Federazione Autonoma Bancari Italiani  via Tevere, 46  00198 Roma - federazione@fabi.it  Tel. (06) 8415751

Dipartimento Organizzazione

Ufficio Stampa – Immagine – Comunicazione - e-mail l.sileoni@fabi.viterbo.it

news fabi anno VIII – lunedì 12 novembre 2007

 

rassegna stampa quotidiana riservata alle strutture

 

a cura di Bruno Pastorelli

Se riscontrate anomalie, nei collegamenti comunicatelo a: b.pastorelli@fabi.it, grazie.

 

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Così disse

 

Corriere dell'Alto Adige - TRENTO - sezione: ECONOMIA - data: 2007-11-11 num: - pag: 9. 3

Congresso Fabi a Sardagna. Eletto il nuovo consiglio direttivo 2007-2010 - Bancari, Dorigatti lascia la segreteria - «Il compito in mano a giovani capaci, sapranno fare anche di meglio». 3

 

TRENTINO DOMENICA, 11 NOVEMBRE 2007. 4

Ieri congresso provinciale della Fabi a Sardagna - Bancari in assemblea: «Basta lavoro precario». 4

 

IL MATTINO 10/11/2007. 5

NON UN ESORDIO DA INCORNICIARE LA PRIMA VOLTA DI MONTE DEI PASCHI A PIAZZA AFFARI DOPO IL MATRIMONIO... 5

 

GAZZETTA DEL SUD – SABATO 10 NOVEMBRE 2007. 5

SICILIA – PALERMO. SINDACATI PREOCCUPATI. UNICREDIT CEDE SESSANTOTTO FILIALI. PROTESTA AL BDS. 5

 

GIORNALE DI SICILIA PALERMO – SABATO 10 NOVEMBRE 2007. 6

ECONOMIA – IL PIANO IN DETTAGLIO. IL GRUPPO CEDERA’ 186 AGENZIE:”NESSUN RISCHIO OCCUPAZIONALE”. SINDACATI DUBBIOSI.FILIALI UNICREDIT VENDONSI, QUELLE DEL BANCO SONO 65. 6

 

LA REPUBBLICA PALERMO – SABATO 10 NOVEMBRE 2007. 7

LA CURA DIMAGRANTE IMPOSTA DAL’ANTITRUST DOPO LA FUSIONE CAPITALIA UNICREDIT  - A PALERMO E PROVINCIA CAMBIERANNO INSEGNA 26 SPORTELLI.IL BANCO VENDE 55 FILIALI IN SICILIA. SUL MERCATO ANCHE 383 DIPENDENTI. 7

 

MILANO FINANZA SICILIA – SABATO 10 NOVEMBRE 2007. 8

SICILIA TERRITORIO & IMPRESA – BDS, CONVOCATI I DIRETTORI SU CESSIONE A UNICREDIT. 8

 

LA SICILIA ECONOMIA E FINANZA – SABATO 10 NOVEMBRE 2007. 8

BDS VENDE 92 SPORTELLI, DI CUI 79 IN SICILIA. UNICREDIT. NEL GRUPPO 186 FILIALI DA CEDERE, 23 LE BANCHE INTERESSATE. NICASTRO: “DIPENDENTI GARANTITI”. 8

 

LA SICILIA VENERDI’ 9 NOVEMBRE 2007. 8

BDS. OK CONCILIAZIONE, RIPARTE CONFRONTO. 8

 

LA SICILIA – ECONOMIA – DOMENICA 11 NOVEMBRE 2007 - BANCO DI SICILIA-UNICREDIT SCONGIURATO LO SCIOPERO. 9

 

AGI 9-1-2007. 9

« INDUSTRIA: RAU, RIFORMA CONSORZI DECISIVA PER SVILUPPOPUNTOIT: CREATIVITA’ ITALIANA NELL’ICT NEGLI EMIRATI ARABI »MPS-ANTONVENETA: SINDACATI, NON SI PRESCINDA DA OCCUPAZIONE. 9

 

APCOM 09-11-2007. 10

MPS/ SINDACATI: BENE OPERAZIONE ANTONVENETA E NASCITA TERZO POLO - Salvaguardare livelli occupazionali. Preoccupa sorte Interbanca. 10

 

VARESENEWS 09-11-2007. 10

Varese - I sindacati chiedono di partecipare agli incontri in materia di sicurezza insieme all'Abi e alle istituzioni: "È un nostro diritto" Troppe rapine, i bancari non si sentono al sicuro. 10

 

dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007. 11

Verifiche L’Istituto di statistica lavora alla modifica dell’indice dei prezzi. Base di calcolo per gli aggiornamenti di Istat e costo della vita, quanti Mutui, assicurazioni, conti correnti, assistenza agli anziani. Al sistema di rilevazione italiano. 11

 

dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007. 12

La stanza dei bottoni - Passera si dà al cinema. Nattino corre. 12

 

dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007. 13

La polemica Ancora distanti i risultati dell’indice ufficiale e quelli del paniere «alternativo» messo a punto nel 2004 - Eurispes, il duello sui numeri e il rapporto con la politica - Secondo Fara, l’Istituto nazionale di statistica dovrebbe dipendere da un garante o dal Parlamento. 13

 

dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007. 14

Diario sindacale - Veltroni chiama la Parente. Il «sorpasso» dell’Ugl 14

 

dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007. 15

La proposta In Gran Bretagna usano due indici. Quello per le rivalutazioni considera anche i mutui - I sindacati: copiamo da Londra - Per Angeletti (Uil) «il metodo di calcolo degli inglesi fotografa meglio i consumi». 15

 

dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007. 16

L’intervista Parla l’amministratore del nuovo gruppo Bim-Symphonia, ai vertici della classifica - «Piazza Affari appesa alle banche» D’Alfonso: potrà riprendersi solo se tornerà la fiducia sui titoli del credito. 16

 

dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007. 17

Analisi Il fascino dei titoli di Stato è sempre forte, anche se i rendimenti restano bassi. Ecco i pochi gestori che sono riusciti ad offuscarlo - Ma c’è chi ha vinto la gara con i Btp - Sono 33 i prodotti che hanno offerto più del titolo triennale (8,41%) e facendo correre meno rischi 17

 

dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007. 18

Effetto concorrenza Le migliori condizioni per due famiglie tipo in tre città secondo l’indice di costo messo a punto da PattiChiari. Trovando il prodotto giusto si può - Banche, ecco l’hit parade dei conti correnti più - La spesa annua complessiva può oscillare da 40 a 172 euro., meno della media. Ma attenti alla giacenza e a che cosa. 18

 

dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007. 20

Educazione Una nuova iniziativa di PattiChiari - «Signori, parliamone» «Dialogo», guida al risparmio consapevole, verrà distribuita allo sportello in questi giorni 20

 

LA REPUBBLICA di lunedì 12 novembre 2007. 21

Supereuro e prezzi sul tavolo Ecofin  - Allarme per gli effetti sulla crescita. Pronta la missione a Pechino. 21

 

LA REPUBBLICA di lunedì 12 novembre 2007. 22

BREAKINGVIEWS.COM - Crisi subprime, lo scontro in curva tra bond ipotecari e Cdo. 22

LA STAMPA di lunedì 12 novembre 2007. 23

 

LE REAZIONI DEI PORTAFOGLI DOPO I TONFI DELLE BORSE - Crisi subprime - Nei primi nove mesi dell’anno solo gli azionari battono il rendimento del Tfr 23

 

LA STAMPA di lunedì 12 novembre 2007. 24

La direttiva Ue sul risparmio alla prova del fuoco – Analisi - La Mifid e la lezione di Consob. 24

 

LA PADANIA 08/11/2007. 25

Allevamento e agricoltura - Conti sequestrati? Da regime comunista - Rizzi: mettono sul lastrico chi ha sempre lavorato comportandosi correttamente. 25

 

QUOTIDIANO.NET 8-11-2007. 25

Maradona deve al fisco oltre 34 milioni di euro. 25

 

SKYLIFE.IT 9 Novembre, 2007. 26

Maradona dribbla il Fisco - L'ex campione deve 34,2 mln di euro all'Erario italiano, che ne ha recuperati 42mila "più due preziosi orologi" 26

 

EUROFINANZA.IT 10-11-2007. 27

Crescono le ipoteche: + 270 per cento in tre anni 27

 

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Corriere dell'Alto Adige - TRENTO - sezione: ECONOMIA - data: 2007-11-11 num: - pag: 9

Congresso Fabi a Sardagna. Eletto il nuovo consiglio direttivo 2007-2010 - Bancari, Dorigatti lascia la segreteria - «Il compito in mano a giovani capaci, sapranno fare anche di meglio»

categoria: REDAZIONALE

TRENTO — Eletto il nuovo consiglio direttivo provinciale della Fabi, la Federazione autonoma dei bancari italiani. Ieri nel centro congressi di Sardagna si sono incontrati più di 120 delegati dell'associazione, che in mattinata hanno partecipato all'assemblea e nel pomeriggio hanno eletto i 29 rappresentanti: andranno a costituire il nuovo organo decisionale del sindacato, per il periodo 2007-2010.

Il meeting di ieri, ospite anche il segretario generale a livello nazionale Enrico Gavarini, è stata l'occasione per salutare il segretario coordinatore Gianni Dorigatti, che ha annunciato che non si ricandiderà. Dorigatti in ogni caso continuerà a lavorare all'interno del consiglio direttivo. Questi gli eletti: Franco Antolini, Fulvio Bertoldi, Tatiana Brunello, Gabriele Carpentari, Lia Coltellacci, Antonio Cossu, Andrea Costa, Gianni Debiasi, Dario Detassis, Gianni Dorigatti, Stefano Faraguna, Stefano Fontana, Chiara Giampietro, Igor Gilmozzi, Salvatore Loreto, Marta Malfatti, Domenico Mazzucchi, Elio Pedrotti, Ivan Poppi, Stefano Reina, Dante Riccamboni, Fulvio Rizzardi, Mauro Rizzi, Carla Serafini, Elisabetta Turri, Manuela Vescovi, Maria Vettori, Paolo Vita e Alessio Zanoni.

Venerdì prossimo si procederà alla nomina della segreteria, composta da nove persone provenienti dal direttivo di 29. Dai segretari, infine, verranno nominati il segretario coordinatore e il segretario organizzativo. «Il bilancio della mia esperienza è estremamente positivo — fa sapere Dorigatti — ho trascorso 30 anni in consiglio direttivo e 25 in segreteria. Negli anni ottanta l'associazione contava mille iscritti, ora sono quasi 2.900 e costituiscono i due terzi di tutti coloro che lavorano in banca in Trentino. Lascio in mano a giovani capaci. Se noi abbiamo fatto bene, loro sapranno fare di meglio».

L'assemblea di ieri, a cui hanno partecipato molti giovani e molte donne (erano più di 50) è servita anche per fare il punto della situazione su alcune battaglie da tempo combattute dalla Fabi. «In primo luogo occorre sottolineare la precarietà dei giovani — spiega Dorigatti —, stiamo discutendo il nuovo contratto a Roma, è un argomento sensibile. Legato a questo tema c'è il problema del lavoro esternalizzato: molte banche si affidano a terzi e impongono salari troppo bassi». «Altro punto: fin'ora i contratti sono stati adeguati solo in base all'inflazione, chiediamo di partecipare della fetta di produttività delle banche, e infine — conclude il segretario uscente — chiediamo il riconoscimento degli straordinari per i quadri, che sono il 40% dei lavoratori in banca».

Enrico Orfano 

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TRENTINO DOMENICA, 11 NOVEMBRE 2007

Ieri congresso provinciale della Fabi a Sardagna - Bancari in assemblea: «Basta lavoro precario» 

TRENTO. Precariato, bilancio etico e sproporzione tra gli stipendi percepiti da dirigenti e impiegati. Sono stati questi i temi «caldi» del congresso quadriennale della Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani) che si è tenuto ieri presso l’Hotel Panorama a Sardagna.

 Alla presenza del segretario nazionale della Fabi, Enrico Gavarini, e del segretario responsabile delle Casse Rurali, Valerio Poloni, si sono riuniti 200 bancari in rappresentanza dei 2900 operatori del settore trentini. A coordinare i lavori Gianni Dorigatti, segretario trentino della Fabi in scadenza.

 In primis si è toccato il tasto della precarietà che investe anche il settore bancario. In base alla Legge 30 anche le banche assumono ora i giovani impiegati con contratto d’apprendistato a tempo determinato. Un contratto che non tutela minimamente i neoassunti, che percepiscono uno stipendio di 900 euro, ma che svolgono orario full time.

 Ma non sono solamente gli impiegati a essere scarsamente tutelati, perché la questione riguarda anche i clienti. «Le banche inseguono il profitto» è stato ripetuto più volte ieri durante il convegno, «mentre l’obiettivo dovrebbe essere quello di raggiungere l’etica del profitto».

