimento, è meglio non investire. Soprattutto
se si tratta di prodotti particolarmente complessi. Esistono sul mercato molti prodotti caratterizzati da una struttura
complessa, spesso con denominazioni fantasiose e con profili di
rischio/rendimento difficili da comprendere. Quando ci vengono
proposti dobbiamo riflettere su due questioni: chi offre un prodotto
complesso ne conosce perfettamente le caratteristiche ed è consapevole dei
vantaggi e svantaggi. Secondo: noi, abbiamo la stessa conoscenza e
consapevolezza, soprattutto nel caso di prodotti complessi? A questo punto
dobbiamo ancora domandarci: fermo restando che a chi lo offre conviene
(perché altrimenti non lo farebbe), a noi conviene acquistarlo? «Possiamo
rispondere alla domanda - aggiunge la Consob - solo se riusciamo a essere consapevoli della natura e delle caratteristiche
del prodotto, di quali condizioni dovranno verificarsi e della relativa
probabilità, per trarre dall’investimento effetti positivi o negativi, dello
scenario peggiore per noi e di quali conseguenze, in termini di mancato
guadagno o perdita di capitale, dovremmo sopportare al suo avverarsi. Se non
riusciamo ad aver ben chiaro tutto questo
asteniamoci dall’investire: è come giocare una partita a carte con chi
conosce le regole ed il valore delle singole carte mentre noi non abbiamo la
stessa conoscenza».
Brava Consob: è il consiglio base della consulenza ma è un comandamento che le banche e le
assicurazioni non possono recitare se non al costo di arrossire. Sarebbe
predicare bene, ma loro continuano ad avere la vetrina piena di bond strutturati,
di polizze index linked e di altre
soluzioni e gestioni con gli agganci più improbabili a derivati e affini.
Prodotti studiati per deviare il pubblico dai banali Bot e BTP a investimenti dall’esito incerto ma dalle commissioni
ricche e prestabilite.
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LA PADANIA
08/11/2007
In merito alla questione “quote-latte”, è intervenuta la consigliera regionale della Lega Nord, Monica
Rizzi. «In queste ore - denuncia la Rizzi - si sta procedendo al
sequestro del conti correnti degli allevatori, gli stessi che avevano ricevuto le cartelle esattoriali per le multe
sulle quote latte. Un provvedimento tipico del peggior regime comunista. Dopo
le ipoteche sulla proprietà, il fermo amministrativo dei mezzi e il
pignoramento dei mobili, lo Stato, attraverso Equitalia,
sta ora sequestrando i conti correnti bancari. Come effetto
immediato le aziende non possono più procedere ai pagamenti. A rischio anche
mutui e finanziamenti contratti con gli istituti di
credito».
E non si tratta certo di pochi casi, secondo la
consigliera «le aziende lombarde che potrebbero venir
coinvolte sono qualche migliaio. Il prossimo passo previsto è quello della
messa all’asta delle aziende agricole, con la conseguenza inevitabile che
tutti gli animali saranno costretti al macello: un patrimonio che viene devastato».
Le conseguenze sono presto dette: «Stanno mettendo sul
lastrico gente che ha sempre lavorato e che si è sempre comportata
correttamente, in maniera trasparente. Quello che sta loro succedendo,
avviene proprio in virtù del fatto che questi allevatori hanno sempre
dichiarato tutto, a differenza di altri. La Lega chiede al Governo e a
Regione Lombardia di intervenire per sospendere questa azione
per fare i dovuti accertamenti, solo al termine dei quali si potrà agire con
la dovuta equità».
«La persecuzione va fermata! - tuona l’esponente della
Lega - Un’inerzia politica in questo senso mi potrebbe far pensare che
operazioni di questo tipo vengano fatte con lo scopo
di favorire speculazioni sul prezzo». La Rizzi chiude
il suo intervento ricordando che «il gruppo della Lega Nord aderirà alla
manifestazione che gli agricoltori stanno organizzando e che si terrà a Montichiari (BS) nei prossimi giorni».
