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Marketing
Aprile
/
Maggio 2015
intrinseca di ciascun collaborato-
re? Le aziende sono in grado di ri-
conoscere i risultati a prescindere
da chi li ha conseguiti? Consenti-
temi dei dubbi. Dubbi avvalorati
da diverse ricerche che dimostrano
quanto le parole
Diversity Mana-
gement
ancora non facciano parte
del vocabolario dei lavoratori, che
invece notano molto bene un ap-
proccio ancora sporadico e poco
strutturato al tema da parte del top
management aziendale. Accogliere
e favorire l’espressione delle indi-
vidualità di ciascuno è ancora,
quindi, una formula dal significato
opaco, il cui valore per l’azienda
non sembra ancora chiaro, ma che
forse lo sta diventando. Proprio og-
gi che, se non compreso appieno,
può diventare un problema. Sì, un
problema, e anche di una certa ri-
levanza, dato che la diversità sta
diventando un elemento impre-
scindibile delle società contempo-
ranee. La diversità può essere una
straordinaria leva competitiva.
Non è solo moralmente ed etica-
mente corretto, ma è anche un’op-
portunità per il
business
e, in mo-
menti di crisi, la valorizzazione del
capitale umano può rappresentare
la maggiore ricchezza per le azien-
de. Le politiche di inclusione por-
tano a una maggiore efficienza e
competitività, perché creano un
ambiente adatto alla piena espres-
sione dei talenti. Affermare sem-
plicemente che nella propria azien-
da non esistono discriminazioni
non basta. Bisognerebbe, invece,
chiedersi: quale tipo di politica
aziendale di “non discriminazione”
viene applicata? Si fa formazione
in azienda sulla
diversity
? Come si
comunica all’esterno questa politi-
ca? Come si stanno muovendo le
grandi aziende su questo versante?
Qualcosa forse si sta facendo, ma
la strada è davvero ancora lunga.
Pensiamo ad un argomento a noi
giovani molto caro come l’
Age Di-
versity
, come cioè l’età influisca
ancora sui percorsi di carriera.
Molte analisi continuano a mettere
in luce come le pratiche organizza-
tive attuali portino spesso a un ral-
lentamento dello sviluppo e della
carriera per i lavoratori senior e a
una sorta di “preclusione di avan-
zamento” per le leve con meno di
30 anni.
In sintesi, per non far torto a nes-
suno, si prediligono i lavoratori di
età intermedia. In fondo, il pensie-
ro del
top management
(solita-
mente di età non giovanissima...)
potrebbe forse ancora essere que-
sto:
in medio stat virtus
.
Né troppo giovani, né troppo vec-
chi, dunque. Fate voi!
È UNA PAROLA CHE FA ANCORA FATICA AD ENTRARE NEL
VOCABOLARIO DELLE AZIENDE E PER LO PIÙ ANCORA SCONOSCIUTA
AI LAVORATORI. MA DA QUALCHE TEMPO QUALCOSA SI MUOVE, O PER
LO MENO SE NE PARLA. IL DIVERSITY MANAGEMENT, OVVERO IL
FOCUS DELLE STRATEGIE DELLE IMPRESE SULLA GESTIONE DELLE
DIVERSITÀ IN CONTESTI AZIENDALI, PUÒ RAPPRESENTARE UNA LEVA
STRATEGICA PER LO SVILUPPO COMPETITIVO. NON È SOLO
MORALMENTE ED ETICAMENTE CORRETTO, È ANCHE UN’IMPORTANTE
OPPORTUNITÀ PER MIGLIORARE IL BUSINESS E LA PRODUTTIVITÀ
di
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