etteratura
L
16
“A
llora, per la prima volta ci siamo accorti che la
nostra lingua manca di parole per esprimere que-
sta offesa, la demolizione di un uomo. In un atti-
mo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata:
siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare:
condizione più misera non c’è, e non è pensabile”.
Provo un certo imbarazzo, io, a tentare di trovare le parole.
Perché non ce ne sono. Perché se non le aveva chi, in quel
campo di concentramento c’è stato, allora non ce ne sono.
“Se questo è un uomo” di Primo Levi. Lui che ad Auschwitz
c’è stato. Lui che, nonostante l’inferno vissuto, si ritiene un
fortunato, uno di quelli che c’è arrivato abbastanza tardi da
tornarne vivo.
Arrestato all’età di ventiquattro anni, era il dicembre del
1943, viene deportato ad Auschwitz nel gennaio del 1944, “quando il governo tedesco,
data la scarsità di manodopera, aveva stabilito di allungare la vita media dei prigionieri
da eliminarsi, concedendo sensibili miglioramenti nel tenor di vita e sospendendo tem-
poraneamente le uccisioni ad arbitrio dei singoli”.
Miglioramenti delle condizioni di vita… denudati e spogliati di tutto. Degli oggetti, sì..
ma della dignità, soprattutto. Forgiati per la vita da un numero sul braccio come lascia
passare per una zuppa. Una al giorno.
In questo libro, Primo Levi si racconta, esprime la sua angoscia e allo stesso tempo cerca
di trovare una spiegazione a tutto quello che sta vivendo. Un ragionamento che spieghi
come degli esseri umani possano decidere di annullare loro simili. In un lucido disegno
che sa di morte. E allora si susseguono, uno dopo l’altro, i capitoli. Senza una cronologia
vera dei fatti. Ma come susseguirsi di immagini nitide che riaffiorano dai ricordi. Am-
bienti e personaggi descritti nella loro macabra realtà.
In tutto questo un ruolo cruciale lo gioca il tempo in cui viene scritto il libro. Subito
dopo essere uscito vivo da Auschwitz Primo Levi ha la forza e il coraggio di ripercorrere
quell’esperienza. La forza e il coraggio che gli hanno permesso di sopravvivere a quel-
l’esperienza. Così il suo linguaggio è diretto, schietto. Il messaggio arriva subito al lettore.
È un libro per tutti. Per non dimenticare.
Letteratura
SE QUESTO È UN UOMO
DI PRIMO LEVI
«Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi».