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a cura di

Giovanni Corsaro

Esecutivo Nazionale FABI Giovani

IO, DANIEL BLAKE

I

l titolo che ci apprestiamo a trat-

tare può essere tranquillamente

iscritto tra le pietre miliari del ci-

nema di genere. Non tanto perché il

regista è un signore che di nome fa

Ken Loach e che, con la sua carriera

lunga ormai mezzo secolo, ha am-

piamente dimostrato che si può fare

un lavoro di altissimo livello artisti-

co, mantenendo una coerenza di

fondo con i propri ideali e un impe-

gno costante nel raccontare gli ulti-

mi, i diseredati. Piuttosto, perché

poche volte il cinema riesce a toccare

le corde dell’anima così in profondi-

tà da lasciare quasi smarriti. Stiamo

parlando di

“Io, Daniel Blake”

(100

min. - GranBretagna, Francia 2016),

la pellicola premiata con la Palma

d’oro all’ultimo festival del cinema

di Cannes. La trama racconta del

quasi sessantenneDaniel Blake (Da-

ve Johns), vedovo, operaio in una

segheria di Newcastle che, a causa

di un infarto, non è in grado di lavo-

rare. Per colpa di un funzionario un

po’ troppo pignolo, tuttavia, non vie-

ne ritenuto meritevole di ricevere

l’indennità di malattia e si ritrova in

un “limbo” nel quale deve fare i conti

con la peggiore burocrazia fatta di

moduli da compilare, ricorsi da pre-

parare, attese interminabili e collo-

qui con impiegati, che non guardano

neanche in faccia l’interlocutore,

considerato alla stregua di una qua-

lunque pratica da gestire. Proprio

durante una di queste attese, il pro-

tagonista incontraKattie – interpre-

tata dalla bravissimaHayley Squires

– giovane madre single che si è ap-

pena trasferita da Londra per cerca-

re di dare il miglior futuro possibile

ai suoi due figli. Tra i due nasce un

rapporto di aiuto reciproco e di soli-

darietà, contrapposto alla logica im-

personale e kafkiana della burocra-

zia del welfare inglese, rigidissimo

nell'applicazione di regole che sem-

brano pensate per creare ostacoli e

negare diritti. Loach rendemolto be-

ne la contrapposizione tra un uni-

verso disumanizzato, retto da regole

escludenti, e le relazioni di sostegno

e di affetto che si creano tra i perso-

naggi, che cercano di trovare la forza

Cinema

inema

C

FILM

DA

NON

PERDERE

di resistere, di continuare a credere

in una possibilità di riscatto.

La grandezza di Daniel Blake è pro-

prio quella di opporre la dignità e il

rispetto verso se stessi alla disuma-

nizzazione di un sistema tecnocrati-

co, dove le persone anziane rappre-

sentano solamente dei costi da ta-

gliare e i cittadini delle risorse da tra-

sformare in profitti.

Dal punto di vista della realizzazio-

ne, da segnalare la solita – ottima –

regia asciutta ed essenziale di Loach,

quasi minimale ma assolutamente

efficace e coinvolgente. Nella loro

semplicità alcune scene hanno una

potenza emotiva enorme, ad esem-

pio quando Kattie si trova al banco

alimentare. In quel caso i protago-

nisti non sono solo realistici, sono

quasi reali.

Un affresco incredibile sulla situa-

zione di grossi strati della società

moderna: si pensi ai cinquantenni

che perdono il posto di lavoro, ma-

gari dopo una vita passata a sudare

in un certo posto, o ai giovani preca-

ri, che il posto della vita ormai non

ce l’hanno neanche nei sogni. I nuovi

poveri.

Un film che scuote le coscienze, che

sconvolge lo spettatore con la sua

semplicità, ma che picchia duro sul-

le corde dell’animo e che lascerà il

segno.

Oltre alla Palma d’oro la pellicola si

è aggiudicata svariati altri riconosci-

menti, tra i quali il Miglior Film al

BAFTA 2017 e il premio del pubbli-

co al festival di Locarno 2016. Di-

sponibile da qualche settimana nei

circuiti home video e digital delive-

ry. Ne consigliamo assolutamente la

visione.

n

19

Aprile

/

Maggio 2017