 Le banche, dunque, per stessa ammissione dei bancari, sono lontane dalla gente e l’obiettivo è il raggiungimento dell’utile, trascurando troppe volte il lato umano. In questo è sicuramente migliore l’operato delle Casse Rurali che, essendo maggiormente integrate sul territorio, riescono a stabiliare un contatto più diretto, quasi personale, con il cliente. Altro nodo importante da sciogliere è quello riguardante la grandissima disparità tra gli stipendi percepiti dai dirigenti e gli emolumenti versati agli impiegati. E’ emerso che otto anni or sono il rapporto era 40 a 1, mentre adesso la cifra s’è decuplicata. (m.b.)

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IL MATTINO 10/11/2007

NON UN ESORDIO DA INCORNICIARE LA PRIMA VOLTA DI MONTE DEI PASCHI A PIAZZA AFFARI DOPO IL MATRIMONIO...

Non un esordio da incorniciare la prima volta di Monte dei Paschi a Piazza Affari dopo il matrimonio con Antonveneta, acquistata per 9 miliardi dal Banco Santander. Ma se la conmunità finanziaria non accoglie di buon grado la nascita del terzo gruppo creditizio italiano, la politica (e il sindacato) applaude i vertici dell’istituto di Rocca Salimbeni per il «blitz» sul gruppo padovano. A cominciare dal premier Romano Prodi che vede «di buon occhio» l’operazione pur senza entrare nei dettagli. Il ministro per lo Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, auspcia che dall’aggregazione derivi «una riduzione di costi per la clientela». E anche l’opposizione giudica positivamente la scelta di Siena esprimendo soddisfazione con Guido Crosetto di Forza Italia per l’italianità dell’acquisizione. Sostegno all’asse Siena-Padova arriva anche da Oltralpe: il gruppo assicurativo francese Axa ha reso noto di aver «costituito una partecipazione strategica» nel capitale della banca toscana al 2,05% al fine di partecipare all’aumento del capitale stesso. «L’acquisto di Antonveneta è un movimento strategico che ci permetterà di allargare la nostra rete in Italia. È un’operazione che rafforza Mps e quindi anche noi», dichiarano fonti della compagnia transalpina. Il colpo dei toscani accolto con il sorriso e i complimenti da Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, che stringe la mano al presidente di Mps Giuseppe Mussari incontrato casualmente a un convegno a Milano. Stessa cordialità da parte del presidente della fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, che esclude un interesse dell’ente milanese a entrare nell’istituto. Ma il tonfo in Borsa resta. E neanche le parole dello stesso Mussari servono a frenare le vendite. «È una bella partita - dice il top manager -, la vinceremo e trarremo tutto il valore per cui abbiamo pagato». Mussari, ribadendo poi che Antonveneta «non è troppo cara», commentando l’aumento di capitale da 4,5 miliardi per finanziare l'operazione, spiega di «non essere preoccupato: siamo convinti di farcela». Le banche d’affari la pensano diversamente, giudicando troppo alto il prezzo pagato agli spagnoli. Più cauto il giudizio delle organzzazioni sindacali del credito che in una nota congiunta sottolineano l’esigenza di salvaguardare i livelli occupazionali del nuovo gruppo, forte ora di 36mila unità lavorative. I segretari di Dircredito, Fabi, Falcri, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl credito e Uilca pur ammettendo che è ancora presto per entrare nel merito delle logiche dell’operazione, plaudono alla costituzione di un terzo polo bancario italiano. Non solo perché sarà in grado «di competere nel panorama domestico ed europeo» ma anche perché «pone fine all’odissea di Antonveneta, riportandola sotto il controllo di un gruppo con sede in Italia». n. sant.

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GAZZETTA DEL SUD – SABATO 10 NOVEMBRE 2007

SICILIAPALERMO. SINDACATI PREOCCUPATI. UNICREDIT CEDE SESSANTOTTO FILIALI. PROTESTA AL BDS.

Protestano i sindacalisti del Bds per l'annunciata vendica di 68 filiali da parte del gruppo Unicredit. Fra quelle in vendita, di cui 13 sul Continente, ve ne sono anche otto di Messina e provincia:filiale n. 5 di via San Martino, n. 9 di via Cesare Battisti, n. 15 di viale Regina Margherita, filiale di Lipari - Canneto, Caronia, Montalbano Elicona, San Filippo del Mela e San Fratello. Le altre filiali in vendita si trovano: sei ad Agrigento, una a Caltanissetta, 13 a Catania, 26 a Palermo, una a Siracusa, 11 a Roma, una a Verona ed una a Bologna. Questa iniziativa, sostengono Francesco Re, coordinatore nazionale Fisac Cgil, Gino Sammarco, coordinatore nazionale Fiba Cisl, Carmelo Raffa, coordinatore nazionale della Fabi e Giacomo Di Marco, coordinatore nazionale della Uilca, "va ad aggiungersi alle già praticate attività di scorporo del private e corporate a cui farà seguito la cessione del contenzioso legale, unitamente all'ulteriore passaggio della rimanente parte della rete continentale del Banco di Sicilia a Banca di Roma e Unicredit Banca Retail, depauperando la capacità operativa del Banco di Sicilia e determinando nel tempo una seria condizione di pregiudizio per il Banco a poter essere competitivo, in un mercato siciliano sempre più affollato di agguerriti competitore bancari e poter garantire quindi certezze e stabilità occupazionali ai suoi addetti". "Il complessivo dato numerico della indicazione della cessione delle filiali - prosegue la nota dei sindacati - ci porta a dire che circa il 50% delle filiali che vengono vendute da Unicredito sono allocate in Sicilia a chiara dimostrazione che ciò determina uno svuotamento nei fatti dello storico ruolo di sostegno all'economia, alle imprese e alle famiglie siciliane esercitato da decenni dal Banco di Sicilia". A parere di Francesco Re, Gino Sammarco, Carmelo Raffa e Giacomo Di Marco, "se si darà corso alla vendita delle filiali, così come individuate, scomparirà il marchio Banco di Sicilia da comuni dove non c'è altra filiale dello stesso istituto così come addirittura da piazze dov'era l'unica banca presente facendo venir meno anche l'esercizio di un ruolo sociale della banca". "Mentre tutto ciò si verifica - sostengono i sindacalisti del Bds - registriamo ancora una volta il silenzio complice delle istituzioni - (m. c.)

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GIORNALE DI SICILIA PALERMO – SABATO 10 NOVEMBRE 2007

ECONOMIA – IL PIANO IN DETTAGLIO. IL GRUPPO CEDERA’ 186 AGENZIE:”NESSUN RISCHIO OCCUPAZIONALE”. SINDACATI DUBBIOSI.FILIALI UNICREDIT VENDONSI, QUELLE DEL BANCO SONO 65.

PALERMO. Saranno 186 gli sportelli che Unicredit dovrà cedere in seguito alla fusione con Capitalia. L'annuncio è stato dato da Roberto Nicastro, uno dei direttori generali della nuova banca spiegando che «l'obbligo è stato imposto dall'Autorità Antitrust per evitare le concentrazioni». In Sicilia gli sportelli messi in vendita saranno 79. Si tratta del sacrificio più importante su scala nazionale. Il Banco di Sicilia, da solo, dovrà rinunciare a 65 insegne. Scompariranno quasi tutti i presidi dell'istituto palermitano a Roma, Verrà ceduta una filiale a Bologna e quella di Verona. Previste anche diverse amputazioni nell'isola, soprattutto a Palermo e Catania.

«Il nostro impegno - ha spiegato Nicastro illustrando il piano - è quello di realizzare questo processo nella forma più chiara e trasparente». L'intenzione della direzione generale è quella di agire rapidamente per «minimizzare i tempi di incertezza di tutti i colleghi, tranquillizzandoli sul fatto che per nessuno di loro sussistono rischi occupazionali». In un comunicato unitario firmato da Giacomo Di Marco (Uilca), Carmelo Raffa (Fabi), Francesco Re (Fisac/Cgil) e Gino Sammarco (Fiba/ Cisl) si legge: «Appare fortemente penalizzante, soprattutto per la rete Banco di Sicilia, l'indicazione di vendita da parte di Unicredito. Se si darà corso alla vendita delle filiali così come individuate scomparirà il marchio Banco di Sicilia da comuni dove non c'è altra filiale dello stesso istituto. Facciamo appello al presidente Mancuso e all'amministratore delegato Anselmi affinché pongano in essere qualsiasi iniziativa volta ad impedire il progressivo smantellamento della più grande azienda privata siciliana». A loro fa eco Giuseppe Di Giacinto, dirigente nazionale Falcri: «La preannunciata cessione degli sportelli va trattata attraverso una trattiva sindacale. Delle 383 persone coinvolte nella cessione degli sportelli, 32 hanno presentato domanda per aderire alle finestre di esodo. Gli utili che derivano dalla cessione si devono estendere anche ai dipendenti, agli utenti e alla società». N. Mezz.

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LA REPUBBLICA PALERMO – SABATO 10 NOVEMBRE 2007

LA CURA DIMAGRANTE IMPOSTA DAL’ANTITRUST DOPO LA FUSIONE CAPITALIA UNICREDIT  - A PALERMO E PROVINCIA CAMBIERANNO INSEGNA 26 SPORTELLI.IL BANCO VENDE 55 FILIALI IN SICILIA. SUL MERCATO ANCHE 383 DIPENDENTI.

ANTONIO FRASCHILLA

IL BANCO di Sicilia cederà 68 filiali, delle quali 55 in Sicilia e ben 26 in provincia di Palermo. Ieri il gruppo Unicredit ha diramato la lista delle agenzie che saranno messe in vendita dopo il provvedimento dell'Antitrust che ha avviato la procedura d'infrazione per «lesione della concorrenza» nella fusione Capitalia-Unicredit.

Una cura dimagrante che vedrà il Bds protagonista anche per numero di dipendenti, 383, che dovranno lasciare il Banco. Ieri sono stati convocati nella sala gialla della direzione centrale di piazzale Ungheria tutti i direttori delle 68 filiali in vendita. In video conferenza l'amministratore delegato di Unicredit Banca, Roberto Nicastro, ha comunicato loro la cessione: «Purtroppo questa è una decisione da tempo conosciuta e non possiamo fare alcun passo indietro - ha detto l'ad di Unicredit - Vogliamo agire rapidamente, con l'obiettivo di minimizzare i tempi di incertezza di tutti i colleghi».

Nel dettaglio il Bds venderà tre filiali a Palermo (quelle di via Dante, via Marchese di Villabianca e via Sferracavallo) e 26 in provincia. Altre 13 filiali saranno cedute nel catanese: quattro a Cataniae il resto in provincia. Nel messinese saranno cedute 8 agenzie. Sei invece le filiali in vendita nell'agrigentino, due ad Agrigento città. Sarà ceduta in provincia di Caltanissetta la filiale di Santa Caterina Villaermosa e a Siracusa sarà venduta l'agenzia di via Algeri. Il Bds cederà anche 11 filiali a Roma, e una rispettivamente a Verona e Bologna, anche se comunque entro ottobre del 2008 tutte le 103 filiali continentali passeranno a Unicredit Banca.

Critici i sindacati che definiscono il piano di cessione «l'ultimo atto dello smantellamento del Banco»: «Circa il 50 per cento delle filiali che vengono vendute da Unicredit (complessivamente 186, ndr) sono in Sicilia, determinando così uno svuotamento, nei fatti, dello storico ruolo di sostegno all'economia, alle imprese e alle famiglie siciliane esercitato da decenni dal Bds- dicono Francesco Re della Fisac Cgil, Gino Sammarco della Fiba Cisl, Carmelo Raffa della Fabi e Giacomo Di Marco, Uilca - In alcuni comuni scomparirà completamente il marchio Bds facendo venire meno anche l'esercizio di un ruolo sociale della banca. Purtroppo registriamo ancora una volta il silenzio complice delle istituzioni politiche siciliane a partire dal governatore Salvatore Cuffaro». Per i sindacati è grave anche l'atteggiamento tenuto ieri dai vertici Unicredit durante l'incontro con i direttori delle filiali da vendere: «I dirigenti Unicredit, tra i quali lo stesso Nicastro, hanno invitato i direttori delle agenzie a non presentarsi alla convention del gruppo in programma a Bologna, in quanto ospiti non graditi visto che andranno alla concorrenza. È stato un atto sgradevole verso professionalità che da molti anni lavorano nel Banco», dice Re. Per Giuseppe Di Giacinto, della Falcri, «è importante comunque dare garanzie occupazionali e professionali ai 383 colleghi che lasceranno il Bds, visto che ogni filiale sarà ceduta come ramo d'azienda».

