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Editoriale
Febbraio
/
Marzo 2015
di Mattia Pari
Coordinatore Nazionale FABI Giovani
ditoriale
E
I
l 30 gennaio è stato come trasformarsi in un mare
in tempesta. Un oceano colorato che ha invaso stra-
de e piazze, inondando i luoghi comuni sui presunti
agi del nostro mestiere. Abbiamo affogato l’ipocrisia
di quei banchieri che ci accusano di essere anacroni-
stici, sbattendoli di fronte alla realtà di una piazza che
si ribella e si rifiuta di continuare ad essere il volto
degli errori dei troppi top manager dai pensieri corti.
Abbiamo esibito magliette con la scritta “io non sono
un banchiere”, per ribadire all’opinione pubblica una
differenza di sostanza che deve diventare la base di
un percorso di alleanze. In piazza c’erano poche cra-
vatte, perché l’oggetto che di più ha caratterizzato
nell’immaginario collettivo il nostro lavoro per tanti
anni si è trasformato in un cappio ed ora, vorrebbero
anche tramutarlo in un guinzaglio. Già, perché senza
un contratto non avremo diritti e non potremo più
decidere con la nostra coscienza durante l’esercizio
del nostro lavoro e questo è un pericolo non soltanto
per noi, ma per l’intera società civile.
Quello che sta accadendo ai bancari è molto grave e
non può e non deve essere isolato. Siamo una catego-
ria che negli ultimi anni si è aperta tantissimo ed è ar-
rivata addirittura a proporre un nuovo modello di
MARE IN
TEMPESTA
IL 30 GENNAIO ABBIAMO
AFFOGATO L’IPOCRISIA DI QUEI
BANCHIERI CHE CI ACCUSANO DI
ESSERE ANACRONISTICI,
SBATTENDOLI DI FRONTE ALLA
REALTÀ DI UNA PIAZZA CHE SI
RIBELLA E SI RIFIUTA DI
CONTINUARE AD ESSERE IL VOLTO
DEGLI ERRORI DEI TROPPI TOP
MANAGER DAI PENSIERI CORTI