di quanto avremmo dovuto studia-
re non ricordiamo più nulla. Biso-
gnerebbe creare delle postazioni
ad hoc, dove ognuno di noi possa
seguire il proprio corso FAD senza
interruzioni”.
La Fabi ha già scritto un co-
municato su questo tema.
L'Azienda si dimostra dispo-
nibile, ma poi fa poco o nulla.
Tanto con l'autocertificazione
finale si copre le spalle da
qualsiasi inadempienza.
La collega si infiamma: “Certo, in
questo modo possono far ricadere
su di noi la colpa per ogni eventua-
le errore. Ma le condizioni in cui
lavoriamo sono talmente estreme
e frenetiche che spesso ci troviamo
ad assumere responsabilità più
grandi di noi, solo per il bene del-
l'azienda per la quale lavoriamo e
per non scontentare i clienti”.
Lo capisco, ma dovete fare
molta attenzione perché se
andrà tutto bene forse vi di-
ranno bravi. Ma se qualcosa
dovesse andare storta, eccovi
servita una bella lettera di
contestazione!
La collega sembra rabbuiarsi. Poi,
sconsolata, riesce solo ad aggiunge-
re: “Già. E non sarebbe nemmeno
la prima volta. Dateci una mano”.
Sicuro. Ma abbiamo bisogno
anche noi del vostro sostegno
e della vostra partecipazione.
“Sono assolutamente d'accordo.
Con le difficoltà di tutti i giorni e
con le prospettive cui andremo in-
contro nei prossimi mesi, mai co-
me in questo momento noi giovani
bancari abbiamo bisogno di essere
tutelati dal sindacato”.
n
di
Wladimir Brotto
Esecutivo Nazionale FABI Giovani
Attualità
Febbraio
/
Marzo 2017
ttualità
A
UNA STRADA
DIFFICILE
7
V
iviamo in paese strano, in cui c’è ancora una maggioranza retrò che
ritiene un quarantenne troppo giovane per avere dei ruoli di respon-
sabilità in ambito lavorativo. Sembra, quindi, che l’unica soluzione
suggerita sia quella di attendere pazientemente la “vecchiaia” per avere
una valorizzazione professionale o, peggio, soltanto un’occupazione.
Tuttavia, anche questa prospettiva è soltanto un miraggio perché, superata
una certa soglia anagrafica, si diventa un “esubero”. Un termine crudele
che è entrato nel nostro vocabolario e che sembra più adatto ad un mate-
riale di scarto che ad una persona.
Tornando alla nostra generazione, invece di rimboccarci le maniche e ri-
tagliarci il nostro posto nel mondo, sempre più spesso, quello che prevale
è, invece, un forte sentimento di disperazione e rassegnazione. E questo
non soltanto per quelli che veramente non hanno nulla da perdere, ma
anche per quelle ragazze e quei ragazzi che hanno una, seppur contenuta,
possibilità di crearsi un domani. Perché, purtroppo, questa speranza è ap-
pesa al filo dell’incertezza e del ricatto. La paura di perdere l’occupazione,
anche nel nostro settore, sta diventando un’arma devastante per mettere
costantemente in discussione i diritti e la dignità di chi lavora.
Purtroppo, non ci sono strade facili per uscire da questa difficile situazione;
c’è solo l’impegno, la lotta, il coraggio e, perché no, anche l’incoscienza.
n