Per quanto riguarda le 68 filiali da vendere, entro dicembre dovranno essere presentate le offerte: complessivamente Unicredit venderà le filiali in eccesso in quattro lotti a livello nazionale e le banche interessate potranno concorrere anche in gruppo per singolo lotto. Nell'Isola, Banca Nuova è pronta ad acquistare oltre 30 agenzie, anche se dovrà vedersela con la concorrenza del Credito Siciliano (del gruppo Valtellinese) e di Banca Carige. Dopo la cura dimagrante il Bds in Sicilia passerà da 445 a 390 filiali. Il personale scenderà da 5.856 (dopo i 700 esodi incentivati) a 5.473 dipendenti. «Da ottobre 2008  però le agenzie siciliane di Unicredit e Banca di Roma avranno il marchio Bds», dicono da piazzale Ungheria. Ma oltre alle 68 filiali del Bds il gruppo dovrà cedere subito in Sicilia altre 14 filiali attualmente Unicredit e 13 di Banca di Roma (tra le quali tre a Palermo, e in particolare quelle di via Libertà, via Croce Rossa e viale Autonomia Siciliana). Conti alla mano il gruppo soltanto in Sicilia venderà 79 agenzie.

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MILANO FINANZA SICILIA – SABATO 10 NOVEMBRE 2007

SICILIA TERRITORIO & IMPRESA – BDS, CONVOCATI I DIRETTORI SU CESSIONE A UNICREDIT.

I direttori delle filiali del Banco di Sicilia che dovranno essere cedute al gruppo Unicredit sono stati convocati ieri presso gli uffici del personale delle rispettive sedi. «Appare fortemente penalizzante, soprattutto per la rete Bds, l'indicazione di vendita da parte di UniCredit dei 79 sportelli in Sicilia». Lo hanno affermato vertici nazionali di Fisac Cgil Fiba Cisl, Fab e Uilca in una nota comune diffusa ieri.

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LA SICILIA ECONOMIA E FINANZA – SABATO 10 NOVEMBRE 2007

BDS VENDE 92 SPORTELLI, DI CUI 79 IN SICILIA. UNICREDIT. NEL GRUPPO 186 FILIALI DA CEDERE, 23 LE BANCHE INTERESSATE. NICASTRO: “DIPENDENTI GARANTITI”.

PALERMO. L'amministratore delegato di UniCredit Gruppo, Roberto Nicastro, ha comunicato ai dipendenti interessati, in videoconferenza, che le 186 filiali in cui operano (68 del vecchio Banco) saranno vendute per via della decisione dell'Antitrust post fusione UniCredit-Capitalia, e che loro passeranno alle dipendenze delle banche acquirenti. Lo ha fatto prima che l'elenco fosse fornito ai sindacati del BdS che hanno ripreso le trattative con l'azienda sbloccando l'estensione del credito agevolato ai precari con contratto di apprendistato. Prossimo incontro il 19. Nel CdA del BdS del 20 dicembre UniCredit renderà note a Regione e Fondazione le 23 banche interessate alla gara per i quattro lotti di sportelli del gruppo.

BdS-UniCredit aveva acquisito 80 sportelli da Bancaroma e UniCredito, ora ne cederà 79 siciliani (55 propri e 24 di Bancaroma e UniCredit). La rete retail qui tornerà al livello pre-fusione. Undici in vendita a Roma, una ciascuna a Verona e Bologna In totale, cambieranno insegna 92 filiali a marchio BdS. Nel CdA è stato chiarito che la trattativa con Popolare Vicenza per la cessione dell'Irfis non è legata a quella per gli sportelli. Zonin per Banca Nuova punta alle 26 filiali di Palermo e provincia. I sindacati Fisac, Fiba, Fabi e Uilca ritengono eccessivo il «taglio» di sportelli in Sicilia e chiedono al presidente Salvatore Mancuso e all'ad Beniamino Anselmi di «impedire il progressivo smantellamento della più grande azienda privata siciliana».

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LA SICILIA VENERDI’ 9 NOVEMBRE 2007

BDS. OK CONCILIAZIONE, RIPARTE CONFRONTO.

Si è chiusa positivamente ieri a Roma presso I'Abi la conciliazione richiesta dai sindacati con Unicredit - Banco di Sicilia, scongiurando così uno sciopero. Secondo fonti aziendali, i sindacati hanno accettato la proposta di compiere un passo indietro rispetto alle posizioni rigide dei giorni scorsi e di riprendere sin da oggi le trattative a livello aziendale che si erano interrotte, soprattutto su inquadramenti, ruoli chiave e previdenza complementare. I sindacati spingono perchè i dipendenti del Banco abbiano adeguati i trattamenti ai colleghi delle altre aziende del gruppo «prima che sia completata la fusione del BdS in Unicredit». Spiega Carmelo Raffa, segretario della Fabi: «Abbiamo ribadito le nostre richieste e l'azienda si è detta disponibile a proseguire fattivamente il confronto. II 9, 19 e 20 novembre si discuterà di inquadramenti, previdenza, agevolazioni creditizie, apprendistato, sicurezza. Su organici e assunzioni, ci è stato confermato che la verifica sarà completata il 30 novembre, seguiranno confronti sul da farsi. L'auspicio è che le parole romane diventino fatti concreti». Oggi saranno comunicati gli sportelli in esubero da cedere.

MICHELE GUCCIONE

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LA SICILIA – ECONOMIA – DOMENICA 11 NOVEMBRE 2007 - BANCO DI SICILIA-UNICREDIT SCONGIURATO LO SCIOPERO

E’ andato a buon fine, e quindi sciopero scongiurato, il tentativo di conciliazione nella sede dell'Abi a Roma relativo alle rivendicazioni dei sindacati del Banco di Sicilia-Gruppo Unicredit sulle materie negoziali rimaste ancora non definite in azienda. I sindacati avevano minacciato la mobilitazione dei lavoratori e una serie di iniziative tra le quali un sit-in presso la direzione centrale del Banco a Palermo, per protestare «contro l'eccessiva ingerenza della nuova capogruppo sulla definizione delle trattative aziendali in materia di inquadramenti, previdenza, sicurezza e agevolazioni creditizie ai dipendenti con contratto di apprendistato». In una nota firmata da Carmelo Raffa e Gabriele Urzì (Fabi), Gino Sammarco ed Elia Randazzo (Fiba) Francesco Re e Cecilia Tumino (Fisac) e Giacomo di Marco (Uilca) si legge: «La pervicacia e l'impegno delle organizzazioni sindacali che hanno voluto fortemente riappropriarsi del tavolo delle trattative, ha portato l'azienda a dichiarare la propria disponibilità a proseguire fattivamente il confronto con il sindacato». Ieri sera è stato firmato un verbale di intesa che prevede l'estensione delle agevolazioni creditizie riservate al personale con contratto a tempo indeterminato, ai dipendenti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante. Inoltre a partire dal mese corrente, a favore del personale appartenente alla prima area professionale e adibita alle mansioni di pulizia, sarà erogato il buono pasto.

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AGI 9-1-2007

« INDUSTRIA: RAU, RIFORMA CONSORZI DECISIVA PER SVILUPPOPUNTOIT: CREATIVITA’ ITALIANA NELL’ICT NEGLI EMIRATI ARABI »MPS-ANTONVENETA: SINDACATI, NON SI PRESCINDA DA OCCUPAZIONE

(AGI) - Roma, 9 nov. - “Le modifiche ed i riassetti organizzativi che riguarderanno Antonveneta e piu’ in generale il Gruppo, non prescindano dalla salvaguardia dei livelli occupazionali e professionali dei lavoratori”. Lo affermano in una nota congiunta i segretari generali dei sindacati del credito (Dircredito, Fabi, Falcri, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl credito e Uilca) commentando l’acquisizione di Antonveneta da parte di Mps.

“E’ ancora presto per entrare nel merito delle logiche che hanno spinto una grande banca internazionale a dismettere, ancor prima di averne completato l’acquisizione formale, gli asset italiani di Abn Amro, ne’ delle motivazioni che hanno spinto Banca Mps ad acquisire Banca Antonveneta”, spiegano ancora sottolineando comunque come “in ogni caso, va certamente apprezzata la costituzione di un terzo polo bancario italiano in grado di competere nel panorama domestico ed europeo, che pone fine all’odissea di Antonveneta, riportandola sotto il controllo di un Gruppo con sede in Italia che, in quanto tale, sottosta’ alle tutele previste dalla nostra normativa ed alla previsione del Protocollo della responsabilita’ sociale di impresa sottoscritto con l’Abi nel giugno 2004?. “In attesa di conoscere in dettaglio le necessarie integrazioni al piano industriale 2006-2009 del Gruppo Mps - concludono - da subito metteremo in atto le necessarie interlocuzioni ed attenzioni” affinche’ venga salvaguardata l’occupazione. (AGI) Red

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APCOM 09-11-2007

MPS/ SINDACATI: BENE OPERAZIONE ANTONVENETA E NASCITA TERZO POLO - Salvaguardare livelli occupazionali. Preoccupa sorte Interbanca

Milano, 9 nov. (Apcom) - Apprezzamento da parte di tutte le sigle sindacali del comparto del credito per l'operazione Mps-Antonveneta, in quanto consente la creazione del terzo polo bancario nazionale e riporta Antonveneta in mani italiane. I sindacati fanno sapere che vigileranno sulla salvaguardia dei livelli occupazionali del gruppo che nascerà dall'aggregazione ed esprimono preoccupazione per le sorti di Interbanca, che non è oggetto di vendita a Mps e che il Santander ha preannunciato di voler cedere sul mercato.

"E' ancora presto - scrivono le organizzazioni sindacali in una nota - per entrare nel merito delle logiche che hanno spinto una grande banca internazionale a dismettere, ancor prima di averne completato l'acquisizione formale, gli asset 'italiani' di Abn Amro, né delle motivazioni che hanno spinto Banca Mps ad acquisire Banca Antonveneta; in ogni caso va certamente apprezzata la costituzione di un terzo polo bancario italiano in grado di competere nel panorama domestico ed europeo, che pone fine all'odissea di Antonveneta, riportandola sotto il controllo di un Gruppo con sede in Italia che, in quanto tale, sottostà alle tutele previste dalla nostra normativa ed alla previsione del Protocollo della Responsabilità Sociale d'Impresa".

"In attesa di conoscere in dettaglio le necessarie integrazioni al piano industriale 2006-2009 del Gruppo Mps - proseguono i sindacati - da subito metteremo in atto le necessarie interlocuzioni ed attenzioni affinché le modifiche ed i riassetti organizzativi che riguarderanno Antonveneta e più in generale il Gruppo, non prescindano dalla salvaguardia dei livelli occupazionali e professionali dei lavoratori".

I sindacati sottolineano poi "con forza" come l'accordo tra Santander e Mps "mostri la volatilità del sistema finanziario nazionale ed internazionale, che consente di trasferire la proprietà diun'azienda (Banca Antonveneta) e le relative migliaia di lavoratori, con un'operazione strettamente finanziaria che appare di natura speculativa e di preannunciare la vendita futura di un'altra azienda (Interbanca) ad imprecisati potenziali compratori (hedge fund?), circostanza sulla quale nei mesi scorsi già avevamo espresso una esplicita contrarietà". Il comunicato congiunto porta le firme dei segretari generali di Dircredit, Fabi, Falcri, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl e Uilca.

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VARESENEWS 09-11-2007

Varese - I sindacati chiedono di partecipare agli incontri in materia di sicurezza insieme all'Abi e alle istituzioni: "È un nostro diritto" Troppe rapine, i bancari non si sentono al sicuro

I metal detector? Non bastano. Le guardie giurate fuori dalla banca? Neppure. I bancari varesini non si sentono tranquilli: troppi i rischi per chi sta allo sportello e troppo poche le spese delle banche per la sicurezza. A dirlo sono le organizzazioni sindacali (Dircredito, Fabi, Falcri, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Silcea e UilC.A) che, dati alla mano sulle rapine a Varese, chiedono di trovare una soluzione. E prima di tutto di essere ascoltati: «Le leggi vigenti - spiegano i sindacati - prevedono che agli incontri a livello territoriale, in materia di sicurezza, non partecipino solo A.B.I. e le istituzioni preposte, ma anche i rappresentanti dei lavoratori e quindi anche i cittadini che subiscono le rapine. Eppure le organizzazioni sindacali hanno appreso, solo dai mezzi d’informazione locali, a fine mese scorso, che la vita dei “rapinatori” sarebbe diventata “più dura” perché, a Varese, si è firmato, il 30 ottobre, un “protocollo” tra le “Banche e le Istituzioni preposte alla tutela della Sicurezza».

«In provincia Varese - precisano i sindacati - nei primi 10 mesi del 2007 si sono già verificate ben 38 rapine, mentre per tutto il 2006 le rapine (dato A.B.I.) si attestavano a quota 35».

