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La legge diventa, quindi, la rappresentazione di

un’opera di volontà dell’uomo e, pertanto, uno stru-

mento a disposizione dello stesso che può essere mo-

dificato dal pensiero e della cultura collettiva.

Esempio emblematico di questo processo evolutivo è

lo sciopero. Nel primo periodo dopo l’unità d’Italia lo

sciopero era considerato un reato. Mentre con il codi-

ce Zanardelli del 1889 diventa una liberalità. In so-

stanza, lo Stato non interveniva più a sanzionare il la-

voratore, ma l’azione restava una inadempienza con-

trattuale nei confronti del datore di lavoro e, per que-

sto, il prestatore poteva essere chiamato a risponder-

ne. Il sistema non tutelava adeguatamente la parte

ditoriale

E

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Editoriale

contrattuale più debole e affermava una netta distanza

della sfera pubblica rispetto agli interessi tra privati.

Nel periodo corporativo, con il codice Rocco, lo scio-

pero torna ad essere un delitto. Soltanto con la Costi-

tuzione del 1948, che si consolida poi con le interpre-

tazioni della Corte Costituzionale e con lo Statuto dei

Lavoratori del 1970, lo sciopero diventa finalmente

un diritto. Poi negli anni Ottanta inizia ad essere trop-

po spesso percepito dall’opinione pubblica come un

“fastidioso disagio” e nasce così la L.146/90 sulla re-

golamentazione dell’iniziativa di lotta nei servizi pub-

blici essenziali. Normativa che limita i tempi e le azio-

ni dello stato agitazione anche nel settore del credito.

Paradossalmente pure oggi, nell’epoca in cui molti

banchieri professano la volontà di sostituire noi ban-

cari con delle macchine. Decretando, quindi, una no-

stra presunta marginalità nel processo produttivo, ma

tenendosi ben stretta la possibilità di limitare le nostre

proteste. Si potrebbe poi proseguire il ragionamento

sullo sciopero, aggiungendo l’ulteriore deterioramen-

to di tale diritto per i tanti giovani che lavorano a par-

tita iva, i precari, ecc..

In questo brevissimo e tutt’altro che esaustivo rias-

sunto si potrà notare come ogni cambiamento legi-

slativo sia in realtà il prodotto di un processo cultura-

le, conseguenza dei nostri comportamenti individuali

e collettivi. Ne è la dimostrazione anche il percorso, a

tratti ondivago, che ha fatto lo sciopero in meno di

160 anni (un tempo insignificante, rispetto ai 150.000

anni dell’homo sapiens e ai 4,5 miliardi di anni della

Terra). Nessun diritto nasce o si perde per il fato. È

sempre una responsabilità di tutti. È per questo che,

prima di archiviare dei diritti, occorre domandarsi se

le condizioni che ne hanno favorito l’introduzione so-

no ancora esistenti o meno. Se i motivi restano ancora

validi oppure no. È per questo che non bisogna mai

dimenticare che non esiste niente di immodificabile e

i diritti, che oggi ci sembrano scontati, non lo sono af-

fatto. In fondo, anche per l’insieme delle norme che

regolano la vita dei membri di una comunità appare

più convincente la teoria dell’evoluzione rispetto a

quella creazionista. Ne sarebbe convinto anche Tho-

mas Henry Huxley, passato alla storia come il mastino

di Darwin.

n

LO SCIOPERO NEGLI ANNI OTTANTA INIZIA AD

ESSERE TROPPO SPESSO PERCEPITO

DALL’OPINIONE PUBBLICA COME UN

“FASTIDIOSO DISAGIO” E NASCE COSÌ LA

L.146/90. NORMATIVA CHE LIMITA I TEMPI E LE

AZIONI DELLO STATO AGITAZIONE ANCHE NEL

SETTORE DEL CREDITO. PARADOSSALMENTE

PURE OGGI, NELL’EPOCA IN CUI MOLTI

BANCHIERI PROFESSANO LA VOLONTÀ DI

SOSTITUIRE NOI BANCARI CON DELLE MACCHINE