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QUOTIDIANO.NET
8-11-2007
Maradona
deve al fisco oltre 34 milioni di euro
Sui compensi ricevuti dal Pibe per la
sua partecipazioni in tv, in parte non verranno più recuperati e in
parte lo Stato attende ancora gli esiti delle procedure. Lo chiarisce il
sottosegretario all'Economia
rispondendo a un'interrogazione
del presidente della commissione Finanze del Senato
Roma, 8 novembre 2007- 'El
pibe de oro',
Diego Armando Maradona, deve ancora all'erario
italiano oltre 34 milioni di euro (con esattezza 34.217.855,25), di cui 20,3
milioni di euro per interessi di mora. Quanto ai compensi ricevuti da Maradona per la sua partecipazione a trasmissioni Tv, in
parte non verranno più recuperati, e in parte lo
Stato italiano attende ancora gli esiti delle procedure messe in atto per
rientrare del credito. Lo chiarisce il sottosegretario all'Economia Massimo Tononi,
rispondendo ad un'interrogazione
presentata dal presidente della commissione Finanze del Senato, il sottosegretario
all'Economia, Tononi.
Benvenuto, nella sua interrogazione, chiedeva l'esito della procedura di riscossione attivata
nell'autunno 2005 per la
partecipazione dell'ex calciatore
a 'Ballando sotto le stelle' e se la
presenza nel settembre scorso a 'Il
treno dei desideri'
su Rai1, abbia fruttato a Maradona
un compenso e se questo è stato coattivamente riscosso da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Per quanto riguarda 'Il
treno dei desideri',
Tononi spiega che "si è ancora in attesa
di conoscere gli esiti" dopo che l'Agenzia
delle Entrate ha attivato "quattro richieste stragiudiziali nei
confronti di Rai Trade, Ballandi Entertainment, Rai
Radio televisione italiana e Endemol Italia".
La trasmissione 'Ballando
sotto le stelle'
aveva fruttato a Maradona invece ben 78 milioni e mezzo di euro. Ma il pignoramento effettuato nei confronti della
Ballandi Entertainment non ha dato risultati:
"la società - dice Tononi
- ha affermato di non essere debitrice nei confronti di Maradona"
e pertanto è stata dichiarata "estinta la procedura", aggiunge il
sottosegretario.
Il pignoramento effettuato invece nei confronti di D&B s.r.l.,
società che ha gestito i diritti di immagine, le prestazioni artistiche ,
nonché la corresponsione del compenso a Maradona ha
avuto, conclude il sottosegretario, "esito parzialmente positivo, in
quanto il tribunale di Roma, sull'importo
di 78 milioni e mezzo di euro di compenso, ha assegnato alla Gest Line (ora Equitalia Polis spa, ossia la riscossione) la somma di 42.051,05 euro,
comprensiva delle spese giudiziali".
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SKYLIFE.IT
9 Novembre, 2007
Maradona
dribbla il Fisco - L'ex campione
deve 34,2 mln di euro all'Erario italiano, che ne ha recuperati 42mila "più due preziosi orologi"
Il debito dell'ex
Pibe - Ammonta a 34,2 milioni di euro il debito
fiscale di Diego Armando Maradona (nella foto) nei
confronti del Fisco italiano, che finora è riuscito a incassare solo un
mini-acconto: poco più di 42.000 euro. Ma il braccio di ferro tra l'Erario e l'ex
"Pibe de oro" è destinato a non finire qui: l'argentino infatti continua a fare capatine in Italia, con tanto di comparsate in tv, ma senza saldare il conto. L'ultima, a fine settembre, a Il
treno dei desideri e, per questo, l'Agenzia
delle Entrate ha inviato quattro richieste stragiudiziali, per verificare se
a Maradona sono stati elargiti compensi, di quale
entità e se su questi incassi sono state pagate le tasse.
Il quadro della situazione - A fornire il quadro
aggiornato sui debiti fiscali dell'ex
calciatore è il dicastero dell'Economia
e Finanze in una risposta
all'interrogazione parlamentare
rivolta dal presidente della Commissione Finanze del Senato, Giorgio
Benvenuto. Lo Stato batte cassa a Maradona per un
importo (iscritto a ruolo) di 34.217.855,25 euro, di cui 20.353.109,32
"per interessi di mora".