Anche il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro della categoria parla di partecipazione: “nelle imprese bancarie - recita il documento - il rischio rapina può essere ridimensionato solo con la fattiva collaborazione dei dipendenti in termini di cultura della sicurezza”.Nel 2006, secondo i dati dell'Osservatorio sulla sicurezza fisica dell'Associazione Bancaria Italiana le rapine sono state 2.774, rispetto alle 2.735 del 2005, e l'Italia si aggiudica la pole position nella graduatoria, nell'ambito UE.

Inoltre, nei primi sei mesi del 2007, gli eventi criminosi a danno di sportelli bancari sono stati 1.540, il 28,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2006. La regione in cui sono state messe a segno più rapine è stata la Lombardia (372) e la città con più «colpi» risulta essere Milano. m.c.c. - redazione@varesenews.it

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dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007

Verifiche L’Istituto di statistica lavora alla modifica dell’indice dei prezzi. Base di calcolo per gli aggiornamenti di Istat e costo della vita, quanti Mutui, assicurazioni, conti correnti, assistenza agli anziani. Al sistema di rilevazione italiano

Prima l’impennata dei prezzi di pane, pasta e latte, i nuovi record di benzina verde e diesel e i rincari delle tariffe di luce e gas. Ora le bevande, con l’annuncio di ritocchi nell’ordine dell’8,5% per la birra, che rischiano di ripercuotersi sui consumi fuori casa. Nonostante il supereuro, che in parte calmiera gli aumenti delle materie prime (che si pagano in dollari), la tensione sui prezzi si sta rapidamente propagando dalla produzione ai consumatori finali, già messi a dura prova dall’aumento del costo del denaro. Le rate dei mutui a tasso variabile si sono fatte più pesanti e l’accelerazione delle spinte inflattive rischia di erodere significativamente il potere d’acquisto di molte famiglie. Europa, Italia

L’Istat e gli altri istituti di statistica europei hanno puntualmente registrato la fiammata e a ottobre l’indice dei prezzi al consumo in Italia è balzato al 2,1% dall’1,7% di settembre. Un incremento non banale e in linea con il resto d’Europa. Ma la corsa dei prezzi e il caro denaro riaccendono i riflettori sul paniere dei consumi. Dopo le polemiche roventi che hanno fatto seguito all’introduzione dell’euro sono stati fatti molti sforzi, sia in Italia sia in Europa, per rendere più rappresentativo il campione di beni e servizi utilizzato per il calcolo dell’indice dei prezzi. Oggi la fotografia dei consumi è più nitida che in passato?

Allargando l’orizzonte alle principali economie del Vecchio Continente a prima vista non si colgono differenze rilevanti tra Paese e Paese nell’attribuzione dei pesi nelle macrocategorie che compongono gli indici nazionali. Come mostra la tabella, l’impatto delle abitudini alimentari si riflette in una maggior rilevanza della spesa per alimenti in Francia, Italia e Spagna rispetto a Germania e Gran Bretagna, mentre i trasporti assorbono ovunque circa il 15% dei consumi delle famiglie, con una netta preponderanza del trasporto privato rispetto a quello pubblico.

La questione casa

A ben guardare, però, quel 30% che la Germania attribuisce al costo dell’abitare che in Italia non arriva al 10% (e che nel resto d’Europa si attesta a poco più di quel livello) merita una qualche riflessione. È un dato che deriva da un processo straordinario ed epocale — la riunificazione tedesca — che ha indotto Berlino a monitorare con estrema attenzione il mercato degli affitti a causa del vero e proprio choc registrato all’Est. In Germania, peraltro, la casa di proprietà non è così diffusa come in Italia o in Francia e quindi la scelta ha il pregio di rispecchiare con maggior fedeltà la dinamica dei consumi interna. L’Italia, invece, dall’alto del suo 80% di popolazione che vive in casa di proprietà e senza considerare il fenomeno delle seconde e terze case, continua a parametrare il costo dell’abitare agli affitti. «È un dato che crea una forte distorsione — spiega Fedele De Novellis, responsabile del gruppo di lavoro previsioni e analisi macroeconomiche del Ref —. Solo i Paesi anglosassoni e, in particolare, gli Stati Uniti utilizzano sistemi di rilevazione statistica che consentono di far emergere in una qualche misura gli oneri che derivano dall’acquisto della prima casa. E oggi a livello europeo si è aperto il dibattito sull’opportunità di seguire questa strada. Comunque siamo indietro di anni: nell’Europa continentale non abbiamo nemmeno un indice ufficiale dei prezzi delle case che è un utile indicatore macroeconomico».

Istat al lavoro

All’Istat confermano che la questione è ben presente in Europa e che Eurostat ha avviato un progetto sperimentale: «I primi dati sui prezzi degli immobili saranno disponibili nel 2008. Poi, a sperimentazione conclusa, si deciderà se e come inserirli nell’indice dei prezzi al consumo».

Finanza e e libri di testo

Per quanto rilevante, non è il solo problema dei panieri continentali. Pressoché ovunque si registra una sistematica sottovalutazione del costo di alcuni servizi, tra cui quelli finanziari. Assicurazioni (tra cui l’Rc auto), conti correnti, commissioni, spese per i pagamenti non raggiungono il 2% del peso complessivo del paniere italiano e altrove non va molto meglio. Stesso discorso si potrebbe fare per le spese di assistenza a domicilio che, a fronte dell'invecchiamento della popolazione, rappresentano uno «zero virgola» e non includono i costi di assunzione di una badante, professione in forte ascesa almeno in Italia. «L’emersione dal lavoro nero è un fenomeno recente — spiegano all’Istat — e prima che questa voce venga inclusa nel paniere occorrerà del tempo».

Diverso invece il discorso per i libri di testo: nel paniere Istat pesano meno degli altri e, addirittura, meno dell’acquisto dei quotidiani: «Per queste spese — dicono all’Istat — utilizziamo i dati di contabilità nazionale e la ricerca sui consumi in Italia». Pubblicazioni che forse richiederebbero un aggiornamento metodologico.

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dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007

La stanza dei bottoni - Passera si dà al cinema. Nattino corre

a cura di Carlo Cinelli e Federico De Rosa

Doveva essere una chiacchierata sulle Poste. Alla fine, però, il discorso si è allargato e Massimo Sarmi ne ha approfittato per dire la sua su telefonia, energia, infrastrutture, reti di comunicazioni e logistiche. Tutte cose che ha conosciuto «sul campo», prima come direttore generale di Tim, poi da amministratore delegato di Siemens e quindi come numero uno delle Poste. Adesso Sarmi ha deciso di ripercorrere la sua esperienza in un libro. Per farlo si è affidato alla penna di Eug enio Occorsio e ai tipi di Dalai. Il giornalista di Repubblica sta ultimando un libro-intervista, che all’inizio doveva limitarsi a raccontare gli anni di Sarmi alle Poste. Ma, parla parla, alla fine è diventato un contributo al dibattito sull’assetto delle reti. ***

Sui 42 chilometri Salvatore Rebecchini continua a non aver rivali tra manager e banchieri appassionati di maratona. Un anno di duro allenamento è valso al cinquantenne il presidente del Fondo infrastrutture, F2i, un tempo invidiabile alla corsa di New York: 3 ore e 6 minuti. La sua leadership però inizia ad essere a rischio. Quest’anno, infatti, nella Grande Mela è sbarcata una pattuglia di bankers piuttosto agguerriti. A guidarla è stato il direttore generale di Banca Finnat, Arturo Nattino , arrivato al traguardo dopo 3 ore e 23 minuti, appena un attimo prima del direttore della Sda Bocconi Maurizio Dallocchio .

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Per quattro mesi hanno lavorato a testa bassa con un mandato inviolabile: non parlare con nessuno del progetto. E hanno tenuto fede alla richiesta di Matteo Arpe. Il quale, per essere sicuro che il «piano-Sator» sarebbe rimasto il più possibile segreto, ha ridotto al minimo il numero di consulenti esterni, rivolgendosi solo a quelli di comprovata fiducia. Come Alfredo Malguzzi , il tributarista da cui si fa seguire da anni e al quale ha chiesto di ottimizzare la struttura fiscale della sua nuova boutique finanziaria. E Massimo Paolo Gentili , commercialista con studio a Milano e Lussemburgo, che ha seguito la parte regolamentare.

***

Ha scoperto il settore grazie a «la Borsa del Cinema», ed evidentemente il filone è piaciuto a Intesa Sanpaolo. Che al grande schermo guarda naturalmente con l’ottica del business. E ora che sta per partire il «Torino Film Festival» l’istituto guidato da Corrado Passera ha intravisto una nuova opportunità. La banca milanese ha risposto subito alla chiamata di Sergio Chiamparino e Mercedes Bresso dando il proprio contributo. Che non è limitato alla sponsorizzazione dell’evento. Unendo l’utile al dilettevole, Intesa Sanpaolo ha deciso infatti di aprire i saloni della sua sede torinese a produttori, registi, operatori del settore, invitati insiema al Museo Nazionale del Cinema e dalla Film Commission Torino- Piemonte a un convegno sulle strategie per lo sviluppo del nuovo cinema, per avvicinare i produttori a possibili sponsor finanziari. Intesa in primis. 

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dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007

La polemica Ancora distanti i risultati dell’indice ufficiale e quelli del paniere «alternativo» messo a punto nel 2004 - Eurispes, il duello sui numeri e il rapporto con la politica - Secondo Fara, l’Istituto nazionale di statistica dovrebbe dipendere da un garante o dal Parlamento

Se la matematica non è un opinione, la statistica lo è sicuramente, specie quando tocca argomenti politici. Nel 2004 sul tema del paniere si è scatenata un’autentica guerra statistico-politica: l’Eurispes (Istituto indipendente di statistica) attacca il paniere Istat accusandolo di minimizzare la perdita di potere d’acquisto nascondendo il peso reale dell’inflazione. «L’Eurispes è ispirato dalla sinistra» fu la risposta dell’allora governo di centrodestra. Tre anni dopo i due schieramenti politici si sono scambiati i ruoli e qualcuno a destra si chiede «perché l’Eurispes non tuona più contro l’Istat? Come mai non si parla più di Italia sulla soglia della povertà?». E allora giriamo le domande a Giovanni Maria Fara, sociologo e presidente dell’Eurispes. «In tre anni la nostra posizione non è cambiata di un millimetro — protesta Fara — il nostro paniere resta profondamente diverso da quello dell’Istat: il problema non sono le voci ma il peso che vi si attribuisce. Basta solo confrontare in che modo vengono pesate le spese per casa e alimentari da noi e dall’Istat per capire quanto sia enorme la distanza che ci separa».

Eppure sono in tanti a non capire come mai tre anni fa i toni dello scontro fossero così alti mentre ora avete scelto il basso profilo. «Innanzitutto tre anni fa vivevamo una fase di autentica emergenza: si vivevano le terribili conseguenze del passaggio all’euro. Allora l’Istat indicava un’inflazione poco superiore al 2 per cento mentre per noi si era sopra l’8 per cento (quindi quattro volte tanto). Nei tre anni successivi la situazione si è assestata anche se i valori dell’inflazione secondo noi attualmente si attestano intorno al 4 per cento (cioè il doppio di ciò che è dichiarato dall’Istat). Come è evidente, dunque, non c’è nessun schieramento di parte. Semmai è la stampa che oggi ci concede minor risalto rispetto a qualche anno fa».

