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17

Marketing

Aprile

/

Maggio 2015

intrinseca di ciascun collaborato-

re? Le aziende sono in grado di ri-

conoscere i risultati a prescindere

da chi li ha conseguiti? Consenti-

temi dei dubbi. Dubbi avvalorati

da diverse ricerche che dimostrano

quanto le parole

Diversity Mana-

gement

ancora non facciano parte

del vocabolario dei lavoratori, che

invece notano molto bene un ap-

proccio ancora sporadico e poco

strutturato al tema da parte del top

management aziendale. Accogliere

e favorire l’espressione delle indi-

vidualità di ciascuno è ancora,

quindi, una formula dal significato

opaco, il cui valore per l’azienda

non sembra ancora chiaro, ma che

forse lo sta diventando. Proprio og-

gi che, se non compreso appieno,

può diventare un problema. Sì, un

problema, e anche di una certa ri-

levanza, dato che la diversità sta

diventando un elemento impre-

scindibile delle società contempo-

ranee. La diversità può essere una

straordinaria leva competitiva.

Non è solo moralmente ed etica-

mente corretto, ma è anche un’op-

portunità per il

business

e, in mo-

menti di crisi, la valorizzazione del

capitale umano può rappresentare

la maggiore ricchezza per le azien-

de. Le politiche di inclusione por-

tano a una maggiore efficienza e

competitività, perché creano un

ambiente adatto alla piena espres-

sione dei talenti. Affermare sem-

plicemente che nella propria azien-

da non esistono discriminazioni

non basta. Bisognerebbe, invece,

chiedersi: quale tipo di politica

aziendale di “non discriminazione”

viene applicata? Si fa formazione

in azienda sulla

diversity

? Come si

comunica all’esterno questa politi-

ca? Come si stanno muovendo le

grandi aziende su questo versante?

Qualcosa forse si sta facendo, ma

la strada è davvero ancora lunga.

Pensiamo ad un argomento a noi

giovani molto caro come l’

Age Di-

versity

, come cioè l’età influisca

ancora sui percorsi di carriera.

Molte analisi continuano a mettere

in luce come le pratiche organizza-

tive attuali portino spesso a un ral-

lentamento dello sviluppo e della

carriera per i lavoratori senior e a

una sorta di “preclusione di avan-

zamento” per le leve con meno di

30 anni.

In sintesi, per non far torto a nes-

suno, si prediligono i lavoratori di

età intermedia. In fondo, il pensie-

ro del

top management

(solita-

mente di età non giovanissima...)

potrebbe forse ancora essere que-

sto:

in medio stat virtus

.

Né troppo giovani, né troppo vec-

chi, dunque. Fate voi!

È UNA PAROLA CHE FA ANCORA FATICA AD ENTRARE NEL

VOCABOLARIO DELLE AZIENDE E PER LO PIÙ ANCORA SCONOSCIUTA

AI LAVORATORI. MA DA QUALCHE TEMPO QUALCOSA SI MUOVE, O PER

LO MENO SE NE PARLA. IL DIVERSITY MANAGEMENT, OVVERO IL

FOCUS DELLE STRATEGIE DELLE IMPRESE SULLA GESTIONE DELLE

DIVERSITÀ IN CONTESTI AZIENDALI, PUÒ RAPPRESENTARE UNA LEVA

STRATEGICA PER LO SVILUPPO COMPETITIVO. NON È SOLO

MORALMENTE ED ETICAMENTE CORRETTO, È ANCHE UN’IMPORTANTE

OPPORTUNITÀ PER MIGLIORARE IL BUSINESS E LA PRODUTTIVITÀ

di

Nettuno

arketing

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