Pignoramento positivo - Un
debito fiscale-monstre che era perfino più alto. Il
Fisco italiano è infatti riuscito a incassare, negli
anni passati, 42.051,05 euro. Non
perché l'argentino più famoso nel
mondo si sia recato spontaneamente a pagare un primo acconto, ma perché ha
avuto "esito parzialmente positivo" il
pignoramento effettuato nei confronti della D&B,
società che ha gestito i diritti di immagine e le prestazioni artistiche del
super-evasore. La procedura era stata attivata perché Maradona
aveva incassato 78.500 euro, per partecipare a Ballando con le stelle,
presumibilmente evadendo le tasse. Ora, nuovo intervento in tv, sempre sulla RAI,
e così l'Agenzia delle Entrate si
è rivolta a Rai Trade, Ballandi Entertainment, Rai
e Endemol Italia; di queste richieste
stragiudiziali "si è in attesa di conoscere gli esiti", precisa il
ministero dell'Economia.
42mila euro e due orologi - "Il
fisco italiano non riesce a riscuotere da Maradona
più dello 0,12%", è la constatazione di Vittorio Carlomagno,
presidente di Contribuenti.it, al termine del
seminario tenutosi oggi a Napoli e dal titolo 'Equità
fiscale in Italia',
"nell'apprendere dal
sottosegretario all'Economia, Tononi, che Maradona deve
ancora all'Erario italiano oltre
34 milioni di euro,
di cui 20,3 milioni di euro per interessi di mora". Contribuenti.it
ricorda che Equitalia Polis SpA, agente della
riscossione per la provincia di Napoli, ha ottenuto da Maradona
42 mila euro "oltre a due preziosi orologi".
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EUROFINANZA.IT
10-11-2007
Secondo Contribuenti.it,
Associazione Contribuenti Italiani che con Lo Sportello del Contribuente ha
condotto un monitoraggio in diverse città italiane, scattando la fotografia
di un paese che sembrerebbe detenere il triste primato della morosità,
continua a crescere in maniera allarmante il trend
delle ipoteche fiscali come strumento di lotta all’evasione.
Ipotecare, ipotecare, ipotecare
sembra questa la sola mission degli Agenti della Riscossione
che, molto spesso, procedono senza neppure avere titolo o per debiti
tributari irrisori. Dal 2004 al 2007, i soggetti morosi che si sono visti
iscrivere atti di ipoteca, sono passati dai 140 mila
ai 380 mila, un aumento pari al 270% ed al quale hanno dato il loro contributo,
gli enti locali, legittimati nella pratica delle iscrizioni.
E tra le città esaminate, non poteva che attestarsi al
primo posto per numero di ipoteche, Napoli con una
crescita pari addirittura al 285%, seguita a ruota da Roma e Milano. Morosi
per cifre variabili dai 1500 agli 8000 euro, i contribuenti italiani sono
tuttavia vittime di sanzioni non sempre eque rispetto al danno. Una
sproporzione che rende vistoso il problema
dell’abuso che gli agenti della riscossione fanno di quest’arma
punitiva, tanto da far scendere più volte in campo la giustizia tributaria
che ha statuito che gli Agenti della riscossione, nei casi in cui il credito
tributario sia inferiore alla somma limite di 8mila
euro, non hanno diritto ad iscrivere ipoteca sugli immobili. L’ Associazione
Contribuenti Italiani chiede la revoca immediata di
tutte le iscrizioni ipotecarie effettuate per debiti inferiori agli 8 mila
euro e la sospensione di tutti i provvedimenti cautelari particolarmente
invasivi fino a quando Equitalia terminerà l’integrazione
e l’allineamento dei sistemi informatici con gli enti creditori ed i giudici
tributari, in modo da poter acquisire in tempo reale le informazioni sullo
stato degli adempimenti dei contribuenti. Il Ministero dell’
Economia deve svolgere un’attenta azione di vigilanza contro il
reiterarsi di questa situazione che comporta il minarsi della fiducia tra
fisco e contribuenti - afferma Vittorio Carlomagno
presidente di Contribuenti.it
-George Maculay Trevalyan (storico inglese 1876-1962)-
L'istruzione... ha prodotto un vasto popolo
capace di leggere ma incapace di discernere quello
che vale la pena di leggere.
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