Ma la comunicazione fa difetto anche all’Eurispes, visto che sul sito istituzionale l’ultimo paniere consultabile è datato 2004. «È solo dovuto al fatto che per avere i dati aggiornati bisogna prima registrarsi. Rispetto a quello del 2004 comunque l’ultimo paniere non è cambiato di molto. Resta il fatto che l’Eurispes è critica con questo governo quanto lo era con quello precedente. La verità è che gli esecutivi, di qualsiasi colore, vogliono sempre tenere sotto il loro controllo la statistica. Tanto è vero che l’Istat è ancora sotto il diretto controllo della presidenza del consiglio, mentre invece sarebbe più giusto (e garantito) che dipendesse da un’authority o dal Parlamento». ISIDORO TROVATO

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dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007

Diario sindacale - Veltroni chiama la Parente. Il «sorpasso» dell’Ugl

a cura di Enrico Marro

Alla fine la Cisl, che per le sue rigide regole di incompatibilità tra incarichi sindacali e politici, è stata la confederazione meno coinvolta nel processo di formazione del Partito democratico ha però visto, a sorpresa, una sua dirigente promossa addirittura nella segreteria di Walter Veltroni . Si tratta di Annamaria Parente , 47 anni, napoletana, dal 1995 responsabile del coordinamento donne della Cisl, incarico che ovviamente ha lasciato. Solo che è stata una nomina che non ha nulla di sindacale, sottolineano alla Cisl. Un’operazione politica: a volerla nella segreteria di Veltroni sono stati Franco Marini e Sergio D’Antoni , già segretari generali della Cisl, e Dario Franceschini , vice dello stesso leader del Pd. Il profilo della Parente rispondeva alla necessità di trovare una donna, preferibilimente del Sud, in quota Margherita. Meglio, poi, se cislina. Nonostante la Parente, però, chi ha davvero piazzato uomini e donne chiave nel nuovo partito è la Cgil, con quattro suoi dirigenti di primo piano nelle commissioni costituenti del Pd, tutti in quota Veltroni. Marigia Maulucci e Achille Passoni , entrambi della segreteria confederale nella commissione Statuto. Nicoletta Rocchi , anche lei della segreteria, nella commissione Valori. Valeria Fedeli , leader dei tessili della Cgil, nella commissione per il Codice Etico. Sono loro che garantiranno il legame forte tra il Pd di Veltroni e la Cgil, o almeno con una parte importante di essa. Mentre, se non cambieranno gli equilibri, sarà molto più tenue il rapporto tra il nuovo partito e la Cisl e la Uil. Eppure, per garantire che nel Pd la relazione con i sindacati fosse stretta e il tema del lavoro fosse centrale, Piero Fassino (Ds), Francesco Rutelli (Margherita), Achille Passoni (Cgil), Pier Paolo Baretta (Cisl) e Paolo Pirani (Uil) si erano inventati più di un anno fa il Forum del Lavoro e con questo avevano organizzato diverse assemblee nell’ambito del processo di costituzione del Pd. Vi avevano partecipato i vertici dei Ds e della Margherita, ma mai Veltroni che, sulla carta, era solo uno dei candidati alla segreteria. Ma ovviamente quando il sindaco di Roma ha preso in mano le redini del partito e Fassino e Rutelli sono finiti nell’ombra, il Forum del lavoro non è riuscito a giocare un ruolo nella scelta dei quadri e dei vertici del Pd (Passoni, da sempre legatissimo ai Ds, sarebbe comunque entrato, anche senza la partecipazione al Forum). Alla finestra è rimasta anche la Uil. Che ha piazzato solo Anna Rea , segretaria della Uil Campania, e Laura Garavini , del patronato Uil, nella commissione Valori, entrambe in quota Letta.

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Il protagonismo di Renata Polverini , la giovane e combattiva leader che ha dato nuovo smalto all’Ugl, comincia a infastidire non poco la Cisl e la Uil. Raffaele Bonanni , segretario della Cisl, non ha invitato l’Ugl all’assemblea annuale della sua organizzazione, la scorsa settimana. «Avremmo dovuto invitare tutti gli altri sindacatini», si giustificano i collaboratori del leader della Cisl, al quale non piace la disinvoltura con la quale Polverini vanta di avere 2,3 milioni di iscritti. Dato che ha fatto infuriare il segretario organizzativo della Uil, Carmelo Barbagallo , che non ci sta ad essere scavalcato dall’Ugl al terzo posto nella classifica dei sindacati, dopo Cgil e Cisl. «Sfido formalmente l’Ugl a dimostrare la veridicità delle sue dichiarazioni. I dati sui pensionati iscritti sono reperibili presso l’Inps e gli altri istituti previdenziali: perché non proponiamo che quei numeri siano resi pubblici? Analogo ragionamento vale per il pubblico impiego: l’Aran può dar conto dei dati sugli iscritti ai vari sindacati». Per nulla turbata, Polverini ha replicato con un’alzata di spalle: «Noi contiamo i nostri iscritti, loro contassero i loro. Questa è la legge che vige in questo Paese». Ma l’assenza di regole sulla rappresentatività dei sindacati comincia a creare così tanti problemi che perfino la Cisl, innovando rispetto alla sua tradizione, chiede ora con Bonanni «una regolazione interconfederale della rappresentanza».

emarro@corriere.it

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dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007

La proposta In Gran Bretagna usano due indici. Quello per le rivalutazioni considera anche i mutui - I sindacati: copiamo da Londra - Per Angeletti (Uil) «il metodo di calcolo degli inglesi fotografa meglio i consumi»

Sarà che l’erba del vicino sembra sempre più verde. Sarà che, dopo anni di polemiche, poco è cambiato. Ma oggi in Europa molti guardano alla scuola anglosassone e ai suoi panieri per la costruzione degli indici dei prezzi come luminoso esempio di realismo e modernità. «Siamo molto interessati alla metodologia adottata da Londra — conferma il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti — perché a dispetto del nostro sistema che scandalosamente ignora i prezzi delle case e fa finta che l’assicurazione degli autoveicoli sia una specie di optional, gli inglesi hanno costruito dei panieri che tengono conto delle effettive spese sostenute dalle famiglie». Non solo, Gustavo Ghidini, professore della Luiss ed esponente del Movimento consumatori, mette in luce un ulteriore aspetto: «La nostra è una società di servizi, ma le statistiche non ne tengono conto ignorando o sottovalutando proprio i prezzi dei servizi. Mi riferisco in particolare ai servizi finanziari, bancari e assicurativi e al credito al consumo, fenomeno in forte crescita che non viene però rilevato». Le statistiche britanniche, invece, sembrano avere una marcia in più. Innanzitutto vengono adottati due indici molto diversi per la misura dell’inflazione: il primo, l’indice dei prezzi al consumo, è il riferimento della politica economica e monetaria. L’altro, l’indice dei prezzi al dettaglio, si basa su un paniere completamente diverso e costituisce la base per gli adeguamenti annuali delle pensioni e degli assegni sociali. Quest’ultimo colloca il costo dell’abitare al primo posto, con un peso del 23,8%. Questa voce include non solo gli affitti, ma anche gli interessi sui mutui ipotecari e la rivalutazione degli immobili calcolata con uno specifico indice dei prezzi delle case. A ciò si aggiungono i costi per l’energia, il gas e il riscaldamento (3,9% del paniere), le spese per l’arredamento, gli elettrodomestici, i detersivi (6,6%) e infine i cosiddetti servizi domestici (6,5%) che includono le tariffe per i servizi telefonici fissi e mobili, le connessioni Internet, l’assistenza domestica per le pulizie, la cura degli anziani e dei bambini.

Non stupisce quindi che i due indici abbiano una dinamica molto diversa: a settembre quello dei prezzi al consumo presentava una crescita tendenziale annua dell’1,8%, mentre quello dei prezzi al dettaglio si attestava al 3,9% (2,8% escludendo gli interessi sui mutui). In Italia, invece, l’indice ufficiale (quello riferito all’intera collettività nazionale) e quello utilizzato per gli adeguamenti (indice dei prezzi delle famiglie di operai e impiegati) si basano sullo stesso paniere: a cambiare sono solo i pesi.

«Per anni abbiamo chiesto perlomeno di rivedere le ponderazioni — dice Angeletti — e per anni governi e Istat hanno fatto orecchie da mercante. L’esempio inglese, però, dimostra che si può fotografare molto meglio la realtà dei consumi e senza particolari controindicazioni: ci risulta che la Gran Bretagna sia un Paese sano con un’economia in espansione». Le controindicazioni cui allude Angeletti riguardano la possibilità che includendo alcune voci nel paniere, quali ad esempio gli interessi sui mutui, la politica monetaria perda di efficacia perché alzando i tassi l’inflazione anziché raffreddarsi si alimenterebbe ulteriormente. In realtà questo non accade, anche perché molti adeguamenti vengono effettuati al netto delle voci che variano al variare del costo del denaro e i contratti di lavoro pubblici e privati vengono aggiornati su altre basi e non in automatico.

«Posto che quello britannico è un sistema molto diverso dal nostro, le loro rilevazioni costituiscono un’ottimo stimolo per riprendere la discussione anche da noi portandola su un piano pragmatico e concreto», conclude Angeletti.

Ma per discutere sul serio sarebbe necessario anche qualche sforzo di trasparenza. L’Istat non pubblica i pesi disaggregati dell’indice dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati e abbiamo dovuto accontentarci di quelli dell’indice riferito all’intera collettività nazionale. Le differenze non saranno molte, ma ci sono e pesano. PAOLO FIOR

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dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007

L’intervista Parla l’amministratore del nuovo gruppo Bim-Symphonia, ai vertici della classifica - «Piazza Affari appesa alle banche» D’Alfonso: potrà riprendersi solo se tornerà la fiducia sui titoli del credito

Il ciclo del mercato Toro si conclude di solito con una qualche forma di bolla speculativa. Oggi in Piazza Affari e sulle principali Borse mondiali non c’è traccia di sopravvalutazione. É per questo che s ono convinto che il ciclo rialzista non sia affatto concluso». Paolo D’Alfonso , amministratore delegato di Symphonia sgr — il neonato gruppo originato dall’incorporazione di Bim sgr nella storica casa di asset management — non si lascia impressionare dalle forti turbolenze che agitano i listini in questi giorni. E che fanno seguito ad alcuni mesi di andamento altalenante delle Borse di tutto il mondo.

Nei primi 6 mesi del 2007 entrambe le sgr hanno dimostrato una notevole perizia nel battere i benchmark di riferimenti: Bim lo ha fatto nel 60% dei casi e Symphonia nel 50%. Ecco come si spiegano questi successi e quali sono le previsioni sui mercati azionari.

Piazza Affari scende di oltre il 5%. Ci sono speranze che le perdite si annullino perlomeno entro Natale?

«Tutto dipende da come andranno i titoli bancari. Se intorno alle banche, che rappresentano una larga fetta della capitalizzazione del listino, si creerà un nuovo clima di fiducia penso che l’indice tornerà in pari. Altrimenti dovremo attendere ancora parecchi mesi».

Ma le banche italiane non stanno pagando per colpe non proprie?

«Credo che sul mercato ci sia un eccesso di emotività. Banche come Intesa Sanpaolo e Ubi non hanno nulla a che fare con la crisi dei derivati e dei mutui subprime che ha colpito altri grandi istituti europei. I prezzi che si vedono per questi titoli sono largamente inferiori alle medie storiche. Ma acquistare titoli bancari oggi è come afferrare un coltello che cade dalla parte della lama...».

Ci sono società e settori meno taglienti?

«Penso che i multipli che si stanno vedendo per i titoli cementieri, da Buzzi a Italcementi , scambiati ad un rapporto prezzo/utili inferiore a nove volte non abbiano molto senso. Questi livelli di prezzo rappresentano una occasione di acquisto».

Una logica un po’ contrarian , investire quando i prezzi scendono...

«Sì, una logica che abbiamo adottato da tempo anche per il settore delle telecomunicazioni. Ma poi nel caso delle tlc l’andamento dei corsi di Borsa ha cominciato a darci ragione. Ancora oggi in questo comparto ci sono gruppi interessanti, come France Telecom o Telecom Italia risparmio. Mentre tra le utilities Enel ha grandi potenzialità a causa della crescente domanda di energia».

Quanto pesano sulle Borse la debolezza del dollaro e la forte crescita delle quotazioni del petrolio?

«Il dollaro è sceso molto più di quanto ci si potesse aspettare. Inoltre il rallentamento della domanda globale non giustifica gli attuali prezzi del greggio. Penso che nei prossimi mesi ci sarà un riequilibrio per entrambi. Un dollaro debole tuttavia favorisce le grandi corporation dell’hi tech e dell’indu stria americana a cominciare da General Electric fino a Cisco e alla stessa Microsoft ».

Ma non rischia di danneggiare gli esportatori europei...

«É vero, ma alcuni gruppi come Siemens in Germania o Alstom in Francia sono molto esposti alla crescita dei mercati emergenti e rappresentano ancora delle buone occasioni per un investitore».

I rendimenti deboli e gli alti costi di gestione continuano a penalizzare il sistema fondi italiano. Quando finirà l’onda lunga dei riscatti?

«Penso che ci troviamo appena alla metà di un ciclo negativo. Ma non sono pessimista perché penso che alla fine di questo percorso il rapporto tra la clientela e le società di gestione uscirà cambiato radicalmente».

In che senso?

«Noi non imponiamo ai nostri promotori dei budget di vendita che favoriscono i prodotti a più alto margine. Pensiamo che gli investitori debbano essere liberi di decidere e debbano essere consigliati in base alle proprie esigenze. Prima o poi tutti gli operatori lo capiranno e questo cambierà il vol to dell’industria».

Avete realizzato una fusione che ha dato vita ad un gruppo che raccoglie 4,7 miliardi di euro. Perché?

«Nonostante la fusione rimaniamo un gruppo di piccole dimensioni, controllato però da una banca — Banca Intermobiliare — che è specializzata nella gestione del risparmio e che non ha conflitti di interesse. Con la fusione rafforziamo questa nostra identità». MARCO SABELLA

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dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007

Analisi Il fascino dei titoli di Stato è sempre forte, anche se i rendimenti restano bassi. Ecco i pochi gestori che sono riusciti ad offuscarlo - Ma c’è chi ha vinto la gara con i Btp - Sono 33 i prodotti che hanno offerto più del titolo triennale (8,41%) e facendo correre meno rischi

I Btp rendono sempre poco, ma offrono indiscutibile sicurezza. Eppure alla prova del nove c’è un manipolo di gestori in grado di offrire di più e, addirittura, di limitare i rischi rispetto al pur poco pericoloso titolo di Stato. In prima fila alcuni flessibili e bilanciati di Azimut, Bipiemme e Gestielle che hanno reso il doppio del Btp (tra il 16 e il 18% in tre anni) rischiando (poco) di meno. Ed ecco i numeri. Dopo la fiammata dovuta alla crisi estiva dei mercati, i Btp si sono stabilizzati di nuovo: un triennale oggi rende poco più di tre punti percentuali e mezzo all'anno. Tuttavia comperare un Btp «medio» in asta e mantenerlo fino alla scadenza è un’inattaccabile strategia per evitare di complicarsi la vita e, al contempo, realizzare un extra rendimento rispetto all'inflazione. Un risultato tutt’altro che disprezzabile se si vogliono escludere pratiche più spericolate, come l'investimento nel mercato azionario o altro. E qui entrano in scena i magnifici 33, cioè i fondi che, negli ultimi tre anni, hanno saputo coniugare due pregi: offrire un guadagno superiore di due e tre punti rispetto all’8,41% garantito dal Btp e una volatilità del valore dell'investimento inferiore.

In realtà tra i 2.947 prodotti (italiani ed esteri) analizzati da CorrierEconomia ben 631 mostrano una volatilità a tre anni inferiore ai Btp, che hanno oscillato in media al 2,63%. Ma solo 21 associano questa maggiore tranquillità della quota a una rendimento triennale di tre punti più ricco dell’8,41%, mentre un’altra dozzina ha battuto il Tesoro con un 2% in più, sempre su base triennale.

In pratica pur ipotizzando che il cassettista dei Btp e quello dei fondi non avessero mai venduto il loro investimento nel corso dei tre anni, il fondista avrebbe visto meno «su e giù» medi del valore rispetto a quelli patiti dal Btp.

Ma chi sono e che cosa fanno i fondi che meglio hanno reso e meglio hanno tenuto, limitando la volatilità?

I migliori in assoluto sono Formula 1 balanced di Azimut (18,21% di rendimento con una volatilità del 2,14%), Bipiemme Visconteo di Bipiemme gestioni (16,54% e una rischiosità del 2,58%) e Gestielle global convertible di Aletti Gestielle sgr (16,17% e 2,34%). Il primo è un flessibile gestito da Fausto Artoni che nell'orizzonte temporale di un anno solare attua uno stile di gestione dinamico e un controllo del rischio in funzione della performance. Con l'obiettivo di un rendimento positivo in tutte le condizioni di mercato: attualmente, per esempio, è esposto al 35% in azioni.

Bipiemme Visconteo, invece, è un bilanciato storico (è operativo dal maggio '85) oggi con con una quota azionaria al 34%, contro il 30% del paniere a cui fa riferimento, e con una sovraesposizione sui beni di consumo ciclici e non ciclici, oltre che sulla salute. Sul versante obbligazionario, invece, il portafoglio contiene titoli con una vita media pari a 33 mesi, ben al di sotto di quella del benchmark (56 mesi).

Gestielle global convertible, infine, è gestito da Marcello Fatticcioni ed è specializzato sulle emissioni obbligazionarie di tipo convertibile: un'asset class tornata particolarmente interessante in una fase di mercati azionari molto instabile.

Questi titoli, infatti, in virtù delle loro due anime, azionaria e obbligazionaria, possono galleggiare su rotte diverse di rivalutazione (ma anche di perdite) rispetto ai due asset presi singolarmente. In questo momento il gestore predilige le emissioni europee (nell'ordine, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda e Gran Bretagna), mentre un 10% circa è in convertibili Usa.

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dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007

Effetto concorrenza Le migliori condizioni per due famiglie tipo in tre città secondo l’indice di costo messo a punto da PattiChiari. Trovando il prodotto giusto si può - Banche, ecco l’hit parade dei conti correnti più - La spesa annua complessiva può oscillare da 40 a 172 euro., meno della media. Ma attenti alla giacenza e a che cosa

L a relazione banca-cliente è ancora delicata. Proprio per oggi Pier Luigi Bersani, ministro dello Sviluppo, ha convocato il Cncu, il Consiglio nazionale di consumatori e utenti, e l’Abi: parleranno della portabilità dei mutui, dopo che, lunedì 5, le associazioni dei consumatori hanno rotto le trattative con l’Abi sulla questione (vedi anche i servizi a pagina 28). Ma qualcosa si sta muovendo sul fronte della trasparenza bancaria, sulla spinta anche delle liberalizzazioni volute da Bersani e delle indagini dell’Antitrust. Lo dimostrano, fra l’altro, le tabelle di queste pagine. Raggruppano i dieci conti correnti più convenienti in tre città: Milano, Roma e Napoli. Per ciascun conto è indicata la banca che lo offre e il costo annuo previsto secondo quanto riportato sul sito www.pattichiari.it. È l’osservatorio Abi dove si possono confrontare i conti correnti offerti dai principali istituti di credito, ora anche con un indice sintetico di spesa.

Scopo dell’elaborazione è di indicare ai clienti-tipo, nelle tre maggiori città del Nord, Centro e Sud Italia, quale banca — e deposito — scegliere per risparmiare. I prezzi di questi «dieci migliori conti» sono dunque calcolati per due profili significativi, la famiglia e i pensionati: entrambi considerati «con esigenze medie» e definiti, sempre secondo il sito www.pattichiari.it, in base ai modelli Eurisko (vedi riquadro).

Le tabelle sono poi costruite riportando, per ciascun conto, l’Indicatore sintetico di prezzo (Isp), cioè il «prezzo del conto-tipo» che da un mese è disponibile sul sito PattiChiari: un solo valore di sintesi, anziché decine di dati analitici, per meglio confrontare i conti correnti (prima il paragone fra due depositi si poteva fare solo condizione per condizione).

Attenzione, però. La giacenza media prevista in questi «dieci migliori conti» è abbondante: 5 mila euro per le famiglie, 4 mila per i pensionati. Sotto queste soglie, i prezzi possono salire sensibilmente. E così anche nel caso in cui si abbia un utilizzo maggiore di quello previsto. Per esempio, prendiamo il Conto Doppiozero da 4,20 euro all’anno della popolare di Lodi, per i pensionati. Se la giacenza media trimestrale scende sotto i 3 mila euro, si arrivano a pagare 120 euro all’anno; con un rendimento del conto, però, pari a zero.

Inoltre, in queste tabelle non si tiene conto del rendimento del conto: che spesso è, appunto, nullo. E non è inclusa nel prezzo annuo l’imposta di bollo, 34,20 euro. Ma parliamo comunque di prezzi sotto la media di costo dei conti correnti italiani. Vediamo in dettaglio.

Per le famiglie, secondo l’analisi PattiChiari, il conto più conveniente è al Credito Emiliano. Si chiama Senza Spese: 26,36 euro all’anno (con l’imposta di bollo poco più di 60 euro). È quello che costa meno in tutte e tre le città. Il più caro (ma sempre nella rosa dei dieci depositi migliori d’Italia, secondo i profili PattiChiari), è invece offerto dalla Popolare Commercio e Industria di Napoli (gruppo Ubi): dove si pagano 137,90 euro all’anno con il deposito Duetto mio (172,10 col bollo).

Napoli risulta essere la città più cara in fatto di banche per famiglie. A Milano, infatti, il prezzo annuo massimo del conto corrente scende a 111,20 euro (senza bollo), con la Banca di Legnano (Conto Spese correnti); mentre a Roma la spesa annua massima si assesta sui 115,38 euro con Deutsche Bank (Conto Db Componi), sempre senza bollo.

Veniamo ai pensionati. Per loro risulta più conveniente in assoluto, in tutte e tre le città considerate, l’offerta della Popolare di Lodi, che propone il conto Doppiozero a 4,20 euro all’anno, 38 euro con le tasse. Il deposito più costoso (in questa che è comunque, ricordiamo, la «top ten dei migliori»), con 69,30 euro all’anno (103,50 col bollo) è invece Intesa Light di Intesa Sanpaolo a Napoli: che si conferma, dunque, la città più cara anche per i pensionati, oltre che per le famiglie. A Milano e Roma i prezzi massimi, infatti, scendono: si pagano 51,90 euro all’anno, senza bollo, alla Banca Lombarda Private Investment, in entrambe le città, con il deposito Creso 3.

Ai conti online è riservata da PattiChiari una «top ten» a parte. Qui i costi variano, per le famiglie, dai zero euro all’anno di Fineco Bank, con Conto Fineco, ai 54,70 euro del Conto Revolution di Bnl. Per i pensionati, invece, il miglior prezzo dei depositi via web parte dai zero euro all’anno di Mediolanum (Conto Riflex), BancAperta (Conto @perto), Fineco (Conto Fineco) e Iw Bank (Conto Iw), per arrivare ai 22,35 euro della Banca Arditi Garlati (Conto Tuo click).

Riassumendo: per un buon conto, dice PattiChiari, si possono spendere dai 4 ai 140 euro con il canale tradizionale (con il bollo da 38 a 174 euro), da zero a 22 euro con Internet (col bollo da 34 a 56). Ed è meglio essere correntisti a Milano e Roma che a Napoli. L’escursione di prezzo però è molto ampia. Perché? Perché sono stati considerati tutti i conti riferiti ai profili in esame: anche quelli in promozione, quindi, o con canone decrescente in funzione della giacenza o dei servizi offerti. Sono state perciò considerate le condizioni migliori di utilizzo; e sono finiti nello stesso cesto sia i conti ricchi di servizi sia quelli «basic». I prodotti non sono propriamente confrontabili. Senza contare il vincolo della giacenza. Conviene quindi informarsi bene in banca sull’effettiva disponibilità di questi prodotti e sui loro effettivi contenuti.

Ma il segnale di un’apertura delle banche alla concorrenza, con la confrontabilità dei prodotti, rimane. «È un passo avanti, il coraggio di dire qual è la situazione — sostiene Massimo Roccia, segretario di PattiChiari —. Questi sono i dieci conti migliori, è la testa della classifica. E prodotti venduti sotto i 50 euro sono da considerarsi sottocosto, visto che un cliente servito allo sportello costa un euro al minuto. È chiaro che ogni conto va poi valutato per il pacchetto di servizi offerti: quelli più ricchi hanno prezzi più alti». I risultati sembrano esserci, visto che la clientela dimostra di apprezzare la possibilità di confrontare i conti correnti in rete, con semplicità. «Nel primo mese di utilizzo dell’Indice sintetico di prezzo abbiamo registrato 200 mila confronti — spiega Roccia — è il doppio del ritmo mensile precedente». Anche perché la mobilità della clientela cresce: «Abbiamo registrato nel 2006 un turnover del 7,7% da banca a banca — dice Roccia —, sale di un punto l’anno. E quasi il 2% dei clienti sta cambiando prodotto dentro la stessa banca».

Perciò è previsto che, in primavera, entrino in PattiChiari tutte le banche italiane. Oggi sono 90, con 500 conti correnti e 22 mila sportelli : saliranno a 600, «con alcune migliaia di conti correnti e 35 mila sportelli», annuncia Roccia.

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dal CORRIERE DELLA SERA/Economia di lunedì 12 novembre 2007

Educazione Una nuova iniziativa di PattiChiari - «Signori, parliamone» «Dialogo», guida al risparmio consapevole, verrà distribuita allo sportello in questi giorni

Dialoghiamo? Le banche si sentono in colpa e cercano i clienti per parlare. Chi dovesse andare allo sportello in questi giorni si vedrà offrire un libretto sottile e pieno di figure. «Dialogo», appunto, vorrebbe rompere il ghiaccio che ancora gela molti rapporti tra banche e consumatori. La mancanza di educazione finanziaria in Italia è un problema storico, venirne a capo potrebbe risolvere molte criticità. E allontanare lo spettro delle delusioni e della sfiducia nata dopo i crac di Cirio e Parmalat. «Dialogo» è la prima mossa di quella che, nelle intenzioni di PattiChiari — il consorzio dell’Associazione bancaria italiana nato nel 2003 — dovrebbe diventare una campagna permanente di sensibilizzazione ai temi dell’investimento e del risparmio consapevole per i clienti delle banche.

E’ un opuscolo di venti pagine scritto in un linguaggio semplice, ricco di storie ed esempi che ciascuno può rintracciare nella propria quotidianità. Sottolinea un concetto cruciale: la necessità di non tenere la testa sotto la sabbia. Ciascuno deve trovare il modo di far capire alla banca quali sono le sue esigenze di gestione spicciola del denaro, il suo profilo di rischio, le sue possibilità di investimento a lungo termine.

La guida dice molte verità e non le nasconde dietro parole oscure. Vedremo sul serio, questa volta, comportamenti che le mettono in pratica? 

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LA REPUBBLICA di lunedì 12 novembre 2007

Supereuro e prezzi sul tavolo Ecofin  - Allarme per gli effetti sulla crescita. Pronta la missione a Pechino

ALBERTO D´ARGENIO

BRUXELLES - Assodato che la crisi dei mutui subprime avrà un impatto relativamente limitato sulla crescita europea, le preoccupazioni del Vecchio Continente tornano a concentrarsi su caro petrolio e supereuro. E proprio questi due temi saranno al centro delle discussioni della riunione di oggi dei ministri economico-finanziari della moneta unica (Eurogruppo) e di quella allargata a tutti i paesi Ue di domani (Ecofin). Occasione in cui si preparerà l´inedito viaggio a Pechino del 27 novembre dei responsabili di Eurolandia: Jean-Claude Juncker, presidente dell´Eurogruppo, Jean-Claude Trichet, numero uno della Banca centrale, e Joaquin Almunia, commissario Ue agli affari economici.

Insomma, una trasferta pensata per comunicare ai cinesi le preoccupazioni legate all´eccessiva volatilità dei cambi e per proporre maggiore collaborazione in questo campo. Se da un lato l´euro forte protegge dal rincaro del greggio, è la convinzione di Bruxelles, dall´altro rischia di danneggiare pesantemente l´export Ue a beneficio di ragiona in dollari, yen e yuan, valute palesemente sottostimate. E il messaggio dell´Eurogruppo sarà ancora lo stesso: una moneta deve sempre rispettare l´andamento della sua economia.

A provocare nuove e pesanti incertezze è anche il prezzo del petrolio, che ormai sfiora i 100 dollari al barile, il 57% in più dei livelli dello scorso anno. Secondo Bruxelles, il prezzo di questi giorni dovrebbe essere un picco, ma se rimarrà tra gli 80 e i 90 dollari al barile, nel 2008 la crescita potrebbe essere tagliata di due decimi mentre l´inflazione potrebbe salire di uno.

E proprio oggi ci potrebbe anche essere un confronto sulle prossime mosse della Bce sui tassi tra Trichet e i ministri. Tra i quali, per l´Italia, ci sarà Tommaso Padoa-Schioppa che in qualità di presidente del Imfc, il comitato economico del Fondo monetario internazionale, illustrerà ai colleghi le novità sul fronte della riforma dello stesso Fmi.

Infine nella due giorni di Bruxelles Almunia presenterà ai ministri le previsioni economiche presentate venerdì e secondo cui sia la crescita di Eurolandia che quella dell´intera Unione europea nel 2008 saranno leggermente inferiori alle aspettative.

L´impatto della crisi dei subprime sarà dello 0,3% il prossimo anno, con un Pil che si attesterà sul 2,2%, ma che nel 2009 scenderà al 2,1%, contro il 2,4% stimato in precedenza. Infine si parlerà di conti pubblici: secondo le previsioni alcuni paesi, tra cui Francia e Italia, dopo i brillanti risultati sul fronte del risanamento hanno allentato il ritmo di riduzione del deficit, rischiando di rimanere fermi fino al 2009. E sarà rivolto proprio a loro il documento atteso al termine dell´Eurogruppo che inviterà tutte la capitali, soprattutto quelle che non hanno ancora raggiunto il pareggio di bilancio, a fare più sforzi e a modificare quei comportamenti che hanno portato ad un allentamento della linea del rigore.

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LA REPUBBLICA di lunedì 12 novembre 2007

BREAKINGVIEWS.COM - Crisi subprime, lo scontro in curva tra bond ipotecari e Cdo

HUGO DIXON

A inizio anno per scommettere contro i mutui subprime ci sarebbero volute facoltà divinatorie, ma è interessante sapere che le obbligazioni ipotecarie possiedono una caratteristica, la "convessità negativa", in base a cui se la scommessa è vincente consente guadagni cospicui, ma che può dimostrarsi letale se il mercato prende un´altra direzione, come mostrano i 3,7 miliardi di dollari di svalutazioni contabili fatte da Morgan Stanley. Cos´è esattamente la convessità negativa? Sappiamo tutti che il prezzo e il rendimento di un bond marciano in direzioni opposte, ma ciò non sempre avviene nello stesso momento. In genere se il tasso d´interesse scende, diciamo dell´1%, il prezzo sale più di quanto diminuirebbe se il tasso d´interesse aumentasse dell´1%. Poiché se traduciamo in un grafico il concetto otterremo una linea curva, la relazione tra rendimento e prezzo di un bond è definita "convessa". Tale caratteristica in genere è favorevole a chi ha in portafoglio obbligazioni e sfavorevole a chi le vende allo scoperto.

Le obbligazioni ipotecarie però funzionano in altro modo. I proprietari di immobili possono facilmente rifinanziare i loro mutui se i tassi d´interesse diminuiscono e, se ciò accade, parte delle relative obbligazioni è rimborsata anticipatamente. In questo caso i bond più redditizi escono dai portafogli degli investitori che li avevano acquistati, e potranno sostituirli solo con altri che rendono meno; ma se poi i tassi aumenteranno, i proprietari di immobili cercheranno di continuare a sfruttare i loro bond più a lungo di quanto gli investitori che li hanno acquistati avevano previsto, costringendoli ad aspettare di più per recuperare il capitale. Questa doppia batosta per gli investitori fa sì che i prezzi delle obbligazioni ipotecarie aumentino più lentamente, se i tassi scendono, di quanto diminuiscano se i tassi salgono. La curva del prezzo/rendimento diventa convessa in senso opposto a quella delle comuni obbligazioni e per questo è detta "negativa": sfavorisce chi detiene in portafoglio le obbligazioni a vantaggio di chi le vende allo scoperto.

Non si sa molto del meccanismo che ha determinato la perdita di Morgan Stanley, ma pare che la banca abbia venduto allo scoperto bond ipotecari subordinati o derivati ad alto rischio, pagando la posizione con cassa generata da un investimento molto più grande in prodotti collaterali ipotecari privilegiati, creduti a prova di bomba perché ad alto rating. Il valore dell´investimento in questi Cdo probabilmente era un multiplo di quelli venduti allo scoperto, perché avendo rating AAA pagavano interessi molto più bassi. Quando è iniziata la crisi dei mutui subprime, i differenziali di rendimento dei bond ipotecari subordinati si sono ampliati spingendo al ribasso i prezzi, e grazie alla convessità negativa la vendita allo scoperto ha dato eccellenti frutti. Tuttavia, quando il contagio s´è esteso ai Cdo, anche i loro differenziali si sono ampliati e anche in questo caso la convessità negativa ha amplificato il ribasso dei prezzi. Evidentemente il deprezzamento dei Cdo, sempre più difficili da vendere aggravandosi la crisi, è stato superiore ai guadagni percepiti con la vendita allo scoperto, e ha originato un saldo molto negativo. Naturalmente, per chi adotta queste strategie gli effetti della convessità negativa sono un aspetto minore che si perde nell´enormità del disastro che ha distrutto la qualità creditizia dei bond ipotecari; ma questo aspetto è tra quelli che hanno gettato benzina sul fuoco. - Dwight Cass - (Traduzioni a cura di MTC)

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LA STAMPA di lunedì 12 novembre 2007

LE REAZIONI DEI PORTAFOGLI DOPO I TONFI DELLE BORSE - Crisi subprime - Nei primi nove mesi dell’anno solo gli azionari battono il rendimento del Tfr

[FIRMA]FRANCESCO SPINI

MILANO - Da quando la Borsa è diventato il perno dei destini delle pensioni di migliaia di italiani, anche la recente crisi legata ai mutui subprime americani ha assunto contorni imprevedibili. Che ne sarà dei soldi del Tfr confluiti nei fondi pensione? Attraverso gli ultimi dati disponibili, è possibile però dare un’occhiata a come i prodotti pensionistici - in specie negoziali - hanno affrontato il primo episodio della crisi, che tra la fine di luglio e agosto ha trascinato nella bufera i listini di mezzo mondo. Secondo i dati elaborati per La Stampa dalla società di consulenza finanziaria indipendente Consultique, le maggiori ripercussioni si sono registrate tra i comparti azionari. Esempi? Il «Dinamico» di Fondenergia ha perso il 3,12%, 2,66% la flessione della linea «Crescita» del fondo dei chimici, Fonchim. Nemmeno i metalmeccanici possono gioire per la linea «Crescita» del loro Cometa che va a -1,06%, ma sempre meglio del -2,14% del comparto più azionario di Fopen (dipendenti del gruppo Enel) o del -2,60% di Gommaplastica. Due mesi vissuti pericolosamente, insomma, e che hanno colpito, seppure in misura minore, anche i comparti più prudenti, quelli monetari. Alcuni numeri: il «Monetario Plus» del Cometa ha perso nei due mesi estivi lo 0,30%, i «Moneta» e «Stabilità» di Fonchim rispettivamente lo 0,45 e lo 0,95%. Cosa è successo? Commenta Giuseppe Romano, a capo dell’ufficio studi di Consultique: «Diverse gestioni monetarie, le più prudenti dopo le linee garantite, sono investite anche su bond societari. Il rating più alto è dei bond bancari, i più colpiti dalla crisi di liquidità generata dalla crisi “subprime”. Di qui le performance negative».

Se tutto questo accade nei due mesi «caldi» della crisi - assolutamente insufficienti per giudicare un fondo pensione, che invece contempla un investimento di lunghissimo termine -, nei primi nove mesi dell’anno le linee più «aggressive», dove la quota azionaria è importante, si rivelano comunque le più redditizie. Se comparato con il 2,04% di rendimento netto del Tfr (75% dell’inflazione più l’1,5%) al 30 settembre, i dati per ora (in attesa di quelle che potranno essere le ripercussioni dell’ultimo periodo di altalena dei mercati) sono confortanti. C’è il +4,73% del Fonchim, il 4,83% del Cooperlavoro, il 2,30% del Cometa. Non lo stesso si può dire delle linee più prudenti, spesso al di sotto del rendimento del Tfr: si va dal «Moneta» di Fonchim (1,37%) al «Monetario Plus» del Cometa che riporta un +1,75% e al «Monetario» Fopen con il suo +1,94%. A sentire i gestori, le azioni sono ancora da preferire. «Continuiamo a pensare che sul lungo periodo continueranno a dare un rendimento superiore - sottolinea Enrico Bovalini, responsabile portafogli istituzionali di Pioneer -, con un rapporto tra rischio e volatilità migliore. Per il resto è chiaro che in momenti come questa contano le scelte attive dei gestori. Nel settore bancario, ad esempio, da tempo siamo largamente sottopesati». E poi contano le scelte tra i comparti dei fondi pensioni. «L’approccio più tranquillizzante - secondo Alessandro De Carli, responsabile gestioni quantitative di Eurizon Capital - resta il cosiddetto “life cycle”. Cambiare profilo di rischio mano a mano che ci si avvicina all’età pensionabile, per evitare che cicli negativi di Borsa condizionino il periodo finale e quindi il montante su cui sarà calcolato il vitalizio». Del resto, aggiunge Romano, «il nodo di un fondo pensione è che le performance sia positive sia negative contano di più nella fase finale della vita lavorativa, quando i soldi versati costituiscono un capitale importante, dunque da preservare da crolli improvvisi».

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LA STAMPA di lunedì 12 novembre 2007

La direttiva Ue sul risparmio alla prova del fuoco – Analisi - La Mifid e la lezione di Consob

GLAUCO MAGGI

NEW YORK - Con l’entrata in vigore della Mifid (Markets in financial instruments directive) - il primo novembre - gli investitori sono più o meno protetti? La Direttiva stabilisce che ci sono ora un unico mercato ed un unico corpo di norme regolamentari per i servizi d’investimento nei 30 Paesi membri dell’area economica europea (i 27 della Ue più Islanda, Norvegia e Liechtenstein).

Ma non è un caso che la Consob abbia preso l’occasione al volo per mettere sul suo sito una lezione per gli investitori, che oggi devono contare ancora più su se stessi per non finire vittime di frodi. Poichè si amplia il principio del «passaporto» che consente ad un operatore che ha avuto l’ok dall’ente di controllo nel proprio Stato di offrire servizi in tutta Europa, ci vorrà più vigilanza di quanta non ne occorra già ora. I risparmiatori sfruttino l’opportunità sul sito www.consob.it alla voce «Investor Education» («impariamo ad investire» e «i servizi di investimento»). Il decalogo: 1) Rifletti sulle tue esigenze e sulle tue preferenze in materia di investimenti. 2)Assumi informazioni su prodotti e servizi. 3)Verifica che l’intermediario che stai utilizzando sia autorizzato e instaura con lui un rapporto positivo. 4) Se non comprendi, non investire. 5) A potenziali alti rendimenti corrispondono alti rischi. 6) Diffida delle proposte improbabili. 7) Non firmare moduli in bianco. 8) Utilizza mezzi di pagamento previsti e sicuri. 9) Segui i tuoi investimenti nel tempo. 10) Internet: tante opportunità ma qualche attenzione in più. Dall’esperienza maturata rispondendo in questi anni alle lettere dei lettori de La Stampa credo sia doveroso sottolineare un comandamento in particolare, il numero 4. È quello che, non rispettato, fa più vittime: «se non comprendi, non investire». La riprova che è il più efficace? Qualunque banca o rete sottoscriverebbe gli altri nove, tutti da seguire, tutti importanti. Ma «se non comprendi, non investire» lo dice solo la Consob. Che spiega: «Se nonostante la lettura dei documenti disponibili e le informazioni assunte non si comprendono la natura, le caratteristiche e i rischi di un investimento, è meglio non investire. Soprattutto se si tratta di prodotti particolarmente complessi. Esistono sul mercato molti prodotti caratterizzati da una struttura complessa, spesso con denominazioni fantasiose e con profili di rischio/rendimento difficili da comprendere. Quando ci vengono proposti dobbiamo riflettere su due questioni: chi offre un prodotto complesso ne conosce perfettamente le caratteristiche ed è consapevole dei vantaggi e svantaggi. Secondo: noi, abbiamo la stessa conoscenza e consapevolezza, soprattutto nel caso di prodotti complessi? A questo punto dobbiamo ancora domandarci: fermo restando che a chi lo offre conviene (perché altrimenti non lo farebbe), a noi conviene acquistarlo? «Possiamo rispondere alla domanda - aggiunge la Consob - solo se riusciamo a essere consapevoli della natura e delle caratteristiche del prodotto, di quali condizioni dovranno verificarsi e della relativa probabilità, per trarre dall’investimento effetti positivi o negativi, dello scenario peggiore per noi e di quali conseguenze, in termini di mancato guadagno o perdita di capitale, dovremmo sopportare al suo avverarsi. Se non riusciamo ad aver ben chiaro tutto questo asteniamoci dall’investire: è come giocare una partita a carte con chi conosce le regole ed il valore delle singole carte mentre noi non abbiamo la stessa conoscenza».

Brava Consob: è il consiglio base della consulenza ma è un comandamento che le banche e le assicurazioni non possono recitare se non al costo di arrossire. Sarebbe predicare bene, ma loro continuano ad avere la vetrina piena di bond strutturati, di polizze index linked e di altre soluzioni e gestioni con gli agganci più improbabili a derivati e affini. Prodotti studiati per deviare il pubblico dai banali Bot e BTP a investimenti dall’esito incerto ma dalle commissioni ricche e prestabilite.

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LA PADANIA 08/11/2007

Allevamento e agricoltura - Conti sequestrati? Da regime comunista - Rizzi: mettono sul lastrico chi ha sempre lavorato comportandosi correttamente

In merito alla questione “quote-latte”, è intervenuta la consigliera regionale della Lega Nord, Monica Rizzi. «In queste ore - denuncia la Rizzi - si sta procedendo al sequestro del conti correnti degli allevatori, gli stessi che avevano ricevuto le cartelle esattoriali per le multe sulle quote latte. Un provvedimento tipico del peggior regime comunista. Dopo le ipoteche sulla proprietà, il fermo amministrativo dei mezzi e il pignoramento dei mobili, lo Stato, attraverso Equitalia, sta ora sequestrando i conti correnti bancari. Come effetto immediato le aziende non possono più procedere ai pagamenti. A rischio anche mutui e finanziamenti contratti con gli istituti di credito».

E non si tratta certo di pochi casi, secondo la consigliera «le aziende lombarde che potrebbero venir coinvolte sono qualche migliaio. Il prossimo passo previsto è quello della messa all’asta delle aziende agricole, con la conseguenza inevitabile che tutti gli animali saranno costretti al macello: un patrimonio che viene devastato».

Le conseguenze sono presto dette: «Stanno mettendo sul lastrico gente che ha sempre lavorato e che si è sempre comportata correttamente, in maniera trasparente. Quello che sta loro succedendo, avviene proprio in virtù del fatto che questi allevatori hanno sempre dichiarato tutto, a differenza di altri. La Lega chiede al Governo e a Regione Lombardia di intervenire per sospendere questa azione per fare i dovuti accertamenti, solo al termine dei quali si potrà agire con la dovuta equità».

«La persecuzione va fermata! - tuona l’esponente della Lega - Un’inerzia politica in questo senso mi potrebbe far pensare che operazioni di questo tipo vengano fatte con lo scopo di favorire speculazioni sul prezzo». La Rizzi chiude il suo intervento ricordando che «il gruppo della Lega Nord aderirà alla manifestazione che gli agricoltori stanno organizzando e che si terrà a Montichiari (BS) nei prossimi giorni».

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QUOTIDIANO.NET 8-11-2007

Maradona deve al fisco oltre 34 milioni di euro

Sui compensi ricevuti dal Pibe per la sua partecipazioni in tv, in parte non verranno più recuperati e in parte lo Stato attende ancora gli esiti delle procedure. Lo chiarisce il sottosegretario all'Economia rispondendo a un'interrogazione del presidente della commissione Finanze del Senato

 Roma, 8 novembre 2007- 'El pibe de oro', Diego Armando Maradona, deve ancora all'erario italiano oltre 34 milioni di euro (con esattezza 34.217.855,25), di cui 20,3 milioni di euro per interessi di mora. Quanto ai compensi ricevuti da Maradona per la sua partecipazione a trasmissioni Tv, in parte non verranno più recuperati, e in parte lo Stato italiano attende ancora gli esiti delle procedure messe in atto per rientrare del credito. Lo chiarisce il sottosegretario all'Economia Massimo Tononi, rispondendo ad un'interrogazione presentata dal presidente della commissione Finanze del Senato, il sottosegretario all'Economia, Tononi.

Benvenuto, nella sua interrogazione, chiedeva l'esito della procedura di riscossione attivata nell'autunno 2005 per la partecipazione dell'ex calciatore a 'Ballando sotto le stelle' e se la presenza nel settembre scorso a 'Il treno dei desideri' su Rai1, abbia fruttato a Maradona un compenso e se questo è stato coattivamente riscosso da parte dell'Agenzia delle Entrate.

Per quanto riguarda 'Il treno dei desideri', Tononi spiega che "si è ancora in attesa di conoscere gli esiti" dopo che l'Agenzia delle Entrate ha attivato "quattro richieste stragiudiziali nei confronti di Rai Trade, Ballandi Entertainment, Rai Radio televisione italiana e Endemol Italia".

La trasmissione 'Ballando sotto le stelle' aveva fruttato a Maradona invece ben 78 milioni e mezzo di euro. Ma il pignoramento effettuato nei confronti della Ballandi Entertainment non ha dato risultati: "la società - dice Tononi - ha affermato di non essere debitrice nei confronti di Maradona" e pertanto è stata dichiarata "estinta la procedura", aggiunge il sottosegretario.

Il pignoramento effettuato invece nei confronti di D&B s.r.l., società che ha gestito i diritti di immagine, le prestazioni artistiche , nonché la corresponsione del compenso a Maradona ha avuto, conclude il sottosegretario, "esito parzialmente positivo, in quanto il tribunale di Roma, sull'importo di 78 milioni e mezzo di euro di compenso, ha assegnato alla Gest Line (ora Equitalia Polis spa, ossia la riscossione) la somma di 42.051,05 euro, comprensiva delle spese giudiziali".

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SKYLIFE.IT 9 Novembre, 2007

Maradona dribbla il Fisco - L'ex campione deve 34,2 mln di euro all'Erario italiano, che ne ha recuperati 42mila "più due preziosi orologi"

Il debito dell'ex Pibe - Ammonta a 34,2 milioni di euro il debito fiscale di Diego Armando Maradona (nella foto) nei confronti del Fisco italiano, che finora è riuscito a incassare solo un mini-acconto: poco più di 42.000 euro. Ma il braccio di ferro tra l'Erario e l'ex "Pibe de oro" è destinato a non finire qui: l'argentino infatti continua a fare capatine in Italia, con tanto di comparsate in tv, ma senza saldare il conto. L'ultima, a fine settembre, a Il treno dei desideri e, per questo, l'Agenzia delle Entrate ha inviato quattro richieste stragiudiziali, per verificare se a Maradona sono stati elargiti compensi, di quale entità e se su questi incassi sono state pagate le tasse.

Il quadro della situazione - A fornire il quadro aggiornato sui debiti fiscali dell'ex calciatore è il dicastero dell'Economia e Finanze in una  risposta all'interrogazione parlamentare rivolta dal presidente della Commissione Finanze del Senato, Giorgio Benvenuto. Lo Stato batte cassa a Maradona per un importo (iscritto a ruolo) di 34.217.855,25 euro, di cui 20.353.109,32 "per interessi di mora".

Pignoramento positivo - Un debito fiscale-monstre che era perfino più alto. Il Fisco italiano è infatti riuscito a incassare, negli anni  passati, 42.051,05 euro. Non perché l'argentino più famoso nel mondo si sia recato spontaneamente a pagare un primo acconto, ma perché ha avuto "esito parzialmente positivo" il pignoramento effettuato nei confronti della D&B, società che ha gestito i diritti di immagine e le prestazioni artistiche del super-evasore. La procedura era stata attivata perché Maradona aveva incassato 78.500 euro, per partecipare a Ballando con le stelle, presumibilmente evadendo le tasse. Ora, nuovo  intervento in tv, sempre sulla RAI, e così l'Agenzia delle Entrate si è rivolta a Rai Trade, Ballandi Entertainment, Rai e Endemol Italia; di queste richieste stragiudiziali "si è in attesa di conoscere gli esiti", precisa il ministero dell'Economia.

42mila euro e due orologi - "Il fisco italiano non riesce a riscuotere da Maradona più dello 0,12%", è la constatazione di Vittorio Carlomagno, presidente di Contribuenti.it, al termine del seminario tenutosi oggi a Napoli e dal titolo 'Equità fiscale in Italia', "nell'apprendere dal sottosegretario all'Economia, Tononi, che Maradona deve ancora all'Erario italiano oltre 34 milioni di  euro, di cui 20,3 milioni di euro per interessi di mora".  Contribuenti.it ricorda che Equitalia Polis SpA, agente della riscossione per la provincia di Napoli, ha ottenuto da Maradona 42 mila euro "oltre a due preziosi orologi".

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EUROFINANZA.IT 10-11-2007

Crescono le ipoteche: + 270 per cento in tre anni

Secondo Contribuenti.it, Associazione Contribuenti Italiani che con Lo Sportello del Contribuente ha condotto un monitoraggio in diverse città italiane, scattando la fotografia di un paese che sembrerebbe detenere il triste primato della morosità, continua a crescere in maniera allarmante il trend delle ipoteche fiscali come strumento di lotta all’evasione.

Ipotecare, ipotecare, ipotecare sembra questa la sola mission degli Agenti della Riscossione che, molto spesso, procedono senza neppure avere titolo o per debiti tributari irrisori. Dal 2004 al 2007, i soggetti morosi che si sono visti iscrivere atti di ipoteca, sono passati dai 140 mila ai 380 mila, un aumento pari al 270% ed al quale hanno dato il loro contributo, gli enti locali, legittimati nella pratica delle iscrizioni.

E tra le città esaminate, non poteva che attestarsi al primo posto per numero di ipoteche, Napoli con una crescita pari addirittura al 285%, seguita a ruota da Roma e Milano. Morosi per cifre variabili dai 1500 agli 8000 euro, i contribuenti italiani sono tuttavia vittime di sanzioni non sempre eque rispetto al danno. Una sproporzione che rende vistoso il problema dell’abuso che gli agenti della riscossione fanno di quest’arma punitiva, tanto da far scendere più volte in campo la giustizia tributaria che ha statuito che gli Agenti della riscossione, nei casi in cui il credito tributario sia inferiore alla somma limite di 8mila euro, non hanno diritto ad iscrivere ipoteca sugli immobili. L’ Associazione Contribuenti Italiani chiede la revoca immediata di tutte le iscrizioni ipotecarie effettuate per debiti inferiori agli 8 mila euro e la sospensione di tutti i provvedimenti cautelari particolarmente invasivi fino a quando Equitalia terminerà l’integrazione e l’allineamento dei sistemi informatici con gli enti creditori ed i giudici tributari, in modo da poter acquisire in tempo reale le informazioni sullo stato degli adempimenti dei contribuenti. Il Ministero dell’ Economia deve svolgere un’attenta azione di vigilanza contro il reiterarsi di questa situazione che comporta il minarsi della fiducia tra fisco e contribuenti - afferma Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it

 

-George Maculay Trevalyan (storico inglese 1876-1962)-

L'istruzione... ha prodotto un vasto popolo capace di leggere ma incapace di discernere quello che vale la pena di leggere.

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